martedì 10 maggio 2011

La Bellezza nella Grecia classica

Afrodite
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Bello, kalos, suggerisce Socrate nel Cratilo, deriva forse da kalein, chiamare, invocare a sé, attrarre oltre i confini di una dimensione che si tratta di superare: bello è ciò che chiama a valicare un limite entro il quale l’esistenza sembra priva di qualcosa d’essenziale, incompleta.
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Secondo Hannah Arendt *, nella Grecia classica i poeti e i creatori di bellezza, come tutti i demiurgoi, agiscono nell’orizzonte di libertà che si apre oltre i confini dell’oikos, oltre le mura di casa entro cui si provvede solo al necessario, alle condizioni materiali del vivere. Ciò che i poeti creano, la bellezza dunque, non ha a che fare col necessario ma con quella peculiare libertà “greca” che si staglia oltre i bisogni, oltre il mero vivere: una libertà che non è fuga da ogni impegno, misura, limite o condizionamento, ma al contrario è la libertà che, oltre il recinto domestico del necessario, conduce al centro della polis, all’agora, allo spazio politico in cui la natura umana può trovare completa espressione. Una libertà che dunque non esclude il necessario ma lo abbraccia in sé, lo include come sua condizione interna, come sua concausa, allo stesso modo che la vita in sé e per sé, la vita biologica, non vale per se stessa ma solo come condizione necessaria (e non sufficiente) del viver bene.



Adolphe-William Bouguereau, Nascita di Venere, 1879
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Bellezza, nella Grecia classica, è parola inscindibile da quell’idea di armonia, di proporzione delle parti, di misura da cui scaturiscono anche la giustizia, il valore, la sapienza: kalokagathos è la celebre crasi che unisce il bello e il buono, il buono a-, “colui che è atto” non a qualche particolare azione ma aplos, buono “semplicemente”, in quanto tale, in generale: buono a- tutto è colui che in ogni cosa riafferma la sua misura. Si parla qui dunque, in primo luogo, di bellezza di un uomo, dell’uomo bello, e di bontà dell’uomo che è “atto” alla vita, che vive fino in fondo ciò che è. Ciò non esclude che si possa parlare anche di una bellezza sensibile delle forme, della scultura, dell’architettura, o della parola del poeta: la bellezza sensibile è anzi ricercata e acclamata come perfetta armonia, corrispondenza delle parti. Ma tale riconoscimento non ci rinvia ad una settoriale bellezza sensibile dell’arte separata della vita: è la crasi del kalokaagthos ad impedircelo, è la Grecia tutta a negare la separabilità del bello dalla vita nel suo insieme, dalle azioni del quotidiano, dalla polis.
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Hannah Arendt: http://it.wikipedia.org/wiki/Hannah_Arendt





Simon Vouet, Sleeping Venus, 1630-40


Fonte: pratiche filosofiche

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