Emigrare è anche bello. È bello conoscere ed apprendere lingue nuove, sensazioni che si muovono in spazi diversi; strade , monti e boschi, fiumi e laghi.. volti ..che si aprono per diventare memoria.E ami le terre avute in dono dalla vita e le strade e le piazze e nuovi ricordi, nel tempo, affollano la mente raccontati in lingue diverse dalla tua e non ci fai caso tanto ti appartengono e sono tuoi.Conosci l’inglese, apprendi il tedesco, hai fatto nuove amicizie e ti è piaciuto. Diritti riservati
martedì 31 dicembre 2013
giovedì 26 dicembre 2013
SIMONE WEIL - MEDITAZIONI SULL'OBBEDIENZA E SULLA LIBERTÀ [1937]
La sottomissione dei molti ai pochi, questo dato fondamentale in quasi tutte le organizzazioni sociali, non ha mai cessato di sbalordire tutti coloro che ci riflettono un poco. Noi assistiamo in natura al fatto che il peso più gravoso ha la meglio sul peso meno gravoso, al fatto che le razze più prolifiche soffocano le altre.
Nel campo umano questi rapporti così chiari sembrano essere rovesciati.
Noi certo sappiamo, in base a un'esperienza quotidiana, che l'uomo non è un semplice frammento della natura, che ciò che si dà di più elevato nell'uomo, cioè la volontà, l'intelligenza, la fede, produce ogni giorno delle specie di miracoli.
Ma non è questo ciò di cui si tratta qui.
La necessità spietata che ha mantenuto e mantiene in ginocchio le masse di schiavi, le masse di poveri, le masse di subordinati, non ha nulla di spirituale; essa è del tutto analoga a ciò che c'è di brutale nella natura.
Tuttavia, tale necessità si esercita apparentemente in virtù di leggi contrarie a quelle di natura. Come se, nella bilancia sociale, il grammo avesse la meglio sul chilogrammo.
Simone Weil
Forestiero in terra d'Egitto
(Centro di identificazione ed espulsione)Mi chiamo Hassan
Ho 12 anni e vengo da un paese Africano.
Un missionario comboniano, un italiano
mi ha sottratto all’esercito dei bambini che, armati
combatte e uccide la gente dei villaggi.
Avevo un mitra, mi ha dato un libro.
Mi chiamo Hassan
e con mia madre ho attraversato il deserto
e poi il mare
ed ora sono qui, nel paese delle libertà….
qui, dove la gente ama i bambini e non uccide lo straniero
Sta scritto nella Bibbia,
il libro avuto in dono da un missionario italiano
Sta scritto li e dice…
"Non molesterai il forestiero né lo opprimerai
perché voi siete stati forestieri in terra di Egitto”
Io sono Hassan...
Fuggito dalla guerra e dalla fame
e sono solo.
(Giovenale Nino Sassi)
martedì 24 dicembre 2013
Buon Natale ...
venerdì 13 dicembre 2013
Guido Reni - Lotta di putti plebei contro putti nobili
Guido Reni |
Il quadro fu dipinto e donato dall'artista al suo patrono, il Marchese Facchenetti. Il soggetto, detto anche in antico "Lotta di putti plebei contro putti nobili" assume una particolare importanza iconologica.
Il Facchenetti era ambasciatore bolognese a Roma e l'episodio si riferisce ai contrasti sorti tra Reni e il cardinale Giovan Battista Pamphilj all'epoca della venuta dell'artista nell'Urbe nel 1627, momento in cui si colloca probabilmente il dipinto di Reni nella Galleria Doria.
È un momento critico per Guido, al centro delle tensioni tra le famiglie Barberini e Pamphilj, ma che allo stesso tempo prelude all'assoluto trionfo del suo talento pittorico.
Reni infatti inizierà ad incarnare il mito vivente dell'artista, suscitando lodi incondizionate dai suoi contemporanei.
Il Malvasia, alle bizzarrie e agli snobismi di Reni nei confronti di pontefici, cardinali e potenti commentava: "tutto si condona alla sua gran virtù, trovandosi un sol Guido al mondo".
Fonte :Galleria Doria Pamphilj
Ho scelto questo dipinto di Guido Reni , la “Lotta di putti plebei contro putti nobili”, perché richiama lo scontro sociale tra i ricchi e i poveri … metafora di quello che avviene nel nostro tempo.
lunedì 2 dicembre 2013
Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova ...
... Una volta per tutte dunque ti viene imposto un breve precetto: ama e fa’ ciò che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene. ...
