Emigrare è anche bello. È bello conoscere ed apprendere lingue nuove, sensazioni che si muovono in spazi diversi; strade , monti e boschi, fiumi e laghi.. volti ..che si aprono per diventare memoria.E ami le terre avute in dono dalla vita e le strade e le piazze e nuovi ricordi, nel tempo, affollano la mente raccontati in lingue diverse dalla tua e non ci fai caso tanto ti appartengono e sono tuoi.Conosci l’inglese, apprendi il tedesco, hai fatto nuove amicizie e ti è piaciuto. Diritti riservati
domenica 31 agosto 2008
Ungaretti
venerdì 29 agosto 2008
Poesie di Antonio Machado Y Ruiz
La verità è inevitabilmente ‘’una’’ .
I greci definivano la verità come ‘’’innegabile’’ e né cambiamento di epoche, né mutazione di cultura, né uomini, né dei possono cambiarla. Neanche un dio onnipotente può cambiare il contenuto della verità, dicevano i greci.
Aristotele afferma che la verità è l'indubitabile, il certissimo,l’innegabile, l'assolutamente non discutibile.
E’ inevitabilmente ‘’una’’ , quindi .
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Una molteplicità di verità, infatti, entrando in conflitto si negano tra di loro. Un conflitto il cui esito è la distruzione di quel grandioso concetto di verità che ha formato l’occidente : la verità come rimedio del dolore.
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Negli ultimi due secoli e comunque dalla rivoluzione francese in avanti, attraverso un lungo processo, il senso tradizionale della verità si sta modificando …. e sembra destinato a tramontare.
Io non so, adesso, perché tutto questo sta accadendo, perché la tradizione filosofica dell’occidente è al tramonto. Probabilmente , con le mie convinzioni e i miei limiti, appartengo al mondo che muore… e nel dolore continuo a cercare, continuo ad attendere parole di speranza, amore.
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Non posso immaginare, infatti, il tramonto dei grandi valori che, da me pienamente accettati, vissuti, amati mi hanno formato..Il valore della morale, il valore cristiano, il valore democratico, il valore delle leggi naturali, il valore della democrazia.
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Insieme a Goethe continuo a pensare :
Keimt ein Glaube neu, / Wird oft Lieb’und Treu / Wie ein bòses Unkraut ausgerauft…
Lettera
Ciao Caterina,
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Conosco Ostuni … di passaggio verso il Salento…
Una casa prossima al mare e viaggi lunghissimi per raggiungerla. Immagina un viaggio in macchina da Zurigo……interminabile …..
Avevo la tua età,forse meno, quando sono andato la prima volta.
Un mondo antico, diverso e il mare blu.
Conosco bene Otranto e poi a scendere i paesi e le cittadine che si succedono, … Castro , Tricase fino a Leuca finibus terrae (alla fine delle terre)
E’ magnifico il Salento, bellissima la Puglia soprattutto d’inverno, quando scendi a mare per via del vento. Porta il mare, il vento.
A Castro mangiavo ostriche e pesciolini crudi.
Una spruzzata di limone senza esagerare e i racconti del porto.
Restavo settimane, tutto il tempo possibile e mi piaceva mescolarmi la sera alla gente delle feste . Di paese in paese ogni sera una festa e gli immancabili fuochi d’artificio.
‘’Sposa una di qui’’ mi diceva ……. Erano belle le pugliesi della gioventù, erano le stesse che incontravo a Zurigo prese dal lavoro e dalla nostalgia.
… ricordo un viaggio in Puglia, a Specchia, un paese prossimo all’estremo dove il Mediterraneo si unisce allo Jonio.
Torre Sant'Andrea, Otranto, Porto Badisco, Santa Cesarea Terme, Castro Marina,
Tricase Porto, Marina Serra, Marina di Novaglie, Leuca, Torre San Gregorio, Torre Vado
, Torre Pali, Torre Mozza, Torre San Giovanni,
Nacque una rete di avvistamento semplice ed efficiente: quando un vascello sospetto si avvicinava sotto costa il guardiano del torrione sparava un colpo di avviso per chiedere all'imbarcazione di accostarsi e farsi riconoscere; se essa si allontanava rapidamente - e ciò era segno delle sue cattive intenzioni - dalla torre si inviavano subito segnali o con l'artiglieria o con opportuni "fani" alle altre due torri con le quali la prima era in collegamento visivo; queste, a loro volta, trasmettevano il segnale di pericolo fino alla più vicina guarnigione o al più importante porto, dal quale salpava un vascello armato per dare la caccia a quello pirata.
