[Rosalba è una giovane universitaria palermitana archetipo di speranza in un paese che (purtroppo) sembra affogare nell'egoismo...]
Albert Anker Martedì 21 Settembre 2010 17:50
Un suggerimento di amicizia. Il girasole impazzito di luce di Montale. Due vite che interagiscono. Ho conosciuto
Severino Mingroni lo scorso 8 giugno. Ho trovato alcune informazioni su di lui sul sito dell’Associazione Luca Coscioni, di cui per altro è il consigliere abruzzese. Ho letto il suo blog, una frase mi ha colpito profondamente: «la maggioranza degli umani sta semplicemente vegetando, e non se ne accorge».
Rimango folgorata. Severino è affetto da 14 anni dalla
sindrome locked-in. Non ne ho mai sentito parlare, dopo una ricerca veloce scopro che si tratta di una malattia paralizzante, "che può colpire tutti": ti addormenti un attimo sul divano dopo una serata trascorsa in discoteca con gli amici, dove peraltro non hai neanche ballato ma ti sei divertito lo stesso, ti addormenti contento e bum. Quando ti svegli sei bloccato, com’è successo a Severino, un 21 ottobre. I medici non si spiegano come, ma a poco più di 36 anni un trombo ha ostruito la sua arteria basilare destra, determinando una trombosi che ha provocato un'ischemia notevole, con conseguenze fisiche terribili, totalmente paralizzanti.
Severino non parla più. Un ictus al tronco-encefalo. Qui è il dottor F che parla: "lo so: ora non riesci nemmeno a toccare il pollice con l’indice, ma tu dovevi morire; quindi, fuori i coglioni e vieni a trovarmi con il motorino".
Il 22 ottobre 1995 Severino Mingroni, giovane bidello all’Università di Chieti, muore così d’improvviso, senza spiegazioni. Sì, Severino seppellisce la sua vecchia vita e ne comincia una nuova. A denti stretti sua madre e sua sorella lo sostengono, lo aiutano a cominciare da zero; lui, a pugni stretti (in senso metaforico perché di fatto non può stringerli), arrabbiato, si fa aiutare.
"Tutti quei corpi danzanti non li dimenticherò mai".
In questa nuova vita gioca un ruolo fondamentale Sandra, una terapista italoamericana che nel maggio 1997 lo pone davanti allo schermo di un computer, nella stanza di terapia occupazionale dell’ospedale Santo Stefano di Casoli; gli applica un piccolo e moderno puntatore sulla fronte: muovendo la testa, fa muovere di conseguenza la freccia del mouse sul video del pc, scegliendo e selezionando le lettere da digitare su una tastiera su schermo, in modo da poter scrivere sul foglio Word.
«Era sotto il Natale 1998, Gianni mi collegò e: Dio Santo, che meraviglia infinita è internet! Il primo sito lo scelse mio cognato: era quello della sua squadra del cuore, l’Inter. Io, invece, volli vedere quello di Blob, della Rai. Ma c’era anche la fantastica posta elettronica. Di conseguenza, mi studiai bene sia Internet Explorer, sia Outlook Express.
George Leotti era il texano creatore della SofType con Dragger, la mia tastiera a video con mouse virtuale. Gli scrissi subito dicendogli: mi scuso per il mio pessimo inglese, ma voglio ringraziarti sinceramente perché, per merito del tuo software, è finito il mio isolamento. Poche ore ed ecco la risposta: "non scusarti per il tuo inglese: nonostante il mio cognome, non parlo una parola di italiano. In ogni caso, sono felice di esserti stato tanto d’aiuto". Pensai due cose: primo, grazie ad internet avevo varcato pure i confini italici e ora anche il Texas era nel mio computer; secondo, nell’Ohio forse viveva un
George Mingroni che non parlava lo stesso italiano. Nel 1913 infatti, mio nonno paterno emigrò nella città di Bellaire, in Ohio appunto, e lavorava come bracciante agricolo; poi, lui ritornò in Italia, ma alcuni suoi fratelli rimasero in America; e ora ci sono più Mingroni sconosciuti lì che qui».
