domenica 19 giugno 2016

In intimità con la notte di Robert Frost





Io sono uno che sa di cosa è fatta la notte.
Sono uscito con la pioggia e rientrato con la pioggia.
Ho lasciato la più remota luce della città.
Ho guardato giù nel più triste vicolo della città.
Sono passato accanto al guardiano nel suo giro,
e ho abbassato gli occhi, non volendo spiegare.
Sono rimasto fermo, cessato il rumore dei passi,
quando molto in alto un grido interrotto,
da un’altra strada giunse sopra le case.
Ma non per richiamarmi o dirmi addio;
e più in alto ancora, ad un’altezza assurda,
un orologio illuminato contro il cielo
proclamava che il tempo non era né sbagliato né giusto.
Io sono stato in intimità con la notte.







Un cucchiaio argentato ruba alle nubi la notte, illumina i boschi e i tetti delle case che veloci corrono verso la piaggia.
(gsn)


martedì 14 giugno 2016



«Non si può governare il vento,
ma si può cambiare
la direzione delle vele.»

[Seneca]





Hopper, Edward. - Pittore statunitense (Nyack, New York, 1882 - ivi 1967). Studiò a New York ed esordì come illustratore. Fu a Parigi nel 1906 e nel 1909. Indifferente a ogni tendenza d'avanguardia, da allora andò maturando uno stile inconfondibile, trattando gli aspetti della vita e del paesaggio americano, fissati in atmosfere immote e solitarie, con realismo accentuato. Ebbe notevole influenza sui pittori statunitensi.

Enciclopedie on line Treccani.it​
Annibale Caracci

Appena se ne va l'urtima stella e diventa più pallida la luna c'è un Merlo che me becca una per una tutte le rose de la finestrella: s'agguatta fra li rami de la pianta, sgrulla la guazza, s'arinfresca e canta.
L'antra matina scesi giù dar letto co' l'idea de vedello da vicino, e er Merlo furbo che capì el latino spalancò l'ale e se n'annò sur tetto.
 -- Scemo! -- je dissi -- Nun t'acchiappo mica...-- E je buttai du' pezzi de mollica. -- Nun è -- rispose er Merlo -- che nun ciabbia fiducia in te, ché invece me ne fido: lo so che nu m'infili in uno spido, lo so che nun me chiudi in una gabbia: ma sei poeta, e la paura mia è che me schiaffi in una poesia.
È un pezzo che ce scocci co' li trilli!
Per te, l'ucelli, fanno solo questo: chiucchiù, ciccì, pipì...
Te pare onesto de facce fa la parte d'imbecilli senza capì nemmanco una parola de quello che ce sorte da la gola?
Nove vorte su dieci er cinguettio che te consola e t'arillegra er core nun è pe' gnente er canto de l'amore o l'inno ar sole, o la preghiera a Dio: ma solamente la soddisfazzione d'avè fatto una bona diggestione.

[ Trilussa - -  LA POESIA]

Vittime della violenza. Preghiere di Giovanni Paolo II.
Ascolta la mia voce perché è la voce delle vittime di tutte le guerre e della violenza tra gli individui e le nazioni. Ascolta la mia voce, perché è la voce di tutti i bambini che soffrono e soffriranno ogni qualvolta i popoli ripongono la loro fiducia nella armi e nella guerra. Ascolta la mia voce, quando Ti prego di infondere nei cuori di tutti gli esseri umani la saggezza della pace, la forza della giustizia e la gioia dell'amicizia. Ascolta la mia voce, perché parlo per le moltitudini di ogni Paese e di ogni periodo della storia che non vogliono la guerra e sono pronte a percorrere il cammino della pace. Ascolta la mia voce e donaci la capacità e la forza per poter sempre rispondere all'odio con l'amore, all'ingiustizia con una completa dedizione alla giustizia, al bisogno con la nostra stessa partecipazione, alla guerra con la pace. O Dio, ascolta la mia voce e concedi al mondo per sempre la Tua pace.



