sabato 31 maggio 2008

Poeti di Spagna - Federico García Lorca


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LAMENTO PER IGNACIO SÁNCHEZ MEJÍAS
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Alle cinque della sera. / Eran le cinque in punto della sera. / Un bambino portò il lenzuolo bianco / alle cinque della sera. / Una sporta di calce già pronta / alle cinque della sera. / Il resto era morte e solo morte / alle cinque della sera.
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Il vento portò via i cotoni / alle cinque della sera. / E l’ossido seminò cristallo e nichel / alle cinque della sera. / Già combatton la colomba e il leopardo /alle cinque della sera. / E una coscia con un corno desolato / alle cinque della sera. Cominciarono i suoni di bordone / alle cinque della sera. / Le campane d’arsenico e il fumo / alle cinque della sera. / Negli angoli gruppi di silenzio / alle cinque della sera. / Solo il toro ha il cuore in alto! / alle cinque della sera. Quando venne il sudore di neve / alle cinque della sera, / quando l’arena si coperse di iodio / alle cinque della sera, / la morte pose le uova nella ferita / alle cinque della sera. / Alle cinque della sera. / Alle cinque in punto della sera.
Una bara con ruote è il letto / alle cinque della sera. / Ossa e flauti suonano nelle sue orecchie / alle cinque della sera. / Il toro già mugghiava dalla fronte / alle cinque della sera. / La stanza s’iridava d’agonia / alle cinque della sera. Da lontano già viene la cancrena / alle cinque della sera. / Tromba di giglio per i verdi inguini / alle cinque della sera. / Le ferite bruciavan come soli / alle cinque della sera. / E la folla rompeva le finestre / alle cinque della sera. / Alle cinque della sera. / Ah, che terribili cinque della sera!/ Eran le cinque a tutti gli orologi ! / Eran le cinque in ombra della sera !
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( è la prima parte de il “ LAMENTO PER IGNACIO SÁNCHEZ MEJÍAS” la bellissima poesia che il grande poeta spagnolo ha scritto nel 1935… di seguito il testo nella lingua originaria dell’artista )
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A mi querida amiga
Encarnación López Júlvez

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(1) La cogida y la muerte
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A las cinco de la tarde.
Eran las cinco en punto de la tarde.
Un niño trajo la blanca sábana
a las cinco de la tarde.
Una espuerta de cal ya prevenida
a las cinco de la tarde.
Lo demás era muerte y sólo muerte
a las cinco de la tarde.
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El viento se llevó los algodones
a las cinco de la tarde.
Y el óxido sembró cristal y níquel
a las cinco de la tarde.
Ya luchan la paloma y el leopardo
a las cinco de la tarde.
Y un muslo con un asta desolada
a las cinco de la tarde.
Comenzaron los sones de bordón
a las cinco de la tarde.
Las campanas de arsénico y el humo
a las cinco de la tarde.



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En las esquinas grupos de silencio
a las cinco de la tarde.
¡Y el toro solo corazón arriba!
a las cinco de la tarde.
Cuando el sudor de nieve fue llegando
a las cinco de la tarde,
cuando la plaza se cubrió de yodo
a las cinco de la tarde,
la muerte puso huevos en la herida
a las cinco de la tarde.
A las cinco de la tarde.
A las cinco en punto de la tarde.
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Un ataúd con ruedas es la cama
a las cinco de la tarde.
Huesos y flautas suenan en su oído
a las cinco de la tarde.
El toro ya mugía por su frente
a las cinco de la tarde.
El cuarto se irisaba de agonía
a las cinco de la tarde.
A lo lejos ya viene la gangrena
a las cinco de la tarde.
Trompa de lirio por las verdes ingles
a las cinco de la tarde.
Las heridas quemaban como soles
a las cinco de la tarde,
y el gentío rompía las ventanas
a las cinco de la tarde.
A las cinco de la tarde.
¡Ay qué terribles cinco de la tarde!
¡Eran las cinco en todos los relojes!
¡Eran las cinco en sombra de la tarde!

