sabato 30 aprile 2016

Hermann Hesse, Quando mi dai la tua piccola mano



Quando mi dai la tua piccola mano
Che tante cose mai dette esprime
Ti ho forse chiesto una sola volta
Se mi vuoi bene?
Non è il tuo amore che voglio
Voglio soltanto saperti vicina
E che muta e silenziosa
Di tanto in tanto, mi tenda la tua mano.
Hermann Hesse


Paul Tillich da Il coraggio di esistere





La generazione della Fine
.
Abbiamo visto morire milioni di individui in guerra, centinaia di migliaia nelle rivoluzioni, decine di migliaia nelle persecuzioni e nelle sistematiche epurazioni delle minoranze. Moltitudini numerose come nazioni vagano ancora sulla faccia della terra o periscono quando mura fittizie pongono fine al loro vagare. Tutti quelli che vengono chiamati profughi o immigrati appartengono a questo vagare, in essi si incarna una parte di quei terribili avvenimenti in cui la morte ha riafferrato le redini che noi credevamo avesse abbandonato per sempre. Questa gente porta nell’anima, e spesso nel corpo, le tracce della morte, e non le perderà mai del tutto. Voi, che non avete mai preso parte a questa grande migrazione, dovete accogliere questi altri come simboli di una morte, che è una componente della vita. Accoglieteli come quelli che hanno avuto il destino di ricordarci la presenza della Fine in ogni momento della vita e della storia. Accoglieteli come simboli della finitezza e transitorietà di ogni interesse umano, di ogni vita umana, di ogni cosa creata.Noi siamo diventati una generazione della Fine e quelli di noi che sono stati profughi ed esuli non dovrebbero dimenticarlo quando trovano un nuovo inizio qui o in un’altra terra. La Fine non è niente di esterno. Non si esaurisce con la nostra infanzia, la gente con cui siamo cresciuti, il paese, le cose, la lingua che ci hanno formati, i beni, spirituali e materiali, ereditati o guadagnati, gli amici che ci furono strappati da morte improvvisa.La Fine è più di tutto questo: è in noi, è diventata il nostro vero essere.Noi siamo la generazione della Fine e dovremmo saperlo.
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Paul Tillich
da Il coraggio di esistere
ed. Astrolabio, Roma, 1968
Trad. di G. Sardelli




giovedì 28 aprile 2016

Mio padre era un Arameo errante



Chagall


Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall'Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi, e ci condusse in questo luogo ("maqôm") e ci diede questo paese ("terra"), dove scorre latte e miele.


Chagall


Un ebreo errante, un fuggiasco, un pellegrino delle avanguardie: Marc Chagall, probabilmente, fu tutto questo. Sorvolò il secolo breve a mezz’aria, con la stessa leggiadria delle figure che dipinse, spesso sospese sopra i palazzi della sua infanzia, sopra le tragedie del ‘900, tra l’onirico e il reale.

Chagall

Giovenale Nino Sassi - Pensieri randagi





Stanotte il latrare dei cani
Attraversa lampioni sospesi
E raggiunge il silenzio.
Non c’è nessuno lungo la strada ...
Solo questo latrare insistente
Di pensieri randagi che sale
Tra nebbie notturne
E stanze vuote.
Immagino giardini d’agrumi
E oasi nel mare ionico dei passi.
Volesse il vento aprire il cielo
E raccontare le stelle
Mentre tu, fanciulla bretone
Volo di gabbiano
Odalisca di Matisse
Raccogli sogni innocenti.

gsn
pensieri randagi

M. Tullio Cicerone, De finibus bonorum et malorum, I, 17, 57



Così come ci confortiamo per l'attesa del bene, in analoga misura dovremmo rallegrarci per il suo ricordo. Solo gli sciocchi si tormentano nella rievocazione del male, mentre i sapienti trovano piacere nel rinnovare le sensazioni gradevoli del bene che hanno ricevuto.
Sta a noi cancellare, con eterna dimenticanza, tutte le avversità e ricordare con piacere e dolcezza solo ciò che ci ha reso felici.