Io credo che potrei voltarmi e andare a vivere
con gli animali, così placidi e controllati,
resto a guardarli per ore.
Non si affaticano, non frignano per la loro condizione,
non stanno svegli al buio piangendo i loro peccati,
non mi scocciano coi loro doveri verso Dio,
nessuno è insoddisfatto, nessuno impazzisce
per la mania di possedere,
nessuno s'inginocchia davanti a un altro,
o addirittura davanti a uno della sua specie
vissuto migliaia di anni fa.
Sopra l'intera terra nessuno, tra loro,
ha onori o compassione...

Walt Whitman
dal Canto di me stesso
in Foglie d'erba


Il viandante sul mare di nebbia (1811) Caspar David Friedrich

Ho combattuto la buona battaglia, mi dico,
e spesso ho perso .
Ma era veramente la buona battaglia o io,
bambino che pensa da grande,
ho confuso il bene con il male?
Non lo so!
e il tempo che resta è difficile


e la buona volontà, il sentimento e l'azione. Tutte queste cose vengono da Cristo, maturano grazie a lui, e in lui raggiungono la perfezione. Dunque non è troppo impervio né innaturale il cammino che, partendo da Cristo che ispira in noi l'amore con cui amiamo l'amico, sale verso di lui che ci offre se stesso come amico da amare: così si aggiunge meraviglia a meraviglia, dolcezza a dolcezza, affetto ad affetto.


celta difficile e rischiosa, che gli fa perdere l'amatissima compagna Maria, troppo "regolare" e timorata per stargli accanto, e che lo riduce infine in una sorta di sottosuolo spirituale, da lui praticato nella disperazione immedicabile di una solitudine assoluta. Scritto nel 1963, Opinioni di un clown è forse il romanzo più cupo e più "impegnato" che Heinrich Böll abbia mai scritto. La disumanità di una popolazione che nella rincorsa affannosa del profitto ha trovato il miglior narcotico per tacitare i forti, quasi insostenibili, sensi di colpa che la storia recente avrebbe dovuto ispirarle, risalta, a fronte del miserando destino di Hans, in tutto il suo terribile rilievo. Nella società tedesca dei primi anni Sessanta non c'è rimorso perché non c'è memoria, né cultura. E lo stile asciutto di Böll, del tutto privo del benché minimo compiacimento lirico o effusivo, ci colpisce col ritmo martellante di un atto d'accusa inappellabile, dal quale non possiamo non sentirci toccati un po' tutti: all'Orrore della prima metà del secolo, sembra dire lo scrittore, subentra nella seconda l'Indifferenza, altrettanto ottusa, altrettanto micidiale; e il povero clown inutilmente ribelle può ben assurgere a rappresentante di una serie infinita - e sommersa - di vittime innocenti.

Heinrich Böll
Cenni biografici

 Heinrich Böll nacque a Colonia nel 1917 e morì nella sua casa di campagna a Bornheim-Merten. Di formazione cattolica, fu costretto dallo scoppio della guerra a interrompere gli studi di letteratura tedesca intrapresi all'Università di Colonia; chiamato alle armi, combatté in Romania e in Russia, finché decise di disertare e attese in un campo di prigionia americano la fine del conflitto. Ottenuto un impiego statale, nel dopoguerra cominciò a scrivere, manifestando un atteggiamento fortemente critico nei confronti della Germania della ricostruzione e del "miracolo economico". Contrario alla Nato, ma anche antisovietico, socialista democratico e pacifista, Böll fu sempre in prima linea nelle battaglie civili condotte in Germania, subendo spesso violente rappresaglie polemiche, non tacitate neanche dal premio Nobel, a lui attribuito nel 1972. A partire dal racconto lungo Il treno era in orario (1949), la sua fama di narratore conobbe un incremento costante sia in patria che all'estero, ed ebbe le sue tappe più importanti nei romanzi Dov'eri Adamo? (1951), E non disse nemmeno una parola (1953), Casa senza custode (1954), Biliardo alle nove e mezzo (1959), Opinioni di un clown (1963), Foto di gurppo con signora (1972), L'onore perduto di Katharina Blum (1974), Assedio preventivo (1979), Cosa faremo di questo ragazzo? (1981). Da ricordare anche le raccolte di racconti Gli ospiti sconcertanti (1956) e La raccolta di silenzi del dottor Murke (1958), i saggi di Lezioni francofortesi (1966) e il romanzo postumo Donne con paesaggio fluviale (1986).




