sabato 6 ottobre 2012

Gianni Grillo, un poeta e scrittore contemporaneo


« Urbem Syracusas maximam esse Graecarum, pulcherrimam omnium saepe audistis. Est, iudices, ita ut dicitur. »
« Avete spesso sentito dire che Siracusa è la più grande città greca, e la più bella di tutte. Signori giudici, è proprio come dicono. »
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Ritratto di Caravaggio


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    Caravaggio a Siracusa , tra realtà e fantasia
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Al suo ingresso nel porto la feluca fu accolta dal volo,  radente il mare,  di uno stormo di uccelli levatosi simultaneo dagli speroni  rocciosi che contornavano i bastioni maestosi del castello di Federico. Sul fare dell’alba il vento era calato così che la vela, che spingeva tra le onde la leggera imbarcazione, si era afflosciata improvvisamente ed il capitano aveva dato l’ordine di dare polso ai remi. 

Fu quell’inatteso sciabordio a smuovere l’aria svegliando il riposo notturno delle quaglie.  Non a caso,  Archia  duemila anni prima aveva denominata Ortyx * quella parte della costa siciliana dove aveva trovato approdo sicuro per le sue nuove conquiste.

Michelangelo,che per sua natura amava dormire sulla stiva all’aria aperta, per respirare meglio l’odore della salsedine, volle dare un significato festoso a quella sorta di rumorosa accoglienza. Per la prima volta, dopo diversi mesi, i suoi lineamenti  solitamente corrucciati  si sciolsero in un atteggiamento di fiduciosa attesa. L’imbarcazione aveva quasi raggiunto la fonte d’acqua dolce, dove sapeva crescevano rigogliosi i papiri, e sull’adiacente imbarcadero avrebbe riabbracciato la figura rassicurante del suo amico.

Non aveva più rivisto Mario dai tempi in cui avevano frequentata la bottega romana del cavaliere d’Arpino. Quello era stato un periodo molto intenso e spensierato  durante il quale  aveva consolidato diverse amicizie. Il caso aveva voluto che  lui, lombardo, avesse solidarizzato proprio con un siciliano e che la loro amicizia, fattasi presto molto intima, li avesse portati a fare giuramento di eterna fratellanza.

Lo stesso Mario avendo saputo che il vecchio amico, a seguito di indicibili peripezie, era approdato nella vicina Malta, si era adoperato affinché il suo maestro ricevesse l’invito a raggiungerlo nella sua Siracusa dove  avrebbe trovato rifugio più sicuro dalla caccia continua che, da qualche anno, gli davano le guardie papali. 
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La sepoltura di Santa Lucia (Opera del Caravaggio esposta nella Chiesa di Santa Lucia in Siracusa) 

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Tuttavia, aveva presto desistito dal momento che lo stesso era stato subito insignito dell’ordine di “Cavaliere” e che, pertanto, poteva sentirsi al sicuro.
Ma gli eventi della vita, nel loro evolversi spesso repentino, ecco che li avevano portati a questo lungo abbraccio sul terreno sabbioso in un’alba siracusana.

“ Ma che mi combini, Michè? Com’è questa storia  che oltre alle guardie del Papa ora ti danno la caccia anche quelle di Alof?  Non eravate grandi amici?”

“Non ne parliamo, Mario; da quando in quel maledetto incidente di gioco ho ucciso Ranuccio non me ne và più bene una. La mia vita è diventata una fuga costante, densa d’incertezze e di speranze disilluse. Pensa che avevo avuto sentore di un imminente “perdono” da parte del Papa,  quando mi viene a capitare quest’altro incidente col governo maltese. E questi, tu sai, non perdonano. Fortuna che esistono ancora gli amici”.

“ Per te, che sei stato, che sei il mio maestro darei la vita; lo sai. Non temere che ho già brigato perché tu possa startene al sicuro fino a quando le acque non si saranno calmate. Ed anche oltre, naturalmente: fai conto che Siracusa sia la tua seconda patria.”

“Dimmi, ma, è vero quanto si racconta in giro che sei diventato una sorta di autorità e che ricevi commissioni da tutte le parti?     So di alcune tele che ti sono riuscite veramente bene.”

“Poca cosa, rispetto a quel tuo recente capolavoro della decapitazione di Giovanni che hai lasciato nelle mani indegne dei maltesi!”

“ Sì, un quadro firmato col sangue! E’ vero, ma…ora dove mi porti?”
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Lux in tenebris, Caravaggio a Siracusa
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Visto dai bastioni diroccati del castello d’Eurialo, il porto della città sembrava un immenso lago; Michelangelo nel guardare da lontano il punto in cui un  mese prima aveva trovato approdo sicuro per questo suo nuovo lembo di vita a stento riuscì a trattenere la propria commozione.