Berthold Brecht






“ Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati.„ 




Fëdor Dostoevskij - I demoni



[ ... ] ...Vi sono degli istanti, si arriva a vivere degli istanti in cui il tempo improvvisamente si ferma e subentra l'eternità. -
- E lei spera di arrivare a un tale istante? -
- Sì -
- E' ben difficile che ciò possa accadere ai nostri tempi - replicò Nikolài Vsèvolodovič, anche lui senza la minima ironia, parlando lentamente e in tono pensieroso. - Nell'Apocalisse un angelo giura che il tempo non esisterà più. -
- Lo so. Ed è detto molto giustamente, con chiarezza e precisione. Quando ogni uomo avrà raggiunto la felicità non ci sarà più il tempo, perché non ce ne sarà più bisogno. E' un pensiero molto giusto. -
- Dove lo nasconderanno? -
- Non lo nasconderanno da nessuna parte. Il tempo non è un oggetto, ma un'idea. Si spegnerà nella mente dell'uomo... -
.



Agostino d'Ippona, Confessiones XI, 14, 17: 20, 26; 26, 33





.... Che cos’è dunque il tempo? Quando nessuno me lo chiede, lo so; ma se qualcuno me lo chiede e voglio spiegarglielo, non lo so. Tuttavia affermo con sicurezza di sapere che, se nulla passasse, non vi sarebbe un tempo passato; se nulla si approssimasse non vi sarebbe un tempo futuro se non vi fosse nulla, non vi sarebbe il tempo presente. Ma di quei due tempi, passato e futuro, che senso ha dire che esistono, se il passato non è più e il futuro non è ancora? E in quanto al presente, se fosse sempre presente e non si trasformasse nel passato, non sarebbe tempo, ma eternità... Questo però è chiaro ed evidente: tre sono i tempi, il passato, il presente, il futuro; ma forse si potrebbe propriamente dire: tre sono i tempi, il presente del passato, il presente del presente, il presente del futuro. Infatti questi tre tempi sono in qualche modo nell'animo, né vedo che abbiano altrove realtà: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione diretta, il presente del futuro l'attesa... Il tempo non mi pare dunque altro che una estensione (distensio), e sarebbe strano che non fosse estensione dell'animo stesso. ....


Plotino, Enneadi Su eternità e tempo





..... Diciamo che eternità e tempo sono diversi l'una dall'altro, che l'eternità appartiene a una natura perpetua, mentre il tempo appartiene a ciò che diviene e all'universo sensibile; per questo, in virtù di una sorta di immediata intuizione del pensiero, crediamo di avere nelle nostre menti una certa nozione di tali concetti: di essi sempre parliamo e li nominiamo a proposito di ogni cosa. Quando però tentiamo di arrivare a una comprensione dell'eternità e del tempo e di avvicinarci sempre di più, per così dire, ad essi, il nostro pensiero cade in aporìa: ognuno di noi riprende una diversa tra le affermazioni degli antichi sull'eternità e sul tempo e così ci fermiamo e riiteniamo essere sufficiente che di fronte a questo problema riportiamo le dottrine precedenti.
Soddisfatti di ciò, evitiamo per questo di proseguire nella ricerca e ci neghiamo per sempre la facoltà di conoscere qualcosa di nostro sull'eternità e sul tempo. ...

Vittorio Sereni da Frontiera




Sul tavolo tondo di sasso
due versi a matita, parole
per musica fiorite su una festa.
Di occhi ardenti, di capelli castani?
Come fu quel tuo giorno, e tu com'eri?

E oggi qui attorno la quiete
dei vetri indifferenti, oggi il minuto
sfaccendare dei passeri là fuori.