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venerdì 30 maggio 2008

Eugenio de Andrade - un poeta portoghese







Cançao breve

Tudo me prende à terra onde me dei :
O rio subitamente adolescente,
A luz tropeçando nas esquinas,
As areias onde ardi impaciente.

Tudo me prende do mesmo triste amor
Que há em saber que a vida pouco dura,
E nela ponho a esperança e o calor
De uns dedos com restos de ternura.


Dizem que há outros céus e outras luas
E outros olhos densos de alegria,
Mas eu sou destas casas, destas ruas,
Deste amor a escorrer melancolia.



Canzone breve

Tutto mi prende la terra che mi possiede:
Il fiume d’improvviso adolescente,
La luce incespicando negli angoli,
Le sabbie ove arsi impaziente.

Tutto mi prende del medesimo triste amore
nel sapere che la vita dura poco,
E in essa pongo la speranza e il calore
Di quanta tenerezza rimane tra le dita.

Dicono che vi sono altri cieli e altre lune
E altri occhi densi di allegria,
Ma io appartengo a queste case, a queste vie,
A questo amore grondante melanconia.

giovedì 29 maggio 2008

SOLO UN FOLLE POTEVA DIPINGERLO




Una sera passeggiavo per un sentiero,
da una parte stava la città e sotto di me il fiordo.
Ero stanco e malato.
Mi fermai e guardai al di là del fiordo
- il sole stava tramontando -
le nuvole erano tinte di un rosso sangue.
Sentii un urlo attraversare la natura:
mi sembrò quasi di udirlo.
Dipinsi questo quadro,
dipinsi le nuvole come sangue vero.
I colori stavano urlando..
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Edvard Munch




Senza paura e malattia, la mia vita sarebbe una barca senza remi.
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Edvard Munch


DESIDERI LONTANI


L'ansia scontenta
l'incredulità e l'amarezza
sono l'abitudine alle storie di sempre.
Preghiere furtive
salgono
insieme a lacrime
accecato
da fuochi ormai spenti
...desideri lontani.



Giovenale Nino Sassi

LA BELLEZZA SALVERA' IL MONDO


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C'è una breve ma intensa lettera che Giovanni Paolo II, ben consapevole della forza dei nuovi mezzi di comunicazione, rivolse agli artisti il quattro aprile del 1999. Divisa in quindici paragrafi, la lettera, che il papa immagina spedita a tutti gli artisti del mondo, senza distinzione di fede o etnia, ripercorrendo i profondi significati della creazione e della nascita dell'opera d'arte, vuole essere uno straordinario invito, quanto mai attuale, "a meditare e a riscoprire la profondità della dimensione spirituale e religiosa che ha caratterizzato in ogni tempo l'arte nelle sue più nobili forme espressive".

"L'artista", scrive Giovanni Paolo II, "quando plasma un capolavoro, non soltanto chiama in vita la sua opera, ma per mezzo di essa, in un certo modo, svela anche la propria personalità. Nell'arte egli trova una dimensione nuova e uno straordinario canale d'espressione per la sua crescita spirituale. Attraverso le opere realizzate, l'artista parla e comunica con gli altri. La storia dell'arte, perciò, non è soltanto storia di opere, ma anche di uomini. Le opere d'arte parlano dei loro autori, introducono alla conoscenza del loro intimo e rivelano l'originale contributo da essi offerto alla storia della cultura".

