venerdì 30 gennaio 2009

Rabindranath Tagore - Lo schema del creato

Quando giocavo con Te
Non sapevo chi Tu eri.
Non avevo paura nè vergogna;
come un monello trascorrevo la vita.
Come intimo amico
al mattino mi chiamavi,
felice scorrazzavo con te
di foresta in foresta.
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O Signore, in quei giorni non capivo
il significato dei tuoi canti;
ma insieme a Te cantava il mio spirito,
inquieto il mio cuore danzava.
Oggi, inaspettatamente, una visione:
immobile nel cielo, muti il sole e la luna;
l'universo è chino
in adorazione davanti a Te


giovedì 29 gennaio 2009

La valigia


La valigia vecchia
legata con lo spago
ha preso il treno
per andare a nord.
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S’è fermata alla stazione
grigia oltre frontiera ...
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è scesa
........e adesso sta
in un canto ad aspettare
.......di tornare
verso il sole dei paesi del sud.

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Stasera ripenso l'emigrazione, la nostra, quella dei nostri antenati, dei nostri genitori, la nostra...
Lo faccio attraverso una poesia che ho scritto nel 1970 e un articolo pubblicato nella pagina dedicata, da un quotidiano nazionale, all'emigrazione italiana.:
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Quel luogo che sta nella mente fatto di fantasia ed aspirazioni incompiute al quale s’accede in momenti particolari e subito porta alla giovinezza è un insieme d’immagini sovrapposte e diverse nella sostanza; appuntamento comune con se stessi diventa, per l’emigrante, la terra promessa.
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Io non so, adesso, dove sta la terra degli emigranti, se esiste o è un luogo della fantasia. Succede che questo andare verso direttrici diverse dalla logica rende improbabili i concetti.
Non bisognerebbe sprecare le risorse naturali: gli ettari che restano incolti, le braccia capaci di trasformare, di costruire.
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Questa quantità che è una qualità sempre considerata eccedente è il simbolo di due Italie.
Una spinta verso il presunto miracolo economico, l’altra lasciata, per la prima, nella continua arretratezza.
Treni lunghissimi correvano, negli anni ’60, dal sud verso il nord, verso le pensiline delle città industriali d’Europa.
Portavano uomini tristi per quella realtà dipendente, senza proprietà, portatori necessari del sistema.
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Aldo dice che non bisogna emigrare. “Bisogna restare e lottare” dice “ ma come fai se non c’è niente”.
Bruno e scuro di carnagione, giovane e robusto, calmo, abituato a girare il mondo e a non stupirsi di nulla, è uno degli immigrati italiani che a Zurigo lavora nelle imprese edili
“A Carlantina non c’è niente” aggiunge mimando con le dita.
“qualcuno trova lavoro a Foggia ma a Carlantina c’è solo disoccupazione”
Zurigo cerca lentamente di cambiare: gli edifici vengono abbattuti e ricostruiti, l’autostrada disegna tangenti aeree sulla periferia.
Ogni cosa sta a suo posto, qui, e recita un copione scontato:
“Nessuno esce dalle strisce pedonali, nessuno getta carta in terra”.
La mentalità pigra e materialista del luogo presenta aspetti dolci e brutali che forse la natura a comunicato agli abitanti.
Ognuno sta a suo posto, qui: gli indigeni organizzano, gli immigrati lavorano.
“Il sudore non convince questa gente” racconta Aldo “abbiamo il diritto di lavorare insieme all’umiliazione d’essere appena sopportati”.
A quest’ora del pomeriggio il “Caravelle Tea Room” è deserto. Gli italiani arrivano più tardi, alla spicciolata, dopo le partite di calcio, prima della messa vespertina.
La Missione Cattolica sta, infatti, ad un isolato dopo la curva a gomito nel cuore del quartiere italiano.
“Loro pensano all’economia” aggiunge Aldo” “ e alla produzione, pensano che dobbiamo ringraziarli per il lavoro e tutto sommato hanno ragione. E’ il Governo italiano che deve difenderci,che deve impedire la disoccupazione”
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Aldo ha lasciato Zurigo: è stato licenziato.
Gli hanno detto che l’impresa non può mantenere gente incapace e chiacchierona ma lavoratori appassionati e produttivi.
Lui, il chiacchierone è partito. A Carlantina potrà muoversi liberamente.
Non ci sono strisce pedonali, infatti ma poche strade e una piazza stretta tra le case in sasso.

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J. W. Goethe - MIGNON


Conosci la terra dove i limoni mettono il fiore,
le arance d'oro splendono tra le foglie scure,
dal cielo azzurro spira un mite vento,
quieto sta il mirto e l'alloro è eccelso,
la conosci tu forse?
..........................Laggiù, laggiù io
andare vorrei con te, o amato mio!
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Conosci la dimora? Il tetto posa su colonne,
risplende la sala, la stanza è tutta un bagliore,
e statue marmoree mi volgono lo sguardo:
povera bambina, che cosa ti hanno fatto?
La conosci tu forse?
.................................Laggiù, laggiù io
andare vorrei con te, o difensore mio!
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Conosci il monte e il sentiero che tra le nubi si perde?
Il mulo cerca il suo cammino tra le nebbie,
l'antica stirpe dei draghi abita in spelonche,
precipita la rupe e, sopra, la massa di onde,
lo conosci tu forse?
..................................Laggiù, laggiù è la via
che noi faremo: andiamo, o padre mio!
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..............................................Indice Goethe

mercoledì 28 gennaio 2009

La nave dei folli ....