Sant ' Agostino
Tardi ti ho amato,
Bellezza tanto antica e tanto nuova;
tardi ti ho amato!
Tu eri dentro di me, e io stavo fuori,
ti cercavo qui, gettandomi, deforme,
sulle belle forme delle tue creature.
Tu eri con me, ma io non ero con te.
Mi tenevano lontano da te le creature
che, pure, se non esistessero in te,
non esisterebbero per niente.
Tu mi hai chiamato
e il tuo grido ha vinto la mia sordità;
hai brillato,
e la tua luce ha vinto la mia cecità;
hai diffuso il tuo profumo, e io l’ho respirato, e ora anelo a te;
ti ho gustato, e ora ho fame e sete di te;
mi hai toccato,
e ora ardo dal desiderio della tua pace. Agostino d’Ippona,
Le Confessioni 10,27
tardi ti ho amato!
Tu eri dentro di me, e io stavo fuori,
ti cercavo qui, gettandomi, deforme,
sulle belle forme delle tue creature.
Tu eri con me, ma io non ero con te.
Mi tenevano lontano da te le creature
che, pure, se non esistessero in te,
non esisterebbero per niente.
Tu mi hai chiamato
e il tuo grido ha vinto la mia sordità;
hai brillato,
e la tua luce ha vinto la mia cecità;
hai diffuso il tuo profumo, e io l’ho respirato, e ora anelo a te;
ti ho gustato, e ora ho fame e sete di te;
mi hai toccato,
e ora ardo dal desiderio della tua pace. Agostino d’Ippona,
Le Confessioni 10,27
giovedì 28 novembre 2013
José Maria Alvarez
Se la notte recasse al contempo
l'immagine e il corpo di quel giorno,
e il desiderio che ora sento
potesse essere lo stesso
con cui la mia memoria celebra
in versi la sua carne.
Poiché solo alla sua bocca e alla sua lingua
io questa notte rendo conto.
Solo innanzi a te gli occhi chiari,
che la spada e il tempo non umiliarono,
si arrendono.
Voglia la vita che il ricordo delle tue carezze mai mi abbandoni,
che la mia pelle ancora serbi
davanti alla morte quel bagliore,
e che le tracce del piacere
sul tuo corpo, trionfino.
l'immagine e il corpo di quel giorno,
e il desiderio che ora sento
potesse essere lo stesso
con cui la mia memoria celebra
in versi la sua carne.
Poiché solo alla sua bocca e alla sua lingua
io questa notte rendo conto.
Solo innanzi a te gli occhi chiari,
che la spada e il tempo non umiliarono,
si arrendono.
Voglia la vita che il ricordo delle tue carezze mai mi abbandoni,
che la mia pelle ancora serbi
davanti alla morte quel bagliore,
e che le tracce del piacere
sul tuo corpo, trionfino.
Wisława Szymborska - Sulla torre di Babele
- Che ora è? – Sì, sono felice,
e mi manca solo una campanella al collo
che su di te tintinni mentre dormi.
- Non hai sentito il temporale? Il vento ha scosso il muro,
la torre ha sbadigliato come un leone, il portale
cigolante sui cardini. – Come, ti sei scordato?
Avevo un semplice vestito grigio
fermato sulla spalla. – E un attimo dopo
il cielo si è rotto in cento lampi. – Entrare, io?
Ma non eri da solo. - D’un tratto ho visto
colori preesistenti alla vista. – Peccato
che tu non possa promettermi. – Hai ragione,
doveva essere un sogno. – Perché menti,
perché mi chiami con il suo nome,
la ami ancora? - Oh sì, vorrei
che restassi con me. – Non provo rancore,
avrei dovuto immaginarlo.
- Pensi ancora a lui? – Non sto piagnendo.
- E questo è tutto? – Nessuno come te.
- Almeno sei sincera. – Sta’ tranquillo,
lascerò la città. - Sta’ tranquilla,
me ne andrò via. – Hai mani così belle.
- È una vecchia storia, la lama è penetrata
senza toccare l’osso. – Non c’è di che,
mio caro, non c’è di che. – Non so
che ora sia e non lo voglio sapere.
Vittorio Gassman - Tramandare (da "Vocalizzi)
Walter Richard Sickert |
Ho avuto teatri immensi,
arene, popolari tendoni,
quando gestire il dramma aveva il senso
di una collettiva funzione.
La nuova era ha sommerso
di tele-rumori la civiltà;
un'ignava e matta bestialità
i fogli del Libro ha disperso.