Oltremodo consapevole specie del ruolo 'catechetico' (pedagogico) dell'opera d'arte, Giovanni Paolo II, trae con straordinaria efficacia i tratti salienti della storia dell'arte: dagli esordi del Cristianesimo al Medioevo, dal Rinascimento fino ai giorni nostri, per riscoprire il perenne - anche se non necessariamente religioso - viaggio dell'uomo alla ricerca del senso della vita.
"Questa - egli scrive - anche al di là delle sue espressioni più tipicamente religiose, quando è autentica, ha un'intima affinità con il mondo della fede, sicché, persino nelle condizioni di maggior distacco della cultura dalla Chiesa, proprio l'arte continua a costituire una sorta di ponte gettato verso l'esperienza religiosa.
In quanto ricerca del bello, frutto di un'immaginazione che va al di là del quotidiano, essa è, per sua natura, una sorta di appello al Mistero. Persino quando scruta le profondità più oscure dell'anima o gli aspetti più sconvolgenti del male, l'artista si fa in qualche modo voce dell'universale attesa di redenzione".
Infine, non si può che evidenziare come proprio il Pontefice che conobbe direttamente il secolo breve dei regimi dittatoriali, delle devastazioni e dei campi di sterminio, ponga l'accento sul ruolo essenziale della 'bellezza', come valore in sé.
La bellezza, che scaturisce lo stupore e l'entusiasmo per le meraviglie del mondo, sarà un elemento essenziale per la salvezza, perché grazie ad "essa l'umanità, dopo ogni smarrimento, potrà ancora rialzarsi e riprendere il suo cammino".
In questo senso, citando Dostoevskij, afferma con sicurezza, quindi, che "la bellezza salverà il mondo!". Un altro straordinario, e forse poco noto, insegnamento di un grande Pontefice.


Paolo Damiano Franzese - 21.04.2005

NARCISO


C'è una sera
sul fosso dell'acqua
dove io, bambino,cammino
verso lo specchio delle aspirazioni.
Narciso,
avevi l'odore dei giorni d'estate
messi in processione
davanti all'autunno.


Giovenale Nino Sassi

(1974)

mercoledì 28 maggio 2008

Ricordo di Walter Tobagi





Vivere e ricominciare
Non è facile e la nostalgia di orizzonti lontani, raccolti in angoli di pensiero tornano e scuotono il niente. Non c’è bellezza nei passi che si succedono.
Un' amica scrive : “… è così che alcune persone, quando le incontri, fanno parte di te e le ritrovi presenti nell'anima.”
Al cardiologo ho raccontato di Walter Tobagi.
Siamo nati qui, a Spoleto, poco distanti, lo stesso mese, giorno ed anno.
Nati all’alba dello stesso giorno…. ed è così che alcune persone fanno parte di te e le ritrovi presenti nell’anima.
Crescere, separarsi, ritrovarsi ….nei pensieri, negli ideali, poi più nulla e tutto diventa passato.




Walter Tobagi, il ricordo del Corriere

Il direttore Mieli: «E’ parte migliore della coscienza civile del nostro Paese». Ostellino: «Colpito un membro della famiglia»
«Walter è la parte migliore della coscienza civile del nostro Paese». Con queste parole il direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, ha ricordato il collega Walter Tobagi, assassinato nel 1980. Una commemorazione che si è svolta al Corriere della Sera, dove Tobagi lavorava, nella sala dedicata ad un altro grande del giornalismo italiano: Indro Montanelli. Mezz’ora intensa alla quale hanno partecipato anche l'ex direttore del Corsera Piero Ostellino, il presidente di Rcs, Piergaetano Marchetti, la moglie e la figlia di Walter Tobagi.
Nella sala, gremita di volti noti del giornalismo e di persone care a Tobagi, Mieli ha ricordato «come 25 anni dopo, la morte di Walter pesi ancora non solo sulla storia del Corriere ma dell’Italia tutta. La sua memoria è andata crescendo», ha detto descrivendo poi Tobagi come «un giornalista curioso dei conti che non tornano, che ha pagato con la vita il suo coraggio e le capacità investigative del suo intelletto».
Nei giorni immediatamente precedenti l’anniversario della sua morte, avvenuta il 28 maggio 1980, Piero Ostellino ha tracciato la figura di una persona che conosceva bene: «mi guardava - ha detto - come un ’vecchio’ del Corsera e io guardavo a lui come ad un ragazzo intelligente e colto, potenzialmente mio successore nell'ufficio di corrispondenza di Mosca che io stavo per lasciare. Ne avevo già parlato con l’allora direttore Di Bella e ho il rammarico di non avere pressato di più affinché la mia proposta si realizzasse subito».
Ostellino ha quindi ricordato proprio il giorno dell’uccisione di Tobagi, quando lui che si trovava per caso a Milano, appresa la notizia, si recò sul luogo dell’uccisione e poi tornò di corsa al Corriere «perché quando colpiscono un membro della tua famiglia devi stare con il resto della famiglia.
Lì - ha detto - piansi senza freni di rabbia, disperazione, impotenza per una morte senza rassegnazione».
Il presidente di Rcs, Piergaetano Marchetti, ha voluto fare «un saluto commosso che è un impegno a non dimenticare ed insieme un rimpianto lacerante».
Mentre la moglie di Walter Tobagi, visibilmente emozionata, ha trovato anche in questo momento di ricordo del marito ucciso un messaggio costruttivo: «Mi è parso di cogliere - ha detto - in questo ritrovarsi dopo molti anni di persone che forse non si vedevano da tempo, uno dei punti forti di Walter e cioè il suo essere capace di creare possibilità di stabilire rapporti, riallacciarli, favorire la dimensione del dialogo e della trasparenza in un clima amichevole e non solo civile».