… ero entrato nel cortile del palazzo Guermantes e, assorto com’ero [...], non m’ero accorto di un’automobile che stava avanzando; al grido dell’autista ebbi appena tempo di scansarmi bruscamente, e indietreggiai tanto da inciampare contro i ciotoli livellati dietro i quali si trovava una rimessa. 
Ora, nel momento in cui, per recuperare l’equilibrio, posai il piede su un ciottolo un po’ meno rialzato del precedente, tutto il mio scoraggiamento svanì di fronte alla medesima felicità che, in momenti diversi dell mia vita, m’aveva procurata la veduta d’alberi che avevo creduta di riconoscere in una passeggiata in carrozza nei dintorni di Balbec, la vista dei campanili di Martinville, il sapore di ua maddalena inzuppata in un infuso, e tante altre sensazioni di cui ho parlato e che le ultime opere di Vinteuil m’eran parse sintetizzare.”

Marcel Proust
Alla ricerca del tempo perduto



Alla ricerca del tempo perduto (À la recherche du temps perdu) è l'opera più importante di Marcel Proust, scritta tra il 1909 e il 1922, pubblicata in sette volumi tra il 1913 e il 1927. Si colloca tra i massimi capolavori della letteratura universale per vari motivi, ma soprattutto per l'ambizione letteraria e filosofica che l'autore ha riposto in quest'opera (intuire di cosa il tempo è composto per cercare di fuggire il suo corso). In essa è racchiusa tutta l'evoluzione del pensiero dell'artista. Tra i moltissimi temi trattati spicca il ritrovamento del tempo perduto, del ricordo, della rievocazione malinconica del passato perduto. L'opera per la sua struttura compositiva è stata definitaL'oeuvre cathédrale.[1]




Davide Bregola - Lettera agli amici




C’è stato un tempo in cui la bellezza
era lontana, irraggiungibile
e ogni gesto, ogni evento, mi sembravano
svuotati di senso.
Poi è accaduto qualcosa, anzi proprio nel momento
in cui lo scetticismo aveva preso il sopravvento
arrivò la metamorfosi.
Il desiderio è diventato ancora una volta la
spinta propulsiva;
era desiderio di riconciliazione.
Con chi mi stavo riconciliando?
Ora lo so bene.
Mi stavo riconciliando con l’umanità.
Col mondo.
La mia riconciliazione nasceva dal desiderio
dell’altro.
Da allora ho reimparato a cogliere la bellezza
che c’è nelle cose, negli uomini, ovunque

Le farfalle




La farfalla non vive per cibarsi ed invecchiare,
vive solamente per amare, e per questo è avvolta in un abito mirabile…
Tale significato della farfalla è stato avvertito in tutti i tempi e da tutti i popoli…
È un emblema sia dell’effimero, sia di ciò che dura in eterno…
È un simbolo dell’anima.
Hermann Hesse
*** *** ***
La farfalla non conta gli anni ma gli istanti,
per questo il suo breve tempo le basta
Rabindranath Tagore
*** *** ***
Vorrei che fossimo farfalle e vivessimo tre soli giorni d’estate
tre giorni così, con te, sarebbero più colmi di delizie
di quante ne potrebbero contenere cinquanta anni di vita ordinaria.
John Keats
*** *** ***
Nascere a primavera, morire con le rose,
sulle ali di uno zefiro nuotare nella luce,
cullarsi in grembo ai fiori appena schiusi,
in una brezza pura di profumi e d’azzurro,
scuotere, ancora giovane, la polvere alle ali,
volare come un soffio verso la volta infinita:
ecco della farfalla il destino incantato!
Somiglia al desiderio che non si posa mai,
che mai si sazia, ogni cosa sfiorando
per poi tornare al cielo, in cerca di piacere.
Alphonse De Lamartine
*** *** ***


