Così è la vita !
Emigrare è anche bello. È bello conoscere ed apprendere lingue nuove, sensazioni che si muovono in spazi diversi; strade , monti e boschi, fiumi e laghi.. volti ..che si aprono per diventare memoria.E ami le terre avute in dono dalla vita e le strade e le piazze e nuovi ricordi, nel tempo, affollano la mente raccontati in lingue diverse dalla tua e non ci fai caso tanto ti appartengono e sono tuoi.Conosci l’inglese, apprendi il tedesco, hai fatto nuove amicizie e ti è piaciuto. Diritti riservati
mercoledì 28 luglio 2010
lunedì 26 luglio 2010
domenica 25 luglio 2010
Boris Vian - Mi piacerebbe
sabato 24 luglio 2010
Michel Quoist
venerdì 23 luglio 2010
Giovanni Paolo II - Canto al Dio nascosto
l’amore ha risolto tutto per me –
perciò ammiro questo Amore
dovunque Esso si trovi.
E poiché sono una distesa aperta al flusso silenzioso
che non ha nulla dell’onda tonante che non poggia
ai tronchi iridescenti
mi ha molto di un’onda quieta che scopre luce negli abissi
e alita questo chiarore su foglie non inargentate.
Perciò in quel silenzio io-foglia,
liberata dal vento,
non mi curo più di alcuno dei giorni inabissati
perché so che tutti s’inabisseranno.
Pablo Neruda, Il poeta da Canto general
All'inizio vagabondai per la vita
a causa di un amore infelice:
mantenni però in me un minuto foglio di quarzo
e fu grazie ad esso che puntai gli occhi sull'esistenza.
Acquistai gentilezza
pur recandomi spesso al mercato del desiderio
non mancando di bere l'acqua scura dell'invidia,
quell'astio che tanto spesso trasforma noi uomini
in maschere di paura.
Mi sommersi nella melma marina
dove quel fiore, il giglio, di colpo
parve fagocitarmi nel breve volgere di un'onda.
Lì appoggiai il mio piede
mentre il mio spirito slittava pericolosamente
verso il morso dell'abisso.
E' così che nacquero i miei primi versi
è così che li riscattai dalle erbe velenose,
che li brandii contro la solitudine
quasi fossero una colpa da espiare
o tutto ciò che mi restava da opporre
al fiore dell'immoralità.
In questo modo, solitario come l'acqua scura
che emerge da abissi profondi,
passai di mano in mano
nella solitudine di ogni mio simile,
vincendo l'odio e l'invidia di ogni giorno.
Imparai che così vivevano altri uomini,
coperti a metà dal mio stesso fango,
come creature del più strano dei mari,
quello che dal pantano della vita
ci conduce alla morte.
La morte che ci spalancherà strade e portoni.
La morte che - con noi - scivolerà sui muri.
lunedì 12 luglio 2010
Petali di rosa
I tuoi occhi ricordano la mia terra,
... di prati verdi e colline in fiore
e ulivi resistenti al gelo
che in bravura un pastore li batte.
Le tue labbra han qualcosa di mio
che troppe volte le guardai,
baciai,
cercando lo sfogo ai sentimenti...
Ma non ho niente per te
e me n’andrò, solitario, per la mia strada.
Ti penserò, allora
guardando ad un passato che muore,
lontano,
tra petali di rosa.
(Giovenale Nino Sassi 1968)
Paulho Coelho, Sulla Sponda del Fiume Piedra
Perchè tu conosci la debolezza dl cuore dei tuoi figli
e a ciascuno concedi solo il fardello che puo' sopportare.
Che tu comprenda il mio amore,
perchè è l'unica cosa che possiedo realmente,
l'unica cosa che potrò portare con me nell'altra vita.
Fa che esso si mantenga coraggioso, puro e sempre vivo,
malgrado gli abissi e le trappole del mondo.
Giuseppe Ungaretti
La Madre
E il cuore quando d'un ultimo battito
Avrà fatto cadere il muro d'ombra
Per condurmi, Madre, sino al Signore,
Come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all'Eterno,
Come già ti vedeva
Quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
Come quando spirasti
Dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m'avrà perdonato,
Ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d'avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.
[Giuseppe_Ungaretti ]
sabato 10 luglio 2010
Destinatario sconosciuto: viviamo in tempi difficili
Pier Paolo Pasolini nelle sue ‘’pagine corsare’’ scriveva…
Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.
[………]
Anch’io, oggi come allora potrei scrivere… Io so. per dire che riconosco le manipolazioni, il niente che ‘’qualcuno’’ vorrebbe vendermi per vero..
E’ sufficiente vivere, andare al mercato, viaggiare fuori dai confini nazionali, leggere un giornale straniero…
Basta vivere, andare allo stadio, prendere il tram o il treno dei pendolari e scoprire che le parole non dette parlano, raccontano meglio di un articolo di spalla o di apertura di un giornale.
