giovedì 16 luglio 2015

a Ojo de fuego





LEAH GOLDBERG (1911-1970) - Davvero





Davvero verranno ancora giorni di perdono e di grazia
e camminerai nel campo come l'ingenuo viandante

La pianta dei tuoi piedi nudi accarezzerà i fili d'erba,
e le sommità delle spighe ti pungeranno, e la loro puntura sarà dolce,
oppure la pioggia ti sorprenderà, con la massa battente delle sue gocce
sulle spalle, sul petto, sul collo e ti rinfrescherà il capo.

Davvero camminerai ancora nei campi e la quiete si diffonderà in te,
respirerai il profumo del solco trovando pace a ogni respiro
vedrai il sole nello specchio della pozza dorata
le cose e la vita saranno semplici e sarà permesso toccarle
e sarà permesso, permesso, permesso amare

Camminerai nei campi da sola,
non ti brucerai nella vampa degli incendi,
in strade indurite dal terrore e dal sangue.
E con cuore sincero sarai di nuovo umile e docile
come un filo d'erba, come un essere umano,
cui è permesso, permesso, permesso amare. 


LEAH GOLDBERG (1911-1970)
Davvero


Di origini ebraiche nasce nel 1911 a Konigsberg, nella Prussia Orientale e trascorre infanzia e adolescenza a Kovno, in Lituania. A sedici anni pubblica la sua prima poesia in lingua ebraica. Studierà poi a Berlino e a Bonn. Nel 1935 si stabilisce definitivamente a Tel Aviv e nello stesso anno pubblica il suo primo libro. Nel 1954 diventa docente di letteratura presso l'università ebraica di Gerusalemme. E' autrice di romanzi, poesie, commedie e saggi. Goldberg che parlava sette lingue ha tradotto numerose opere straniere in ebraico. Muore nel 1970.




L’economia e tutto ciò che significa

 Immagine di Plutone
 

[ ... ] Siamo entrati, [ ....... ] in un tempo difficile ma ricco di promesse. Da un lato abbiamo le guerre, il terrorismo, la crisi economica e la disoccupazione dilagante …. L’esodo di massa da terre inospitali di generazioni di uomini e donne verso la salvezza che non c’è o c’è ma a duro prezzo e solo per alcuni.
Succede oggi e disegna un futuro incerto, drammatico che mette a dura prova gli Stati e le istituzioni internazionali.

Dall’altro la ricerca scientifica promette illimitate energie dal sole, dall’aria, dall’acqua e la medicina finirà per debellare le grandi malattie e ancora, ancora... corriamo alla scoperta dell'universo !
Abbiamo il bene a portata di mano ma inseguiamo il male .

L’economia e tutto ciò che significa – il potere e l’egoismo di pochi - non scommette sul futuro se non è il suo ovvero se non può governarlo : non scommette sull'uomo.
Fino a quando ?
Stammi bene, gsn




Alaide Foppa - Esilio


 La mia vita
È un esilio senza ritorno.
Non ebbe casa
la mia errante infanzia perduta,
non ha terra
il mio esilio.
La mia vita navigò
su vascelli di nostalgia.
Vissi sulle rive del mare
guardando l’orizzonte
verso la mia casa sconosciuta
pensavo salpare un giorno
e il presente viaggio
mi lasciò ad altro porto di speranza.
E’ l’amore, forse,
la mia ultima baia?
Oh braccia che mi fecero prigioniera,
senza darmi riparo…
Anche dal crudele abbraccio
volli sfuggire.
Oh braccia fuggitive
che invano cercarono le mie mani….
Incessante fuga
e desiderio incessante
l’amore non è porto sicuro.
E non c’è terra promessa
per la mia speranza.
.
Alaide Foppa
Esilio



mercoledì 8 luglio 2015

Kostantin Kavafis - Turbamento



L'anima mia nel mezzo della notte
è paralizzata e confusa.
Fuori, fuori di lei si compie la sua vita.
E attende la favolosa aurora.
E anch'io dentro di lei, con lei,
attendo, m'annoio, mi consumo.


Kostantin Kavafis

martedì 7 luglio 2015

José Maria Alvarez




Se la notte recasse al contempo
l'immagine e il corpo di quel giorno,
e il desiderio che ora sento
potesse essere lo stesso
con cui la mia memoria celebra
in versi la sua carne.
Poiché solo alla sua bocca e alla sua lingua
io questa notte rendo conto.
Solo innanzi a te gli occhi chiari,
che la spada e il tempo non umiliarono,
si arrendono.
Voglia la vita che il ricordo delle tue carezze mai mi abbandoni,
che la mia pelle ancora serbi
davanti alla morte quel bagliore,
e che le tracce del piacere
sul tuo corpo, trionfino.


José Maria Alvarez

domenica 5 luglio 2015

Konstantinos Kavafis Itaca

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sara` questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
ne' nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d'ogni sorta; piu' profumi inebrianti che puoi,
va in molte citta` egizie
impara una quantita` di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avra` deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
gia` tu avrai capito cio` che Itaca vuole significare.


