giovedì 29 gennaio 2009

La valigia


La valigia vecchia
legata con lo spago
ha preso il treno
per andare a nord.
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S’è fermata alla stazione
grigia oltre frontiera ...
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è scesa
........e adesso sta
in un canto ad aspettare
.......di tornare
verso il sole dei paesi del sud.

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Stasera ripenso l'emigrazione, la nostra, quella dei nostri antenati, dei nostri genitori, la nostra...
Lo faccio attraverso una poesia che ho scritto nel 1970 e un articolo pubblicato nella pagina dedicata, da un quotidiano nazionale, all'emigrazione italiana.:
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Quel luogo che sta nella mente fatto di fantasia ed aspirazioni incompiute al quale s’accede in momenti particolari e subito porta alla giovinezza è un insieme d’immagini sovrapposte e diverse nella sostanza; appuntamento comune con se stessi diventa, per l’emigrante, la terra promessa.
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Io non so, adesso, dove sta la terra degli emigranti, se esiste o è un luogo della fantasia. Succede che questo andare verso direttrici diverse dalla logica rende improbabili i concetti.
Non bisognerebbe sprecare le risorse naturali: gli ettari che restano incolti, le braccia capaci di trasformare, di costruire.
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Questa quantità che è una qualità sempre considerata eccedente è il simbolo di due Italie.
Una spinta verso il presunto miracolo economico, l’altra lasciata, per la prima, nella continua arretratezza.
Treni lunghissimi correvano, negli anni ’60, dal sud verso il nord, verso le pensiline delle città industriali d’Europa.
Portavano uomini tristi per quella realtà dipendente, senza proprietà, portatori necessari del sistema.
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Aldo dice che non bisogna emigrare. “Bisogna restare e lottare” dice “ ma come fai se non c’è niente”.
Bruno e scuro di carnagione, giovane e robusto, calmo, abituato a girare il mondo e a non stupirsi di nulla, è uno degli immigrati italiani che a Zurigo lavora nelle imprese edili
“A Carlantina non c’è niente” aggiunge mimando con le dita.
“qualcuno trova lavoro a Foggia ma a Carlantina c’è solo disoccupazione”
Zurigo cerca lentamente di cambiare: gli edifici vengono abbattuti e ricostruiti, l’autostrada disegna tangenti aeree sulla periferia.
Ogni cosa sta a suo posto, qui, e recita un copione scontato:
“Nessuno esce dalle strisce pedonali, nessuno getta carta in terra”.
La mentalità pigra e materialista del luogo presenta aspetti dolci e brutali che forse la natura a comunicato agli abitanti.
Ognuno sta a suo posto, qui: gli indigeni organizzano, gli immigrati lavorano.
“Il sudore non convince questa gente” racconta Aldo “abbiamo il diritto di lavorare insieme all’umiliazione d’essere appena sopportati”.
A quest’ora del pomeriggio il “Caravelle Tea Room” è deserto. Gli italiani arrivano più tardi, alla spicciolata, dopo le partite di calcio, prima della messa vespertina.
La Missione Cattolica sta, infatti, ad un isolato dopo la curva a gomito nel cuore del quartiere italiano.
“Loro pensano all’economia” aggiunge Aldo” “ e alla produzione, pensano che dobbiamo ringraziarli per il lavoro e tutto sommato hanno ragione. E’ il Governo italiano che deve difenderci,che deve impedire la disoccupazione”
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Aldo ha lasciato Zurigo: è stato licenziato.
Gli hanno detto che l’impresa non può mantenere gente incapace e chiacchierona ma lavoratori appassionati e produttivi.
Lui, il chiacchierone è partito. A Carlantina potrà muoversi liberamente.
Non ci sono strisce pedonali, infatti ma poche strade e una piazza stretta tra le case in sasso.

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