Nuno Júdice, Ecloga






Finalmente ho trovato il segreto,
la chiave di cristallo che apre ciò che scrivo,
e un po' ne ho paura.
Forse nell'infinità dei campi
dove, sul limitare del fiume, fiorisce il giglio
ho visto le tracce che hai lasciato
così come te - in un miraggio di tempo -
hai visto me all'ombra di quel dirupo.
Se la tua bocca, appena aperta
in un delirio di melograni,
mi ha toccato appena al di là del sogno,
io non me lo ricordo.
Quel che invece rammento,
nel flusso impreciso delle memorie notturne,
è la vampa rovente
di un pensiero d'amore.
Una pura e semplice ipotesi d'amore.


mercoledì 27 aprile 2016






I sogni richiedono fatica, amare disponibilità all’incontro .
“Amare gli alberi, il tram che sferraglia gioioso sotto casa, le anatre del lago, il freddo, la neve che cade abbondante, la luce dei lampioni che illumina la notte, Uscire e mescolarsi tra la folla quando torna primavera …”
(Giovenale Nino Sassi - Pagine)
“L'amore è sempre nuovo. Non importa che amiamo una, due, dieci volte nella vita: ci troviamo sempre davanti a una situazione che non conosciamo. L'amore può condurci all'inferno o in paradiso, comunque ci porta sempre in qualche luogo. ...
(Paulho Coelho - Sulla sponda del fiume Piedra)



Salmo 102 (103)





"Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie; salva dalla fossa la tua vita, ti corona di grazia e di misericordia. Egli sazia di beni i tuoi giorni e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza. Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia su quanti lo temono".


Leah Goldberg, preghiera




Insegnami, mio Dio, a benedire e pregare,
il mistero della foglia appassita, lo splendore del frutto maturo,
questa libertà di vedere, provare emozioni, respirare
sapere, sperare, non riuscire.

Insegna alle mie labbra la benedizione ed il canto di lode,
a rinnovare il tuo tempo al mattino ed alla sera.
Affinché il mio giorno d’oggi non sia come sempre.
Affinché il mio giorno non sia per me l’abitudine.



Marco Tullio Cicerone, De officiis, I, 64


Pollaiolo - giustizia






Tanto più uno eccelle in grandezza, tanto più vuole essere il primo o - peggio ancora - il solo. Ma è difficile poi che chi desidera sovrastare tutti rispetti l'equità, che è praticamente inseparabile dalla giustizia. Per cui avviene che non si lascia vincere né dal confronto di idee né dall'autorità del diritto e delle leggi; ed ecco sorgere allora nello Stato corruttori e faziosi per poter raggiungere la massima potenza ed essere superiori con la forza piuttosto che pari con la giustizia. Ma quanto più conservare l'equità è difficile, tanto più è apprezzabile: non v'è infatti nessuna circostanza, nella quale non si debba operare secondo giustizia. Il forte dev'essere considerato non colui che perpetra ingiustizie, ma colui che le impedisce.

Marco Tullio Cicerone
De officiis, I, 64

Alda Merini.- Io non ho bisogno di denaro





Io non ho bisogno di denaro 
ho bisogno di sentimenti 
di parole 
di parole scelte sapientemente 
di fiori detti pensieri 
di rose dette presenze 
di sogni che abitino gli alberi 
di canzoni che facciano danzare le statue 
di stelle che mormorino 
all'orecchio degli amanti. 
Ho bisogno di poesia 
questa magia che brucia 
la pesantezza delle parole 
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
.

San GIOVANNI PAOLO II









Non si è mai soli davanti al mistero della sofferenza: si è col Cristo che dà senso a tutta la vita. Con Lui tutto ha un senso, compresi il dolore e la morte.

San GIOVANNI PAOLO II
















Vasco Pratolini da Diario Sentimentale

Ottone Rosai




Passarono anni e guerre su noi uomini. A volte ci accorgevamo della nostra età ancora giovane: uno specchio, una data, gli occhi di una donna bruciavano davanti a noi le avventure innumerevoli e caduche su cui s'era arrovellata la nostra adolescenza. (I nostri simili sono, in questo fiorire del cuore ad ogni stagione più forte e più stanco, le piante che tutelano l'arsura che ci opprime). La fanciulla dal cappotto rosso-casentino fu anch'essa un'immagine per la retorica dei giorni qualunque su una sedia di caffè...
Facemmo lunghe girate insieme per la nostra città, nottambuli e poveri, parlando di noi e del nostro passato come due complici. Per quanto io le chiedessi della sua adolescenza, essa preferì non parlarne.
"Ne ho come un incubo" diceva, "eppure io la vissi come un gioco, come cantando."
"Tu cantavi?" le chiesi.
Ella rise, nella notte, si strinse più forte al mio braccio, disse:
"Come si canta tutti da ragazzi."
Riusciva a distrarre, ogni volta, la mia curiosità. Io non trovai modo di dirle chi essa fosse stata, ancora come un gioco o un pegno d'affetto.




