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Gauguin |
Florian del colle Vecchio
Non c'era mezzo d'attutire il rumoreggiare del vento che investiva
squassando i giovani alberi posti nella parte scoscesa della collina
bruna, a pochi metri dalla casa. Alberi piantati in un tempo non molto
lontano da un giovane Florian, collocati con cura per ricreare il
vecchio bosco di latifoglie distrutto da un incendio provocato dal
balordo del paese che morì fra le fiamme; necessari, inoltre, per
abbrancare la terra, come tanti reticoli naturali, impedendo un
eventuale scivolamento a valle di una parte della collina che avrebbe
ricoperto di terra e detriti la casa e il piccolo podere amato dal
padre.
L'uomo, ora non più giovanissimo, era migliorato come un buon vino. Da
ragazzotto segalino s'era irrobustito e come per magia le orecchie a
ventola non si notavano più. Cercò invano i vecchi tappi per le
orecchie, usati solo nel periodo degli amori dei pavoni. Ma ora i pavoni
non c'erano.
- Cioppe, cerca i tappi aiutami! E venite fuori tutte e due da sotto il letto.
- Figurati se t'aiuto! - rispose il cane, dopo un caii emesso dopo l'ultimo tuono seguito dalla saetta.
Florian amava il vento, ma signor Iddio! Non così! Temeva per la vita della collina.
Era tornato a casa per seppellire il padre e prendere possesso dei
pochi beni. Lasciò la città senza rimpianti: aveva impostato il lavoro
da traduttore sul computer per poterlo gestire da qualsiasi parte del
globo. Solo un rammarico: essere lontano materialmente dal piccolo
cimitero che ospitava l'unico amore della sua vita: Anna dai dolci occhi
da cerbiatta, mancata improvvisamente lasciandolo disperato su questa
terra con la sola compagnia di Cioppe e Bu. Sentiva che nel loculo
c'era solo la spoglia terrena. No, non l'aveva abbandonato, intuiva la
sua presenza e dialogava con lei come se non se ne fosse mai andata.
Nella notte udiva il suo lieve respiro che cessava solo se lui accendeva
l'abat-jour e, nell'aria, rimaneva un lieve profumo.
Si erano conosciuti al parco, non erano più giovanissimi.
I loro cani, sin dal primo incontro, fraternizzarono decidendo anche
per i padroni. E, parlare a lungo di marche di croccantini e di
antipulci e zecche, come fossero problemi di pannolini e pappe per
bimbi... finirono per guardarsi negli occhi e al tramonto di un giorno
speciale invece di dividere i cani e la strada ne fecero una sola. Non
si lasciarono più. Il Bu di lei e la Cioppe di lui raggiunsero picchi
felici e, non dormirono quella prima notte, come i loro padroni.
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Gauguin |
Ora, sotto quelle sferzate di vento la sentì vicina come non mai;
guardò la sua foto, gli sembrò avesse sorriso; mise in pausa il pc e
si alzò stirandosi come papà Gambalunga cominciando a muovere i passi
zufolando una Stormy weather d'annata. Tornò alla tastiera e cercò il
pezzo su you tube, quindi, sulle sue note, si mise a volteggiare.
I cani curiosi sporsero i musi.
- Che avete da guardare? Brutti ceffi, questa canzone era la preferita dei miei e ora la dedico a loro.
Il Bu emise un bravo di circostanza, e dopo uno sbadiglio gli uscì un guaito che non finiva mai.
La musica cessò.
Dei colpi battuti sugli scuri allertarono i cani che si precipitarono sotto la tenda che nascondeva la porta finestra.
Florian rise, si avvicinò scostando curioso il telo e, non credendo ai propri occhi, sbiancò iniziando a tremare.
I cani abbaiarono festosi e cominciarono a grattare per aprirla.
- Florian! Apri... sono io.
L'uomo si mosse come un automa, aprì; una folata di vento lo spinse lontano, perse l'equilibrio e finì per terra.
- Non aver paura amore, mi è stato fatto un regalo, ora mi devi
aiutare: ho trovato questo gufo mezzo morto, non potevo lasciarlo lì...
Ti sono sempre stata vicina e, credimi, se non fosse per questa bestiola
non mi sarei fatta vedere.
