domenica 31 agosto 2008

Ungaretti


(Pianetti Gino)
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FASE D'ORIENTE

da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO
.Nel molle giro di un sorriso
ci sentiamo legare da un turbine
di germogli di desiderio
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Ci vendemmia il sole
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Chiudiamo gli occhi
per vedere nuotare in un lago
infinite promesse
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Ci rinveniamo a marcare la terra
con questo corpo
che ora troppo ci pesa
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Versa, il 27 aprile 1916

venerdì 29 agosto 2008

Poesie di Antonio Machado Y Ruiz

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Tu verdad?
No, la Verdad,
y ven conmigo a buscarla.
La tuya, guàrdatela.
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La tua verità?
No, la Verità,
vieni con me a cercarla.
La tua, tienitela.


La verità è inevitabilmente ‘’una’’ .

I greci definivano la verità come ‘’’innegabile’’ e né cambiamento di epoche, né mutazione di cultura, né uomini, né dei possono cambiarla. Neanche un dio onnipotente può cambiare il contenuto della verità, dicevano i greci.
Aristotele afferma che la verità è l'indubitabile, il certissimo,l’innegabile, l'assolutamente non discutibile.
E’ inevitabilmente ‘’una’’ , quindi .

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Una molteplicità di verità, infatti, entrando in conflitto si negano tra di loro. Un conflitto il cui esito è la distruzione di quel grandioso concetto di verità che ha formato l’occidente : la verità come rimedio del dolore.

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Negli ultimi due secoli e comunque dalla rivoluzione francese in avanti, attraverso un lungo processo, il senso tradizionale della verità si sta modificando …. e sembra destinato a tramontare.
Io non so, adesso, perché tutto questo sta accadendo, perché la tradizione filosofica dell’occidente è al tramonto. Probabilmente , con le mie convinzioni e i miei limiti, appartengo al mondo che muore… e nel dolore continuo a cercare, continuo ad attendere parole di speranza, amore.

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Non posso immaginare, infatti, il tramonto dei grandi valori che, da me pienamente accettati, vissuti, amati mi hanno formato..Il valore della morale, il valore cristiano, il valore democratico, il valore delle leggi naturali, il valore della democrazia.

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Insieme a Goethe continuo a pensare :
Keimt ein Glaube neu, / Wird oft Lieb’und Treu / Wie ein bòses Unkraut ausgerauft…

Lettera




Ciao Caterina,
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Conosco Ostuni … di passaggio verso il Salento…
Una casa prossima al mare e viaggi lunghissimi per raggiungerla. Immagina un viaggio in macchina da Zurigo……interminabile …..

Avevo la tua età,forse meno, quando sono andato la prima volta.
Un mondo antico, diverso e il mare blu.
Conosco bene Otranto e poi a scendere i paesi e le cittadine che si succedono, … Castro , Tricase fino a Leuca finibus terrae (alla fine delle terre)
E’ magnifico il Salento, bellissima la Puglia soprattutto d’inverno, quando scendi a mare per via del vento. Porta il mare, il vento.
A Castro mangiavo ostriche e pesciolini crudi.
Una spruzzata di limone senza esagerare e i racconti del porto.
Restavo settimane, tutto il tempo possibile e mi piaceva mescolarmi la sera alla gente delle feste . Di paese in paese ogni sera una festa e gli immancabili fuochi d’artificio.
‘’Sposa una di qui’’ mi diceva ……. Erano belle le pugliesi della gioventù, erano le stesse che incontravo a Zurigo prese dal lavoro e dalla nostalgia.


Di quelle terre scrivevo:
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… ricordo un viaggio in Puglia, a Specchia, un paese prossimo all’estremo dove il Mediterraneo si unisce allo Jonio.
Le case basse e bianche, geometricamente disposte ai lati della strada lunga che ad un estremo porta verso l’interno e all’opposto indica il mare, ricordano paesaggi che hanno il sapore dell’oriente.
Abitavo in via Colonnello di Giovanni, vicino alla fontana, meta serale di un chiacchierio sommesso, quasi religioso, di donne e brocche testimoni d’una realtà immutabile.
Una collina bassa e lunga separa il paese dal mare che è, nella stagione estiva, di un blu immenso; brillante e chiaro sotto il sole del mezzogiorno.
La terra bruciata, i fichi d’india appena oltre i muretti disegnano, insieme alle case bianco calce e gli ulivi, un nàif selvaggio di colori vivi, parlanti, che assumono, nell’insieme, personalità propria tanto sono staccati e diversi.
Quell’estremo lembo di terra a cavallo tra due mari anticamente governato dai baroni e dalla Chiesa è oggi un serbatoio di braccia che sanno lavorare.
Quella realtà povera, lunga da raccontare, quel paese fatto di donne, di vecchi e di bambini; abbandonato dagli uomini e che viveva per le rimesse di quelli è simile ad altri luoghi d’un Sud dimenticato dallo Stato che fa parlare ed affanna.
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La Puglia di oggi è diversa. E' arrivato il turismo e l'acqua nelle case. C'è lavoro... e c'è sempre il mare.
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LE TORRI DI AVVISTAMENTO SARACENE
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Nacque una rete di avvistamento semplice ed efficiente: quando un vascello sospetto si avvicinava sotto costa il guardiano del torrione sparava un colpo di avviso per chiedere all'imbarcazione di accostarsi e farsi riconoscere; se essa si allontanava rapidamente - e ciò era segno delle sue cattive intenzioni - dalla torre si inviavano subito segnali o con l'artiglieria o con opportuni "fani" alle altre due torri con le quali la prima era in collegamento visivo; queste, a loro volta, trasmettevano il segnale di pericolo fino alla più vicina guarnigione o al più importante porto, dal quale salpava un vascello armato per dare la caccia a quello pirata.
Contemporaneamente dalle torri costiere in allarme partivano messaggeri a cavallo, ad avvisare gli abitanti delle case isolate e i villaggi di pescatori del pericolo imminente.
In alcuni canti popolari della tradizione marinara è rimasta traccia di quegli episodi, un vero e proprio stato di assedio nel quale vissero per secoli le nostre popolazioni rivierasche. Uno di questi, conosciuto in tutta Italia anche perché messo in musica qualche tempo fa, consiglia, con rassegnazione, di riparare al più presto le scarpe per fuggire nelle campagne prima dello sbarco dei pirati:
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All'armi, all'armi la campana sona
Li Turchi sunnu iunti alla marina!
Ch'havi scarpi rutti si li sola,
Ca eu mi li sulavi stamatina