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.....« Perché si vede sorgere d'un tratto la sagoma della nave dei folli, e il suo equipaggio insensato che invade i paesaggi più familiari? Perché, dalla vecchia alleanza dell'acqua con la follia, è nata un giorno, e proprio quel giorno, questa barca?[…]
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.....La follia e il folle diventano personaggi importanti nella loro ambiguità: minaccia e
.derisione, vertiginosa irragionevolezza del mondo, e meschino ridicolo degli uomini. »

martedì 27 gennaio 2009

WALT WHITMANIN - FOGLIE D'ERBA - QUESTO MOMENTO IN CUI SIEDO PENSOSO E SOLITARIO


In questo momento, in cui siedo pensoso e solitario,
.....struggendomi,
So che altri uomini, in altre terre, sono pensosi e si
.....struggono,
E che potrei vederli, alzando gli occhi, in Germania, in
.....Italia, in Francia, Spagna
O più lontano, in Cina, in Russia, in Giappone, parlando
.....altri dialetti
E so che se potessi conoscere quegli uomini saprei
.....attaccarmi ad essi come agli uomini delle mie parti,
E so che ci ameremmo e saremmo fratelli,
So che sarei felice insieme a loro.

DESTINATARIO SCONOSCIUTO (III)

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DESTINATARIO SCONOSCIUTO (III)
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’Stiamo vivendo un passaggio d’epoca, una biforcazione storica in cui i processi mutano profondamente di segno e spingono e richiedono assetti diversi, assetti che, tuttavia, sembrano in ritardo rispetto ai tempi’’.
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Così scrivevo, al termine degli anni ottanta, per ambientare le pagine della programmazione locale. Alla fine degli anni ottanta, dicevo, e il mio era un osservatorio non male, direi, se poi, nel succedere degli anni, i pensieri, quelle riflessioni hanno trovato concretezza.
Nel proseguo della relazione di introduzione al piano annuale e triennale aggiungevo:
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’I due processi che dominano questa grande trasformazione sembrano essere la demassificazione e la mondializzazione dell’economia e della società.
Il processo di demassificazione, sorretto fortemente dalla introduzione delle nuove tecnologie, porta alla differenzazione sociale ed individuale; al rifiuto della condizione di ‘’folla solitaria’’, di consumatore di prodotti di massa, di fruitore di servizi di massa''.
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Consentimi, adesso, di arrivare in fondo alla pagina prima di confrontare quanto veniva detto nei salotti buoni del pensiero negli anni precedenti o appena successivi alla caduta del Muro di Berlino.
E’ un esercizio che vorrei fare con te, DESTINATARIO SCONOSCIUTO, per valutare l’innovativo bagaglio di promesse che la mondializzazione del lavoro e dell’economia portava in dote e la brevità dei risultati, frutto di egoismi duri a morire, per l’incapacità dei governanti di promuovere un vero e più umano assetto sociale. Già allora era facile intuire che l’era del petrolio stava tramontando, che nuove, pacifiche risorse erano alla portata di tutti e le popolazioni povere del mondo, finalmente, potevano guardare con speranza al loro futuro, al futuro delle generazioni che si affacciavano al terzo millennio.
‘’C’è sempre più diffuso’’, scrivevo ‘’ il rifiuto ( ma è anche una condizione), del lavoro strutturato così come si presenta nella società industriale insieme alla propensione per lavori tagliati su misura, autoregolati, personalizzati, scanditi secondo ritmi personali.
Una modalità di lavoro, questa, resa possibile dagli enormi incrementi di produttività conseguenti alle NUOVE TECNOLOGIE che porta a ridurre, necessariamente, il monte lavoro formale.
Un problema che probabilmente troverà soluzione in una forte destrutturazione delle modalità di lavoro consentendo forti flessibilità per cogliere tutte le opportunità che si presentano e tutte le possibilità che potranno essere individuate
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C’è inoltre da aggiungere che le nuove tecnologie consentono e sorreggono questi indirizzi e vi è, quindi, la necessità di esprimere nuove regole formali di garanzia sociale''.
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Proseguendo aggiungevo ….
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''Il secondo processo che attraversa tutta la società contemporanea è quello di mondializzazione delle NUOVE TECNOLOGIE COMINICATIVE che mettono in relazione tutti i punti del GLOBO in tempo reale.
Questo potenziamento comunicativo ha avviato un processo di fertilizzazione culturale che ha l’effetto di destrutturare le politiche che hanno accompagnato la costituzione della società industriale.
Da un lato c’è la necessità di rivedere i confini degli Stati e il concetto di Nazione e, dall’altro osserviamo il riemergere delle società locali e dei loro valori.
E come se l’umanità, mentre cerca di elevarsi ad una comprensione più generale e completa di se, avesse bisogno di puntare i piedi sulla sua terra, sulle sue radici per il bisogno imperioso di ritrovarsi.
…i due processi di mondializzazione dell’economia e della società e di riemersione delle società locali, del mondo delle radici, che da identità, sono chiaramente individuabili nei processi reali di questi ultimi anni ( scrivo al termine degli anno ottanta) ed è altamente probabile che siano destinati ad avanzare insieme''.

