sabato 23 agosto 2014

Cade l’aquilone all’incrocio dei venti.

 foto di Giovenale Nino Sassi.
 
 
Una foto,
immagine del demone che nutre
e divora questo nostro tempo
fissa gli artigli del niente,
descrive l’abisso ...
.
Cade l’aquilone all’incrocio dei venti.

Rivedo l’attimo ed io che esco nel bosco...
muti alberi che piangono,
sentieri che fuggono in cerca di un’ oasi,
rabbia impotente, tristezza. ..
rumori di guerre lontane, ora vicine,
più vicine, bussano all’uscio dei giorni.

gsn
 

Possibilità, di Wisława Szymborska

 


Preferisco il cinema.
Preferisco i gatti.
Preferisco le querce sul fiume Warta.
Preferisco Dickens a Dostoevskij.
Preferisco me che vuol bene alla gente, a me che ama l’umanità.
Preferisco avere sottomano ago e filo.
Preferisco il colore verde.
Preferisco non affermare che l’intelletto ha la colpa di tutto.
Preferisco le eccezioni.
Preferisco uscire prima.
Preferisco parlar d’altro coi medici.
Preferisco le vecchie illustrazioni a tratteggio.
Preferisco il ridicolo di scrivere poesie, al ridicolo di non scriverne.
Preferisco in amore gli anniversari non tondi, da festeggiare ogni giorno.
Preferisco i moralisti che non promettono nulla.
Preferisco una bontà avveduta a una credulona.
Preferisco la terra in borghese.
Preferisco i paesi conquistati a quelli conquistatori.
Preferisco avere delle riserve.
Preferisco l’inferno del caos all’inferno dell’ordine.
Preferisco le favole dei Grimm alle prime pagine.
Preferisco foglie senza fiori che fiori senza foglie.
Preferisco i cani con la coda non tagliata.
Preferisco gli occhi chiari perché li ho scuri.
Preferisco i cassetti.
Preferisco molte cose che qui non ho menzionato
a molte pure qui non menzionate.
Preferisco gli zeri alla rinfusa che non allineati in una cifra.
Preferisco il tempo degli insetti a quello siderale.
Preferisco toccar ferro.
Preferisco non chiedere per quanto ancora e quando.
Preferisco considerare persino la possibilità
che l’essere abbia una sua ragione.

Possibilità,
di Wisława Szymborska

domenica 10 agosto 2014

Buon Ferragosto e felice festa dell'Assunta(Fra Filippo di Tommaso Lippi - Cattedrale di Santa Maria Assunta - Spoleto)




Cattedrale di Santa Maria Assunta a Spoleto


Le Storie della Vergine sono un ciclo di affreschi di Filippo Lippi, datati dal 1466 al 1469 e conservati nella tribuna della cattedrale di Santa Maria Assunta a Spoleto

Storia

Gli affreschi vennero commissionati nel 1466, quando il Lipp
i aveva appena terminato le Storie di santo Stefano e san Giovanni Battista nel Duomo di Prato e vennero bruscamente interrotti dalla morte dell'artista nel 1469, per venire poi conclusi, in circa tre mesi, dalla bottega del maestro. Secondo il Vasari la morte dell'artista, a 57 anni, fu causata dalla somministrazione di veleno per la sua abitudine di infastidire le fanciulle, che già era stata motivo di grande scandalo a Prato.

Il Lippi venne sepolto nella cattedrale spoletina e lì rimase, nonostante le richieste di Lorenzo il Magnifico di riaverlo a Firenze, poiché i cittadini umbri si lamentarono di non avere, a differenza delle basiliche fiorentine, ancora uomini illustri sepolti nella loro grande, nuova cattedrale.




Cattedrale di Spoleto

Descrizione e stile

Il Lippi pensò, per il coro del Duomo di Spoleto, di includere l'architettura reale nella decorazione pittorica, creando sulla parete nella quale si apre l'abside un grande arco di trionfo concluso in alto da una grande trabeazione dipinta. Nella curva del tamburo absidale, simulò un'esedra marmorea costituita da un basamento a lastre alternate di porfido e serpentino su cui poggiano quattro pilastri che sostengono la trabeazione in cui è inglobata la cornice in pietra dell'edificio romanico, completata pittoricamente da un fregio a palmette e da un architrave a lacunari. Tutti questi accorgimenti consentirono al Lippi di esaltare la potenzialità dell'ampio volume dell'abside romanica producendo una visione unitaria delle scene.

Il ciclo rappresenta, da sinistra a destra, le vicende della Vergine, ovvero:

l'Annunciazione,
la Morte della Vergine (Dormitio Virginis), al centro
la Natività,
l'Incoronazione della Vergine, dipinta in alto sulla semicupola absidale.