Ottone Rosai

Robert Frost da Addio, proibito piangere e altri versi




Aspetterete molto a lungo qualcosa
che accada in cielo oltre i banchi di nuvole
e le Stelle del Nord pungenti come nervi.
S'incrociano il sole e la luna, ma non si toccano mai,
non fanno sprizzare scintille, né con fragore collidono.
Sembrano intersecarsi in orbite i pianeti,
ma nulla mai avviene, nessun danno.
E anche noi con pazienza possiamo durare la vita
e altrove guardare che non alle stelle e alla luna
e al sole per i colpi, per i mutamenti
di cui abbiamo bisogno per non impazzire.
E' vero che in pioggia finirà la lunga arsura
e la più lunga pace in Cina nella discordia:
ma questo non premierà l'attesa di chi veglia
sperando di vedere infranta la quiete del cielo
in quel momento suo con i suoi occhi. E' una calma
che sembra senz'altro sicura per questa notte.



Antonella Anedda da Notti di pace occidentale



Aspetta che scenda la temuta notte, che scompaia
la luce dal crepuscolo, e ruoti
la terra sul suo asse.
Questa è la verita di questa sera incerta
sui cespugli di acacie e sulle case
questa è la sua misura - un acro di deserto.

Sopporta i tuoi pensieri dentro il buio
che avanzino in fitte di memoria.
Puoi schierarli fino a crinali di spavento
fissarli vacillare quando la pianura si oscura
attenderne il ritorno ora che il cane tace
e la mente si spegne
per un attimo forma senza male
anima del geranio
teso sulla ringhiera.






E' primavera, il freddo si scrudisce. 
Al soffio degli zefiri festosi 
via via tace la rabbia dell'inverno.
Catullo, è l'ora di lasciare i piani
della Frigia 
e la florida campagna 
di Nicea dove regna la calura. 
Voliamo alle città chiare dell'Asia. 
Il cuore fugge avido di viaggi, 
i piedi hanno il vigore della voglia. 
O dolci compagnie di amici, addio, 
partiti insieme da laggiù, da casa, 
di ritorno per strade disparate.


[Gaio Valerio Catullo - carme 46]

Marco Lodoli da La notte





Metà di una storia sta nel suo inizio, 
metà nella sua fine: 
nel mezzo tutto vaga incerto.
Si cerca, si smarrisce, e intanto avanza.



martedì 26 aprile 2016

Simon Weil



“Mio Dio, prendimi per mano, ti seguirò da brava, non farò troppa resistenza. Non mi sottrarrò a nessuna delle cose che mi verranno addosso in questa vita, cercherò di accettare tutto e nel modo migliore. Ma concedimi di tanto in tanto un breve momento di pace. Non penserò più, nella mia ingenuità, che un simile momento debba durare in eterno, saprò anche accettare l’irrequietezza e la lotta. Il calore e la sicurezza mi piacciono, ma non mi ribellerò se mi toccherà stare al freddo purché tu mi tenga per mano. Andrò dappertutto allora, e cercherò di non aver paura. E dovunque mi troverò, io cercherò d’irraggiare un po’ di quell’amore, di quel vero amore per gli uomini che mi porto dentro. Ma non devo neppure vantarmi di questo ‘amore’. Non so se lo possiedo. Non voglio essere niente di così speciale, voglio solo cercare di essere quella che in me chiede di svilupparsi pienamente. “
Simon Weil

*** *** ***

L'avvicinamento della Weil alla spiritualità francescana permetterà a Georges Hourdin di delineare un paragone tra lei e Francesco d'Assisi: «Da molto tempo esisteva una stretta complicità fra il figlio del commerciante di tessuti di lana che visse ad Assisi all'inizio del XIII secolo e la sindacalista rivoluzionaria, fra il fondatore della fraternità francescana e la professoressa di filosofia che nel XX secolo, fra le due guerre mondiali, chiede una risposta all'interrogativo posto dall'esistenza del dolore umano». Il pensiero della Weil, difatti, indagherà a fondo il dolore del creato, e insieme l'essere, tutte le creature, confacenti alla lode di Dio: «Mi sembra duro pensare che il rumore del vento tra le foglie non sia un oracolo; duro pensare che questo animale, mio fratello, non abbia anima; duro pensare che il coro delle stelle nei cieli non canti le lodi dell'Eterno».