giovedì 28 agosto 2008

Il silenzio



Amo il silenzio…
lo cerco e lui mi trova
Nel silenzio
ascolto il tempo che scorre,
gli odori, i sapori,
il tanto o il niente lontano dai passi:
un refolo di vento.
Amo il silenzio...
lo cerco e lui mi trova,
memoria dell’Assoluto,
mistero della vita.
(Giovenale Nino Sassi)



(Michelangelo)
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IL SILENZIO ?
da un articolo di Carlos Mesters, monaco carmelitano.
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Ci sono molte forme di silenzio. Il silenzio che si richiede in una biblioteca o in un ospedale. Il silenzio della notte o della natura. Il silenzio della morte. Il silenzio che precede la tempesta. Il silenzio della paura o dell’alunno che non sa la risposta. Il silenzio del censurato o del popolo messo a tacere. Il silenzio del tale frustrato, del giovane turbato, del lottatore disteso. Il silenzio dell’innamorato alla presenza dell’innamorata. Il silenzio di Dio che non appare mai. Il silenzio del mistico. Il silenzio che spezza interiormente quando tutto ciò che una persona aveva immaginato e pianificato fino a quel momento, cade nel vuoto e si disintegra. Tanti silenzi!
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Per descrivere il valore del silenzio, la Regola dei monaci carmelitani cita per intero due frasi del profeta Isaia: " La giustizia è coltivata nel silenzio ed è nel silenzio e nella speranza che si incontrerà la vostra forza”. Si tratta di un silenzio che ha la sua origine nei profeti. Per i Carmelitani, il silenzio profetico invoca immediatamente il profeta Elia. Le due frasi di Isaia indicano i due passi del silenzio profetico.
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Il primo passo del silenzio profetico è espresso nella prima frase di Isaia che dice: "La giustizia è coltivata nel silenzio”.
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Il secondo passo del silenzio profetico è espresso nella seconda frase del profeta Isaia: "Nel silenzio e nella speranza c’è la vostra forza”.
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(Il testo completo è disponibile su Articolo del mese - Centro Stampa Carmelitano)

PIERO CHIARA

Piero Chiara
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera


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Piero Chiara nacque nel 1913 a Luino, piccolo borgo sul lago Maggiore, in prossimità del confine con la Svizzera dove il padre Eugenio aveva trovato da lavorare come doganiere. Quest'ultimo era originario di Resuttano, in provincia di Caltanissetta, mentre la madre, Virginia Maffei, proveniva da Comnago, paese sulla sponda piemontese del lago.
Coetaneo ed amico di
Vittorio Sereni, studiò, non certo con diligenza e costanza, in diversi collegi religiosi. Solo nel 1929 ottenne il diploma di licenza complementare e in verità completò la propria formazione culturale da autodidatta. Dopo aver trascorso un periodo viaggiando per l'Italia e la Francia, nel 1932, più per accontentare i famigliari, trovò un impiego nella magistratura come "aiutante di cancelleria". Nel 1936 sposò la svizzera-tedesca Jula Scherb da cui ebbe anche un figlio, Marco. Il matrimonio, tuttavia, finì dopo poco tempo.
Dopo la breve chiamata alle armi (1940), nonostante il suo disinteressamento alla politica, fu costretto a fuggire in
Svizzera (1944) in seguito ad un ordine di cattura emesso dal Tribunale Speciale Fascista. Qui visse in alcuni campi in cui venivano internati i rifugiati italiani. Finita la guerra, insegnò lettere al liceo italiano dello Zugerberg e l'anno dopo tornò in Italia.
Inizia un periodo di fervida inventiva e continua creatività: mirabili sono i suoi racconti, degni del miglior Giovannino Guareschi o del più celebrato e stravagante Italo Calvino. Il suo successo culmina nel 1976 con il capolavoro La stanza del vescovo che diventerà immediatamente un film di grande successo, interpretato da Ugo Tognazzi e Ornella Muti per la regia di Dino Risi.
Morirà dieci anni dopo, a Varese