La centralità della morte della Vergine, che rompe la progressione logica delle scene, è da attribuire a una specifica richiesta della committenza, proprio per enfatizzare il culto della Assunta nella sua Cattedrale.

 
fonte Wikipedia



Cattedrale di Santa Maria Assunta a Spoleto


 Fra Filippo di Tommaso Lippi (Firenze, 1406 circa – Spoleto, 9 ottobre 1469) è stato un pittore italiano.

Fu, con Beato Angelico e Domenico Veneziano, il principale pittore attivo a Firenze della generazione dopo Masaccio. Dopo un periodo iniziale, di stretta aderenza masaccesca, pur arricchita di spunti tratti dalla vita reale, come nelle opere coeve di Donatello e Luca della Robbia, Lippi si orientò gradualmente verso uno spettro più ampio di influenze, che comprendeva anche la pittura fiamminga.

In seguito il suo stile si sviluppò verso una predominanza della linea di contorno ritmica su tutti gli altri elementi, con figure snelle, in pose ricercate e dinamiche, su sfondi scorciati arditamente in profondità. Il suo stile, nell'età laurenziana, divenne predominante in area fiorentina, costituendo le basi su cui pittori come Botticelli cocrearono il proprio stile.


Cattedrale di Santa Maria Assunta a Spoleto
 

martedì 5 agosto 2014


Florian del colle Vecchio di Elisa Sala Borin



Gauguin


Florian del colle Vecchio

Non c'era mezzo d'attutire il rumoreggiare del vento che investiva squassando i giovani alberi posti nella parte scoscesa della collina bruna, a pochi metri dalla casa. Alberi piantati in un tempo non molto lontano da un giovane Florian, collocati con cura per ricreare il vecchio bosco di latifoglie distrutto da un incendio provocato dal balordo del paese che morì fra le fiamme; necessari, inoltre, per abbrancare la terra, come tanti reticoli naturali, impedendo un eventuale scivolamento a valle di una parte della collina che avrebbe ricoperto di terra e detriti la casa e il piccolo podere amato dal padre.
L'uomo, ora non più giovanissimo, era migliorato come un buon vino. Da ragazzotto segalino s'era irrobustito e come per magia le orecchie a ventola non si notavano più. Cercò invano i vecchi tappi per le orecchie, usati solo nel periodo degli amori dei pavoni. Ma ora i pavoni non c'erano.
- Cioppe, cerca i tappi aiutami! E venite fuori tutte e due da sotto il letto.
- Figurati se t'aiuto! - rispose il cane, dopo un caii emesso dopo l'ultimo tuono seguito dalla saetta.

Florian amava il vento, ma signor Iddio! Non così! Temeva per la vita della collina.
Era tornato a casa per seppellire il padre e prendere possesso dei pochi beni. Lasciò la città senza rimpianti: aveva impostato il lavoro da traduttore sul computer per poterlo gestire da qualsiasi parte del globo. Solo un rammarico: essere lontano materialmente dal piccolo cimitero che ospitava l'unico amore della sua vita: Anna dai dolci occhi da cerbiatta, mancata improvvisamente lasciandolo disperato su questa terra con la sola compagnia di Cioppe e Bu. Sentiva che nel loculo c'era solo la spoglia terrena. No, non l'aveva abbandonato, intuiva la sua presenza e dialogava con lei come se non se ne fosse mai andata. Nella notte udiva il suo lieve respiro che cessava solo se lui accendeva l'abat-jour e, nell'aria, rimaneva un lieve profumo.

Si erano conosciuti al parco, non erano più giovanissimi.
I loro cani, sin dal primo incontro, fraternizzarono decidendo anche per i padroni. E, parlare a lungo di marche di croccantini e di antipulci e zecche, come fossero problemi di pannolini e pappe per bimbi... finirono per guardarsi negli occhi e al tramonto di un giorno speciale invece di dividere i cani e la strada ne fecero una sola. Non si lasciarono più. Il Bu di lei e la Cioppe di lui raggiunsero picchi felici e, non dormirono quella prima notte, come i loro padroni.



