sabato 26 aprile 2014

Norberto Proietti





Norberto Proietti (Spello, 18 settembre 1927 – Spello, 9 agosto 2009) è stato un pittore e scultore italiano.
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È stato uno dei più famosi pittori naif, noto per i suoi frati in miniatura sullo sfondo di paesaggi medievali.[1] Nell'ambito della scultura, l'artista è noto per le opere realizzate modellando il legno di ulivo e per il Pellegrino di pace, posto davanti alla Basilica superiore di Assisi, dedicato a San Francesco. (Wikipedia)
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Vittorio Sgarbi lo ha recensito: 
Norberto Proietti nasce a Spello nel 1927. Non poteva, viste le sue propensioni successive, nascervi per caso: Spello è uno dei borghi medievali più integri e poetici dell'Umbria, immerso in una natura lussureggiante e serena, arricchita dalle testimonianze artistiche di Pinturicchio e di Perugino, oltre che di un importante "minore" come Cola Petruccioli o di un grande moderno come Prampolini. La scelta artistica di Norberto non è comunque immediata. Le difficoltà economiche della famiglia lo costringono a lavorare precocemente come sarto presso la bottega di uno zio, seguendolo nei suoi trasferimenti, tra gli anni Quaranta e i primissimi anni Cinquanta, da Roma a Bergamo. Non mancano di tanto in tanto le prime manifestazioni di spirito creativo. Leggo che il giovane Proietti, come nelle più classiche leggende sulla formazione degli artisti, esibiva il proprio talento abbozzando qualche figura con la punta della forbici o completando un'opera iniziata dal fratello Guglielmo. Norberto, tornato nel 1951 a Spello dove ha avviato un'attività sartoriale autonoma, non sa ancora che sarà presto l'arte ad occupare interamente la sua esistenza. La svolta avviene d'improvviso. È una rivelazione silenziosa, un "uragano" e non un'apparizione miracolosa, eppure allo stesso modo dirompente nelle sue drastiche conseguenze: «.. .quella che può apparire una dilettantesca distrazione a poco a poco comincia a diventare per Norberto un'esigenza vitale, anche se inconscia. E un giorno, servendosi dello stucco lasciato casualmente nella sua abitazione da alcuni imbianchini, prepara il fondo di una tavoletta, lo incide e lo colora, iniziando per così dire a delineare una prima forma di tecnica espressiva del tutto personale. Siamo nel 1955...» (L.Luisi). La scoperta del proprio destino, come in ogni favola che si rispetti, conduce presto al successo.
 
 
 
 
Dedicatosi esclusivamente alla pittura dal 1961, dopo alcune sapienti prove nella scultura, Norberto espone nel 1962 in Lussemburgo e nel 1965-1966 in America, a Memphis, offrendosi subito al mercato internazionale. Questa dimensione dell'artista viene sancita definitivamente dalla sua presenza nei Festival dei Due Mondi di Spoleto, quasi continua negli anni compresi tra il 1967 e il 1974. È in questa fase che la produzione di Norberto riesce a sovrapporsi alle tendenze dell'arte naïf, divenuta in breve tempo fenomeno di grande fortuna popolare e commerciale. Proprio il massimo promotore del naïf italiano, Cesare Zavattini, diventa un convinto estimatore di Norberto e gli fa attribuire il Premio Suzzara (1971), l'Oscar dell'arte "ingenua" nazionale. Da allora la storia bella di Norberto ha conosciuto una continua coerente maturazione.Chiunque abbia visto anche un solo quadro di Norberto, specie se realizzato negli anni Settanta e Ottanta, non avrà faticato affatto a identificare totalmente il mondo poetico dell'artista con quello della favola. Il Medioevo fa da sfondo fisico, temporale e spirituale ai dipinti dell'artista. Non è un Medioevo propriamente storico o filologico, ma è una categoria dell'anima alla quale Norberto attribuisce il merito di aver conseguito la perfetta equazione tra uomo, Dio e natura. Ci sono quadri, tra i più riusciti del periodo naïf, nei quali questa coscienza viene espressa in composizioni lucidissime con la parte superiore occupata dal solito borgo turrito e la parte inferiore dai campi lavorati. Due metà equivalenti anche nelle dimensioni, due emisferi, quello della città e della campagna, allo stesso tempo uguali e contrari. Non cercate nelle immagini di Norberto altro Dio che non sia nelle cose, nelle persone o negli eventi illustrati dal pennello. La natura è immanenza assoluta e genera spontaneamente nell'uomo il sentimento della religione, l'ammirata e rasserenante contemplazione del creato, la laude francescana in gloria della perfezione cosmica. Nessuna incertezza, il Medioevo metafisico di Norberto è il migliore dei mondi possibili. Niente potrebbe intaccare l'aureo equilibrio che contrappone solo apparentemente Spello alla vicina Assisi e il bosco alla campagna, misurato da soavi alternanze di rette e di curve come in un paesaggio gotico, illuminato da colori cristallini come in un diorama di vetro. E' un' Umbria sublimata in un magico eden quella di Norberto, al cui confronto quella vera, pur bellissima, sembra una copia naïve. Quanti monaci, piccoli e attivissimi come formiche nei dipinti di Norberto. Credo che la loro presenza venga dettata da ragioni più serie, ragioni di intima coerenza con il mondo poetico dell'artista. Se il Medioevo metafisico dell'Umbria sublimata è il paradiso in terra, i monaci esprimono la condizione ideale attraverso la quale l'uomo può mettersi in relazione con esso per godere correttamente dell'armonia mundi. Ora et labora, pregare e lavorare, onorare la natura con la devozione religiosa e l'operosità manuale. Anche Norberto deve sentirsi a suo modo un monaco, impegnato a glorificare con il talento artistico e con la fatica del mestiere ciò che ama così profondamente. E Francesco d'Assisi è il suo più alto modello morale e intellettuale: la vita va spesa lodando la meraviglia del creato e le gioie della comunione di Dio. Se si è capaci di tanto, se si riesce a vedere la bellezza delle cose nella loro "povertà", nella loro essenza divina che non ha bisogno di ornamento alcuno, allora si può intendere il segreto della natura, si può parlare con gli uccelli e rabbonire il lupo cattivo. È questa la vera, unica santità a cui aspira il pacifico mondo di Norberto che non conosce dolore e peccato. Norberto non ama essere considerato un naïf. Coloro che si sono occupati di lui sembrano concordare, salvo poi trattarlo nella pratica sempre come un naïf . Nessuno si nasconde che la produzione artistica più conosciuta di Norberto sia nella scia del "boom" commerciale del gusto naïf. 
 