Florian seduto sul pavimento guardava affascinato e impaurito la
splendida creatura simile alla sua Anna, forse più giovane e poi, aveva
una tunica splendida, mai vista. Pensò per un attimo ai vampiri ora di
gran moda nel mondo dei giovani. Non riusciva ad aprire bocca, solo le
lacrime solcavano il suo viso.
I cani erano felici, avevano appoggiato i musi nel grembo di Anna
seduta sullo sgabello vicino alla finestra e dopo averla annusata
cercarono di prendere il povero gufo che aveva un'ala penzoloni, ma lei
lo strinse al petto.
- Chiunque tu sia, sei la benvenuta, ma mi è impossibile pensarti qui
con me, tu non sei Anna. Sei forse una creatura della notte?
- Capisco tutto, anch'io sarei nelle tue condizioni, ma devi farti
forza e ora dammi una mano, tu sai curare gli animali: ti ricordi il
piccione ferito che abbiamo trovato nel parco?
- Ti sbrighi! Mi vuoi veder morto...il tono da basso tuba allertò l'uomo:
- Chi mi chiama?- il gufo si mosse guardandolo.
- Io. Chi sta più male fra noi qui?
- Ragazzi, la solitudine mi sta facendo dei brutti scherzi!
Florian si pizzicò le braccia pensando all'incubo che non voleva andarsene.
Si alzò, con cautela si mosse e, cercando di non toccare Anna, prese
delicatamente il gufo che emise un lieve bubolio. Provò a sistemare
l'ala, ma aveva dei dubbi.
- Ehi tu, Donna! Mi sa che domani lo porto a un centro di recupero qui
vicino, ho paura di peggiorare il distacco dell'ala; ora lo blocco e
cerco una vecchia gabbia, non mi fido dei miei ragazzi, che sarebbero
anche tuoi. Bella questa! - scoppiò in una risata nervosa.
- Non farmi morire! Ma sei proprio tu?
- Sì, amore mio, sono io, ora vai a mettere al sicuro quel gufone, hai visto che bei cornini di piume ha? Vai, ti aspetto.
I cani non lo seguirono e questo gli diede da pensare, non lo lasciavano mai, specialmente se c'era da curiosare.
Florian, dopo aver trovato e sistemato nel sottoscala una cuccia calda e
protetta per l'animale, risalì pulendo accuratamente le lenti non senza
pensare al pulsare del suo cuore: minimo un infarto imminente.
Sentì un parlottio. La voglia di ascoltare lo prese.
Anna stava chiedendo al suo cane, simile a lei nel corpo sinuoso, nel
manto setoso e nella liquidità degli occhi luminosi, come se la stesse
passando. E la cagnona di Florian dagli occhi di ghiaccio come il suo
padrone, per non essere da meno, ringhiava sottotono perché voleva
raccontare anche lei.
- Zitta, so tutto. Lo so, lo so, vi seguo, non vi ho lasciato mai.- E
come un ricordo lontano fece a due mani un pat pat dolcissimo sui loro
testoni pelosi.
- E ora bell'uomo entra! Hai finito di ascoltare i nostri segreti?
La porta si aprì e Florian si affacciò dispiaciuto.
- Credo che il temporale ci abbia lasciati. Senti? Non piove più; se
vuoi aprire la portafinestra, dai, che sentiamo l'odore di un mondo
pulito.
L'uomo, seguito dai cani, aprì l'ampia vetrata, spalancò le ante e una
meravigliosa luna piena li inondò di quella speciale luce argentea nata
dal cielo terso e un profumo di foglie di viole invase l'ampia terrazza
in parte coperta da una tettoria.
Uscirono.
Anna si immerse nella luce e l'immagine irreale colpì Florian che si
stava chiedendo a quale fata Morgana di turno dovesse mandare un grazie.
I cani tenuti al chiuso tutto il giorno sparirono come due razzi nel
bosco, c'era il bisogno impellente di visitare qualche albero e di
sgranchirsi le zampe. Si sentiva solo il frusciare lieve della cascata
di gelsomini e il ticchettio delle gocce che lasciavano la tettoria.
Anna si accomodò sulla poltrona di vimini mezza sfondata, un tempo sua, e
la tunica continuava a lasciare polvere di stelle. - E ora a noi!
Esclamò Floriam sedendosi vicino, - dimmi come sei riuscita a rimanere?
- Già, la colpa è solo tua, io ero finalmente in pace, non sentivo il
mio corpo e ovviamente nessun dolore, ero felice. Come? Non so
spiegarlo, potrei pensare a uno stato di Nirvana. Avevo visto una
bellissima luce e la mamma che sorrideva, era lì ad aspettarmi e non
solo lei...