Gauguin

Ora, sotto quelle sferzate di vento la sentì vicina come non mai; guardò la sua foto, gli sembrò avesse sorriso; mise in pausa il pc e si alzò stirandosi come papà Gambalunga cominciando a muovere i passi zufolando una Stormy weather d'annata. Tornò alla tastiera e cercò il pezzo su you tube, quindi, sulle sue note, si mise a volteggiare.
I cani curiosi sporsero i musi.
- Che avete da guardare? Brutti ceffi, questa canzone era la preferita dei miei e ora la dedico a loro.
Il Bu emise un bravo di circostanza, e dopo uno sbadiglio gli uscì un guaito che non finiva mai.
La musica cessò.
Dei colpi battuti sugli scuri allertarono i cani che si precipitarono sotto la tenda che nascondeva la porta finestra.
Florian rise, si avvicinò scostando curioso il telo e, non credendo ai propri occhi, sbiancò iniziando a tremare.
I cani abbaiarono festosi e cominciarono a grattare per aprirla.
- Florian! Apri... sono io.
L'uomo si mosse come un automa, aprì; una folata di vento lo spinse lontano, perse l'equilibrio e finì per terra.
- Non aver paura amore, mi è stato fatto un regalo, ora mi devi aiutare: ho trovato questo gufo mezzo morto, non potevo lasciarlo lì... Ti sono sempre stata vicina e, credimi, se non fosse per questa bestiola non mi sarei fatta vedere.
Florian seduto sul pavimento guardava affascinato e impaurito la splendida creatura simile alla sua Anna, forse più giovane e poi, aveva una tunica splendida, mai vista. Pensò per un attimo ai vampiri ora di gran moda nel mondo dei giovani. Non riusciva ad aprire bocca, solo le lacrime solcavano il suo viso.
I cani erano felici, avevano appoggiato i musi nel grembo di Anna seduta sullo sgabello vicino alla finestra e dopo averla annusata cercarono di prendere il povero gufo che aveva un'ala penzoloni, ma lei lo strinse al petto.
- Chiunque tu sia, sei la benvenuta, ma mi è impossibile pensarti qui con me, tu non sei Anna. Sei forse una creatura della notte?
- Capisco tutto, anch'io sarei nelle tue condizioni, ma devi farti forza e ora dammi una mano, tu sai curare gli animali: ti ricordi il piccione ferito che abbiamo trovato nel parco?
- Ti sbrighi! Mi vuoi veder morto...il tono da basso tuba allertò l'uomo:
- Chi mi chiama?- il gufo si mosse guardandolo.
- Io. Chi sta più male fra noi qui?
- Ragazzi, la solitudine mi sta facendo dei brutti scherzi!
Florian si pizzicò le braccia pensando all'incubo che non voleva andarsene.
Si alzò, con cautela si mosse e, cercando di non toccare Anna, prese delicatamente il gufo che emise un lieve bubolio. Provò a sistemare l'ala, ma aveva dei dubbi.
- Ehi tu, Donna! Mi sa che domani lo porto a un centro di recupero qui vicino, ho paura di peggiorare il distacco dell'ala; ora lo blocco e cerco una vecchia gabbia, non mi fido dei miei ragazzi, che sarebbero anche tuoi. Bella questa! - scoppiò in una risata nervosa.
- Non farmi morire! Ma sei proprio tu?
- Sì, amore mio, sono io, ora vai a mettere al sicuro quel gufone, hai visto che bei cornini di piume ha? Vai, ti aspetto.
I cani non lo seguirono e questo gli diede da pensare, non lo lasciavano mai, specialmente se c'era da curiosare.
Florian, dopo aver trovato e sistemato nel sottoscala una cuccia calda e protetta per l'animale, risalì pulendo accuratamente le lenti non senza pensare al pulsare del suo cuore: minimo un infarto imminente.
Sentì un parlottio. La voglia di ascoltare lo prese.
Anna stava chiedendo al suo cane, simile a lei nel corpo sinuoso, nel manto setoso e nella liquidità degli occhi luminosi, come se la stesse passando. E la cagnona di Florian dagli occhi di ghiaccio come il suo padrone, per non essere da meno, ringhiava sottotono perché voleva raccontare anche lei.
- Zitta, so tutto. Lo so, lo so, vi seguo, non vi ho lasciato mai.- E come un ricordo lontano fece a due mani un pat pat dolcissimo sui loro testoni pelosi.
- E ora bell'uomo entra! Hai finito di ascoltare i nostri segreti?
La porta si aprì e Florian si affacciò dispiaciuto.
- Credo che il temporale ci abbia lasciati. Senti? Non piove più; se vuoi aprire la portafinestra, dai, che sentiamo l'odore di un mondo pulito.

L'uomo, seguito dai cani, aprì l'ampia vetrata, spalancò le ante e una meravigliosa luna piena li inondò di quella speciale luce argentea nata dal cielo terso e un profumo di foglie di viole invase l'ampia terrazza in parte coperta da una tettoria.
Uscirono.
Anna si immerse nella luce e l'immagine irreale colpì Florian che si stava chiedendo a quale fata Morgana di turno dovesse mandare un grazie.
I cani tenuti al chiuso tutto il giorno sparirono come due razzi nel bosco, c'era il bisogno impellente di visitare qualche albero e di sgranchirsi le zampe. Si sentiva solo il frusciare lieve della cascata di gelsomini e il ticchettio delle gocce che lasciavano la tettoria.

