mercoledì 3 luglio 2013

Luigi Pirandello - Lettera autobiografica






Vivo a Roma quanto più posso ritirato; non esco che per poche ore soltanto sul far della sera, per fare un po' di moto, e m'accompagno, se mi capita, con qualche amico.
Non vado che rarissimamente a teatro. Alle 10, ogni sera, sono a letto. Mi levo la mattina per tempo e lavoro abitualmente fino alle 12. Il dopo pranzo, di solito, mi rimetto a tavolino alle 2 e mezza, e sto fino alle 5 e mezza; ma, dopo le ore della mattina, non scrivo più, se non per qualche urgente necessità; piuttosto leggo o studio. La sera, dopo la cena, sto un po' a conversare con la mia famigliola, leggo i titoli degli articoli e le rubriche di qualche giornale, e a letto.
Come vede, nella mia vita non c'è niente che meriti di essere rilevato: è tutta interiore, nel mio lavoro e nei miei pensieri che non sono lieti.
Io penso che la vita è una molto triste buffoneria, poiché abbiamo in noi, senza poter sapere né come né perché né da chi, la necessità di ingannare di continuo noi stessi con la spontanea creazione di una realtà (una per ciascuno e non mai la stessa per tutti) la quale di tratto in tratto si scopre vana e illusoria. Chi ha capito il gioco, non riesce più a ingannarsi; ma chi non riesce più a ingannarsi non può più prendere né gusto né piacere alla vita. Così è.

Luigi Pirandello - "Lettera autobiografica" in Saggi, poesie e scritti vari, a cura di Manlio Lo Vecchio Musti, Mondadori, 1960. [Riedito nel 2000, sempre da Mondadori]

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