E mi tenta, oggi, la cella appartata
in cui in pochi e per pochi
(o addirittura per l'età futura?)
dire l'epilogo di una morta avventura,
i suoni-traccia di una parola passata.
Perché il linguaggio resista,
sottrarre le schede al Medioevo che avanza;
serbare l'archetipo con monacale pazienza;
farsi - da istrione - archivista.
Vittorio Gassman Età in Vocalizzi
Nella mia lontana giovinezza, ho sempre usato
spingermi avanti e mai guardarmi indietro;
il passato pare una risibile sacca
dell'inutile, lo sfatto, lo sprecato.
Più tardi, e più confuso, ho trovato
sempre meno importante il futuro,
e sul presente concentrando ogni sforzo
giudicai vani futuro e passato.
Oggi, d'ogni illusione liberato,
gioco a piacere col poco tempo rimasto;
guardo il futuro e ci rivedo il passato:
sì, nel presente me la rido con gusto.
venerdì 22 novembre 2013
E se davvero tu
vuoi vivere una vita luminosa e più fragrante
cancella col coraggio quella supplica dagli occhi
troppo spesso la saggezza è solamente la prudenza più stagnante
e quasi sempre dietro la collina è il sole
Ma perché tu non ti vuoi azzurra e lucente
ma perché tu non vuoi spaziare con me
volando contro la tradizione
come un colombo intorno a un pallone frenato
e con un colpo di becco
bene aggiustato forato e lui giù giù giù
e noi ancora ancor più su
planando sopra boschi di braccia tese
un sorriso che non ha
né più un volto né più un'età
e respirando brezze che dilagano su terre senza limiti e confini
ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini
e più in alto e più in là
se chiudi gli occhi un istante
ora figli dell'immensità
Se segui la mia mente se segui la mia mente
abbandoni facilmente le antiche gelosie
ma non ti accorgi che è solo la paura che inquina e uccide i sentimenti
le anime non hanno sesso né sono mie
Non non temere tu non sarai preda dei venti
ma perché non mi dai la tua mano perché
potremmo correre sulla collina
e fra i ciliegi veder la mattina che giorno è
E dando un calcio ad un sasso
residuo d'inferno e farlo rotolar giù giù giù
e noi ancora ancor più su
planando sopra boschi di braccia tese
un sorriso che non ha
né più un volto né più un'età
e respirando brezze che dilagano su terre senza limiti e confini
ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini
e più in alto e più in là
ora figli dell'immensità
cancella col coraggio quella supplica dagli occhi
troppo spesso la saggezza è solamente la prudenza più stagnante
e quasi sempre dietro la collina è il sole
Ma perché tu non ti vuoi azzurra e lucente
ma perché tu non vuoi spaziare con me
volando contro la tradizione
come un colombo intorno a un pallone frenato
e con un colpo di becco
bene aggiustato forato e lui giù giù giù
e noi ancora ancor più su
planando sopra boschi di braccia tese
un sorriso che non ha
né più un volto né più un'età
e respirando brezze che dilagano su terre senza limiti e confini
ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini
e più in alto e più in là
se chiudi gli occhi un istante
ora figli dell'immensità
Se segui la mia mente se segui la mia mente
abbandoni facilmente le antiche gelosie
ma non ti accorgi che è solo la paura che inquina e uccide i sentimenti
le anime non hanno sesso né sono mie
Non non temere tu non sarai preda dei venti
ma perché non mi dai la tua mano perché
potremmo correre sulla collina
e fra i ciliegi veder la mattina che giorno è
E dando un calcio ad un sasso
residuo d'inferno e farlo rotolar giù giù giù
e noi ancora ancor più su
planando sopra boschi di braccia tese
un sorriso che non ha
né più un volto né più un'età
e respirando brezze che dilagano su terre senza limiti e confini
ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini
e più in alto e più in là
ora figli dell'immensità
mercoledì 20 novembre 2013
Ferdinando Camon da Tenebre su tenebre
Chi
vive, vive la propria vita. Chi legge, vive anche le vite altrui. Ma
poiché una vita esiste in relazione con le altre vite, chi non legge non
entra in questa relazione, e dunque non vive nemmeno la propria vita,
la perde. La scrittura registra il
lavoro del mondo. Chi legge libri e articoli, eredita questo lavoro, ne
viene trasformato, alla fine di ogni libro o di ogni giornale è diverso
da com'era all'inizio. Se qualcuno non legge libri né giornali, ignora
quel lavoro, è come se il mondo lavorasse per tutti ma non per lui,
l'umanità corre ma lui è fermo. La lettura permette di conoscere le
civiltà altrui. Ma poiché la propria civiltà si conosce solo in
relazione con le altre civiltà, chi non legge non conosce nemmeno la
civiltà in cui è nato: egli è estraneo al suo tempo e alla sua gente.
