La
 filosofia occidentale ci ha insegnato sin dai suoi esordi a diffidare 
del linguaggio, delle sue false evidenze, della potenza racchiusa 
nell’ingannevole trasparenza delle parole. Il monito dovrebbe valere a 
maggior ragione nell’attuale società 
della comunicazione: dove il ricorso a un’espressione allusiva e 
polisemica consente, per un’arcana taumaturgia, di evitare il “lavoro 
del concetto” con i suoi indispensabili correlati di analisi e sintesi, 
scomposizione e ricostruzione, differenziazione e confronto. 
 
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