mercoledì 20 gennaio 2010

Vincenzo Cardarelli



PASSATO


I ricordi, queste ombre troppo lunghe
del nostro breve corpo,
questo strascico di morte
che noi lasciamo vivendo
i lugubri e durevoli ricordi,
eccoli già apparire:
melanconici e muti
fantasmi agitati da un vento funebre.
E tu non sei più che un ricordo.
Sei trapassata nella mia memoria.
Ora sì, posso dire che
che m'appartieni
e qualche cosa fra di noi è accaduto
irrevocabilmente.
Tutto finì, così rapito!
Precipitoso e lieve
il tempo ci raggiunse.
Di fuggevoli istanti ordì una storia
ben chiusa e triste.
Dovevamo saperlo che l'amore
brucia la vita e fa volare il tempo.

( Vincenzo Cardarelli)
***

Ecco un esempio tipico di quella poesia ‘’della memoria’’ che caratterizza l’atteggiamento più schiettamente leopardiano del Cardarelli. E’ una lirica d’amore: di un amore già trascorso e ormai ben lontano nel tempo – ne è prova il titolo stesso della poesia: Passato- e tuttavia proprio per questo sottratto alla condizione labile e provvisoria delle vicende umane. Ora che la donna da lui amata ‘’non è più che un ricordo ’’, un fantasma, un’ombra (una di quelle ’’ ombre troppo lunghe ‘’ che ci lasciamo dietro vivendo: i segni, quasi, d’un continuo morire ), il poeta sente che gli appartiene, che fa parte di sé, della sua ‘’ storia fatta di fuggevoli istanti ‘’. Trapassando ‘’ nella sua memoria’’ è diventata qualcosa che il tempo ‘’ precipitoso e lieve ‘’ non potrà più cancellare. Rimane, certo, il rimpianto di ciò che fu, la tristezza di non poterlo rivivere. Ma appunto nel comporsi di questi due momenti – la irrevocabilità del tempo trascorso, il suo durare nella memoria – sta il motivo ispiratore della lirica , la ragione dell’amara e pur rasserenata sentenza che tutta la riassume e la giustifica:
… l’amore
Brucia la vita e la fa volare nel tempo.

METRO : intreccio di quinari, settenari. Ottonari, novenari e endecasillabi non rimati




BIBLIOGRAFIA


Vincenzo Cardarelli, il cui vero nome era Nazareno Caldarelli, nacque a Corneto Tarquinia, un piccolo paese di provincia, dove suo padre (Antonio Romagnoli), marchigiano d'origine, gestiva il buffet della stazione ferroviaria e qui trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza.
Compì studi irregolari e formò la propria cultura da autodidatta. All'età di diciassette anni fuggì di casa e approdò a Roma dove, per vivere, fece i più svariati mestieri, fra i quali il correttore di bozze presso il quotidiano l'Avanti!. Su l'Avanti!, del quale divenne redattore, ebbe inizio, nel 1906, la sua carriera giornalistica.
Collaborò a Il Marzocco, La Voce, la rivista Lirica, Il Resto del Carlino e, dopo gli anni della Prima guerra mondiale che aveva trascorso tra la Toscana, il Veneto e la Lombardia, rientrò a Roma e insieme ad un gruppo di intellettuali fondò la rivista La Ronda attraverso la quale espresse il suo programma di restaurazione classica. Fu direttore della Fiera letteraria, insieme al drammaturgo forlivese Diego Fabbri.
La sua fama resta legata alle numerose poesie e prose autobiografiche di costume e di viaggio, raccolte in Prologhi (1916), Viaggi nel tempo (1920), Favole e memorie (1925), Il sole a picco (1929) romanzo con illustrazioni del pittore bolognese Giorgio Morandi, Il cielo sulle città (1939), Lettere non spedite (1946), Villa Tarantola (1948).
Fu un conversatore brillante ed un letterato polemico e severo, avendo vissuto una vita vagabonda, solitaria e di austera e scontrosa dignità. Suoi maestri sono stati Baudelaire, Nietzsche, Leopardi, Pascal, che lo hanno portato ad esprimere le proprie passioni con un senso razionale, senza troppe esaltazioni spirituali. La sua è una poesia descrittiva lineare, legata a ricordi passati di qualunque tipo,siano paesaggi animali persone e stati d'animo, che vengono espressi con un uso di un linguaggio discorsivo e nello stesso tempo impetuoso e profondo.

Fonte della Bibliografia : WikipediA

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