Ferdinando Camon
Tenebre su tenebre
Ferdinando Camon
Tenebre su tenebre
domenica 17 novembre 2013
Giorgio Bassani da "In gran segreto"
Muore un'epoca l'altra è già qua
affatto nuova e
innocente
ma anche questa lo so non la
potrò vivere che girato
perennemente all'indietro a guardare
verso quella testé
finita
a tutto indifferente tranne a che
cosa davvero fosse
affatto nuova e
innocente
ma anche questa lo so non la
potrò vivere che girato
perennemente all'indietro a guardare
verso quella testé
finita
a tutto indifferente tranne a che
cosa davvero fosse
la mia vita di prima
chi sia io mai
stato
Giorgio Bassani
chi sia io mai
stato
Giorgio Bassani
Edouard Manet |
venerdì 15 novembre 2013
John Keats - Alla speranza
Quando solo siedo al mio focolare,
E odiosi pensieri mi vestono di tristezza,Quand'anche i sogni vengon a meno all'occhio della mente,
E non ci son fiori per la nuda brughiera della vita,
Tu, dolce Speranza, profumami di magia:
Sì, portami via sulle tue ali d'argento.
Se, colto dalla notte dove i rami intrecciati
Escludono il raggio lucente della luna,
il tetro Sconforto impaurisse i miei pensieri,
E, accigliato, fuggisse la dolce Allegria,
Ti prego, un raggio affaccia di luce per lo sconnesso
Tetto di paglia, scaccia lo Sconforto Maledetto.
E se la Delusione, madre dell'Angoscia,
La figlia spingesse a predare il mio cuore sbadato,
Quando, come una nube, sull'aria assisa
S'appresta a colpire la vittima ammaliata,
Tu cacciala via, dolce Speranza, col tuo viso di luce
Spaventala, come la mattina quando terrorizza la notte.
Quando il destino racconta, di quelli che più amo,
Storie di dolore al mio cuore spaventato,
Tu, Speranza, occhi di luce, la mia fantasia
Morbosa rallegra, dammi dolce conforto:
Illuminami di cielo, danza
Sul mio capo con le tue ali d'argento.
(Keats)
giovedì 14 novembre 2013
Benedici il Signore, anima mia
Caravaggio |
"Benedici
il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi benefici.
Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie; salva
dalla fossa la tua vita, ti corona di
grazia e di misericordia. Egli sazia di beni i tuoi giorni e tu rinnovi
come aquila la tua giovinezza. Come il cielo è alto sulla terra, così è
grande la sua misericordia su quanti lo temono".
Caravaggio |
mercoledì 13 novembre 2013
Erri de Luca - Due
Quando saremo due saremo veglia e sonno
affonderemo nella stessa polpa
come il dente di latte e il suo secondo,
saremo due come sono le acque, le dolci e le salate,
come i cieli, del giorno e della notte,
due come sono i piedi, gli occhi, i reni,
come i tempi del battito
i colpi del respiro.
Quando saremo due non avremo metà
saremo un due che non si può dividere con niente.
Quando saremo due, nessuno sarà uno,
uno sarà l'uguale di nessuno
e l'unità consisterà nel due.
Quando saremo due
cambierà nome pure l'universo
diventerà diverso.
affonderemo nella stessa polpa
come il dente di latte e il suo secondo,
saremo due come sono le acque, le dolci e le salate,
come i cieli, del giorno e della notte,
due come sono i piedi, gli occhi, i reni,
come i tempi del battito
i colpi del respiro.
Quando saremo due non avremo metà
saremo un due che non si può dividere con niente.
Quando saremo due, nessuno sarà uno,
uno sarà l'uguale di nessuno
e l'unità consisterà nel due.
Quando saremo due
cambierà nome pure l'universo
diventerà diverso.
Renoir |
martedì 12 novembre 2013
Edmond Jabès - Lelivre du dialogue
La parola in realtà non incontra mai un silenzio, ma una disponibilità anche inconscia al dialogo (come una voce lanciata in una valle montuosa incontra almeno un'eco).
Per noi andare alle sorgenti del nostro essere è come aprirsi un varco nel passato; è attraverso questo passaggio che - abbastanza inesplicabilmente - noi abbiamo accesso al nostro avvenire.