26 maggio 2005

lunedì 26 maggio 2008

Io e te


Conosci la vita,

compagna dei giorni che passano ?

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Ha con se una valigia,

la vita,

dove ripone gli eventi. …

ricordi lontani che si mescolano,

che riemergono,

che riaffiorano dal calendario degli anni.

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Certe sere,

quando il sole tramonta e fai sosta,

apri la valigia e

tra i ricordi trovi una gonna stropicciata e la luna,

che è sempre la stessa,

che è quella di adesso….

un lampione

che illumina il blu della notte

e due valigie che,

da quella notte,

camminano insieme profumate di ginestra.

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(Giovenale Nino Sassi)



(a Gianna Curtò e suo marito, medico condotto di Rometta)

domenica 25 maggio 2008

DEFINIZIONE




Il gusto di cercare
La definizione di un’immagine,
il ritratto mai definito dell’esistenze
è come il tempo
che scivola veloce
verso l’istante successivo
che non è il presente.
(Giovenale Nino Sassi - 1973)

venerdì 23 maggio 2008

IL GIRO D'ITALIA




Le nubi sono cariche di pioggia e a tratti piove. Resto in casa. Ho acceso la televisione. C'è il Giro d'Italia. I corridori stanno attraversando Isola di Carturo, la città nativa del Mantegna, pittore ed incisore italiano di grande talento.
Nel 1466, il Mantegna è a Firenze e Siena. Di questi anni è il Cristo morto, uno dei suoi più celebri quadri.
Il dipinto ritrae il Cristo morto, supino, su di un letto di marmo. È affiancato dalla Vergine Maria, San Giovanni e da una terza figura, identificabile con una pia donna o con la Maddalena, che piangono per la sua morte.




C'è la volata per la vittoria...

PRIMO AMORE





Era una notte urbana,
rosea e sulfurea era la poca luce
dove, come da un muoversi dell'ombra,
pareva salisse la forma.
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Era una notte afosa
quando improvvise vidi zanne viola
in un'ascella che fingeva pace.
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Da quella notte nuova ed infelice
e dal fondo del mio sangue straniato
schiavo loro mi fecero segreti.
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(1929 - Giuseppe Ungaretti)


giovedì 22 maggio 2008

Nè rose, nè aurore



Nè rose, nè aurore
sbocceranno
ma soffi di dolore
simili a vento gelido...
Ingannare tutto e tutti
guardare nell'animo,
trascinarci dentro,
sonnecchiosi e vinti
per non sentire il bisogno
neanche di piangere
nell'inutile sfogo
la luce spenta
(Giovenale Nino Sassi)

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Le parole che mi invii lasciano una nostalgia di orizzonti lontani... il bisogno di dare un senso al vivere lo portiamo dentro e la natura ci aiuta a capire quanta bellezza si cela in noi... fa parte del nostro essere degli eterni cercatori di vita, assetati di un barlume di verità per la quale saremmo disposti a impiegare molte energie. Quella domanda perenne che ci abita trova risposta nel nostro abitare la vita... è così che alcune persone, quando le incontri, fanno parte di te e le ritrovi presenti nell'anima. Il tuo nome e il tuo volto sono sempre con me; è straordinario come i legami e le storie si intreccino e in maniera inattesa e inusuale si aprano nuovi orizzonti sconosciuti. Pensiamoci così, attenti a cogliere i sentieri che Dio apre davanti ai nostri passi.Che tu possa sentire in questi giorni la tenerezza della Sua misericordia che allevia le pene e le preoccupazioni; auguri per i tuoi lavori e per te: che le tue giornate siano un bouquet di fiori da offrire all'Amore.
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mercoledì 21 maggio 2008