Contemporaneamente dalle torri costiere in allarme partivano messaggeri a cavallo, ad avvisare gli abitanti delle case isolate e i villaggi di pescatori del pericolo imminente.
In alcuni canti popolari della tradizione marinara è rimasta traccia di quegli episodi, un vero e proprio stato di assedio nel quale vissero per secoli le nostre popolazioni rivierasche. Uno di questi, conosciuto in tutta Italia anche perché messo in musica qualche tempo fa, consiglia, con rassegnazione, di riparare al più presto le scarpe per fuggire nelle campagne prima dello sbarco dei pirati:
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All'armi, all'armi la campana sona
Li Turchi sunnu iunti alla marina!
Ch'havi scarpi rutti si li sola,
Ca eu mi li sulavi stamatina
giovedì 28 agosto 2008
Il silenzio
(Michelangelo)
PIERO CHIARA
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Piero Chiara nacque nel 1913 a Luino, piccolo borgo sul lago Maggiore, in prossimità del confine con la Svizzera dove il padre Eugenio aveva trovato da lavorare come doganiere. Quest'ultimo era originario di Resuttano, in provincia di Caltanissetta, mentre la madre, Virginia Maffei, proveniva da Comnago, paese sulla sponda piemontese del lago.
Coetaneo ed amico di Vittorio Sereni, studiò, non certo con diligenza e costanza, in diversi collegi religiosi. Solo nel 1929 ottenne il diploma di licenza complementare e in verità completò la propria formazione culturale da autodidatta. Dopo aver trascorso un periodo viaggiando per l'Italia e la Francia, nel 1932, più per accontentare i famigliari, trovò un impiego nella magistratura come "aiutante di cancelleria". Nel 1936 sposò la svizzera-tedesca Jula Scherb da cui ebbe anche un figlio, Marco. Il matrimonio, tuttavia, finì dopo poco tempo.
Dopo la breve chiamata alle armi (1940), nonostante il suo disinteressamento alla politica, fu costretto a fuggire in Svizzera (1944) in seguito ad un ordine di cattura emesso dal Tribunale Speciale Fascista. Qui visse in alcuni campi in cui venivano internati i rifugiati italiani. Finita la guerra, insegnò lettere al liceo italiano dello Zugerberg e l'anno dopo tornò in Italia.
Inizia un periodo di fervida inventiva e continua creatività: mirabili sono i suoi racconti, degni del miglior Giovannino Guareschi o del più celebrato e stravagante Italo Calvino. Il suo successo culmina nel 1976 con il capolavoro La stanza del vescovo che diventerà immediatamente un film di grande successo, interpretato da Ugo Tognazzi e Ornella Muti per la regia di Dino Risi.
Morirà dieci anni dopo, a Varese
Piero Chiara è il poeta delle piccole storie del "grande lago" che spesso fa da palcoscenico ai suoi brevi ed illuminanti racconti. Narra le piccolezze della vita di provincia con quello stile mai insipido e sempre capace di cogliere nella vita quotidiana l'essenza, ormai dimenticata, della vita.
Paragonato spesso al collega Giovannino Guareschi, narratore della bassa padana, Chiara dipinge i tratti della vita dell'alta Lombardia e dei cantoni svizzeri: una vita di frontiera, fatta di spalloni e contrabbandieri, briganti e fuggiaschi, ma soprattutto della piccola borghesia e di personaggi quotidiani.