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Per oggi, DESTINATARIO SCONOSCIUTO, mi fermo, esco. I soliti passi, gli amici, l’edicola, il racconto nei giornali di questa lunga e drammatica transizione verso un mondo nuovo che gli egoismi di molti respingono ma che, inevitabilmente, è scritto nel nostro domani.
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giovenale nino sassi
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Magritte.

lunedì 26 gennaio 2009

L'Ira di Aristotele e Seneca

Raffaello Sanzio - Aristotele
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Classificando l’incapacità di adirarsi come una forma di debolezza Aristotele aveva insegnato a non considerare l’ira una passione negativa, ma a riconoscere in essa una funzione della dinamica sociale.
Invisa invece alle dottrine stoica ed epicurea che ne auspicavano il totale sradicamento dall’animo, l’ira è per Seneca violenza cieca e sregolata, figlia di un eccesso di orgoglio, portatrice di effetti funesti.
E dell’ira il trattato si propone di insegnare il dominio, nel duplice aspetto di capacità di controllare se stessi e di attitudine a frenare gli altri.

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LiberOnWeb - Rizzoli - Autori - Seneca

Raffaello Sanzio - Arcangelo Michele

domenica 25 gennaio 2009

Machado - Soledades - LXXXI. A un vecchio e distinto signore



Ti ho visto, nel parco cenerognolo
che amano i poeti
per piangere, come ombra nobile
vagare, avvolto nella lunga giubba.
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L'aspetto cortese, da tanti anni
misurato nell'atrio di una festa,
con che dignità le ossa
misere lo serbano !
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Ti ho visto che distratto respiravi
con l'alito che esala dalla terra
- oggi, tiepida sera in cui le foglie
tristi trascina il vento
umido -, il fresco aroma
delle foglie del verde eucalipto.
Ti ho visto portare la mano secca
alla perla che brilla alla cravatta.


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Dal vangelo secondo Matteo (16,15 - 18)


Dal Vangelo secondo Matteo (16,15 - 18)
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In quel tempo, apparendo agli undici, Gesù disse loro: '' Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno.
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Stavo leggendo il primo dei tre libri ''De ira'' di Seneca della raccolta che va sotto il titolo improprio Dialogorum libri quando mi è tornato alla mente che, secondo alcuni, il grande filosofo romano e San Paolo vennero a contatto, si conobbero ed esisterebbero tracce di un probabile scambio di lettere tra i due.
Un evento che, se confermato, ha un grande valore storico.

Seneca conosceva le lettere di Paolo ai Galati, ai Corinzi e agli Achei, ne apprezzava le idee morali e la dottrina.
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Ripensando San Paolo e i primi cristiani ho aperto la Bibbia per rileggere il mandato che il Cristo affidò loro...'' Andate in tutto il mondo, disse agli undici ....''
Un mandato che ha cambiato la storia dell'Occidente e, credo di poter dire, del mondo intero....
un mandato che attraversa i secoli per giungere intatto agli uomini e alle donne di questo nostro tempo

Arthur Rimbaud

da Infanzia (III)
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Nel bosco c'è un uccello, il suo canto vi ferma e vi
fa arrossire.
C'è un orologio che non suona.
C'è un botro con un nido di bestie bianche.
Ce una cattedrale che scende e un lago che sale.
C'è una carrozzina abbandonata nel bosco,
o che scende per il sentiero correndo,
infiocchettata.
C'è una comitiva di Piccoli commedianti in costume,
intravisti sulla strada attraverso il margine del bosco. -
C'è infine, quando si ha fame e sete,
qualcuno che vi scaccia.


sabato 24 gennaio 2009

DESTINATARIO SCONOSCIUTO (II)

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Vivere è come stare ad un bivio, puoi sentirti padrone della tua vita e decidere di barcamenarti da solo in questa impresa facendo di tutto perché essa abbia una buona qualità, oppure puoi vivere disponendoti in un atteggiamento di fiducia permettendo ad un Altro di dirti una parola sulla tua vita.
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. Madonna degli orti
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Cercai di rimediare

alla famiglia distrutta
dicendo a me stesso

che dovevo lottare.
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Girai intorno:
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“non c’è lavoro”, dissero.
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Terra amata…
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Partito Emanuele,
andata mia madre,
partirono gli amici:
dovevo andare.
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Stavo tra quattro case
“Madonna degli orti”,
la chiamano:
Madonna d’emigrazione.
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La piazzetta della Madonna degli Orti nascosta tra case che dalla sommità del colle rapide scendono a valle tra vicoli stretti e brevi slarghi , completamente ristrutturata, somiglia ad un salotto buono dove è bello entrare, passeggiare tra davanzali fioriti, orti improbabili ormai trasformati in ridenti giardini.
I lavori per il recupero e la valorizzazione di quello che storicamente fu il quartiere povero della città sono terminati.
C’è stata una grande festa.