SALVATORE DI GIACOMO (Marzo)








Marzo: nu poco chiove
e n'ato ppoco stracqua
torna a chiòvere, schiove;
Ie 'o sole cu ll'acqua.
Mo nu cielo celeste,
mo n'aria cupa e nera,
mo d' 'o vierno 'e 'tempeste,
mo n'aria 'e Primmavera..
N'auciello freddigliuso
aspetta ch'esce o sole,
ncopp' 'o tterreno nfuso
suspirano 'e viole... .
Catarì, che vuò cchiù?
Ntienneme, core mio,
Marzo, tu 'o ssaje, si' tu,
e st'auciello song' io.
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(Salvatore di Giacomo)
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Auguro al Governo Berlusconi di riuscire, finalmente, a vincere la battaglia dei rifiuti di Napoli.




for the friends of English
March

March: there's a bit of rain,
just a bit later it stops:
it starts, then it stops again,
the sun laughs with the drops.
A moment of clear azure,
a moment of clouds threatening
a moment of winter's fury,
a moment of glorious spring.
A shivering bird nearby
waits for the sun to return,
while all of the violets sigh
over the sodden terrain.
Caterina!... Isn't it clear
from what you've already heard?
You know, you are March, my dear,
and I am that little bird.

martedì 20 maggio 2008

IL PIU' BELLO DEI MARI






Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.
(Nazim Hikmet)







MARTEDI' 20 MAGGIO 2008






CONVALESCENZA
.Le otto del mattino: mi alzo.
Che noia ! ... piove.
Metto il borsalino,
l'impermeabile alla Bogart,
immagino Casablanca.
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Scendo le scale, apro il portone, esco.
Rivoli d'acqua accompagnano i passi.
Costeggio le case, entro in un bar,
ordino un caffè, una brioche.
Bevo il caffè,
la brioche sa di forno caldo.
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Il locale ?
odora di muffe e piedi sudati.
Non è un bel posto.
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Vado dal giornalaio, leggo di M….
e della sua ombra.
Non è una bella giornata: piove !
Immagino Casablanca.
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Rientro a casa.
Ripongo l'impermeabile e il cappello borsalino
Siedo sul divano, mi alzo, prendo un libro,
apro il libro, mi siedo, inizio a leggere.
.Finalmente il sole mentre fuori piove.
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(Giovenale Nino Sassi - maggio 2008)
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Scrive Orsola,
."Un andamento quasi da ballata per questa bella poesia che usa i gesti del quotidiano per stemperare i momenti di malinconia.
Mi è piaciuto molto seguirti ed ho amato la descrizione che crea un'atmosfera da film in bianco e nero.
Un osservare pacatamente ma attentamente quello che ci circonda e si può respirare l'aria un po' puzzolente di quel bar.
...poi però.... il sole che ritorna con la lettura in cui immergersi per riuscire a dimenticare le cose che ci affliggono.
Molto, molto piaciuto questo testo, sei bravo Giovenale.
Un abbraccio e tutta la mia stima.
erandoro :-):-):-)"



lunedì 19 maggio 2008

di BERTHOLD BRECHT





“Un giorno vennero a prendere gli zingari e mi fece piacere perché rubacchiavano.



Poi vennero a prendere gli ebrei e non dissi nulla, perché mi stavano antipatici.


Vennero a prendere anche i comunisti ed io non dissi nulla perché non ero comunista.


Alla fine vennero a prendere me e non c'era rimasto più nessuno per impedirlo”.


Berthold Brecht


domenica 18 maggio 2008

A CASA MIA


A casa mia
c’è una scala vecchia
che sale e porta alle stanze.