Amante del biliardo e dell'ozio, molti personaggi - parafrasando Borges - saranno in parte autobiografici. Così scopriremo gli altarini del pretore di provincia o della moglie del commercialista che si fa curare dal medico del paese. Storielle ben narrate, che scorrono veloci tra le righe, talmente ben congegnate, che non ci persuadono non esser vere. Nei suoi libri non è importante solo la descrizione dei luoghi ma anche (e soprattutto) l'indagine psicologica dei personaggi, la capacità di metterne in evidenza vizi e virtù con un sorriso ironico, spregiudicato ma mai irrispettoso. Il segreto di Chiara è nella sua capacità di raccontare, nella scelta di argomenti anche "scabrosi" (l'omicidio, l'adulterio, l'ossessione erotica) senza mai cedere a compiacimenti volgari: Chiara descrive caratteri e situazioni, non indulge a cedimenti morbosi. Traspare dalle sue pagine un senso di nostalgia che non è un patetico desiderio di tornare indietro (come in Guareschi), ma la disincantata consapevolezza che questo ritorno non è realizzabile. L'amarezza dello scrittore emerge soprattutto nelle ultime opere, da "Il cappotto di astrakan" a "Vedrò Singapore" (libro irrinunciabile, necessario per conoscere e ammirare Chiara), fino al postumo "Saluti notturni dal Passo della Cisa", disillusa storia di provincia ispirata a un fatto di cronaca.
Chiara, oltre che uno scrittore di grande successo, fu uno dei più noti studiosi della vita e delle opere dello scrittore e avventuriero Giacomo Casanova. Pubblicò molti scritti sull'argomento che raccolse poi nel libro “Il vero Casanova” (1977). Curò, per Mondadori, la prima edizione integrale, basata sul manoscritto originale, dell'opera autobiografica del Casanova: Historie de ma vie. Scrisse anche la sceneggiatura dell'edizione televisiva (1980) dell'opera di Arthur Schnitzler Il ritorno di Casanova
Ho conosciuto Piero Chiara una stanca sera d’autunno e l’inverno sarebbe stato l’ultimo a Luino.
Racconterò di quell’incontro e dei successivi. Avevo da poco pubblicato la raccolta di poesie ‘’Emigrante’’ e il grande lago e la frontiera sembravano la terra a lungo cercata; un luogo per viverci bene.
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Chiara ? … amava giocare a carte
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mercoledì 27 agosto 2008
Quasimodo
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Dicevi:morte, silenzio, solitudine;
come amore, vita. Parole
delle nostre provvisorie immagini.
E il vento s'è levato leggero ogni mattina
e il tempo colore di pioggia e di ferro
è passato sulle pietre,
sul nostro chiuso ronzio di maledetti.
Ancora la verità è lontana.
E dimmi, uomo spaccato sulla croce,
e tu dalle mani grosse di sangue,
come risponderò a quelli che domandano?
Ora, ora: prima che altro silenzio
entri negli occhi, prima che altro vento
salga e altra ruggine fiorisca.
martedì 26 agosto 2008
Noi non saremo mai grandi
'' .... noi non saremo mai grandi '' edito dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Spoleto in collaborazione con il Comune di Spoleto e il Centro Culturale Città nuova...
Il quadro dei ricordi
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Vedo ancora un quadro appeso
al vecchio muro della solitudine:
le immagini da anni immutate
mi appaiono confuse, cambiate.
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I visi delle persone afflitti e stanchi,
guardano verso misteriosi tramonti,
verso l'infinito grigio di un strada
che seguiranno, comunque vada.
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Io non ho strade da attraversare,
io non ho utopie da realizzare,
mi restano poche speranze per sognare;
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come sempre,la realtà sorda e veloce
annega i miei sogni senza voce.
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( Simone Fagioli)
lunedì 25 agosto 2008
GIUSEPPE UNGARETTI _ SILENZIO
domenica 24 agosto 2008
UN SOLDATO
Giulia non è ne rambo ne un raffinato professionista della guerra ma una giovane ventenne che vive l’esperienza di una missione di pace in ambiente ostile.
E’ in Afganistan, a Kabul , dove ‘’ il mondo finisce’’ e la storia riavvolge i giorni.
A lei e ai soldati del nostro contingente invio un saluto e un abbraccio affettuoso.
venerdì 22 agosto 2008
Pensieri di vita
giovedì 21 agosto 2008
Blaise Pascal
FRANCESCO PETRARCA
CANZONIERE
I
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
[Chiede compassione del suo stato, e confessa, pentito, la vanità del suo amore.]
Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ‘l core
in sul mio primo giovenile errore,
quand’era in parte altr’uom da quel, ch’i' sono; 4
del vario stile in ch’io piango e ragiono
fra le vane speranze, e ‘l van dolore;
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, non che perdono. 8
Ma ben veggio or sì come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno; 11
e del mio vaneggiar vergogna è ‘l frutto,
e ‘l pentersi, e ‘l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno. 14
Francesco Petrarca, Canzoniere, Trionfi, Rime varie, a cura di Carlo Muscetta e Daniele Ponchiroli, ed. Einaudi, 1958
AUTORITRATTO
Ciao Clelia
Ho letto la prefazione di ‘’ Elogio della fuga ‘’, il libro di Henri Laborit e le prime due pagine, dico due… quanto basta per una prima riflessione.
‘’ ….ebbene, questo programma genetico, nell’Uomo fa capo a un sistema nervoso, strumento dei suoi rapporti con l’ambiente circostante inanimato e animato, strumento dei suoi rapporti sociali, dei suoi rapporti con gli altri individui della stessa specie che popolano la nicchia dove nascerà e si svilupperà. ‘’
Difficile esercizio, dicevo, il mio .
Sono cresciuto in luoghi diversi e la fatica di dover ricominciare.
la mia città natale, quella delle origini e poi Roma, Spoleto,Trevi, Terni, Zurigo, Viterbo, Roma, Spoleto, Zurigo, Luino e dintorni, nuovamente Spoleto . Tutto questo nei primi 30 anni di vita, quelli che formano l’uomo tra gli altri.
Sempre in cerca della ‘’Terra promessa’’ arrivo ad oggi, a questo presente : ‘’Partirò domani o domani dopo, alla ‘’deriva’’, in cerca di un refolo di vento. Pensieri incartati, deboli, raccolgono la sera: questa sera immobile.’’
‘’ Fin da allora ‘’ aggiunge Laborit a proposito della formazione dell’individuo ‘’ si troverà interamente sottomesso all’organizzazione della nicchia, che penetrerà e si fisserà nel suo sistema nervoso secondo le caratteristiche strutturali di quest’ultimo.’’
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Difficile nel mio caso trovare un punto unitario, luogo origine del tanto vissuto. Il mio è stato un andare di terre in terre; un andare fatto di salite e discese , di rare ombrose pianure, deserto.
Un andare in cerca della terra che non c’è che poi è l’orizzonte dei giorni che si succedono, inarrestabili. Albe e tramonti; giorni che muoiono per risorgere sempre nuovi… bellissimi !
La bellezza ! cercare tutto ciò che è vero, che è giusto, cercare la bellezza per amare. Ecco, l’amore è la grande sfida.
Sono a pagina due di ‘’Elogio della fuga ‘’ … il libro sembra complesso ma adatto al confronto delle idee e delle esperienze vissute.
Sembra possedere una sua saggezza e c’è sempre , in umiltà, da apprendere.
‘’Quando non puoi più lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, ‘’ scrive Henri Laborit ‘’ il veliero ha due possibilità: l’andatura di cappa ( il fiocco a collo e barra sottovento) che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela ‘’
Il sartiame della mia imbarcazione provato dalle tempeste non regge l’albero e la vela strappata dal vento degli oceani richiede cure.
Riprenderò il viaggio domani o domani dopo alla ‘’deriva’’, in cerca di un refolo di vento. Userò la scassa …...andrò via con la randa e il fiocco verso l’ultimo orizzonte in cerca della terra che non c’è …ma irraggiungibile c’è …. la verità, la giustizia,la bellezza, l’amore per la gente e le cose.
GRAZIE per i sugerimenti…
Proseguo la lettura … poi ti dico. Buona giornata, GSN
mercoledì 20 agosto 2008
Vento
Un giorno di vento spazza le strade,
martedì 19 agosto 2008
Giuseppe Ungaretti
Biagio Marin
Brucia il mondo
lunedì 18 agosto 2008
Furti d'arte : la top ten dei capolavori scomparsi
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In cima alla lista c'e' la Nativita' del Caravaggio, segue il Bambinello dell'Ara Coeli, quindi il Ritratto di donna di Klimt, Ecce Homo di Antonello da Messina, la Madonna dell'orto di Giovanni Bellini, la Sacra Famiglia del Garofalo, la Madonna del Cucito di Francesco Cozza, una sanguigna di San Giovanno Battista di Leonardo, la Vergine, il Redentore e San Francesco d'Assisi in preghiera di Mattia Preti, il Martirio di sant'Erasmo di Poussin.