Piero Chiara è il poeta delle piccole storie del "grande lago" che spesso fa da palcoscenico ai suoi brevi ed illuminanti racconti. Narra le piccolezze della vita di provincia con quello stile mai insipido e sempre capace di cogliere nella vita quotidiana l'essenza, ormai dimenticata, della vita.
Paragonato spesso al collega Giovannino Guareschi, narratore della bassa padana, Chiara dipinge i tratti della vita dell'alta Lombardia e dei cantoni svizzeri: una vita di frontiera, fatta di spalloni e contrabbandieri, briganti e fuggiaschi, ma soprattutto della piccola borghesia e di personaggi quotidiani.
Amante del biliardo e dell'ozio, molti personaggi - parafrasando Borges - saranno in parte autobiografici. Così scopriremo gli altarini del pretore di provincia o della moglie del commercialista che si fa curare dal medico del paese. Storielle ben narrate, che scorrono veloci tra le righe, talmente ben congegnate, che non ci persuadono non esser vere. Nei suoi libri non è importante solo la descrizione dei luoghi ma anche (e soprattutto) l'indagine psicologica dei personaggi, la capacità di metterne in evidenza vizi e virtù con un sorriso ironico, spregiudicato ma mai irrispettoso. Il segreto di Chiara è nella sua capacità di raccontare, nella scelta di argomenti anche "scabrosi" (l'omicidio, l'adulterio, l'ossessione erotica) senza mai cedere a compiacimenti volgari: Chiara descrive caratteri e situazioni, non indulge a cedimenti morbosi. Traspare dalle sue pagine un senso di nostalgia che non è un patetico desiderio di tornare indietro (come in Guareschi), ma la disincantata consapevolezza che questo ritorno non è realizzabile. L'amarezza dello scrittore emerge soprattutto nelle ultime opere, da "Il cappotto di astrakan" a "Vedrò Singapore" (libro irrinunciabile, necessario per conoscere e ammirare Chiara), fino al postumo "Saluti notturni dal Passo della Cisa", disillusa storia di provincia ispirata a un fatto di cronaca.
Chiara, oltre che uno scrittore di grande successo, fu uno dei più noti studiosi della vita e delle opere dello scrittore e avventuriero Giacomo Casanova. Pubblicò molti scritti sull'argomento che raccolse poi nel libro “Il vero Casanova” (1977). Curò, per Mondadori, la prima edizione integrale, basata sul manoscritto originale, dell'opera autobiografica del Casanova: Historie de ma vie. Scrisse anche la sceneggiatura dell'edizione televisiva (1980) dell'opera di Arthur Schnitzler Il ritorno di Casanova





Ho conosciuto Piero Chiara una stanca sera d’autunno e l’inverno sarebbe stato l’ultimo a Luino.
Racconterò di quell’incontro e dei successivi. Avevo da poco pubblicato la raccolta di poesie ‘’Emigrante’’ e il grande lago e la frontiera sembravano la terra a lungo cercata; un luogo per viverci bene.

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Chiara ? … amava giocare a carte


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I miei libri piacciono perché mi metto dalla parte del lettore,che vuole fatti raccontati da uno che non ha l’aria di insegnare

mercoledì 27 agosto 2008

Quasimodo

(Mantegna)
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COLORE DI PIOGGIA E DI FERRO

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Dicevi:morte, silenzio, solitudine;

come amore, vita. Parole
delle nostre provvisorie immagini.
E il vento s'è levato leggero ogni mattina
e il tempo colore di pioggia e di ferro
è passato sulle pietre,
sul nostro chiuso ronzio di maledetti.
Ancora la verità è lontana.
E dimmi, uomo spaccato sulla croce,
e tu dalle mani grosse di sangue,
come risponderò a quelli che domandano?
Ora, ora: prima che altro silenzio
entri negli occhi, prima che altro vento
salga e altra ruggine fiorisca.

martedì 26 agosto 2008

Noi non saremo mai grandi


'' .... noi non saremo mai grandi '' edito dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Spoleto in collaborazione con il Comune di Spoleto e il Centro Culturale Città nuova...
è una raccolta di poesie
di giovani ,
direi giovanissimi,
poeti della Città di Spoleto.
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....noi non saremo mai grandi , metafora che indica e rinnova simboli già acquisiti dall'uso letterario,
propone un sorta di polifonia entro la quale i giovani poeti collocano il loro lavoro artistico.
Un lavoro a più mani che racconta la vita dei ventenni;
di questi ventenni
in questo tempo fatto di apparenze
che limita e spesso umilia i sogni

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Tra questi giovani poeti c'è Simone Fagioli, che conosco, che ho imparato ad apprezzare.
Gli altri si chiamano .... Valentina Gianfondati, Roberta Giuliani, Stefano Ministrini, Cinzia Nardi, Federico Nemmi.




Il quadro dei ricordi
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Vedo ancora un quadro appeso
al vecchio muro della solitudine:
le immagini da anni immutate
mi appaiono confuse, cambiate.

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I visi delle persone afflitti e stanchi,
guardano verso misteriosi tramonti,
verso l'infinito grigio di un strada
che seguiranno, comunque vada.
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Io non ho strade da attraversare,
io non ho utopie da realizzare,
mi restano poche speranze per sognare;
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come sempre,la realtà sorda e veloce
annega i miei sogni senza voce.
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( Simone Fagioli)

lunedì 25 agosto 2008

GIUSEPPE UNGARETTI _ SILENZIO


(Monet)

SILENZIO

da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO
.Conosco una città
che ogni giorno s'empie di sole
e tutto è rapito in quel momento
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Me ne sono andato una sera
.
Nel cuore durava il limio
delle cicale
.
Dal bastimento
verniciato di bianco
ho visto
la mia città sparire
lasciando
un poco
un abbraccio di lumi nell'aria torbida
sospesi
.