Sandra e George Leotti nutrono il giovanissimo Severino Mingroni. Inesperto nel labirinto della rete, ma abbastanza curioso per affrontarlo, diventa ben presto un blogger, uno scrittore, racconta la sua rinascita a La Repubblica che pubblica la sua storia.
Nel novembre 2000 entra in contatto con i Radicali, anche se solo un anno dopo conosce la figura di Luca Coscioni, un giovane uomo ammalatosi di Sla.
Grazie a lui legge il rapporto Dulbecco. Viene a conoscenza dell'esistenza del notiziario telematico quattordicinale Cellule staminali (edito dall'ADUC, l'Associazione per i diritti degli utenti e consumatori) e si iscrive subito alla neonata Associazione Luca Coscioni attiva sul fronte della libertà di
ricerca scientifica. Lì c’è tutto il materiale sulle cellule staminali, embrionali comprese: notizie, ogni due settimane, dall’intero globo, leggi, documenti, situazione mondiale.
«Il 2003 fu l’anno più felice della mia vita infernale: avendo continuamente da leggere sui vari siti radicali e dell'ADUC, non fui quasi mai depresso nel suo trascorrere. Potete immaginare come rimasi di merda quando, domenica 28 settembre 2003, ci fu il blackout elettrico nazionale: il mio monitor rimase scuro, il mio mondo si eclissò per circa un giorno».
Severino, parlando del suo passato, si definisce "un italiota, che si affidava a Bertinotti e Santoro, che guardava la Rai", e del suo presente come "una mummia pensante, un ex normodotato ormai locked-in depresso".
Ecco come lo vedo io: Severino è un
militante radicale, autore della rubrica Satellite Hotbird su Agenda Coscioni, un uomo dignitoso che protesta senza voce, che si agita senza muovere un muscolo, che dà voce a chi si trova nella sua stessa condizione, ai milioni di disabili che non sanno come far valere i loro diritti, che credono di non poterli recuperare, un uomo determinato che riconquista quei diritti, a tutti i costi. Nell'autunno del 2007 vota per la prima volta a casa, per le primarie del Pd, annulla la scheda, ma quel che importa è votare, votare, quel sacrosanto diritto a dire la propria opinione o nel caso nel non essere d'accordo con l'opinione in questione.
«Ben diverso dal "mio"
referendum sulla legge 40: allora impiegai circa 45 minuti per votare, tra andata e ritorno dal seggio, seggio tra l’altro vicino a casa mia. Possibile che chi deve legiferare non capisca che obbligare un disabile molto grave ad andare al seggio se vuole votare sia economicamente forse più dispendioso, nonché una tortura democratica?».
Severino è un uomo che si fa forza, che dà forza. Ho stretto la mano a Severino Mingroni il 30 agosto, in occasione della mia settimana estiva abruzzese. Ricordo la sua stanza piena di vita: libri, musica, cinema, una finestra aperta sul balcone che dà sulle strade di Casoli e molte finestre virtuali di dialogo aperte sul monitor.
Ricordo che non appena scriveva una parola, provavo a intuire cosa volesse dirmi. Ho parlato senza mai perdere il filo, senza inciampare sulle parole, eppure ero sempre indietro.
Severino è un uomo che sa comunicare, va oltre le parole scritte, comunica con lo sguardo, con gli occhi. Comunica tacendo, perché
conosce il linguaggio del silenzio. Comunica ridendo con il naso.
Severino è un uomo che conosce i linguaggi dell’empatia, la capacità di comprendere cosa un'altra persona sta provando. E mi ha aiutata. Sì, lui mi ha aiutata .
La nostra fiducia può essere spezzata e le nostre mani legate, ma aprendo le menti e i cuori possiamo riempire il vuoto che c’è.