Alla presenza delle autorità civili e religiose e, soprattutto, della gente, Angelo M. ha letto la poesia ‘’Madonna degli Orti’’
Sono giorni strani, questi…. d’attesa … e non sapevo dell’iniziativa.
Una piacevole sorpresa.
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giovedì 22 gennaio 2009

SENECA - LETTERE A LUCILIO

Seneca

Valutiamo pertanto con attenzione la realtà. Che in futuro possa esserci qualche male è verosimile, ma non immediatamente vero. Quanti eventi inaspettati si sono prodotti! Quanti altri, pur essendo attesi, non si sono realizzati! Ma anche se il male dovrà sopraggiungere, a che serve correre incontro al dolore? Fin troppo presto dovrai affliggerti, quando sarà venuto; intanto prefigurati eventi migliori. Che cosa ci guadagnerai? Un po' di tempo. [...] Anche la cattiva sorte è volubile: forse ci sarà, forse non ci sarà, per il momento non c'è. Mettiti quindi davanti agli occhi un avvenire migliore.
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Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, 13, 10-12

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Seneca
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Da Akatalepsia di Clelia Mazzini che ringrazio.
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Inizio la lettura delle Lettere a Lucilio
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LIBRO PRIMO - Lettera I - L'uso del tempo
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1 - Comportati così, Lucilio mio, rivendica il tuo diritto su te stesso e il tempo che fino ad oggi ti veniva portato via o carpito o andava perduto raccoglilo e fanne tesoro. Convinciti che è proprio così, come ti scrivo: certi momenti ci vengono portati via, altri sottratti e altri ancora si perdono nel vento. Ma la cosa più vergognosa è perder tempo per negligenza. Pensaci bene: della nostra esistenza buona parte si dilegua nel fare il male, la maggior parte nel non far niente e tutta quanta nell'agire diversamente dal dovuto.
2 - Puoi indicarmi qualcuno che dia un giusto valore al suo tempo, e alla sua giornata, che capisca di morire ogni giorno? Ecco il nostro errore: vediamo la morte davanti a noi e invece gran parte di essa è già alle nostre spalle: appartiene alla morte la vita passata. Dunque, Lucilio caro, fai quel che mi scrivi: metti a frutto ogni minuto; sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del presente. Tra un rinvio e l'altro la vita se ne va.
3 - Niente ci appartiene, Lucilio, solo il tempo è nostro. La natura ci ha reso padroni di questo solo bene, fuggevole e labile: chiunque voglia può privarcene. Gli uomini sono tanto sciocchi che se ottengono beni insignificanti, di nessun valore e in ogni caso compensabili, accettano che vengano loro messi in conto e, invece, nessuno pensa di dover niente per il tempo che ha ricevuto, quando è proprio l'unica cosa che neppure una persona riconoscente può restituire.

Vincent Van Gogh

.....ma... cè un ma....che spiegherò più avanti, forse.

…. Sono avvilito e preoccupato. Molto preoccupato.
Lascio le parole nel cassetto dei pensieri che si succedono.

Cèzanne peint canzone di France Gall

DESTINATARIO SCONOSCIUTO

:
Nuovamente invado il tuo spazio. Non dovrei. Scusami ! Ho bisogno di rompere la solitudine dell'ultima attesa. Giovedì prossimo 29 gennaio verrò operato (aneurisma addominale dell'aorta) Dicono che è diventata un'operazione di routine ma... C'è un ma. Ed io, confesso la mia debolezza, i miei timori: paura ! Forse è rabbia,la mia ; impotenza, delusione... e non so poi cosa porta un idea di pianto che sale, avvolge l'anima, la scuote e si nasconde. E non so, poi, perché ne parlo con te ... così distante ed improbabile. Forse sono i tuoi silenzi Le parole che non scrivi o quelle che leggo, erudite, che invitano alla riflessione, alla lettura. Scusami ! La mente imbrigliata, incartata... cerca riposo, una parola buona .. di Speranza, fiducia, amore. Amore !? Non fraintendere, ti prego Non farlo. E' la solitudine davanti ad un evento che non immaginavo di vivere e vivere è bello. ' 'Quando si è piccoli si hanno grandi sogni ma quando ti inoltri nell'adolescenza e poi nella giovinezza scopri che i sogni occorre trasformarli in realtà, che devi fare delle scelte per poter diventare chi vuoi essere''.

Ho sognato di diventare un uomo buono e giusto tra gli altri. Troppo poco di questi tempi per un rendiconto ... ''Dio è buono e non abbandona mai...'' .....la speranza.

martedì 20 gennaio 2009

Il primo discorso di Obama da presidente e la poesia "Praise song for the day" di Elizabeth Alexander

Di seguito pubblico la sintesi del discorso, bellissimo, che Obama ha rivolto alla Nazione Americana e agli uomini e alle donne, alle Nazioni del mondo intero. A parlato a braccio... ed io sono con lui.
.BUONA FORTUNA PRESIDENTE !