 
Nessuno potrebbe negare che i caratteri stilistici di questa produzione rientrino benissimo nei binari generici del naïf nazionale e internazionale.. La riluttanza di Norberto a indossare la camicia troppo stretta del naïf è comunque comprensibile e del tutto fondata. Lo dicono non le sue convinzioni, ma le opere che hanno preceduto e seguito quelle più prevedibilmente definibili naïf. La pittura di Norberto ha una matrice intrecciata saldamente, anche quando inconsciamente, con la più significativa tradizione primitivistica italiana da Alberto Magri a Massimo Campigli. Basta osservare le sue prime opere, inspiegabilmente sottovalutate. L'Autoritratto e Nanda (1959) respirano l'aria di Strapaese, mostrando affinità con l'opera di Rosai. Poco importa che queste ascendenze derivino da precise conoscenze: sono gli intenti e gli esiti finali a stabilire queste involontarie e neanche troppo singolari parentele. Colpisce particolarmente, in questi dipinti d'esordio, la straordinaria densità della materia pittorica. È una densità tutta "primitiva" che niente ha a che fare con le superfici linde e glassate del naïf più convenzionale, vicina nella sua composizione e nel suo effetto a quella dell'intonaco grezzo; una crosta scabra che scompone le luci e le ombre in delicate nuances pulviscolari, offrendosi al tatto non meno che all'occhio. Paradossalmente il Norberto ufficialmente naïf è molto meno "ingenuo" e istintivo del Norberto primitivista. L'artista acquisisce un'inedita sapienza compositiva, imparando a costruire articolati scenari spaziali ai quali spetta la funzione di contenere e sviluppare la narrazione aneddotica. Si è voluto mettere in relazione questa nuova maturità di Norberto con la conoscenza approfondita dei grandi cicli pittorici - il Giotto di Assisi, o chi per lui, in primis, ma anche il Simone Martini delle Storie agostiniane - dell'Umbria e della Toscana trecentesca. C'è certamente del vero in queste valutazioni, ma non si trascuri la costante natura novecentesca della maniera di Norberto, ancora una volta riconducibile, sebbene per altri e più remoti versanti, alla fucina primitivistica. Osserviamo le griglie cubiste evocate da certi dipinti di gusto naïf composti su impianti geometrici particolarmente rigorosi. In questo spirito, com'è noto, si è espresso anche il Sironi dei primissimi anni Venti. Bene, guardate un borgo medievale di Norberto come quelli de I campioni o di Struttura, guardatene la paratassi compositiva rigidamente geometrica, empirica ma precisa come una scacchiera, e ditemi se non sono la controparte popolareggiante delle celebri periferie urbane dipinte da Sironi tra il 1920 e il 1922. Qui la magia domestica della vita a dimensione d'uomo, là la desolante atarassia della vita a dimensione di macchina, qui il presente che si ritrova nel passato, là il presente che si perde nel futuro; è però equivalente, fatte le debite distinzioni di peso, la tendenza all'astrazione del dato reale in una figurazione ideale fatta di volumi piatti, di finestre buie e profonde come buchi, di piani netti di luce e di ombra. E' davanti a confronti del genere che la classificazione di naïf assegnata a Norberto mostra tutta la sua debolezza critica, non fornendo alcun elemento chiarificatore sulla ricerca formale intrapresa dall'autore. Il Norberto degli anni Settanta-Novanta ordina, geometrizza, semplifica, codifica in un sermo linguistico d'immediata efficacia comunicativa quegli istinti, quelle sommarietà figurative, quelle virulenze materiche che il primo Norberto quello davvero naïf, aveva lasciato liberi di esprimersi. C'è stato, insomma, un Norberto del primitivismo espressionista al quale ha fatto seguito un Norberto "primitivo-classicista"; ma sempre di primitivismo si tratta, e non è detto che la scorza impulsiva dell'artista di Spello, anche se ormai sottomessa a una forte disciplina della forma, non torni a prevalere.
(4 foto)
 
 

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