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venerdì 23 ottobre 2009

Giorgio Napolitano: "Ricordiamoci che siamo stati emigranti"‎

Roma, 23 ott. - Il Capo dello Stato ha inaugurato al Vittoriano il Museo dell'Emigrazione.
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«Oggi che accogliamo gli immigrati nel nostro Paese e siamo diventati un Paese di immigrazione non dovremmo mai dimenticare di essere stati un Paese di emigrazione».
Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano dopo aver inaugurato al Vittoriano il Museo nazionale dell’emigrazione italiana. Con lui il presidente della Camera Gianfranco Fini, il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica e molti dei parlamentari italiani eletti all’estero tra cui Antonio Razzi e Aldo Di Biagio. Il capo dello Stato ha percorso le sale del nuovo museo in una visita riservata, durante la quale ha ricordato lo straordinario apporto degli italiani costretti a migrare in tutto il mondo negli anni passati.
Di questo contributo, rimarca Napolitano, c’è traccia nel «patrimonio di simpatia e di amicizia per l’Italia» in tutti i paesi che visita.
«Lo straordinario flusso di emigrazione dall’Italia è stato un capitolo essenziale nella storia dell’Italia. Nel momento in cui ci apprestiamo a celebrare il 150esimo anniversario dell’Unità non possiamo dimenticare -sottolinea Napolitano- il fatto che nell’Italia, pur unita, tanti italiani non poterono trovare lavoro e il modo di vivere e furono costretti a partire».
«È stato un flusso straordinario e abbiamo seminato tracce di questa presenza italiana in tutto il mondo. Quello che è oggi il patrimonio di simpatia e di amicizia per l’Italia in tutti i Paesi che io visito -continua il presidente della Repubblica- ha anche questo segno, di quello che hanno fatto i nostri quando sono andati in quei Paesi. Sono andati in quei Paesi -ricorda Napolitano- in condizoni durissime che non dovremmo mai dimenticare. Oggi che accogliamo gli immigrati nel nostro Paese e siamo diventati un Paese di immigrazione non dovremmo mai dimenticare -ribadisce- di essere stati un Paese di emigrazione»..
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angiolo tommasi

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Non lasciate la patria vostra senza benedirla. Se anche è povera, e se perciò dovete cercare pane e lavoro in paese straniero, lontano dal vostro villaggio e dai vostri cari, amatela ugualmente, fortemente.
Chi rinnega la mamma sua, soltanto perchè è povera e non ha pane da dargli?
Amatela, la vostra patria, che custodisce le ceneri dei vostri vecchi e dei vostri cari; per le sue glorie, per le sue miserie, per il suo avvenire che sarà grande e luminoso ancora
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Giovanni Pascoli - Wikipedia

sabato 21 giugno 2008

IL PINTURICCHIO




Bernardino di Betto, detto il Pinturicchio, è un pittore piacevole, dotato di una facile vena narrativa e di uno spiccato senso decorativo. Tra le fine del '400 e l'inizio del '500 il carattere raffinato e celebrativo della sua pittura lo rese estremamente celebre e richiesto come testimonia la sua ricca produzione figurativa apprezzata da una lunga serie di pontefici a partire da Sisto IV. Dopo alcuni anni di collaborazione con il Perugino, a fianco del quale partecipò alla decorazione della Cappella Sistina , il Pinturicchio operò autonomamente a Roma, Perugia, Spoleto e Orvieto.



A Spoleto all'interno del Duomo dedicato a Santa Maria Assunta, si trova la cappella Eroli, voluta da un vescovo della città a fine Quattrocento, e decorata da Pinturicchio con una fine scena di Madonna col Bambino circondata da Santi. La veduta retrostante, evocativa del paesaggio umbro reso celebre anche dal Perugino, mostra lo svolgimento di un evento processionale legato al committente.