Bartolo Cattafi, Mio amore non credere..





Mio amore non credere che oggi
il pianeta percorra un'altra orbita,
è lo stesso viaggio tra le vecchie
stazioni scolorite,
vi è sempre un passero sfrullante
nelle aiuole
un pensiero tenace nella mente.
Il tempo gira sul quadrante, giunge
un segno di nebbia sopra il pino
il mondo pende dalla parte del freddo.
Qui le briciole a terra, la brace del camino,
le ali,
le mani basse e intente.

.



Oh, quando finalmente vedrai quel momento in cui ti renderai conto che il tempo non ti riguarda più, e sarai tranquillo e in pace, e non ti importerà del domani e sarai pienamente soddisfatto di te!
Vuoi sapere che cosa rende gli uomini avidi di futuro? Il fatto che nessuno è mai realmente appartenuto a se stesso.

Lucio Anneo Seneca
Lettere a Lucilio

Plotino - Enneadi





Diciamo che eternità e tempo sono diversi l'una dall'altro, che l'eternità appartiene a una natura perpetua, mentre il tempo appartiene a ciò che diviene e all'universo sensibile; per questo, in virtù di una sorta di immediata intuizione del pensiero, crediamo di avere nelle nostre menti una certa nozione di tali concetti: di essi sempre parliamo e li nominiamo a proposito di ogni cosa. Quando però tentiamo di arrivare a una comprensione dell'eternità e del tempo e di avvicinarci sempre di più, per così dire, ad essi, il nostro pensiero cade in aporìa: ognuno di noi riprende una diversa tra le affermazioni degli antichi sull'eternità e sul tempo e così ci fermiamo e riteniamo essere sufficiente che di fronte a questo problema riportiamo le dottrine precedenti.
Soddisfatti di ciò, evitiamo per questo di proseguire nella ricerca e ci neghiamo per sempre la facoltà di conoscere qualcosa di nostro sull'eternità e sul tempo.
Plotino
Enneadi
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Plotino (gr. Πλωτῖνος, lat. Plotinus). - Filosofo greco (n. Licopoli, Egitto, 203-206 - m. in Campania 269-270), massimo rappresentante del neoplatonismo antico. P. è autore delle Enneadi, cioè di sei gruppi di nove scritti ciascuno, raccolti da Porfirio. P. riprende le formulazioni più tarde del pensiero platonico e sviluppa l'idea della discesa graduale dal divino al mondano, dall'Uno al molteplice.
da Enciclopedie on line Treccani

Paolo Sarpi - Pensieri naturali, metafisici e matematici





Vi sono quattro modi di filosofare: il primo con la sola ragione, il secondo con alla base il senso, il terzo con la ragione prima e con il senso poi, il quarto che inizi dal senso e finisca con la ragione.
Pessimo è il primo perché si sa quello che vorremmo che fosse e non quello che è; cattivo è il terzo perché molte volte si piega quel che è a quello che si vorrebbe fosse, invece di fare l'opposto; vero è il secondo, ma rozzo, e poco ci dice sul vero, puntando più sull'essere che sulla causa.
Il quarto è il miglior metodo d'indagine filosofica che in questa vita possiamo avere.

Jorge Luis Borges, I giusti (in La Cifra)







Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere un'etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sur giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che premedita un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina, che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Queste persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

Buenos Aires 1899 - Ginevra 1986

RICORDO DI MIA MADRE













La valigia vecchia
legata con lo spago
ha preso il treno
per andare a nord.
.
S’è fermata alla stazione
grigia oltre frontiera ...
.
è scesa
e adesso sta
in un canto ad aspettare
di tornare
verso il sole dei paesi del sud.