Quello che il bruco chiama fine del mondo,
il resto del mondo chiama farfalla
Lao Tzu
*** *** ***
E s’aprono i fiori notturni, nell’ora che penso a’ miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari.
Giovanni Pascoli
*** *** ***
[...] Resta un ultimo traguardo :
accendere le stelle e tornare ad amare !
Amare i giorni che restano
come un dono prezioso
Amare le salite e le discese,
le tranquille ombrose pianure e ,
nel tempo che resta,
il volo di una farfalla.
gsn


mercoledì 8 giugno 2016


Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe.
Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. 
Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi.
Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio.
Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città. I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome».
Egli disse: «Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare.
Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli.
.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 10,1-12.17-20.
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In un tempo in cui le decisioni umane fluttuano tra opinioni incerte e fiumi di parole e di fogli stampati con programmi, proposte, resoconti … Gesù manda i suoi a due a due, senza altro che una presenza inerte: mettersi in cammino verso l’altro .....
Mi piace molto questa pagina del Vangelo di Luca.

lunedì 6 giugno 2016

Sarcofaghi di Eugenio Montale



Dove se ne vanno le ricciute donzelle
che recano le colme anfore su le spalle
ed hanno il fermo passo sì leggero;
e in fondo uno sbocco di valle
invano attende le belle
cui adombra una pergola di vigna
e i grappoli ne pendono oscillando.
Il sole che va in alto,
le intraviste pendici
non han tinte: nel blando
minuto la natura fulminata
atteggia le felici
sue creature, madre non matrigna,
in levità di forme.
Mondo che dorme o mondo che si gloria
d'immutata esistenza, chi può dire?,
uomo che passi, e tu dagli
il meglio ramicello del tuo orto.
Poi segui: in questa valle
non è vicenda di buio e di luce.
Lungi di qui la tua via ti conduce,
non c'è asilo per te, sei troppo morto:
seguita il giro delle tue stelle.
E dunque addio, infanti ricciutelle,
portate le colme anfore su le spalle.
***
Sarcofaghi di Eugenio Montale
Ossi di seppia

I giorni son sempre più brevi di Nazim Hikmet

Matisse


I giorni son sempre più brevi
le piogge cominceranno.
La mia porta, spalancata, ti ha atteso.
Perché hai tardato tanto?
Sul mio tavolo, dei peperoni verdi, del sale, del pane.
Il vino che avevo conservato nella brocca
l’ho bevuto a metà, da solo, aspettando.
Perché hai tardato tanto?
Ma ecco sui rami, maturi, profondi
dei frutti carichi di miele.
Stavano per cadere senz’essere colti
se tu avessi tardato ancora un poco.
.



Vincent Van Gogh


Aspettando i barbari


Aspettando i barbari
Io credo nella pace, forse addirittura nella pace ad ogni costo.
I bambini non dubitano mai, neppure per un momento, che i vecchi enormi alberi sotto cui giocano dureranno in eterno; che loro cresceranno forti come i loro padri, fertili come le madri, che vivranno e saranno felici e alleveranno a loro volta i propri figli lì dove sono nati.
Io stesso allora non dubitavo che in qualunque momento chiunque di noi, uomo, donna, bambino, forse anche il povero ronzino legato alla ruota del mulino, chiunque sapesse cosa era giusto. Tutte le creature vengono al mondo con dentro la memoria della giustizia.
Quando qualcuno soffre ingiustamente [...] è destino di coloro che assistono alla sua sofferenza provarne vergogna.
John Maxwell Coetzee
... ... ... ... ... ... ... ... ...
Io so!
per dire che riconosco le manipolazioni, il niente che ‘’qualcuno’’ vorrebbe vendermi per vero..
E’ sufficiente vivere, andare al mercato, viaggiare fuori dai confini nazionali, leggere un giornale straniero …
Basta vivere,
andare allo stadio, prendere il tram o il treno dei pendolari e scoprire che le parole non dette parlano, raccontano meglio di un articolo di spalla o di apertura di un giornale.
Basta vivere
e mantenere un equilibrato senso della ricerca, per riconoscere ciò che è giusto, vero che poi è tutto ciò che è veramente bello e poi dire:
Io so che questo non è un paese aperto ai giovani e al loro futuro…
Io so che viviamo in tempi difficili …
Io so che la corruzione sta divorando il paese
Io so che è tornato il tempo di dire che il nero è nero e il bianco è bianco per poi ricominciare.
Io so […]
Vedo l’immondizia ai lati delle strade,
l’immigrato che vende calzini davanti al super mercato …
l’umanità perduta che ‘’qualcuno’’ vorrebbe cancellare ma esiste
Vedo il lavoro che non c’è e qualcuno vorrebbe metterci paura
‘’Non abbiate paura’’ diceva, anzi gridava con forza un grande uomo.
Uno che aveva attraversato il secolo breve e i suoi delitti …
gsn - dalla mia residenza,
mercoledì 6 luglio 2011