Konstantinos Kavafis
Itaca

COSTANTINO KAVAFIS Dalla raccolta La memoria e la passione: La città






Hai detto: «Andrò per altra terra ed altro mare.
Una città migliore di questa ci sarà.
Tutti gli sforzi sono condanna scritta. E qua
giace sepolto, come un morto, il cuore.
E fino a quando, in questo desolato languore?
Dove mi volgo, dove l’occhio giro,
macerie nere della vita miro,
ch’io non seppi, per anni, che perdere e schiantare».

Né terre nuove troverai, né nuovi mari.
Ti verrà dietro la città. Per le vie girerai:
le stesse. E negli stessi quartieri invecchierai,
ti farai bianco nelle stesse mura.
Perenne approdo, questa città. Per la ventura
nave non c’è né via – speranza vana!
La vita che schiantasti in questa tana
breve, in tutta la terra l’hai persa, in tutti i mari.

COSTANTINO KAVAFIS
Dalla raccolta La memoria e la passione

COSTANTINO KAVAFIS Dalla raccolta La memoria e la passione Idi di marzo



Le grandezze paventa,
anima. Le ambizioni, se vincerle non puoi,
secondale, ma sempre cautelosa, esitante.
Quanto più in alto sali,
tanto più scruta, e bada.

E quando all’acme sarai giunto, ormai,
Cesare, quando prenderai figura
d’uomo così famoso, allora bada,
quando cospicuo incedi per via col tuo corteggio:
se mai, di tra la massa, ti s’accosti
un qualche Artemidoro, con uno scritto in mano,
e dica in fretta: «Lèggi questo súbito,
è cosa d’importanza, e ti riguarda»,
allora non mancare di fermarti, non mancare
di differire colloqui e lavori,
di rimuovere i tanti che al saluto
si prostrano (più tardi li vedrai).
Anche il Senato aspetti. E lèggi súbito
il grave scritto che ti reca Artemidoro.


COSTANTINO KAVAFIS
Dalla raccolta La memoria e la passione
Idi di marzo

MARINA CVETAEVA Dalla raccolta Dopo la Russia [E non siamo partiti – tu e io –]


E non siamo partiti – tu e io –
l’oceano può anche aspettare!
Non è alla portata – alla mia –
ai miei cinque franchi – quel mare.
A noi pane asciutto, a noi acqua
alla gola, miseria, sorsate
di sabbia. A noi il mare è secca:
la bevono gli altri – l’estate!
Trasudano grasso: il lustro
del burro – e dei nostri cervelli.
Leggiadri cannibali, mostri eleganti,
gourmets di stornelli e canzoni.
Degustazione? Un franco l’ingresso.
Si sciacqua la bocca coi versi
immortali, come acqua di cessi,
il poetico branco. E poi vi saluto,
vi stringo la mano – al pugno un prurito –
vi porgo il mio palmo e – un gesto deciso:
per la bontà, la cortesia squisita –
un autografo – in faccia!– sul muso!

MARINA CVETAEVA
Dalla raccolta Dopo la Russia
[E non siamo partiti – tu e io –]

Nata a Mosca, figlia di Ivan Vladimirovich Tsvetaev, professore di Belle Arti all'Università di Mosca e della pianista Marija Alexandrovna Mejn, fu una delle voci più originali della poesia russa del XX secolo e l'esponente più di spicco del locale movimento simbolista; il suo lavoro non fu ben visto dal regime staliniano, anche per via di opere scritte negli anni venti che glorificavano la lotta anticomunista dell'armata bianca, in cui il marito Sergej Jakovlevič Efron militava come ufficiale; emigrò prima a Berlino e poi a Praga nel 1922. Seguendo gli orientamenti della comunità russa emigrata, si trasferì a Parigi nel novembre 1925. Tornò a Mosca insieme al figlio Mur nel 1939, nella speranza di ricongiungersi al marito, di cui si erano perse le tracce e che in realtà era fuggito in Spagna, e alla figlia Ariadna Efron, tornata a Mosca nel 1937 e subito mandata in un campo di lavoro. In uno stato di estrema povertà e di isolamento dalla comunità letteraria, il 31 agosto 1941 s'impiccò nell'ingresso dell'izba che aveva affittato da due pensionati. La riabilitazione della sua opera letteraria avvenne solo a partire dagli anni sessanta, vent'anni dopo la sua morte. La poesia della Cvetaeva unisce l'eccentricità a un rigoroso uso della lingua, non priva di metafore paradossali. Se durante la prima fase creativa, Cvetaeva risentì dell'influenza di Majakovskij e del suo vigore poetico, in seguito se ne distaccò grazie alla sua cultura basata sui romantici tedeschi, e quindi si accostò maggiormente sia a Pasternak sia all'animo poetico di Puškin