Mariano, il 27 giugno 1916


(Derain)

domenica 24 agosto 2008

UN SOLDATO

( Michelangelo - soldati)

Ho ricevuto da Juliet (Infinita poesia) la poesia ‘’Un soldato’’ di George l. Skipeck.
Giulia non è ne rambo ne un raffinato professionista della guerra ma una giovane ventenne che vive l’esperienza di una missione di pace in ambiente ostile.
E’ in Afganistan, a
Kabul , dove ‘’ il mondo finisce’’ e la storia riavvolge i giorni.
A lei e ai soldati del nostro contingente invio un saluto e un abbraccio affettuoso.
.
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Io sono stato quello
che Gli altri non volevano essere,
Io sono andato dove
gli Altri non volevano andare,
Io ho portato a termine quello
che gli Altri non volevano fare,
Io non ho preteso mai niente
da Quelli che non danno mai nulla.
Con rabbia ho accettato
di essere emarginato come
se avessi comesso uno sbaglio
Ho visto il volto del terrore,
ho sentito il freddo morso della paura,
ho gioito per il dolce gusto
di un momento d’amore.
ho pianto, ho sofferto
e ho sperato….
Ma piu’ di tutto,
io ho vissuto quei momenti
che gli altri dicono
sia meglio dimenticare.
Quando giungera’ la mia ora
agli Altri potro’ dire
che sono orgoglioso
per tutto quello che sono stato
..... un soldato
.
( George l. Skipeck )

venerdì 22 agosto 2008

Pensieri di vita

(Caravaggio)

Quelli che non soffrono nulla non divengono nulla.
La vita non servirà a mutarli, e il tempo per loro fluisce come una manciata di sabbia, disperdendoli.
Le condizioni della felicità sono la lotta, la costrizione e la resistenza.
Se qualcosa ti si oppone e ti strazia, lascia crescere;ciò significa che metti le radici e ti trasformi.

Benedetto il tuo tormento che ti fa crescere:poiché nell’evidenza non si dimostra e non si raggiunge nessuna verità.
Quelle che ti vengono proposte non sono che un facile accomodamento, e simili a sonniferi.
Sappi che ogni contraddizione insoluta, ogni contrasto inevitabile ti obbliga acrescere per assorbirlo.
Se vuoi diventare grande devi lottare fino allo spasimo contro i tuoi contrasti:essi conducono innanzitutto a Dio.

É la sola via che esista.

Ed è per questo che la sofferenza accettata ti accresce.
L’uomo è veramente uomo se sa resistere.
Altrimenti l’umanità diviene un formicaio ove Dio non è più presente, un’umanità senza lievito.
L’utile è ciò che ti resiste.

giovedì 21 agosto 2008

Blaise Pascal



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''Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce ...... ...... molto spesso il cuore arriva a comprendere ciò che la ragione cerca ancora ''.
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FRANCESCO PETRARCA



Stasera leggo

Francesco Petrarca
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CANZONIERE
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[codice Vaticano 3195]
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In vita di Madonna Laura
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I
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Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
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[Chiede compassione del suo stato, e confessa, pentito, la vanità del suo amore.]

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Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond’io nudriva ‘l core
in sul mio primo giovenile errore,
quand’era in parte altr’uom da quel, ch’i' sono; 4
del vario stile in ch’io piango e ragiono
fra le vane speranze, e ‘l van dolore;
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, non che perdono. 8
Ma ben veggio or sì come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno; 11
e del mio vaneggiar vergogna è ‘l frutto,
e ‘l pentersi, e ‘l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno. 14
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Edizione di riferimento
Francesco Petrarca, Canzoniere, Trionfi, Rime varie, a cura di Carlo Muscetta e Daniele Ponchiroli, ed. Einaudi, 1958
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AUTORITRATTO


Autoritratto
difficile esercizio
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Ciao Clelia
Ho letto la prefazione di ‘’ Elogio della fuga ‘’, il libro di Henri Laborit e le prime due pagine, dico due… quanto basta per una prima riflessione.
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Scrive Laborit :
’ ….ebbene, questo programma genetico, nell’Uomo fa capo a un sistema nervoso, strumento dei suoi rapporti con l’ambiente circostante inanimato e animato, strumento dei suoi rapporti sociali, dei suoi rapporti con gli altri individui della stessa specie che popolano la nicchia dove nascerà e si svilupperà. ‘’
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Difficile esercizio, dicevo, il mio .
In qualche modo ho affrontato il tema in ‘’Stanca è la notte’’ (la poesia) …..ora che ‘’ ….. il sartiame non regge l’albero’’
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Sono cresciuto in luoghi diversi e la fatica di dover ricominciare.
Ecco l’elenco:
la mia città natale, quella delle origini e poi Roma, Spoleto,Trevi, Terni, Zurigo, Viterbo, Roma, Spoleto, Zurigo, Luino e dintorni, nuovamente Spoleto . Tutto questo nei primi 30 anni di vita, quelli che formano l’uomo tra gli altri.
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Sempre in cerca della ‘’Terra promessa’’ arrivo ad oggi, a questo presente : ’Partirò domani o domani dopo, alla ‘’deriva’’, in cerca di un refolo di vento. Pensieri incartati, deboli, raccolgono la sera: questa sera immobile.’’
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‘’ Fin da allora ‘’ aggiunge Laborit a proposito della formazione dell’individuo ‘’ si troverà interamente sottomesso all’organizzazione della nicchia, che penetrerà e si fisserà nel suo sistema nervoso secondo le caratteristiche strutturali di quest’ultimo.’’
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Difficile nel mio caso trovare un punto unitario, luogo origine del tanto vissuto. Il mio è stato un andare di terre in terre; un andare fatto di salite e discese , di rare ombrose pianure, deserto.
Un andare in cerca della terra che non c’è che poi è l’orizzonte dei giorni che si succedono, inarrestabili. Albe e tramonti; giorni che muoiono per risorgere sempre nuovi… bellissimi !
La bellezza ! cercare tutto ciò che è vero, che è giusto, cercare la bellezza per amare. Ecco, l’amore è la grande sfida.
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Sono a pagina due di ‘’Elogio della fuga ‘’ … il libro sembra complesso ma adatto al confronto delle idee e delle esperienze vissute.
Sembra possedere una sua saggezza e c’è sempre , in umiltà, da apprendere.