Lavandare di Giovanni Pascoli



Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi, che pare
dimenticato, tra il vapor leggero.
E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene:
Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta!
come l'aratro in mezzo alla maggese
.
Lavandare
un componimento poetico di Giovanni Pascoli,
tratto dalla raccolta poetica Myricae.



Enrico Moretti: "Il nuovo lavoro nasce
solo dove ci sono le idee"
Parla il docente a Berkeley, che ha scritto un saggio sui cambiamenti dell'occupazione che è un successo in America. Una ricetta per fermare la fuga dei cervelli e rilanciare l'università
di FEDERICO RAMPINI
.
Sono pochi gli economisti europei - tantomeno gli italiani - le cui opere fanno "tendenza" e diventano punti di riferimento nel dibattito americano. Il caso di Enrico Moretti è speciale. Economista, 45 anni, docente a Berkeley che è una delle migliori università del mondo, con il suo libro suLa nuova geografia del lavorouscito negli Stati Uniti un anno fa, è diventato un testo celebre, non solo recensito ma continuamente citato sul New York Times e il Wall Street Journal.
Ogni analisi sull'evoluzione recente del mercato del lavoro americano finisce per attingere al suo studio, che ha gettato una luce nuova sui vantaggi competitivi dei poli urbani più innovativi come San Francisco o Seattle. Ne parliamo in occasione dell'uscita della versione italiana, edita da Mondadori, perché le analisi di Moretti hanno qualcosa da dire sui giovani italiani, i loro sbocchi occupazionali, la fuga dei cervelli.
La geografia del lavoro italiana deve scontare diversi handicap rispetto agli Stati Uniti. Come possono i giovani neolaureati italiani approfittare delle opportunità che nascono dai settori innovativi, in un paese che non ha Apple né Google o Amazon?
"I giovani italiani nati dopo il 1970 affrontano uno dei mercati del lavoro più difficili, e non è certo colpa loro. Tuttavia hanno una delle più basse mobilità geografiche nella storia d'Italia. Negli anni Sessanta e Settanta l'Italia era un paese ad altissima
mobilità geografica e a spostarsi erano soprattutto i giovani. La mobilità"paga", spostarsi rende. Se rimani in un'area ad alta disoccupazione, le tue opportunità sono inferiori. Perciò io consiglio ai giovani di investire i due o tre anni iniziali della propria carriera all'estero. L'esperienza all'estero non è una fuga irreversibile, i flussi di andata e ritorno sono diffusi. E non bisogna venire per forza qui in California, si può scegliere Londra, Monaco o Stoccolma. È come aggiungere un altro pezzo di scolarità, ed è più facile farlo a 20 anziché a 40 anni".
Il suo caso personale, di docente a Berkeley, può inserirsi però nel fenomeno della fuga dei talenti dall'Europa verso gli Stati Uniti, un flusso che contribuisce anch'esso a disegnare la nuova geografia del lavoro. Ci hanno provato diversi governi italiani a fermare l'esodo dei cervelli, senza successo. Dal suo osservatorio, quali consigli darebbe?
"È difficile tenere a casa gli scienziati, gli innovatori, la categoria più mobile che esista. Vanno dove trovano non solo le condizioni più stimolanti dal punto di vista economico, ma le più premianti intellettualmente. Per quanto riguarda i talenti nella ricerca universitaria, però, qualcosa si può fare: cambiare l'università italiana in modo che premi i giovani innovativi. Non occorrono riforme enormi per trasformare i sistemi di incentivi accademici. La prova? Alcune università italiane ci stanno riuscendo. Parlo del settore che conosco, l'economia: la Bocconi ormai recluta e promuove esattamente con gli stessi criteri di Berkeley e delle altre grandi università americane. Ma anche Torino, Bologna, Venezia e Salerno sono state capaci di far tornare dei docenti dall'estero. Bisogna allargare queste realtà che sono ancora minoritarie, estendere quei dipartimenti organizzati su basi meritocratiche. Non mancano i talenti italiani all'estero che in condizioni adeguate tornerebbero volentieri, perché hanno un'attrazione affettiva, familiare".