IL BAMBINELLO - Per ben quattro secoli consecutivi si era "affacciato" sulla scalinata dell'Aracoeli per la benedizione alla citta' nel giorno della Befana. Ma una fredda sera di inverno di inizio '94 tre sconosciuti, forse tre "balordi", sapendo che tra le 19 e le 20 i frati si raccolgono in preghiera, scalano le impalcature del Vittoriano, entrano nelle stanze dei religiosi e si portano via la statuetta del XV secolo con la sua corona di gioie, le babbucce e lo spillone d'oro. E' un furto anomalo, messo a segno da qualcuno che forse si spaventa del clamore suscitato. Certo e' - che nei giorni successivi - alle indagini si accompagnano le veglie, le preghiere, le offerte votive: tutti, compresi i detenuti di Regina Coeli, chiedono che il Bambinello torni a "casa", ad assolvere il compito che la tradizione gli assegna: restituire la salute ai malati. La leggenda vuole infatti che nel '400 un frate francescano, a Gerusalemme, raccolga un pezzo di legno d'ulivo nell'Orto dei Getsemani e - colto da improvvisa ispirazione - intagli la figura a grandezza naturale di un neonato: incapace di dipingergli il volto, prima di addormentarsi chiede aiuto agli angeli e il mattino, dopo, al risveglio, trova la statua dipinta e avvolta in fasce dorate. "Scampato" al naufragio della nave che avrebbe dovuto portarlo a Roma, il Bambinello approda lo stesso - miracolosamente - su una spiaggia del Tirreno e da li' all'Ara Coeli, dove diventa immediatamente un'icona del culto popolare. Gli investigatori lo hanno cercato ovunque, anche all'estero, ma ad oggi non ne hanno trovato tracce sicure. "Il Bambinello dell'Ara Coeli - spiega Mancino - e' stato rubato tante volte nel corso della storia ed e' sempre tornato. Pensiamo che sia ancora a Roma e che anche questa volta tornera' presto a casa".
la grande tela di Nicolas Poussin - uno dei massimo esponenti del classicismo barocco -, il Martirio di Sant'Erasmo, rubata a Garlenda, in provincia di Savona, nella Chiesa della nativita' di Maria nel settembre del 1979
"Volatilizzato" la Madonna del Cucito, tela di Francesco Cozza trafugata a Molfetta, nella chiesa di San Bernardino: e' l'agosto del 1970. Cozza, gregario del Domenichino, realizzo' il quadro durante un suo soggiorno a Napoli: lo studio dettagliato della sua Madonna nella redazione conservata a Molfetta aveva indotto alcuni critici a parlare di "miracolo artistico nella originalita' di quelle biancherie, di quegli spigoli e piani inclinati, di quei cincischi a dorso di conchiglia, apparenze di manierismo nordico e dureriano che definivano un'ampia quota di autonomia dallo stile del Domenichino".
domenica 17 agosto 2008
Giuseppe Ungaretti - Cenni biografici - la poetica in breve
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Ungaretti nacque ad Alessandria d’Egitto nel 1888; i genitori, emigranti di origine lucchese, si erano trasferiti in Egitto e lì ad Alessandria avevano un forno.
Il padre faceva l’operaio e morì nel 1890, due anni dopo la nascita del poeta, ai lavori del Canale di Suez.
Questo fatto dell’italiano nato in Egitto, figlio di emigranti, figlio di un operaio morto nella costruzione del Canale di Suez, è veramente di grosso rilievo, e ha un significato storico che avrà le sue ripercussioni dirette, in parte anche condizionanti, sulla poesia ungarettiana.
D Alessandria, dove nel 1906 conosce Enrico Pea che aveva aperto la ‘’Baracca rossa ‘’ parte nel 1912 per recarsi in Italia e a Parigi. Questi anni , gli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale, sono quelli formativi di Ungaretti in senso assoluto. E’ in questi anni che Ungaretti conosce Modigliani, Palazzeschi, Papini – italiani parigini in quel momento – ma conosce anche Braque, conosce tanti francesi e stabilisce un rapporto di amicizia molto stretta con il poeta Guillaume Apollinaire al quale sarà debitore, almeno all’inizio, di alcune movenze caratteristiche, di alcune suggestioni nell’arte di fabbricare versi.