‘’Quando non puoi più lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, ‘’ scrive Henri Laborit ‘’ il veliero ha due possibilità: l’andatura di cappa ( il fiocco a collo e barra sottovento) che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela ‘’
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Il sartiame della mia imbarcazione provato dalle tempeste non regge l’albero e la vela strappata dal vento degli oceani richiede cure.
Riprenderò il viaggio domani o domani dopo alla ‘’deriva’’, in cerca di un refolo di vento. Userò la scassa …...andrò via con la randa e il fiocco verso l’ultimo orizzonte in cerca della terra che non c’è …ma irraggiungibile c’è …. la verità, la giustizia,la bellezza, l’amore per la gente e le cose.
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GRAZIE per i sugerimenti…
Proseguo la lettura … poi ti dico. Buona giornata, GSN

mercoledì 20 agosto 2008

Vento


Un giorno di vento spazza le strade,
il viale alberato, il cortile, la noia del giorno.
Foglie cadenti come stelle nel cielo d’agosto
coprono la terra di pensieri autunnali
Ascolto parole nella nuda ombra
dell’inverno caduto, addormentato
sulle foglie d’acacia.
Amore
che agiti questo andare di terre in terre
donami la notte,
questa notte di vento infinito
Lo senti ? il vento…
canta per noi…
una nenia di parole dolci
sfoglia la rosa,
accarezza l’ombra del tuo corpo
immerso nell’alba del ritorno.

martedì 19 agosto 2008

Giuseppe Ungaretti

(Picasso)


VARIAZIONI SU NULLA

da LA TERRA PROMESSA - da CORI DESCRITTIVI DI STATI D'ANIMO DI DIDONE

.Quel nonnulla di sabbia che trascorre
Dalla clessidra muto e va posandosi,
E, fugaci, le impronte sul carnato,
Sul carnato che muore, d'una nube...
.
Poi mano che rovescia la clessidra,
Il ritorno per muoversi, di sabbia,
Il farsi argentea tacito di nube
Ai primi brevi lividi dell'alba...
.
La mano in ombra la clessidra volse,
E, di sabbia, il nonnulla che trascorre
Silente, è unica cosa che ormai s'oda
E, essendo udita, in buio non scompaia.
.


Figlio di emigrati che nasce ad Alessandria d'Egitto, dai genitori, o meglio dalla madre, sente parlare della ''mitica'' Italia. La concepisce un pò in sogno e un pò secondo letteratura come una terra ideale che chissà quando mai potrà raggiungere. In effetti la raggiungerà, ma la amerà sempre di un amore condizionato da questa nascita lontana, da questa nascita caratterizzata dalla emigrazione.
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La terra Promessa è un'opera incompiuta, alla quale, stando alle dichiarazioni del poeta, egli cominciò a lavorare nel 1932.
Sarebbe stato un poema drammatico, in cui figure come quella di Enea, Didone, Palinuro sarebbero stati simboli di condizione dell'animo.
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E', in fondo, il vero poema di Ungaretti, di questo Ungaretti alla perpetua ricerca di una patria,..... che ha sempre temuto di dover stare senza patria e senza casa e che, una volta raggiunta l'Italia, proietta questa patria ormai reale in una sfera ideale.
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Si ha così La terra Promessa, ossia il tema di un libro che non si poteva compiere, che doveva restare incompiuto perchè se la terra promessa fosse stata raggiunta non sarebbe stata più tale.

Akatalepsia ....Il blog di Clelia Mazzini è una fonte ricchissima di riflessioni profonde che aiutano a capire l’agitarsi del tempo, l’amore per i pensieri che si succedono , bellezza che sorprende la ricerca . Aria buona per la mente … la mia, stanchissima, trova riposo.