Il primo discorso di Obama da presidente




Max Liebermann
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Durante la cerimonia di investitura, Elizabeth Alexander, nata ad Harlem e capo del dipartimento di studi afroamericani all’Università di Yale, ha letto la sua poesia Praise Song for the Day, seguita dalla benedizione del reverendo Joseph Lowery e dall’inno nazionale eseguito dalla banda della Marina….. Roma, 20 gen. (Apcom)
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"Inno di lode per questa giornata"
."Ogni giorno viviamo le nostre vite, incrociandoci, attirando i nostri sguardi oppure no, sul punto di parlare o parlando. Intorno a noi il rumore, intorno a noi il rumore e rovi e spine e il frastuono, ciascuno dei nostri antenati sulla nostra lingua.
Qualcuno sta cucendo l'orlo di una gonna, rattoppando un'uniforme, sistemando un pneumatico, riparando le cose da riparare.
Da qualche parte, qualcuno sta provando a fare musica con un paio di mestoli di legno su un barile di benzina, con un violoncello, con uno stereo portatile, un'armonica, la voce.
Una donna aspetta l'autobus con il figlio.
Un contadino scruta il cielo che cambia; un insegnante ordina: "Tirate fuori le matite. Iniziate".

Ci incontriamo tutti nelle parole.
Parole taglienti o vellutate, sussurrate o declamate, parole su cui riflettere e riflettere ancora.
Attraversiamo strade sterrate o autostrade che segnano la volontà di qualcuno, e altri che hanno detto:
"Devo vedere che cosa c'è dall'altro lato, so che c'è qualcosa di meglio alla fine della strada".
Abbiamo bisogno di trovare un posto dove essere al sicuro; andiamo dritti verso ciò che non possiamo ancora vedere.
Ditelo chiaramente, dite che molti sono morti in nome di questo giorno.
Cantate i nomi dei morti che ci hanno portato qui, che hanno posato i binari, eretto i ponti, raccolto il cotone e l'insalata, costruito mattone dopo mattone gli edifici risplendenti nei quali avrebbero poi lavorato e che avrebbero tenuto puliti.
Un inno di lode per questa lotta, un inno di lode per questo giorno; un inno di lode per ogni cartello scritto a mano, per ogni lettura al tavolo di una cucina.
Qualcuno vive secondo la massima
"Ama il prossimo tuo come te stesso";
altri secondo "Primo non far male a nessuno" o "Non prendere più di quanto tu abbia bisogno".
Ma se la parola più potente fosse l'amore?
L'amore che va al di là di quello coniugale, filiale, patriottico;
l'amore che getta una luce sempre più ampia, l'amore che non ha bisogno di prevenire il dolore.
In questa nitida scintilla, quest'aria invernale, tutto è possibile, qualsiasi frase può essere iniziata.
Sull'orlo, sul ciglio, sulla cuspide - un inno di lode per fare un passo in quella luce".

Antonio Berni - disoccupati.

Versione originale della poesia di Elizabeth Alexander:
."Praise song for the day"
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"Each day we go about our business, walking past each other, catching each others' eyes or not, about to speak or speaking. All about us is noise. All about us is noise and bramble, thorn and din, each one of our ancestors on our tongues. Someone is stitching up a hem, darning a hole in a uniform, patching a tire, repairing the things in need of repair.
Someone is trying to make music somewhere with a pair of wooden spoons on an oil drum with cello, boom box, harmonica, voice.
A woman and her son wait for the bus.
A farmer consider the changing sky; A teacher says, "Take out your pencils. Begin."
We encounter each other in words, Words spiny or smooth, whispered or declaimed; Words to consider, reconsider.
We cross dirt roads and highways that mark the will of someone and then others who said, "I need to see what's on the other side; I know there's something better down the road."
We need to find a place where we are safe; We walk into that which we cannot yet see.
Say it plain, that many have died for this day. Sing the names of the dead who brought us here, who laid the train tracks, raised the bridges, picked the cotton and the lettuce, built brick by brick the glittering edifices they would then keep clean and work inside of.
Praise song for struggle; praise song for the day. Praise song for every hand-lettered sign; The figuring it out at kitchen tables.
Some live by "Love thy neighbor as thy self."
Others by "first do no harm", or "take no more than you need".
What if the mightiest word is love, love beyond marital, filial, national. Love that casts a widening pool of light. Love with no need to preempt grievance.
In today's sharp sparkle, this winter air, anything can be made, any sentence begun.

On the brink, on the brim, on the cusp -- praise song for walking forward in that light.
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Tagore's Gitanjali


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Signore, il mio occhio ti cerca,
io non Ti vedo;
chiedo una via:
eppure mi sento contento.
Il mio cuore è nella polvere.
elemosina alla tua porta.
Ti chiede compassione,
non ricevo grazia.
aspetto soltanto.
Eppure sono contento.
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Da questa terra
chi in gioia e chi in pianto
tutti se ne sono andati.
Nòn trovo un compagno
voglio Te.
Eppure mi sento contento.
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Il verde mondo.
pieno di delizie, agitato,
fa piangere di passione.
lo non Ti vedo.
sono afflitto;
eppure mi sento contento.
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31 agosto 1909, da Gitanjali

PAUL CEZANNE BIOGRAFIA e OPERE Cézanne

Sono legato agli uomini e alle cose;
eppure sai che solo Te desidero.

