sabato 4 giugno 2011

Lettera di Marziale a Giovenale


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«Mentre tu forse ti aggiri inquieto,/Giovenale , per la chiassosa Suburra ,/o consumi la collina di Diana signora;/ mentre da una soglia all'altra dei padroni/ la toga sudata ti sventola e su e giù/ per il Celio maggiore e il minore ti schianti le gambe,/ me, dopo tanti dicembri, la mia bramata,/ Bilbili, superba d'oro e di ferro,/ha accolto e fatto contadino».
[ …………. ]
«.mi godo lunghi e sfacciati sonni./ per recuperare quanto ho perduto a Roma/ dove per trent'anni non ho mai potuto dormire./.Qui si ignora la toga; se chiedo una veste, mi si dà/ la più vicina, da una sedia azzoppata./ E quando mi alzo, mi accoglie il focolare/ con una gran bracciata di sterpi del querceto qui accanto,/ che la contadina incorona tutto intorno di pentole./.Così mi piace vivere, così mi piace morire».
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(Marco Valerio Marziale )

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