Biagio Marin


Biagio Marin, un poeta che non conoscevo, che leggo per la prima volta grazie a Akatalepsia , il bellissimo Blog di Clelia Mazzini
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BRUCIA IL MONDO
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Brucia il mondo
come un bosco in agosto;
urla nel vento
di giorno e di notte la guerra;
gli uomini ammazzano i loro fratelli
e trema la terra.
Io, guardo le stelle nei cieli,
alle nuvole d'oro, che il vento disperde,
all'ultimo raggio verde che
incanta la Terra.
Eterni sono i mondi celesti,
più eterni sono i cieli ed i grandi pensieri.
Quando tacciono i cannoni e le bombe
fa tanto silenzio sul mondo,
e l'erba continua a fiorire,
sereno si dilata il cielo profondo,
il sole torna biondo,
come ogni giorno.

lunedì 18 agosto 2008

Furti d'arte : la top ten dei capolavori scomparsi


Le cercano.
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A volte anche per decenni. Senza mollare mai. Senza perdere la speranza. Sanno che alcuni fascicoli aperti non verranno mai chiusi, ma la caccia alle opere d'arte rubate e ai sempre troppo numerosi Arsenio Lupin non si ferma.
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Dieci i capolavori rubati e mai ritrovati che hanno la massima priorita' nelle ricerche.
In cima alla lista c'e' la Nativita' del Caravaggio, segue il Bambinello dell'Ara Coeli, quindi il Ritratto di donna di Klimt, Ecce Homo di Antonello da Messina, la Madonna dell'orto di Giovanni Bellini, la Sacra Famiglia del Garofalo, la Madonna del Cucito di Francesco Cozza, una sanguigna di San Giovanno Battista di Leonardo, la Vergine, il Redentore e San Francesco d'Assisi in preghiera di Mattia Preti, il Martirio di sant'Erasmo di Poussin.


LA NATIVITA' - Nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969 alcuni ladri entrano nell'Oratorio di San Lorenzo a Palermo e rubano un grande quadro che sta sull'altare maggiore dall'ottobre del 1609. E' una tela della Nativita' coi Santi Lorenzo e Francesco, ed e' l'ultima opera dipinta in Sicilia dal Caravaggio che, subito dopo, parte per Napoli (nel luglio dell'anno seguente l'artista morira' su una spiaggia di Porto Ercole, in Toscana). A tutt'oggi il quadro non e' stato recuperato, e molti ritengono che possa essere andato distrutto gia' da molto tempo. Forse. Ma del "Caravaggio" perduto ogni tanto si torna a parlare, e oggi sappiamo molte cose. Sappiamo ad esempio, che uno dei ladri e' stato Francesco Marino Mannoia, appartenente alla famiglia mafiosa dei Bontade e "collaboratore di giustizia". In una udienza del 5 novembre '96, relativa al "processo Andreotti", Mannoia racconta come e' avvenuto il furto: la tela e' stata staccata dalla cornice con una lametta da barba e poi arrotolata per trasportarla meglio. Aggiunge che queste operazioni l'hanno molto rovinata e che quando l'acquirente l'ha vista si e' messo a piangere. Conclude affermando di aver distrutto il quadro, perche' ormai invendibile. Ma la notizia piu' clamorosa la riferisce Giovanni Brusca, altro mafioso pentito, come Mannoia. Brusca dice che la mafia, dopo le leggi speciali seguite alla morte di Falcone e Borsellino nel 1992, ha cercato di "trattare" con lo Stato italiano: opere d'arte trafugate, tra cui la tela di Caravaggio, in cambio della modifica del 41bis, un articolo di legge che impone ai mafiosi il carcere duro, impedendo loro ogni comunicazione con l'esterno. Ma non se ne e' fatto nulla, ovviamente. Pochi anni dopo un altro pentito, Salvatore Cangemi, dichiara che il quadro e' ancora in possesso della mafia, che lo "espone" durante i summit come simbolo del suo potere. I Carabinieri pensano, pero', che la Nativita' sia finita all'estero. "Un po' ci sgomenta la notizia, come nel caso della Nativita' del Caravaggio, di un possibile danneggiamento delle opere rubate. In realta' la nostra segreta speranza e' che il quadro sia nella cantina e nel caveau di qualcuno che lo ammira in perfetta solitudine".


IL BAMBINELLO - Per ben quattro secoli consecutivi si era "affacciato" sulla scalinata dell'Aracoeli per la benedizione alla citta' nel giorno della Befana. Ma una fredda sera di inverno di inizio '94 tre sconosciuti, forse tre "balordi", sapendo che tra le 19 e le 20 i frati si raccolgono in preghiera, scalano le impalcature del Vittoriano, entrano nelle stanze dei religiosi e si portano via la statuetta del XV secolo con la sua corona di gioie, le babbucce e lo spillone d'oro. E' un furto anomalo, messo a segno da qualcuno che forse si spaventa del clamore suscitato. Certo e' - che nei giorni successivi - alle indagini si accompagnano le veglie, le preghiere, le offerte votive: tutti, compresi i detenuti di Regina Coeli, chiedono che il Bambinello torni a "casa", ad assolvere il compito che la tradizione gli assegna: restituire la salute ai malati. La leggenda vuole infatti che nel '400 un frate francescano, a Gerusalemme, raccolga un pezzo di legno d'ulivo nell'Orto dei Getsemani e - colto da improvvisa ispirazione - intagli la figura a grandezza naturale di un neonato: incapace di dipingergli il volto, prima di addormentarsi chiede aiuto agli angeli e il mattino, dopo, al risveglio, trova la statua dipinta e avvolta in fasce dorate. "Scampato" al naufragio della nave che avrebbe dovuto portarlo a Roma, il Bambinello approda lo stesso - miracolosamente - su una spiaggia del Tirreno e da li' all'Ara Coeli, dove diventa immediatamente un'icona del culto popolare. Gli investigatori lo hanno cercato ovunque, anche all'estero, ma ad oggi non ne hanno trovato tracce sicure. "Il Bambinello dell'Ara Coeli - spiega Mancino - e' stato rubato tante volte nel corso della storia ed e' sempre tornato. Pensiamo che sia ancora a Roma e che anche questa volta tornera' presto a casa".