Tu sei testimone della mia coscienza,

o Signore; Tu mi conosci meglio di me,
in tutti i dolori, le gioie, gli errori,
Tu sai che solo Te desidero.
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Non ho potuto lasciare il mio orgoglio;
l'egoismo mi fa morire;
se potessi liberarmene sarei salvo.
Tu sai che solo Te desidero.
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Quando Tu con le tue mani
prenderai ciò che è mio,
lasciando tutto, tutto ritrovo in Te.
Tu sai che solo Te desidero.
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1° settembre 1009, da Tagore's Gitanjali

Pëtr Il'ič Čajkovskij - Concerto per pianoforte e orchestra No. 1, primo mov.







Pëtr Il'ič Čajkovskij
Concerto per pianoforte e orchestra No. 1, primo mov.
al piano Martha Argerich
direttore Charles Dutoit, Orchestra della
Svizzera Romanda

Ginevra - 24 ottobre 1973



lunedì 19 gennaio 2009

Ezra Pound - Vecchio Ez

Van Gogh
VECCHIO EZ
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Vent'anni son passati, non invano, vecchio Ez, sui nostri volti e sulle nostre inquiete certezze, se oggi c'è chi è nuovamente poeta anche grazie a te, è perché hai saputo darci più di mille lezioni di chi pensa ma non vive per simboli, di chi non pensa più, con una limpida, coinvolgente passione. Così consumatesi le macerie ideologiche, sparsi al vento gli utopismi sciocchi, siamo, assieme a te, gli orfani di un dopoguerra ormai logoro, nell'avanguerra che incalza. Altre le maschere, certo, ma i volti, vecchio Ez, son gli stessi, quelli che volevi tu "rettificare" giocandoti con tutto il tuo impeto, un tempo, col tuo silenzio alla fine. I volti sono i medesimi, più cupi e sicuri, Usura Caos Bruttezza. Certo i tuoi versi non li hanno fermati, certo non li fermeranno i nostri, i tuoi ed i nostri così muti nei cuori induriti, agli occhi distratti, i tuoi, esemplari di trasgressione e norma, verità ed inganno, di pieno e di vuoto, violenza e tenerezza, disincanto ed illusione, di nostalgia e d'impazienza, i nostri che, incerti dell'onere -onore risalgon la china, per renderci da orfani, eredi. Che dire, vecchio Ez, se non che, al di là di parole, oltre ogni limite e tempo, la Tradizione, come tu volevi, è trasmessa.

Vittorio Sereni - Quei bambini che giocano

Albert Anker
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Un giorno perdoneranno
se presto ci togliamo di mezzo.
Perdoneranno. Un giorno.
Ma la distorsione del tempo
il corso della vita deviato su false piste
l'emorragia dei giorni
dal varco del corrotto intendimento:
questo no, non lo perdoneranno.
Non si perdona a una donna un amore bugiardo,
l'ameno paesaggio d'acque e foglie
che si squarcia svelando
radici putrefatte, melma nera.
"D'amore non esistono peccati,
s'infuriava un poeta ai tardi anni,
esistono soltanto peccati contro l'amore".
E questi no, non li perdoneranno

domenica 18 gennaio 2009

Paul Fleming - Se tu mi potessi amare.

Se tu mi potessi amare,
o tu mio io,
come io te,
io sarei senza tristezza.
Ma che tu non mi consideri degno,
è ciò che tanto mi affligge.
A tutte io te sola
antepongo:
te lo giuro
per lo splendore aureo di Febo,
per il dolce ardore del dio Cupido.
A te sola voglio bene.
Tu non puoi aiutarmi,
perchè non voglio staccarmi
dalla bellezza
che in te dimora
e che induce chiunque
a essere devoto.
Non vedi come piango
e a causa tua,
o mia bellezza,
sembro quasi inconsolabile ?
Tu vedi, ma non curi
che nessuno fuori di te mi può consigliare.
Ah, lasciati persuadere,
mio unico uno,
da questa pena
che io tante volte ho sofferta !
fa', o cuore, fà dunque
che io mi rallegri dopo il tormento.

Considerato uno dei più grandi talenti della letteratura tedesca Paul Flaming naque in Sassonia ad Hartenstein nel 1609 e morì ad Amburgo del 1640.
Nel 1633 si laureo in filosofia nell'Università di Lipsia. In seguito partecipò come segretario all'avventurosa spedizione in Persia organizzata dal prof. Adam Olearius, per consto di Federico III di Schleswing-Holstein-Gottorf.
Nel 1640 si laureo anche in medicina ma durante il viaggio che avrebbe dovuto portarlo a casa, a Reval, in Estonia, fu colpito da una infezione polmonare e morì.
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Giovanni Marradi - Neve in campagna