Sai Florian stavo bene, ma tu col tuo pensiero non mi lasciasti andare
oltre, io ho provato più volte, ma un filo ancora mi legava alla terra e
a te.
- Che dici? io non avevo fili, mi mancavi solo.
- Tu pensavi a me continuamente e se ci fosse stata una pausa nel tuo
pensarmi, bastava un attimo! Io ne avrei approfittato, mi sarebbe
dispiaciuto, perché nella mia vita terrena non avrei mai creduto di
poter amare una persona così... se fossi viva direi: da morire.- Anna
rise.
- E dopo?
- Non potei avvicinarmi alla luce, non chiesi, ma capii che dovevo
rimanere. Di là ci leggiamo nel pensiero. E così come un'ombra ti seguii
e non solo te, anche le nostre bestie. Ti ricordi quando Cioppe cadde
dal dirupo? La salvai io, ma sento ora che il tempo che mi è stato dato
sta per finire e ho chiesto se potessi venire a salutarvi. Sento che sto
per dissolvermi e comincio a rivedere quella luce.- Guardò Florian
porgendogli una mano. - La senti da te che è diventata un velo.
Lui cercò di prenderla, ma non ci fu modo, poi, si accucciò ai piedi
della poltrona e mise la testa nel grembo di Anna. Si appoggiò solo su
un lieve soffio di vento e nulla più.
- Già devi andare, e io ora?
- Mi penserai meno, perché mi saprai felice.
Solo una cosa voglio da te, cerca quella vecchia canzone, voglio ballarla come facevano i tuoi genitori.
Florian per la paura di vederla sparire corse a prendere il computer, e
la musica di Stormy weather si diffuse nell'aria. Anna si alzò e
cercarono tutti e due di allacciarsi; Florian la sentì per un attimo, ma
la vedeva ancora piena di polvere cosmica; si mossero e come a
ricordare un vecchio film in bianco e nero scivolarono nei movimenti
lievemente sincopati; a lui tremavano le gambe. Nel girare lentamente
Anna scomparve, solo gli occhi da gazzella furono gli ultimi a lasciare i
suoi. L'alba luminosa fece da ponte alla donna per la sua ultima
passeggiata.
I cani rientrati dalla corsa sfrenata ansanti non la trovarono,
annusarono dovunque e poi, smarriti come il loro padrone, abbaiarono
verso l'alba, quindi, si distesero. Florian li vide immersi nella
polvere di stelle.
- Ricordati il povero gufooo.- La voce flautata, portata da un refolo di vento, giunse come una eco lontana.
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Gauguin |
Il mio commento
La notte ha i suoi respiri.
Quel lieve profumo di lei, quella lei unico amore della sua vita.
In punta di piedi entro nel mondo di Elisa fatto di personaggi
abilmente disegnati che danno significato all’esistenza oltre
l’apparenza delle cose.
Il Vento, i cani, la stessa abat – jour animano la soffitta dei ricordi
e la senti vicina, accanto te, lei, quella lei che sorride, che
accompagna i tuoi passi , la musica dolce dei pensieri .
Qualcosa di sospeso, che non è stato ancora detto, racconta la voglia di riprenderei il cammino dei sogni perduti, …
Leggendo il racconto ho incontrato l’esotismo dei romantici, quelli
della letteratura e quelli dell’arte, quelli della musica intesi come
fuga dalla realtà … il bisogno di attraversare il tempo e lo spazio per
ritrovare quello che poteva essere e non è stato,
Fuga dalla realtà, dicevo, che da significato all’esistenza oltre l’apparenza delle cose.
Quel gufo che parla, che forse sei tu, ha bisogno di cure per tornare a volare.
Lei ti ama, è tornata per te, per curare le tue ferite … ti rassicura,
ti dice che è felice, ti chiede di lasciarla andare e se ne va sulle
note di Stormy weather.
Dicevo che leggendo il testo ho incontrato l’esotismo dei romantici , le
musiche di Duke Ellington, il Chiaro di luna di Debussy … i colori di
Gauguin e dei post impressionisti … ma mi sento inadeguato per
continuare.
Da te, dopo quello che ho letto, posso attendermi molto di più … ed è questo l’augurio che sinceramente penso di doverti fare.