sabato 30 maggio 2009

Umberto Saba

Antonio Donghi - Wikipedia
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La capra.
Ho parlato a una capra.
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d'erba, bagnata
dalla pioggia, belava.

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Quell'uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi, prima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.
.In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.

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(Umberto Saba - Wikipedia)


NOTE

1 parlato: con lo sguardo, come in un dialogo muto ma eloquente. 
5 uguale: monotono e continuato come un lamento. 
7 celia: gioco. 
9 “sentiva”: è forma arcaica per ‘sentivo’, ripetuta al v. 12. 
11 “semita”: ebraico, quasi ad affratellare visivamente il profilo della capra a quello tradizionale, con la barbetta appuntita, della sua gente. 
12 querelarsi: forma aulica per ‘dolersi’, in una muta protesta.

COMMENTO

In una lingua da lui definita “rasoterra”, cresciuta con semplicità quotidiana e con forza tranquilla al di fuori di tutte le scuole, ma seguendo quasi di nascosto le orme della più illustre tradizione lirica, uno dei maggiori poeti italiani del Novecento rivela - umilmente, fraternamente - la sua condivisione della sofferenza comune a tutto il creato: quello che più tardi sarà il montaliano “male di vivere”, affrontato con una costante, benché dolente, energia vitale. In questa composizione, tra le più note, pubblicata nel 1912, nel ‘dialogo’ con una capra umile e paziente, legata e belante sotto la pioggia, sottilissimi e solidissimi fili (rime e assonanze, parole quasi trasparenti nella loro leggerezza) legano endecasillabi e settenari al quinario finale, che al male accomuna la vita.
Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli

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