Nella sua nuova geografia del lavoro, a fianco ai casi più noti degli Stati Uniti come San Francisco, quali metropoli europee emergono tra le "vincitrici"? C'è qualche ingrediente del loro successoche sia esportabile in Italia?
"Londra ha saputo attirare un milione di nuovi abitanti in dieci anni, un fenomeno urbano senza precedenti in Europa, in gran parte fatto di stranieri. Stoccolma, Monaco e Zurigo sono diventate anche loro delle "calamite". Decisiva è stata la loro capacità di attirare immigrati ad alta scolarità, questo è tra i fattori più importanti per il successo di un'economia regionale. Quasi il 50% della ricerca nella Silicon Valley californiana viene fatta da gente venuta da fuori.
L'Italia finora ha avuto prevalentemente un'immigrazione dalla scolarità bassa. Ma non c'è ragione per cui non possa attirare un altro tipo di immigrati: la nostra qualità della vita è un incentivo reale. Questi immigrati non tolgono lavoro a nessuno, anzi lo aggiungono, creano nuova domanda, generano opportunità per i lavoratori nazionali. Poi da noi manca l'accesso al capitale di rischio. Ilventure capital ha avuto un'evoluzione, si è specializzato molto su ogni nicchia dei nuovi mestieri. Il giovane italiano che ha idee valide ma non ha una famiglia ricca non sa dove trovare i fondi".
Con le sue analisi sul mercato del lavoro lei dimostra che qui negli Stati Uniti una buona laurea è tuttora un ottimo investimento per il futuro di un giovane. Ma vale lo stesso anche in Italia, dove il sistema universitario si regge su principi diversi, cioè quasi gratuito e meno selettivo?
"Certamente in America la laurea vale di più, se si misura il suo rendimento in differenziali di stipendio. Tra un giovane laureato al suo primo impiego, e un giovane che abbia solo il diploma di secondaria superiore, qui negli Stati Uniti il differenziale di remunerazione in media èdell'80% mentre in Italia è del 40%. E tuttavia studiare all'università ha comunque un senso. Non credo che nel prossimo decennio la creazione di posti di lavoro si concentrerà nelle mansioni meno qualificate. Semmai i giovani italiani dovrebbero informarsi meglio su quali lauree rendono di più. Abbiamo ancora troppi iscritti alle facoltà di legge e scienze politiche, troppo pochi nelle materie scientifiche".
Si parla molto dei segnali aneddotici su una parziale "re-industrializzazione"degli Stati Uniti. Sono solo dei casi isolati, di scarsa rilevanza, oppure potrebbe aprirsi una nuova fase? È illusorio pensare che i paesi di antica industrializzazione possano far rinascere al proprio interno anche una vocazione manifatturiera?
"Non bisogna confondere la ripresa dell'attività manifatturiera con una ripresa degli occupati in questo settore. L'industria americana va bene: se misuriamo la sua produzione in valore (e depurato dall'inflazione) oggi crea il doppio di quello che creava 30 anni fa.
Ma lo fa con una manodopera dimezzata per effetto dell'automazione. Chiunque visiti una fabbrica americana la trova quasi vuota di esseri umani: ci sono dentro due o tre persone al computer che controllano le macchine. I posti di lavoro industriali che aumentano sono quelli per ingegneri con laurea e master, non i milioni di tute blu. Ed è esattamente lo stesso fenomeno che sta succedendo in una grande economia industriale come la Germania: la percentuale dei tedeschi occupati nel manifatturiero si è dimezzata dagli anni Ottanta".