“Non posso credere ai miei occhi! Non sospettavo che conoscessi il pianto; brutto segno: mi diventi  vecchio! Tiè, ammuccati sta ficu! Nuiautri i chiamamu i sangiuvannari, picchì maturanu ‘no misi di giugnu!”

“Uè, terun, cusa te s'è drè a dì? Parla italiano, e non africano”

“Ah ah ah, visto che sono riuscito a restituirti il sorriso? Ti dicevo che questi fichi noi li chiamiamo sangiovannari  perché maturano nel mese di giugno.  Sono molto dolci, come vedi, e poi sono…francutuli! Ah ah, si, insomma sono a gratis, visto che i loro alberi crescono spontanei e numerosi. A noi manca tutto ma, per grazia di Dio, ficu, alivi, mennuli e carrubba, ne abbiamo da sfamare l’Italia intera”

Sì, si sentiva veramente soddisfatto; da parte dell’amico non avrebbe potuto aspettarsi accoglienza migliore. Dopo nemmeno una settimana aveva cominciato ad abbozzare l’enorme tela che, per volere del Senato , avrebbe dovuto rappresentare il seppellimento di Lucia, la giovanissima fanciulla siracusana, trucidata e resa martire per essersi ribellata alle insane voglie di un nobile romano. L’unico fastidio gli veniva dalla continua processione di autorità cittadine e di alti prelati che giornalmente pretendeva di assistere ai momenti da lui dedicati alla sua opera. 
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La cena in Emmaus
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Sapeva di coltivare una concezione rivoluzionaria della pittura e, non a caso, si era immediatamente imposto all’attenzione dell’intero mondo artistico, sin dai  primi giorni in cui era arrivato a Roma. Egli dava un’importanza tutta particolare all’utilizzo della luce che, solitamente, invadeva le sue tele di traverso, creando in questo modo un’atmosfera di forte pathos.  Ma la caratteristica che lo faceva prevalere su tutti gli altri pittori di quel tempo era quella di proporre le scene dei suoi quadri nel momento preciso in cui esse si svolgevano.

Così, Lucia era stata collocata nella parte bassa dell’enorme tela, col collo tagliato di traverso, vivacemente segnato da una macchia di sangue di rosso intenso. La stessa figura si trovava già adagiata ai bordi del fosso, sovrastata in primo piano dalle figure dei becchini ancora intenti a scavare. Tutte a torno le figure dei parenti, dei prelati, delle milizie e dello stesso Michelangelo che, come accadeva a volte, apponeva  la propria presenza quasi  a volere così autografare l’opera.

  Naturalmente, egli conosceva benissimo tutta la vicenda che, come al solito, aveva studiata prima avvalendosi della fornita biblioteca del convento dei frati Cappuccini, dove veniva ospitato. Tuttavia, non avendo trovato riferimenti precisi, circa il posto esatto della sepoltura, aveva pensato bene di ambientarlo tra le alte e cupe stanze rocciose delle “latomie”.

“Si,  mi sembra proprio questo il luogo! Desolato ed orrido al tempo stesso, come mi viene da immaginare per una situazione del genere”.

Mario gli aveva  appena fatto conoscere le antiche cave di pietra calcarea da dove, nel corso dei secoli,  era stata tratto il tufo per la costruzione dell’intera città. In esse si aprivano diverse grotte tra le quali una si distingueva per la sua foggia a forma di un padiglione auricolare. La tradizione voleva che il tiranno Dionigi vi  custodisse gli schiavi e che dall’alto, grazie alla particolare struttura, ne ascoltasse i discorsi.

“Sì, è qui che l’anno uccisa e sepolta, qui, dentro l’orecchio di Dionigi!” **

*Ortyx = in lingua greca:  “Quaglia”. Sembra che il più antico quartiere siracusano, Ortigia,  sia stato così denominato, dal condottiero fenicio Archia, perché al momento dello sbarco sulle sponde dell’isolotto il  luogo era affollato da quegli uccelli migratori.
** La tradizione vuole che sia stato proprio il Caravaggio ad attribuire a questa grotta, concepita come cassa di risonanza per il soprastante Teatro, la denominazione di “Orecchio di Dionigi”.
P.S.  Do  per implicito il fatto che il mio attento e colto lettore conosca già ogni riferimento storico da me tra l’altro rappresentato tra fantasia e realtà. Inutile, dunque, che Vi ricordi che Mario è il pittore siracusano  Mario Minniti. Che Ranuccio è il nobile romano Ranuccio Tommassoni, dal Caravaggio ucciso a seguito di un diverbio.  E che, infine, Alof è il De Wignacourt, Gran Maestro  dell’Ordine dei Cavalieri di Malta.
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Decollazione di San Giovanni Battista di Caravaggio del 1608.

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