Julien Dupré (1851 - 1910) - Rehs Galleries, Inc
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Tacitamente nevica su i rami,

su i campi muti; e tutto imbianca un gelo,
tutto agghiaccia un oblio. Par che dal cielo
piova silenzio, e pare un sogno il mondo
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GIOVANNI MARRADI.
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-Poeta, nato il 21 settembre 1852 a Livorno, dove morì il 6 febbraio 1922. Studiò sotto G. Chiarini, che l' avviò alla letteratura, nel liceo di Livorno; poi nella facoltà di lettere di Firenze,ma non giunse alla laurea perché insofferente della disciplina filologica di quei maestri. Prestissimo lasciò da parte la critica, pure scrivendo talvolta buone pagine ( notevoli quelle ostili alla poesia di Giacomo Zanella ), e si diede tutto all'arte.
Aveva una straordinaria facilità di verseggiare quasi improvvisando, così pronta e copiosa vena, della quale un carattere capitale è la melodia fluente, troppo concedette nella sua prima maniera e anche poi.
Insegnò nelle scuole medie di Ceccano, Chieti, Spoleto, e altre, finché il ministro F. Martini non lo nominò provveditore agli studi nella sua città natale.
Trascorse la vita fuori dalle competizioni e dalle faccende, quietamente, compiacendosi della stima degli amici,e pago degli applausi che le sue felici recitazioni pubbliche di versi patriottici gli procurarono in varie città.
Gli difettarono il vigore del pensiero e gl' impeti dell' animo ; pure ciò che ebbe in cuore disse efficacemente con un calore lirico chevibra nelle immagini e nella numerosa eloquenza. Quantunque restasse, più o meno, sempre nel cerchio del carduccianesimo appariscente, pure si sbaglierebbe chi lo considerasse soltanto sotto un tale aspetto.
Il Marradi infatti cercava di far sentire i pae-saggi,azioni eroiche, situazioni sentimentali, lasciandosi andare con spontaneità a ma-
niere di verso e di strofe ben diverse dalle carducciane, che un certo influsso esercita-
rono per alcun tempo su qualche seguace del Carducci,come,ad esempio,nelle sue prime esercitazioni,sul Manni.Per contrario, l' arte del Marradi pur mantenendo le sue fondamentali qualità, si valse di ciò che talora le si offriva come omogeneo in poeti contemporanei, onde si nota in lui un pro- gressivo sollevamento dagli effetti sonori a quelli dell' immaginazione, e dalla vagasentimentalità al convincimento di alcuneidee patriottiche e umane.

sabato 17 gennaio 2009

da akatalēpsía

.... dall' eccezionale Blog di Clelia Mazzini - Akatalepsia - riporto una pagina interessante. Racconta di Steinbeck e della crisi del '29 . Ricordo che a 17 / 18 anni leggevo i romanzi di Ernest Hemingway, e John Steinbeck , .....erano i miei preferiti.
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(Akatalepsia)
Per un approccio diverso e originale alla grande crisi del '29:
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...per tornare alla Grande Depressione, ci sono pochi dubbi sul fatto che Steinbeck ne sia stato il grande cantore, soprattutto per gli effetti sugli agricoltori della sua California. Anche perché le piaghe inflitte dalla crisi economica si fecero addirittura purulente per i contadini afflitti da una delle peggiori siccità a memoria d'uomo. C'è chi ritrova già The Pastures of Heaven (I pascoli del cielo) il suo primo successo del 1932, tradotto in Italia da Elio Vittorini nel 1940, sentimenti e umori della grande crisi. Certo la questione è molto soggettiva e chiunque ha il diritto di scovare in altri celebri autori ideali esempi dell'impatto di quegli anni terribili sulla letteratura americana, poesia e teatro compresi...
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Giorgio Blair (Il Velino) > Grande Depressione: molto dolore ma anche Steinbeck e O'Neill

giovedì 15 gennaio 2009

Gaza

“In un quadro dobbiamo poter scoprire cose nuove ogni volta che lo vediamo. Ma possiamo guardare un quadro per una settimana e non pensarci mai più. Possiamo anche guardare un quadro per un secondo e pensarci tutta la vita.”
J.MIRO’

Edouard Manet (1832-1883)
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A GAZA I BAMBINI CONTINUANO A MORIRE
che sta accadendo ....
e fino a quando ?