(05 dicembre 2013)
Fonte: La Repubblica.it


Trento - Il Nobel 2008 chiude il Festival dell'Economia
Esiste davvero una contrapposizione tra efficienza ed equità? Il premio Nobel per l’Economia 2008 Paul R. Krugman ne ha discusso in video conferenza oggi pomeriggio con Daniel Gros e Tito Boeri nell’ultimo confronto del Festival dell’Economia, che è servito anche per fare una sorta di riassunto dei tanti temi emersi nel corso dei 5 giorni della kermesse dello Scoiattolo. Due i messaggi che escono dal Festival, come ha ricordato il direttore scientifico Boeri. Le disuguaglianze esistono e a causa della crisi si sono accentuate, ma nel contempo, tutti gli autorevoli relatori, hanno sostenuto che non c’è niente di inevitabile e che possono essere individuati dei correttivi per migliorare la situazione, in primis intervenendo sul sistema educativo e poi anche attraverso strumenti di redistribuzione della ricchezza. "Occorrono però - ha detto Boeri - proposte che siano attuabili".
“La disuguaglianza non è un destino, ma una scelta – ha detto Krugman docente di economia e relazioni internazionali all’Università di Princeton – e possiamo fare molto per ridurla”. “Dobbiamo capire che il problema non è monodimensionale, le cause sono diverse e per affrontarle dobbiamo muoverci su diverse strade”. “I redditi - ha ricordato - negli ultimi anni sono cresciuti solo fra la classe media cinese e per l'1% della popolazione, ovvero i super ricchi”. Il premio Nobel, parlando di geografia economica, ha evidenziato la possibilità di introdurre misure redistributive solamente in alcune regioni o in alcune città, che potrebbero essere un laboratorio di esprimenti.
"A volte – ha detto Krugmann – pensiamo che solo le soluzioni globali possano essere efficaci, ma forse non è così, ad esempio anche il trasporto pubblico locale può essere uno strumento di riduzione delle disuguaglianze, come dimostrano molti studi”. Parlando delle questioni globali, Krugmann ha sottolineato che alcune aree geografiche europee più povere sono sottoposte alla competizione dei paesi emergenti. “Credo che l’Europa - ha detto - dovrebbe essere più consapevole di queste dinamiche invece di fare politiche di austerità”.
Il premio Nobel ha poi affrontato la questione dei salari. “Ci sono sempre più prove che dimostrano come i salari non siano determinati dal confronto fra domanda e offerta, ma che vi siano in realtà tanti fattori che ne influenzano la portata. E’ evidente che all’aumento di salario corrisponde anche un aumento di efficienza, che potrebbe compensare il maggior costo del lavoro”.
Infine la tematica dell’immigrazione. “L’immigrazione può essere un modo per migliorare la vita delle persone. Ma ci vogliono delle limitazione. La libera circolazione del lavoro - ha detto - senza integrazione fiscale crea la possibilità di spirali verso il basso. Se molti i giovani se ne vanno da un paese, chi pagherà le tasse per sostenere le pensioni?”.
02/06/15 18:13


Bussano di Jacques Prevert



Chi è
Nessuno
E' solo il mio cuore che batte
Che batte troppo forte
Per causa tua.
Ma di fuori
La piccola mano bronzea sulla porta di legno
Non si sposta
Non si muove
Non muove neanche la punta del dito
.

S'ode ancora il mare di Salvatore Quasimodo




Già da più notti s'ode ancora il mare,
lieve, su e giù, lungo le sabbie lisce. 
Eco d'una voce chiusa nella mente 
che risale dal tempo; ed anche questo 
lamento assiduo di gabbiani: forse 
d'uccelli delle torri, che l'aprile
sospinge verso la pianura. Già
m'eri vicina tu con quella voce;
ed io vorrei che pure a te venisse,
ora, di me un'eco di memoria,
come quel buio murmure di mare.
.

mercoledì 1 giugno 2016




Alle volte il silenzio dice quello che il tuo cuore
non avrebbe mai il coraggio di dire!
Alda Merini

Paul Eluard - Parlare



Parlare senza aver niente da dire
comunicare
in silenzio
i bisogni dell'anima
dar voce
alle rughe del volto
alle ciglie degli occhi
agli angoli della bocca
parlare
tenendosi per mano
tacere
tenendosi per mano.