ECCE HOMO - Nel luglio del 1974, dal Museo Broletto di Novara sparisce un piccolo olio su tavola, 45 centimetri per 36, Ecce Homo, dipinto da Antonello da Messina. Non verra' mai piu' trovato.

Come la Madonna dell'Orto, una tempera su tavola di Giovanni Bellini datata 1480, rubata a Venezia nel 1993 nella omonima, solitaria e monumentale chiesa gotica dell'Orto che sorge all'estremo lembo nord del sestiere di Cannaregio, e dove e' sepolto il Tintoretto.
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Nell'aprile del 1975 scompare da un'abitazione privata di Milano l'olio su tela Sacra Famiglia e San Giovannino, di Benvenuto Tisi detto il Garofalo dal paese di origine del padre, e che talvolta firmava le sue tele con un piccolo garofano rosso.

Stessa sorte tocca alla sanguigna su carta (24 per 17 centimetri) rappresentante San Giovanni Battista, di Leonardo da Vinci: il furto risale al maggio 1973, il museo "violato" e0 il Museo Baroffio di Varese.


la grande tela di Nicolas Poussin - uno dei massimo esponenti del classicismo barocco -, il Martirio di Sant'Erasmo, rubata a Garlenda, in provincia di Savona, nella Chiesa della nativita' di Maria nel settembre del 1979



"Volatilizzato" la Madonna del Cucito, tela di Francesco Cozza trafugata a Molfetta, nella chiesa di San Bernardino: e' l'agosto del 1970. Cozza, gregario del Domenichino, realizzo' il quadro durante un suo soggiorno a Napoli: lo studio dettagliato della sua Madonna nella redazione conservata a Molfetta aveva indotto alcuni critici a parlare di "miracolo artistico nella originalita' di quelle biancherie, di quegli spigoli e piani inclinati, di quei cincischi a dorso di conchiglia, apparenze di manierismo nordico e dureriano che definivano un'ampia quota di autonomia dallo stile del Domenichino".

LA DAMA DI KLIMT - Un filo fatto scendere dal lucernario, un gancio e via: come nel film "Topkapi", storia del furto del pugnale costellato di smeraldi custodito nel museo di Istanbul. Il "Ritratto di donna" di Gustav Klimt, olio su tela di 68 per 55 centimetri databile tra il 1916 e il 1917, scompare dalla Galleria d'arte moderna "Ricci Oddi", nel pieno centro di Piacenza, il 21 febbraio '97 ma i custodi se ne accorgono e lanciano l'allarme solo il giorno dopo: la Galleria pochi giorni dopo deve chiudere per dei lavori di restauro e il quadro di Klimt e' tra quelli destinati ad essere esposti a fine primavera in una mostra a Palazzo Gotico. Qualcuno deve aver creduto che il quadro che la tela fosse tra quelle gia' "impacchettate". Comprato nel '25 per 30mila lire, il "Ritratto di donna" - spiegano gli esperti d'arte - ha ormai una quotazione di mercato di "almeno 5 miliardi" ma e' "troppo noto per essere venduto": la pista obbligata non puo' che essere quella di un furto su commissione da parte di un appassionato disposto a tutto. L'opera, tra l'altro, nasconde un "mistero": e' stata dipinta sopra un'altra, un "Ritratto di ragazza", eseguito dallo stesso Klimt nel 1910, che i critici d'arte di tutto il mondo davano per scomparsa. Fino a quando - nel maggio '96 - se ne accorge una studentessa 19enne del Liceo artistico sperimentale di Piacenza, impegnata in una ricerca.