Anna si accomodò sulla poltrona di vimini mezza sfondata, un tempo sua, e la tunica continuava a lasciare polvere di stelle. - E ora a noi! Esclamò Floriam sedendosi vicino, - dimmi come sei riuscita a rimanere?
- Già, la colpa è solo tua, io ero finalmente in pace, non sentivo il mio corpo e ovviamente nessun dolore, ero felice. Come? Non so spiegarlo, potrei pensare a uno stato di Nirvana. Avevo visto una bellissima luce e la mamma che sorrideva, era lì ad aspettarmi e non solo lei...
Sai Florian stavo bene, ma tu col tuo pensiero non mi lasciasti andare oltre, io ho provato più volte, ma un filo ancora mi legava alla terra e a te.
- Che dici? io non avevo fili, mi mancavi solo.
- Tu pensavi a me continuamente e se ci fosse stata una pausa nel tuo pensarmi, bastava un attimo! Io ne avrei approfittato, mi sarebbe dispiaciuto, perché nella mia vita terrena non avrei mai creduto di poter amare una persona così... se fossi viva direi: da morire.- Anna rise.
- E dopo?
- Non potei avvicinarmi alla luce, non chiesi, ma capii che dovevo rimanere. Di là ci leggiamo nel pensiero. E così come un'ombra ti seguii e non solo te, anche le nostre bestie. Ti ricordi quando Cioppe cadde dal dirupo? La salvai io, ma sento ora che il tempo che mi è stato dato sta per finire e ho chiesto se potessi venire a salutarvi. Sento che sto per dissolvermi e comincio a rivedere quella luce.- Guardò Florian porgendogli una mano. - La senti da te che è diventata un velo.
Lui cercò di prenderla, ma non ci fu modo, poi, si accucciò ai piedi della poltrona e mise la testa nel grembo di Anna. Si appoggiò solo su un lieve soffio di vento e nulla più.
- Già devi andare, e io ora?
- Mi penserai meno, perché mi saprai felice.
Solo una cosa voglio da te, cerca quella vecchia canzone, voglio ballarla come facevano i tuoi genitori.
Florian per la paura di vederla sparire corse a prendere il computer, e la musica di Stormy weather si diffuse nell'aria. Anna si alzò e cercarono tutti e due di allacciarsi; Florian la sentì per un attimo, ma la vedeva ancora piena di polvere cosmica; si mossero e come a ricordare un vecchio film in bianco e nero scivolarono nei movimenti lievemente sincopati; a lui tremavano le gambe. Nel girare lentamente Anna scomparve, solo gli occhi da gazzella furono gli ultimi a lasciare i suoi. L'alba luminosa fece da ponte alla donna per la sua ultima passeggiata.
I cani rientrati dalla corsa sfrenata ansanti non la trovarono, annusarono dovunque e poi, smarriti come il loro padrone, abbaiarono verso l'alba, quindi, si distesero. Florian li vide immersi nella polvere di stelle.

- Ricordati il povero gufooo.- La voce flautata, portata da un refolo di vento, giunse come una eco lontana.





Gauguin
Il mio commento


La notte ha i suoi respiri.
Quel lieve profumo di lei, quella lei unico amore della sua vita.
In punta di piedi entro nel mondo di Elisa fatto di personaggi abilmente disegnati che danno significato all’esistenza oltre l’apparenza delle cose.
Il Vento, i cani, la stessa abat – jour animano la soffitta dei ricordi e la senti vicina, accanto te, lei, quella lei che sorride, che accompagna i tuoi passi , la musica dolce dei pensieri .
Qualcosa di sospeso, che non è stato ancora detto, racconta la voglia di riprenderei il cammino dei sogni perduti, …
Leggendo il racconto ho incontrato l’esotismo dei romantici, quelli della letteratura e quelli dell’arte, quelli della musica intesi come fuga dalla realtà … il bisogno di attraversare il tempo e lo spazio per ritrovare quello che poteva essere e non è stato,
Fuga dalla realtà, dicevo, che da significato all’esistenza oltre l’apparenza delle cose.
Quel gufo che parla, che forse sei tu, ha bisogno di cure per tornare a volare.
Lei ti ama, è tornata per te, per curare le tue ferite … ti rassicura, ti dice che è felice, ti chiede di lasciarla andare e se ne va sulle note di Stormy weather.
Dicevo che leggendo il testo ho incontrato l’esotismo dei romantici , le musiche di Duke Ellington, il Chiaro di luna di Debussy … i colori di Gauguin e dei post impressionisti … ma mi sento inadeguato per continuare.
Da te, dopo quello che ho letto, posso attendermi molto di più … ed è questo l’augurio che sinceramente penso di doverti fare.