Jacques Prévert - Prima colazione





Lui ha messo
Il caffè nella tazza
Lui ha messo
Il latte nel caffè
Lui ha messo
Lo zucchero nel caffellatte
Ha girato il cucchiaino
Ha bevuto il caffellatte
Ha posato la tazza
Senza parlarmi
S'è acceso una sigaretta
Ha fatto dei cerchi di fumo
Ha messo la cenere nel posacenere
Senza parlarmi
Senza guardarmi
S'è alzato
S'è messo in testa il cappello
S'è messo l'impermeabile perché pioveva
E se n'è andato sotto la pioggia
Senza parlare
Senza guardarmi,
E io mi son presa la testa fra le mani
E ho pianto.





Lempika



Gli sembrava così bella, così seducente, così diversa dalla gente comune, che non capiva perché nessuno rimanesse frastornato come lui al rumore ritmico dei suoi tacchi sul selciato della via, né si sconvolgessero i cuori con l’aria dei sospiri dei suoi falpalà, né impazzissero tutti d’amore al vento della sua treccia, al volo delle sue mani, all’oro del suo ridere. ...

Gabriel García Márquez,
L’amore ai tempi del colera

Lempika



La Bellezza è una forma del Genio, anzi, è più alta del Genio perché non necessita di spiegazioni. Essa è uno dei grandi fatti del mondo, come la luce solare, la primavera, il riflesso nell’acqua scura di quella conchiglia d’argento che chiamiamo luna.
Oscar Wilde

Alejandra Pizarni



So poco della notte
ma la notte sembra sapere di me,
e in più, mi cura come se mi amasse,
mi copre la coscienza con le sue stelle.
Forse la notte è la vita e il sole la morte.
Forse la notte è niente
e le congetture sopra di lei niente
e gli esseri che la vivono niente.
Forse le parole sono l’unica cosa che esiste
nell’enorme vuoto dei secoli
che ci graffiano l’anima con i loro ricordi.
Ma la notte deve conoscere la miseria
che beve dal nostro sangue e dalle nostre idee.
Deve scaraventare odio sui nostri sguardi
sapendoli pieni di interessi, di non incontri.
Ma accade che ascolto la notte piangere nelle mie ossa.
La sua lacrima immensa delira
e grida che qualcosa se n’è andato per sempre.

Un giorno torneremo ad essere.
.


Donald Justice - Gli uomini a quarant’anni



Gli uomini a quarant’anni
Imparano a chiudere dolcemente
Le porte delle stanze
In cui non rientreranno.
Riposando al pianerottolo
Lo sentono muoversi sotto
Come fosse la chiglia di una nave –
Per quanto il moto sia lieve.
E in fondo agli specchi
Ritrovano la faccia del ragazzo
Che si allenava di nascosto ad annodare
La cravatta del padre,
E poi la faccia di quel padre
Ancora calda del mistero della schiuma.
Ormai sono più padri che figli.
Qualcosa li sta colmando, qualcosa
Come il suono serale dei grilli,
Che si estende,
Colmando il bosco ai piedi del pendio
Dietro le loro case ipotecate.






Solo ho amica la notte.
Sempre potrò trascorrere con essa
D'attimo in attimo, non ore vane;
Ma tempo cui il mio palpito trasmetto
Come m'aggrada, senza mai 
distrarmene.
Avviene quando sento,
Mentre riprende a distaccarsi da ombre,
La speranza immutabile
In me che fuoco nuovamente scova
E nel silenzio restituendo va,
A gesti tuoi terreni
Talmente amati che immortali parvero,
Luce.
Giuseppe Ungaretti





Stamattina la testa è impagliata di niente.
Leggo i giornali, ascolto il TG ...
la mia generazione lascia ai giovani una società confusa e corrotta. Sarà difficile ricominciare. Riuscirete a scusarci ?
Non temo per me ... ho lottato per il bene.
Ho perso, ho vinto nel divenire dei giorni e di più non potevo fare
Non resta che riprendere la penna e scrivere come a vent'anni ...
'' La gente non mangia l'odore del pane''
Dalla mia residenza
gennaio 2013