I muri
anneriti dal tempo
vorrebbero una mano di nuovo...

un nero più vecchio
degli anni che mi videro bambino
seduto sui gradini
della scala che sale
che scende
dalla mia stanza.


(Giovenale Nino Sassi)
(1971)

sabato 17 maggio 2008

IVETA e L'Arameo Errante


Fotografia de Veríssimo Dias



"Emigrare è un po’ morire .Muori alla terra che stai lasciando, alla madre che ti ha visto crescere, all’ambiente che ti ha formato, alla sposa…... Perdi l’orizzonte che hai conosciuto, i monti e le strade, le tue strade……

Nel paese straniero l’emigrante si sente nessuno, anonimo.È duro il lavoro ma più duro è vivere in mezzo a gente che non ti capisce…"

(Giovenale Nino Sassi)


Não, ainda não aprendi italiano...
mas há já algum tempo que estas palavras me perseguem… pela melodia, pela mensagem (não é necessário saber italiano para as sentir), e claro, porque vivo o “drama” da emigração na primeira pessoa.
Sair do país em que nascemos, em que crescemos, em que iniciamos a nossa vida de adultos, e recomecar longe, não é fácil...

O anonimato, as diferenças culturais, aquilo que quase parece incompreensão generalizada pela tua forma de estar e de viver, podem ser obstáculos ferozes à integração, e à felicidade individual num país que não é o teu.

Pois é amigos, o quanto mudei eu desde que parti do meu cantinho de vento e mar... não mudei intencionalmente, mas fui obrigada a adoptar outros horários, outro tipo de alimentação, visto de forma diferente, porque o clima também é diferente, falo de forma distinta, uso expressões que nunca tinha ouvido antes.

Faço um esforco por não perder a minha originalidade, continuo a mesma penicheira amante do vento e do mar, que tenta fazer o bem sem olhar a quem, porque o amor e a caridade são valores universais, graças a Deus... mas até a caridade cristã tem um significado diferente fora do meu país, fora da minha paróquia.

Por isso vivo de olhos postos em vós, por isso tenho um calendário repleto de datas a celebrar, acontecimentos vossos que são meus, e no meu coração vivem: pessoas, lugares, aromas e sabores...Não me refiro apenas a ocasiões como o natal, ou a pessoas como os meus avós, claro que esses me são queridos, mas a referencia que faço é bem mais abrangente.

Lembro (e vivo), a alegria do mês de Maria, as peregrinações, o convivio entre amigos que sei continuarem a encontrar-se, a senhora com quem me cruzava a caminho do cafézito - de quem nunca soube o nome - mas a quem sempre desejei um bom dia ou uma boa tarde, as cores do céu quando o sol se põe sobre a Berlenga - que só acontecem numa altura do ano, e ainda assim, se não houver nevoeiro(!), do cheiro a limo da praia do portinho da areia - que agora de tão chique quase não reconheço nas fotos que recebo, o acolitado, os cânticos do Kerigma.

Existem milhares de pequenas coisas que ganharam valor e importância, agora que estou longe. E outras tantas que eram de grande valor e agora parecem inócuas...Mas a família, os amigos, e a paróquia são os meus tesouros - e todos sabemos, onde estão os nossos tesouros, aí está o nosso coração!

... e é muito difícil ser feliz quando o nosso coração está longe, (ou... quando está dividido)!


para todos os que se fazem perto, Bem Hajam, fazem a minha felicidade!

Publicada por Iveta Lopes Salvador

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(Estou feliz! Iveta agradecimentos, bom dia e bom domingo.. Nino)

giovedì 15 maggio 2008

Incontro con un poeta

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I passi di Dio nei rioni
Come le foglie, di si breve
anche se d’alto volo, gli uccelli.
Udendo errare
negli aloni silenziosi dei viali
la mente a soqquadro si ricompone
all’eco dei passi di Dio
nei rioni.
Perduta ogni buona lena
mi arrendo alle strade,
uccello di passo
incontro a Dio.