***

Il 22 aprile del 2011, dopo una breve malattia, moriva mia madre, una donna eccezionale.
A lei ho dedicato molte delle mie poesie giovanili, quelle che raccontano l’emigrazione, quello che poteva essere di noi e non è stato.
Rimasta vedova a 28 anni fu costretta ad emigrare
“Stasera 
non bastano i ricordi …
stasera sono solo su questa terra”.

***

Cercai di rimediare
alla famiglia distrutta
dicendo a me stesso
che dovevo lottare.
Girai intorno:
.
“non c’è lavoro”, dissero.
Terra amata…
Partito Emanuele,
andata mia madre,
partirono gli amici:
dovevo andare.
.
Stavo tra quattro case
“Madonna degli orti”,
la chiamano:
Madonna d’emigrazione


Shakespeare






Nell’epoca decisiva dell’Armada Invincibile, della liberazione dei Paesi Bassi, della decadenza della Spagna e della trasformazione dell’Inghilterra, isola lacerata e periferica, in una delle maggiori potenze del mondo, il destino di Shakespeare (1564 – 1616) corre il rischio di sembrarci di misteriosa mediocrità. Fu sonettista, attore, impresario, uomo di affari e di liti. Cinque anni prima della morte, si ritirò nel suo paese natale, Stratford-on-Avon, e non scrisse più una riga, salvo un testamento in cui non si menziona nemmeno un libro e un epitaffio così goffo che conviene interpretarlo piuttosto come uno scherzo. Non riunì in un volume la sua opera drammatica,; la prima edizione pervenutaci, l’in-folio del 1623, si deve all’iniziativa di certi attori [ … ]Questi fatti hanno alimentato l’ipotesi che fosse soltanto un prestanome.
.
(Jeorge Luis Borges, William Shakespeare, Macbeth)
.
Per mitigare il nostro stupore possiamo considerare alcune circostanze di ordine storico:
William Shakespeare, salvo qualche eccezione, non diede le proprie opere alla stampa, perchè non le compose per la lettura ma per la scena … A principio del XVII secolo, scrivere per il teatro era un mestiere altrettanto subalterno quanto lo è ai nostri giorni scrivere per la televisione o il cinema. Quando Ben Jonson pubblicò le sue tragedie , commedie e farse sotto il titolo di Opere, la gente si fece beffe di lui…
Gli storici azzardano un’ipotesi : Shakespeare aveva bisogno per scrivere dello stimolo del palcoscenico, dell’imminenza del debutto e degli attori. Per questo una volta venduto il suo teatro, il Globe, lasciò cadere la penna. D’altronde i lavori teatrali erano proprietà delle compagnie , non degli o dei rifacitori.
Meno scrupolosa e meno ingenua della nostra, l’epoca di Shakespeare vedeva nella storia dell’arte , l’arte della favola piacevole e dell’apologo morale, non una scienza di sterile precisione.

I grandi poeti
4- Shakespeare
Il Sole 24 ore
*** *** ***
« Essere o non essere, questo è il dilemma:
se sia più nobile nella mente soffrire
i colpi di fionda e i dardi dell'oltraggiosa fortuna
o prendere le armi contro un mare di affanni
e, contrastandoli, porre loro fine. »

Amleto - Ofelia nell'arte





 Ofelia  è uno dei principali personaggi femminili della tragedia Amleto 

RICORDO DI MIO PADRE, Il partigiano Luciano



Sento il bisogno di "tornare a casa", 
nei luoghi dell'infanzia,
da mio padre, ai suoi insegnamenti,
alle mie radici
per il bisogno imperioso 
di scrollare di dosso
la polvere,
il niente assimilato vivendo
e riscoprire "le parole" 
che fecero giovani i miei anni