Cézanne

domenica 17 agosto 2008

Giuseppe Ungaretti - Cenni biografici - la poetica in breve






Giuseppe Ungaretti
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Ungaretti nacque ad Alessandria d’Egitto nel 1888; i genitori, emigranti di origine lucchese, si erano trasferiti in Egitto e lì ad Alessandria avevano un forno.
Il padre faceva l’operaio e morì nel 1890, due anni dopo la nascita del poeta, ai lavori del Canale di Suez.
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Questo fatto dell’italiano nato in Egitto, figlio di emigranti, figlio di un operaio morto nella costruzione del Canale di Suez, è veramente di grosso rilievo, e ha un significato storico che avrà le sue ripercussioni dirette, in parte anche condizionanti, sulla poesia ungarettiana.
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D Alessandria, dove nel 1906 conosce Enrico Pea che aveva aperto la ‘’Baracca rossa ‘’ parte nel 1912 per recarsi in Italia e a Parigi. Questi anni , gli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale, sono quelli formativi di Ungaretti in senso assoluto. E’ in questi anni che Ungaretti conosce Modigliani, Palazzeschi, Papini – italiani parigini in quel momento – ma conosce anche Braque, conosce tanti francesi e stabilisce un rapporto di amicizia molto stretta con il poeta Guillaume Apollinaire al quale sarà debitore, almeno all’inizio, di alcune movenze caratteristiche, di alcune suggestioni nell’arte di fabbricare versi.
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Poi la guerra….
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… alla quale Ungaretti partecipa come soldato semplice di fanteria, sul Carso, proprio nella zona di massima mortalità dall’una e dall’altra parte, italiani e austriaci; finita la guerra si trasferisce a Roma, si sposa, vive umilmente.
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Più tardi, un viaggio, nel 1936; Ungaretti ha un congresso in Argentina, poi a San Paolo del Brasile gli viene offerta una cattedra di lingua e letteratura italiana; l’accetta e resta in brasile fino al 1942, quando per vicende della seconda guerra mondiale è costretto a scegliere fra l’internamento o il rimpatrio. Torna in Italia e precisamente a Roma. Nel frattempo gli è morto il figlio Antonietto, nel 1937, il figlio che viene ricordato nella raccolta Il dolore.
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TUTTO HO PERDUTO
da IL DOLORE - da TUTTO HO PERDUTO
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Tutto ho perduto dell'infanzia
E non potrò mai più
Smemorarmi in un grido.
L'infanzia ho sotterrato
Nel fondo delle notti
E ora, spada invisibile,
Mi separa da tutto.
Di me rammento che esultavo amandoti,
Ed eccomi perduto
In infinito delle notti.
Disperazione che incessante aumenta
La vita non mi è più,
Arrestata in fondo alla gola,
Che una roccia di gridi.
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1937

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A Roma viene chiamato all’Università come professore di letteratura italiana moderna e contemporanea; organizza intanto presso l’editore Mondadori tutte le sue poesie nel piano di raccolta intitolato Vita d’un uomo, e vive a Roma, con qualche viaggio anche fuori d’Europa. Muore nel 1970.
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LA NOTTE BELLA
da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO
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Quale canto s'è levato stanotte
che intesse
di cristallina eco del cuore
le stelle
Quale festa sorgiva
di cuore a nozze
Sono stato
uno stagno di buio
Ora mordo
come un bambino la mammella
lo spazio
Ora sono ubriaco
d'universo
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Devetachi, il 24 agosto 1916
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Il primo grande libro di Ungaretti, quello che nella raccolta Vita d’un uomo leggiamo come suo primo, L’allegria, è in fondo il grande, poestico diario di un uomo che in guerra approfondisce l’esperienza dolorosa di tanti come lui.
Il nucleo essenziale è costituito dalle poesie del gruppo Il porto sepolto , che risalgono al 1916: è qui il centro della formazione di Ungaretti e la sua prima importante affermazione.
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Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
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Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto

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( Quel nulla…inesauribile: quel nulla che non si esaurisce. E’ un ossimoro, che esprime la ricerca della parola che possa avvicinare il poeta al "segreto", cioè all’essenza stessa della poesia ).
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(Braque)
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Questa breve lirica è importante per capire la poetica di Ungaretti, in quanto ci fa percepire come deve essere la poesia, quali i suoi caratteri essenziali, da che cosa essa trae origine o attinge l’ispirazione. Il poeta arriva, in una sorta di immersione, al porto sepolto, con quel vi, che rimanda al titolo; il gesto simbolico dello sprofondare, per poi ritornare alla luce, è una specie di rito di purificazione, dal quale scaturisce la sua poesia nuova (ben diversa da quella dannunziana o dei Futuristi). Sottratti alle acque misteriose del porto, i canti vengono dispersi, forse come i vaticini (responsi sul futuro) della Sibilla Cumana ( la veggente), di cui narra Virgilio nell’"Eneide": la Sibilla, riaffiorando alla luce dal suo antro segreto, disperdeva nel vento le risposte alle domande esistenziali di coloro che la consultavano. Al poeta resta quel nulla, che si dissolve nel segreto, cioè nel mistero dell’esistenza umana. La luce , il buio delle profondità marine, come del resto l’acqua e l’abisso, che sono solo suggeriti, il segreto fanno parte delle parole-atomo, concetti-guida della poesia ungarettiana. Sotto il mare sono nascosti i simboli che servono per riconoscersi. Il viaggio è in rapporto con l’abisso, ma dal naufragio ( ed ecco spiegata la natura della scelta del secondo titolo della raccolta ampliata) incomincerà la risalita. Ungaretti stesso, nella prefazione all’"Allegria" (il terzo dei titoli) così motiva il titolo:
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"Il primitivo titolo, strano, dicono, era Allegria di Naufragi. Strano se tutto non fosse un naufragio, se tutto non fosse travolto, soffocato, consumato dal tempo. Esultanza che l’attimo, avvenendo, dà perché fuggitivo, attimo che soltanto amore può strappare al tempo, l’amore più forte che non possa essere la morte. E’ il punto dal quale scatta quell’esultanza di un attimo, quell’allegria che, quale fonte, non avrà mai se non il sentimento della presenza della morte da scongiurare. Non si tratta di filosofia, si tratta di esperienza concreta, compiuta sino dall’infanzia vissuta ad Alessandria e che la guerra 1914-1918 doveva fomentare, inasprire, approfondire, coronare."
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Giuseppe Ungaretti
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FRATELLI
da L'ALLEGRIA - IL PORTO SEPOLTO
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Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante nella notte
Foglia appena nata
Nell'aria spasimante
involontaria rivolta
dell'uomo presente alla sua
fragilità
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FratelliMariano, il 15 luglio 1916