CANTO NOTTURNO di un pastore errante dell’Asia

Gustave Doré
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Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vitala vita del pastore.
Sorge in sul primo albore;
move la greggia oltre pel campo, e vede
greggi, fontane ed erbe;
poi stanco si riposa in su la sera:
altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
al pastor la sua vita,
la vostra vita a voi? dimmi: ove tende
questo vagar mio breve,
il tuo corso immortale?
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Vecchierel bianco, infermo,
mezzo vestito e scalzo,
con gravissimo fascio in su le spalle,
per montagna e per valle,
per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
al vento, alla tempesta, e quando avvampa
l'ora, e quando poi gela,
corre via, corre, anela,
varca torrenti e stagni,
cade, risorge, e piú e piú s'affretta,
senza posa o ristoro,
lacero, sanguinoso; infin ch'arrivaco
là dove la via
e dove il tanto affaticar fu vòlto:
abisso orrido, immenso,
ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
è la vita mortale.
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Nasce l'uomo a fatica,
ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
per prima cosa; e in sul principio stesso
la madre e il genitore
il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
l'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
con atti e con parole
studiasi fargli core,
e consolarlo dell'umano stato:
altro ufficio piú grato
non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perché dare al sole,
perché reggere in vita
chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
perché da noi si dura?
Intatta luna, taleè lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
e forse del mio dir poco ti cale.
.
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
che sí pensosa sei, tu forse intendi,
questo viver terreno,
il patir nostro, il sospirar, che sia;
che sia questo morir, questo supremo
scolorar del sembiante,
e perir dalla terra, e venir meno
ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
il perché delle cose, e vedi il frutto
del mattin, della sera,
del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
rida la primavera,
a chi giovi l'ardore, e che procacci
il verno co' suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
che son celate al semplice pastore.
spesso quand'io ti miro
star cosí muta in sul deserto piano,
che, in suo giro lontano, al ciel confina;
ovver con la mia greggia
seguirmi viaggiando a mano a mano;
e quando miro in cielo arder le stelle;
dico fra me pensando:
a che tante facelle?
che fa l'aria infinita, e quel profondo
infinito seren? che vuol dir questa
solitudine immensa? ed io che sono?
Cosí meco ragiono: e della stanza
smisurata e superba,
e dell'innumerabile famiglia;
poi di tanto adoprar, di tanti moti
d'ogni celeste, ogni terrena cosa,
girando senza posa,
per tornar sempre là donde son mosse;
uso alcuno, alcun frutto
indovinar non so. Ma tu per certo,
giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
che degli eterni giri,
che dell'esser mio frale,
qualche bene o contento
avrà fors'altri; a me la vita è male.
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O greggia mia che posi, oh te beata,
che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perché d'affanno
quasi libera vai;
ch'ogni stento, ogni danno,
ogni estremo timor subito scordi;
ma piú perché giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
tu se' queta e contenta;
e gran parte dell'anno
senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
e un fastidio m'ingombra
la mente, ed uno spron quasi mi punge
sí che, sedendo, piú che mai son lunge
da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
e non ho fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
o greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
se tu parlar sapessi, io chiederei:
- Dimmi: perché giacendo
a bell'agio, ozioso,
s'appaga ogni animale;
me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?
-Forse s'avess'io l'ale
da volar su le nubi,
e noverar le stelle ad una ad una,
o come il tuono errar di giogo in giogo,
piú felice sarei, dolce mia greggia,
piú felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
forse in qual forma, in quale
stato che sia, dentro covile o cuna,
è funesto a chi nasce il dí natale.
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Giacomo Leopardi - Wikipedia

http://www.bnnonline.it/biblvir/leopardi.htm

mercoledì 14 gennaio 2009

GEORGES SIMENON

Marc Chagall
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L'UOMO CHE GUARDAVA PASSARE I TRENI
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'' Popinga continuava a camminare. Quei vagabondaggi per le strade, alla luce dei negozi, in mezzo alla folla che gli passava accanto ignara, erano quasi tutta la sua vita.
E le mani, nelle tasche del cappotto, carezzavano meccanicamente lo spazzolino dei denti, il pennello e il rasoio''
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Kees Popinga, il protagonista di questo romanzo del 1938 che può essere considerato la punta più alta mai raggiunta da Georges Simenon nella sua sterminata produzione narrativa, è un onest'uomo olandese, agiato, con moglie e figli e vita tranquilla. Ma improvvisamente la bancarotta fraudolenta del suo datore di lavoro lo mette di fronte alla prospettiva di un inevitabile tracollo finanziario, alla quale egli reagisce in modo del tutto abnorme: abbandonata la famiglia, fugge da Groninga per nascondersi a Parigi, dove a poco a poco si trasforma in uno spietato assassino che uccide solo per il gusto di farlo e di sfidare la polizia. Vero e proprio viaggio nell'orrore che può nascondersi dietro la rispettabilità borghese, L'uomo che guardava passare i treni rivela un saldo legame con alcuni nodi centrali della narrativa novecentesca, dall'atto gratuito che senza alcun preavviso arriva a sconvolgere un'esistenza, alla presenza ineludibile dei fantasmi e dei mostri dell'inconscio, alla palese infrazione del principio di causa-effetto nei comportamenti dei personaggi. Ma la straordinaria abilità "artigianale" che Simenon sa sempre dispiegare nel costruire le sue storie fa sì che tutto questo diventi materia di una narrazione incalzante ed essenziale, con numerosi picchi di suspense al calor bianco; senza tuttavia che ne vengano minimamente inficiate la profondità e l'acutezza di un'analisi psicologica che finisce per riguardare tutti. Il mistero che Kees Popinga porterà con sé nella cella oscura di un manicomio criminale è infine il mistero dell'uomo del XX secolo, schiacciato dall'orrore della storia e reso drammaticamente consapevole che di quell'orrore è anch'egli, in qualche modo, parte attiva.
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Georges Simenon - Wikipedia
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Nell'attesa (Sob!) ri-leggo Georges Simenon e il suo Uomo che guardava passare i treni