***
Luciano per i compagni, Sesto per l'anagrafe, è mio padre morto troppo presto e troppo giovane. Di lui ricordo il volto, il fucile a due canne, i racconti della montagna; il racconto delle notti passate all'addiaccio, di quando, insieme ad un partigiano slavo prese a fucilate una colonna di tedeschi in procinto di catturare un gruppo di combattenti rimasto intrappolato dove il fiume Nera si apre e allontana il bosco.
Un fatto realmente accaduto.
***
O capitano, o mio capitano
(O Dio, o mio Dio)
anche l’ultima battaglia è perduta.
Troppo forte è il nemico per le esigue forze
degli eroi dispersi
in rotta
sui monti dell’arcobaleno.
Dove sono i compagni e le giovani donne,
le promesse incantate,
prigioniere delle strade e delle piazze della gioventù ?
Dov’è la speranza?
Non risiede più tra di noi.
Fummo eroi in solitaria marcia verso il niente?


gsn


 http://ilpartigianoluciano.blogspot.it/

JORGE LUIS BORGES, TI OFFRO




Con cosa posso trattenerti?
Ti offro strade difficili,
tramonti disperati
la luna di squallide periferie.
…Ti offro le amarezze di un uomo
che ha guardato a lungo la triste luna.
Ti offro i miei antenati,
i miei morti,
i fantasmi a cui i viventi hanno reso onore col marmo:
il padre di mio padre ucciso sulla frontiera
di Buenos Aires
due pallottole attraverso i suoi polmoni,
barbuto e morto,
avvolto dai soldati nella pelle di una mucca
il nonno di mia madre – appena ventiquattrenne -
a capo di trecento uomini in Perù,
ora fantasmi su cavalli svaniti.
Ti offro qualsiasi intuizione sia nei miei libri,
qualsiasi virilità o vita umana.
Ti offro la lealtà di un uomo
che non è mai stato leale.
Ti offro quel nocciolo di me stesso
che ho conservato, in qualche
modo – il centro del cuore che
non tratta con le parole, nè coi
sogni e non è toccato dal tempo,
dalla gioia, dalle avversità.
Ti offro il ricordo di una
rosa gialla al tramonto,
anni prima che tu nascessi.
Ti offro spiegazioni di te stessa,
teorie su di te, autentiche e
sorprendenti notizie di te.
Ti posso dare la mia tristezza,
la mia oscurità, la fame del mio cuore
cerco di corromperti con l’incertezza,
il pericolo, la sconfitta.

Da “L’altro, lo stesso”

Carlos Drummond De Andrade, Lettera da "Lezione di cose" (1962)




Lettera

È molto tempo, si, che non ti scrivo.
Sono invecchiate tutte le notizie.
Sono invecchiato anch'io: guarda, in rilievo,
questi segni su di me, non delle carezze

(così leggere) che mi facevi in viso:
sono ferite, spine, sono ricordi
lasciati dalla vita al tuo bambino, che al tramonto
perde la sapienza dei bambini.

La mancanza che ho di te non è tanto
all'ora di dormire, quando dicevi
"Dio ti benedica", e la notte si spalancava in sogno.

E quando, allo svegliarmi, vedo a un angolo
La notte accumulata dei miei giorni,
e sento che sono vivo, e che non sogno.


Thomas Stearn Eliot da Assassinio nella cattedrale



Noi non sappiamo molto del futuro
o solo questo: di generazione in generazione
è un ripetersi di cose sempre uguali.
Gli uomini non imparano molto
dall’esperienza degli altri.

Ma nella vita di un uomo
non torna mai lo stesso tempo. Spezzare
la corda, cambiare pelle. Solo il pazzo,
prigioniero di una follia, può pensare
di far girare la ruota sulla quale egli gira...



lunedì 25 aprile 2016

Edgar Lee Masters





«A che serve conoscere il male nel mondo?»
Io sono fuori della tua strada ora, Spoon River;
scegli il tuo bene e chiamalo il bene.
Perché io non riuscii mai a farti capire
che nessuno sa che cosa è il bene
se non sa che cosa è il male;
e nessuno sa che cosa è vero
se non sa che cosa è falso.


.
Edgar Lee Masters (Garnett, 23 agosto 1868 – Melrose, 5 marzo 1950) è stato un poeta, scrittore e avvocato statunitense, noto soprattutto come autore dell'Antologia di Spoon River.