Basta vivere e mantenere un equilibrato senso della ricerca, per riconoscere ciò che è giusto, vero che poi è tutto ciò che è veramente bello e poi dire:
Io so che questo non è un paese aperto ai giovani e al loro futuro…
Io so che viviamo in tempi difficili…
Io so che la corruzione sta divorando il paese
Io so che è tornato il tempo di dire che il nero è nero e il bianco è bianco per poi ricominciare.
Io so […]
Vedo l’immondizia ai lati della strada,
l’immigrato che vende calzini davanti al super mercato …
l’umanità perduta che ‘’qualcuno’’ vorrebbe cancellare ma esiste E’ quella dei senza lavoro
Vedo….Il lavoro che non c’è e qualcuno vorrebbe metterci paura …
‘’Non abbiate paura’’ diceva, anzi gridava con forza un grande uomo.
Uno che aveva attraversato il secolo breve e i suoi delitti…
venerdì 9 luglio 2010
L'Aquilone - Giovanni Pascoli
C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
anzi d'antico: io vivo altrove, e sento
che sono intorno nate le viole.
Son nate nella selva del convento
dei cappuccini, tra le morte foglie
che al ceppo delle quercie agita il vento.
Si respira una dolce aria che scioglie
le dure zolle, e visita le chiese
di campagna, ch'erbose hanno le soglie:
un'aria d'altro luogo e d'altro mese
e d'altra vita: un'aria celestina
che regga molte bianche ali sospese...
sì, gli aquiloni! E' questa una mattina
che non c'è scuola. Siamo usciti a schiera
tra le siepi di rovo e d'albaspina.
Le siepi erano brulle, irte; ma c'era
d'autunno ancora qualche mazzo rosso
di bacche, e qualche fior di primavera
bianco; e sui rami nudi il pettirosso
saltava, e la lucertola il capino
mostrava tra le foglie aspre del fosso.
Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino
ventoso: ognuno manda da una balza
la sua cometa per il ciel turchino.
Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza,
risale, prende il vento; ecco pian piano
tra un lungo dei fanciulli urlo s'inalza.
S'inalza; e ruba il filo dalla mano,
come un fiore che fugga su lo stelo
esile, e vada a rifiorir lontano.
S'inalza; e i piedi trepidi e l'anelo
petto del bimbo e l'avida pupilla
e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.
Più su, più su: già come un punto brilla
lassù, lassù... Ma ecco una ventata
di sbieco, ecco uno strillo alto... - Chi strilla?
Sono le voci della camerata mia:
le conosco tutte all'improvviso,
una dolce, una acuta, una velata...
A uno a uno tutti vi ravviso,
o miei compagni! E te, sì, che abbandoni
su l'omero il pallor muto del viso.
Sì: dissi sopra te l'orazioni,
e piansi: eppur, felice te che al vento
non vedesti cader che gli aquiloni!
Tu eri tutto bianco, io mi rammento:
solo avevi del rosso nei ginocchi,
per quel nostro pregar sul pavimento.
Oh! te felice che chiudesti gli occhi
persuaso, stringendoti sul cuore
il più caro dei tuoi cari balocchi!
Oh! dolcemente, so ben io, si muore
la sua stringendo fanciullezza al petto,
come i candidi suoi pètali un fiore
ancora in boccia! O morto giovinetto,
anch'io presto verrò sotto le zolle
là dove dormi placido e soletto...
Meglio venirci ansante, roseo, molle
di sudor, come dopo una gioconda
corsa di gara per salire un colle!
Meglio venirci con la testa bionda,
che poi che fredda giacque sul guanciale,
ti pettinò co' bei capelli a onda tua madre...
adagio, per non farti male.
.
L’aquilone di Giovanni Pascoli racconta un episodio dell’infanzia del poeta.
La gioia e la felicità di un ricordo del passato si uniscono all’amarezza per la morte di un compagno di collegio.
mercoledì 7 luglio 2010
lunedì 5 luglio 2010
Gli ultimi giorni
Da akatalēpsía , il bellissimo blog di Clelia Mazzini ripredo un post molto interessante.
Gli ultimi giorni sono disgraziati; e così gli ultimi momenti sono momenti disgraziati. Non è il fatto che si avvicini la separazione a rendere quei giorni e quei momenti così disgraziati, bensì la sensazione che ci si aspetti qualcosa di speciale da loro, qualcosa che mancano sempre di produrre. Periodi spasmodici di piacere, di affetto, e persino di studio, di rado evitano di deludere quando premeditati. Quando giungono gli ultimi giorni, gli si dovrebbe permettere di arrivare e scivolare via senza particolare attenzione o menzione. E quanto agli ultimi momenti, non dovrebbero esistere. Semplicemente. Che siano finiti per sempre, ancor prima che sia riconosciuta la loro esistenza.
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 10,1-12.17-20.
Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città. I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse: «Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli
sabato 3 luglio 2010
John Keats -Fantasia
Lascia sempre vagare la fantasia,
È sempre altrove il piacere:
E si scioglie, solo a toccarlo, dolce,
Come le bolle quando la pioggia picchia;
Lasciala quindi vagare, lei, l’alata,
Per il pensiero che davanti ancor le si stende;
Spalanca la porta alla gabbia della mente,
E, vedrai, si lancerà volando verso il cielo