Io, battello perduto nei crini delle cale,
Spinto dall'uragano nell'etra senza uccelli,
- né i velieri anseatici, né i Monitori avrebbero
Ripescato il mio scafo ubriacato d'acqua;
Libero, fumigante, di brume viole carico,
Io che foravo il cielo rossastro come un muro
Che porti, leccornie per i buoni poeti,
Dei licheni di sole e dei mocci d'azzurro;
Io che andavo chiazzato dalle lunule elettriche,
Folle trave, scortato dagli ippocampi neri,
Quando il luglio faceva crollare a scudisciate
I cieli ultramarini dai vortici infuocati;
Io che tremavo udendo gemere acento leghe
I Behemot in foia e i densi Maelstrom,
Filando eternamente sulle acque azzurre e immobili,
Io rimpiango l'Europa dai parapetti antichi!
Ho visto gli arcipelaghi siderei e delle isole
Dai cieli deliranti aperti al vogatore:
- E' in queste notti immense che tu dormi e t'esili
Stuolo d'uccelli d'oro, o Vigore futuro?
Ma basta, ho pianto troppo! Le Albe sono strazianti.
Ogni luna mi è atroce ed ogni sole amaro:
L'acre amore mi gonfia di stordenti torpori.
Oh, la mia chiglia scoppi! Ch'io vada in fondo al mare!
Se desidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera
Nera e gelida, quando, nell'ora del crepuscolo,
Un bimbo malinconico abbandona, in ginocchio,
Un battello leggero come farfalla a maggio.
Non posso più, bagnato da quei languori, onde,
Filare nella scia di chi porta cotone,
Né fendere l'orgoglio dei pavesi e dei labari,
Né vogar sotto gli occhi orrendi dei pontoni.
E' la parte finale de ''Il battello ebbro''.
Spinto dall'uragano nell'etra senza uccelli,
- né i velieri anseatici, né i Monitori avrebbero
Ripescato il mio scafo ubriacato d'acqua;
Libero, fumigante, di brume viole carico,
Io che foravo il cielo rossastro come un muro
Che porti, leccornie per i buoni poeti,
Dei licheni di sole e dei mocci d'azzurro;
Io che andavo chiazzato dalle lunule elettriche,
Folle trave, scortato dagli ippocampi neri,
Quando il luglio faceva crollare a scudisciate
I cieli ultramarini dai vortici infuocati;
Io che tremavo udendo gemere acento leghe
I Behemot in foia e i densi Maelstrom,
Filando eternamente sulle acque azzurre e immobili,
Io rimpiango l'Europa dai parapetti antichi!
Ho visto gli arcipelaghi siderei e delle isole
Dai cieli deliranti aperti al vogatore:
- E' in queste notti immense che tu dormi e t'esili
Stuolo d'uccelli d'oro, o Vigore futuro?
Ma basta, ho pianto troppo! Le Albe sono strazianti.
Ogni luna mi è atroce ed ogni sole amaro:
L'acre amore mi gonfia di stordenti torpori.
Oh, la mia chiglia scoppi! Ch'io vada in fondo al mare!
Se desidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera
Nera e gelida, quando, nell'ora del crepuscolo,
Un bimbo malinconico abbandona, in ginocchio,
Un battello leggero come farfalla a maggio.
Non posso più, bagnato da quei languori, onde,
Filare nella scia di chi porta cotone,
Né fendere l'orgoglio dei pavesi e dei labari,
Né vogar sotto gli occhi orrendi dei pontoni.
E' la parte finale de ''Il battello ebbro''.
Il battello protagonista della lirica, rimasto senza marinai e privo di ormeggi, è il simbolo del poeta. Come il battello anche il poeta va incontro alle sue avventure liberamente e senza vincoli. Come il battello anche il poeta è ormai stanco; e come il battello non vuol tornare in acque sicure alla sua funzione di battello di merci, così il poeta non può nemmeno pensare di ritornare ad una vita normale: '' basta, ho pianto troppo ! le albe sono strazianti, / ogni luna mi è atroce ed ogni sole amaro / [ ... ] Che la mia chiglia scoppi! Che vada in fondo al mare.
Artur Rimbaud scrive questa lirica a soli diciassette anni ed è uno dei capolavori indiscussi della Poesia di tutti i tempi.
Artur Rimbaud scrive questa lirica a soli diciassette anni ed è uno dei capolavori indiscussi della Poesia di tutti i tempi.
bellissima
RispondiEliminaComunque si scrive "Bateau". Ciao
RispondiEliminahai ragione ...
RispondiEliminaLe albe sono strazianti.
RispondiElimina___________
Dico, solo un genio può trovare parole così superbe.
Accidenti, quanto tempo! Non ricordavo di aver commentato qui, all'alba del mio interesse per rimbaud e all'alba di un periodo straordinario che ora si è concluso. Eterno Rimbaud.
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