Poi la guerra….
… alla quale Ungaretti partecipa come soldato semplice di fanteria, sul Carso, proprio nella zona di massima mortalità dall’una e dall’altra parte, italiani e austriaci; finita la guerra si trasferisce a Roma, si sposa, vive umilmente.
Più tardi, un viaggio, nel 1936; Ungaretti ha un congresso in Argentina, poi a San Paolo del Brasile gli viene offerta una cattedra di lingua e letteratura italiana; l’accetta e resta in brasile fino al 1942, quando per vicende della seconda guerra mondiale è costretto a scegliere fra l’internamento o il rimpatrio. Torna in Italia e precisamente a Roma. Nel frattempo gli è morto il figlio Antonietto, nel 1937, il figlio che viene ricordato nella raccolta Il dolore.
Tutto ho perduto dell'infanzia
A Roma viene chiamato all’Università come professore di letteratura italiana moderna e contemporanea; organizza intanto presso l’editore Mondadori tutte le sue poesie nel piano di raccolta intitolato Vita d’un uomo, e vive a Roma, con qualche viaggio anche fuori d’Europa. Muore nel 1970.
Quale canto s'è levato stanotte
Il primo grande libro di Ungaretti, quello che nella raccolta Vita d’un uomo leggiamo come suo primo, L’allegria, è in fondo il grande, poestico diario di un uomo che in guerra approfondisce l’esperienza dolorosa di tanti come lui.
Il nucleo essenziale è costituito dalle poesie del gruppo Il porto sepolto , che risalgono al 1916: è qui il centro della formazione di Ungaretti e la sua prima importante affermazione.
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Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
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Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto
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( Quel nulla…inesauribile: quel nulla che non si esaurisce. E’ un ossimoro, che esprime la ricerca della parola che possa avvicinare il poeta al "segreto", cioè all’essenza stessa della poesia ).
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Questa breve lirica è importante per capire la poetica di Ungaretti, in quanto ci fa percepire come deve essere la poesia, quali i suoi caratteri essenziali, da che cosa essa trae origine o attinge l’ispirazione. Il poeta arriva, in una sorta di immersione, al porto sepolto, con quel vi, che rimanda al titolo; il gesto simbolico dello sprofondare, per poi ritornare alla luce, è una specie di rito di purificazione, dal quale scaturisce la sua poesia nuova (ben diversa da quella dannunziana o dei Futuristi). Sottratti alle acque misteriose del porto, i canti vengono dispersi, forse come i vaticini (responsi sul futuro) della Sibilla Cumana ( la veggente), di cui narra Virgilio nell’"Eneide": la Sibilla, riaffiorando alla luce dal suo antro segreto, disperdeva nel vento le risposte alle domande esistenziali di coloro che la consultavano. Al poeta resta quel nulla, che si dissolve nel segreto, cioè nel mistero dell’esistenza umana. La luce , il buio delle profondità marine, come del resto l’acqua e l’abisso, che sono solo suggeriti, il segreto fanno parte delle parole-atomo, concetti-guida della poesia ungarettiana. Sotto il mare sono nascosti i simboli che servono per riconoscersi. Il viaggio è in rapporto con l’abisso, ma dal naufragio ( ed ecco spiegata la natura della scelta del secondo titolo della raccolta ampliata) incomincerà la risalita. Ungaretti stesso, nella prefazione all’"Allegria" (il terzo dei titoli) così motiva il titolo:
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"Il primitivo titolo, strano, dicono, era Allegria di Naufragi. Strano se tutto non fosse un naufragio, se tutto non fosse travolto, soffocato, consumato dal tempo. Esultanza che l’attimo, avvenendo, dà perché fuggitivo, attimo che soltanto amore può strappare al tempo, l’amore più forte che non possa essere la morte. E’ il punto dal quale scatta quell’esultanza di un attimo, quell’allegria che, quale fonte, non avrà mai se non il sentimento della presenza della morte da scongiurare. Non si tratta di filosofia, si tratta di esperienza concreta, compiuta sino dall’infanzia vissuta ad Alessandria e che la guerra 1914-1918 doveva fomentare, inasprire, approfondire, coronare."
Giuseppe Ungaretti
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Di che reggimento siete