( Agostino Venazio Reali )

Agostino Venazio Reali nato a Monteffi il 27 agosto 1931 e morto a Bologna il 25 marzo 1994, fu sacerdote cappuccino che accanto agli studi teologici biblici e francescani, in forma appartata e in silenzio amò e coltivo per tutta la vita l’arte e la poesia ( da Città di vita – Firenze )

Non confessionale ma religiosa nel senso più alto, la poesia di Agostino Venanzio Reali, assai complessa nell’apparente fluidità del dettato, investe ogni aspetto della vita: la gioia e il dolore, la commozione, la preghiera, i momenti di angoscia, di solitudine esistenziale, il deserto interiore, la stanchezza.
Ma la speranza resta la categoria dominante anche dentro il dramma della storia grazie ad una fede che legge per via analogica il grande libro del creato facendo memoria della terra dell’origine cui il cuore aspira tornare.
Il suo è un tentativo di arte totale ; un tentativo che colloca Agostino Venanzio Reali a pieno titolo tra i grandi poeti contemporanei.








domenica 11 maggio 2008

Domenica di Pentecoste




Ombre di nubi, di collina in collina inseguono il vento. Il soffitto del cielo rompe i valichi disegnando armonie primaverili che invado le strade e i vicoli che rapidi scendono a valle.
Esco di casa, raggiungo la piazza, passo davanti l’edicola, acquisto il giornale.
E’ la domenica di pentecoste ! la gente sciama dalla chiesa disegnando colori di festa, antiche armonie sotto il sole del mattino. C’è poesia nei volti, nei gesti, c’è pace.

A casa apro un libro di Rabindranath Tagore, poeta indiano dal talento eccezionale che alla poesia sapeva alternare la musica, la filosofia, l’arte, la politica.
E’ il poeta della gioia e della speranza nonostante la catena di lutti che, numerosi, hanno attraversato la sua vita.
Egli, nonostante i lutti e le avverse situazioni non si è chiuso in se, non si è murato in se stesso e infatti scrive, “..murato in te è solo notte. Apri gli occhi e fuori di te troverai luce infinita”.….troverai le infinite bellezze con cui Dio si rende visibile … un fiore di campo che sale, l’acqua di un ruscello che cerca la valle, le stelle, l’amore.

Signore, il mio occhio Ti cerca, / io non Ti vedo; / cerco la via: / eppure mi sento contento. / Il mio cuore è nella polvere, / elemosina alla tua porta, / Ti chiede compassione, / non ricevo grazia, / aspetto soltanto. / Eppure sono contento.

Abituati ai fiori del male e a stagioni all’inferno possiamo dire che la poesia di Tagore racconta la vita che si rinnova giorno dopo giorno.
Quasi una Pentecoste che rigenera, che purifica, che spegne l'incendio del male e accende il fuoco dell'amore divino.

Chi sei tu, lettore, che leggerai le mie poesie / tra cento anni ? / Non posso mandarti un solo fiore di questa ricca primavera, / ne darti un solo raggio d’oro delle nuvole che mi sovrastano / Apri le tue porte, guardati intorno. / Nel tuo giardino in fiore cogli i fragranti ricordi / dei fiori sbocciati cento anni fa. / Nella gioia del tuo cuore che tu possa sentire / la vivente gioia che canto, in un mattino di primavera, / mandando la sua voce lieta, attraverso cento anni.



Un altro grande poeta… San Francesco d'Assisi ha scritto versi indimenticabili di elevazione al Dio della vita … nel suo Dolce sentire

(Dolce Sentire)

Dolce sentire come nel mio cuore
ora umilmente sta nascendo amore
Dolce capire che non son più solo,
ma che son parte di una immensa vita
che generosa risplende intorno a me:
dono di lui, del suo immenso amor.
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Ci ha dato il cielo e le chiare stelle,
fratello sole e sorella luna,
la madre terra con frutti, prati e fiori,
il fuoco, il vento, l' aria e l' acqua pura,
fonte di vita per le sue creature:

Sia laudato nostro Signore,
che ha creato l'universo intero
Sia laudato nostro Signore,
noi tutti siamo sue creature:
dono di lui, del suo immenso amor
Beato chi lo serve in umiltà.
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Visita You Tube
www.youtube.com/watch?v=JPWpnwDw_nM

mercoledì 7 maggio 2008

Uno sconosciuto è il mio amico




Uno sconosciuto è mio amico,
uno che io non conosco,
uno sconosciuto lontano lontano.
Per lui il mio cuore è pieno di nostalgia.
Perché Egli non è presso di me.
Perché Egli forse non esiste affatto?
Chi sei tu che colmi il mio cuore della tua assenza ?
Che colmi tutta la terra della tua assenza ?
(Pär Fabian Lagerkvist - Växjö, 23 maggio 1891Stoccolma, 11 luglio 1974) è stato uno scrittore svedese, premio Nobel per la letteratura nel 1951.





Lagerkvist dice nei suoi versi all'amico sconosciuto: «Uno sconosciuto è mio amico/ uno che io non conosco, uno sconosciuto lontano lontano./ Per lui il mio cuore è pieno di nostalgia/ perché Egli non è presso di me./ Perché Egli forse non esiste affatto?/ Chi sei tu che colmi il mio cuore della tua assenza,/ che colmi tutta la terra della tua assenza?». E aggiunge in un'altra sua poesia: « non c'è nessuno che ode la voce/ risonante nelle tenebre; ma perché la voce esiste?».Perché la voce esiste? L'uomo di oggi, intelligente, colto, amante della vita e dell'umanità, capisce di non riuscire a superare la negazione, ma comprende anche che la negazione non è la misura di tutto. La propria realtà è più grande della negazione.L'uomo di oggi capisce i valori che gli vengono dal cristianesimo, ma non riesce a credere e ciò lo rende terribilmente incompiuto. La tristezza dell'incompiuto è proprio il contenuto delle grandi coscienze di oggi. Pur non riuscendo a credere, l'uomo moderno in un estremo e disperato gesto di lealtà grida la sua nostalgia di un'affermazione ultima e positiva, grida quello che Cristo ben consapevolmente ha gridato prima di morire: «A te raccomando l'anima mia».Dopo che l'ottimismo razionalista ha subito la frustrazione delle due guerre mondiali, adesso lo smarrimento profondo della più alta cultura contemporanea sembra aprirsi ad una nostalgia nuova. L'uomo non può a lungo resistere in questa situazione enigmatica. «Tutta la legge dell'umana esistenza - disse Dostoevskij - sta in questo: che l'uomo possa inchinarsi all'infinitamente grande». Questo stigma, comunque letto o comunque lasciato nell'ombra, agisce nell'uomo.



martedì 6 maggio 2008

Raccontata per S.Caledda

una giovane poetessa molto speciale
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…….li, dove il sole tramonta e il libro si chiude, nell’ultima pagina, in quell’ultima pagina... tu attraversi il mondo e restituisci vita alla vita.
Non ho parole da raccontare ma silenzio…ascolto dell’Assoluto che ama l’Amore. ...................




Sperduto

Io
nel mondo
tra un pullulare di vele
su onde fuggenti
simili a volti di giovani donne
cerco
una nuvola dolce
capace d’adombrare
le mie notti insonni.
Un uomo muore
vacillando
e nessuno tende la mano
per salvarlo.


(1971)



(Picchiato venne lasciato morire sul ciglio della strada un giorno, il primo, di primavera)
E' una poesia, questa, scritta in anni lontani che vorrei strappare, cancellare dalla memoria.

lunedì 5 maggio 2008

Ricordando Shakespeare...





In cielo fanno economie: le candele sono tutte spente







In nulla mi considero felice se non nel ricordarmi dei miei buoni amici





Se non ricordi che Amore t'abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato









E' bella e quindi può essere corteggiata; è donna e quindi può essere conquistata









La vera grandezza non è nell'aspettare grandi cause per muoversi, ma nel trovare degno motivo di contesa in un fuscello quando è in gioco l'onore







Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri ?




Bisogna guardarsi bene dal concepire un'opinione molto buona delle persone di nuova conoscenza; altrimenti nella maggior parte dei casi si rimarrà delusi con proprio scorno o magari danno