IO NON SO
Quel luogo che sta nella mente fatto di fantasia ed aspirazioni incompiute al quale s’accede in momenti particolari e subito porta alla giovinezza è un insieme d’immagini sovrapposte e diverse nella sostanza; appuntamento comune con se stessi diventa, per l’emigrante, la terra promessa.
Io non so, adesso, dove sta la terra degli emigranti, se esiste o è un luogo della fantasia. Succede che questo andare verso direttrici diverse dalla logica rende improbabili i concetti.
Non bisognerebbe sprecare le risorse naturali: gli ettari che restano incolti, le braccia capaci di trasformare, di costruire.
Questa quantità che è una qualità sempre considerata eccedente è il simbolo di due Italie.
Una spinta verso il presunto miracolo economico, l’altra lasciata, per la prima, nella continua arretratezza.
Treni lunghissimi correvano, negli anni ’60, dal sud verso il nord, verso le pensiline delle città industriali d’Europa.
Portavano uomini tristi per quella realtà dipendente, senza proprietà, portatori necessari del sistema.
Aldo dice che non bisogna emigrare. “Bisogna restare e lottare” dice “ ma come fai se non c’è niente”.
Bruno e scuro di carnagione, giovane e robusto, calmo, abituato a girare il mondo e a non stupirsi di nulla, è uno degli immigrati italiani che a Zurigo lavora nelle imprese edili
“A Carlantino non c’è niente” aggiunge mimando con le dita.
“qualcuno trova lavoro a Foggia ma a Carlantino c’è solo disoccupazione”
Zurigo cerca lentamente di cambiare: gli edifici vengono abbattuti e ricostruiti, l’autostrada disegna tangenti aeree sulla periferia.
Ogni cosa sta a suo posto, qui, e recita un copione scontato:
“Nessuno esce dalle strisce pedonali, nessuno getta carta in terra”.
La mentalità pigra e materialista del luogo presenta aspetti dolci e brutali che forse la natura a comunicato agli abitanti.
Ognuno sta a suo posto, qui: gli indigeni organizzano, gli immigrati lavorano.
“Il sudore non convince questa gente” racconta Aldo “abbiamo il diritto di lavorare insieme all’umiliazione d’essere appena sopportati”.
A quest’ora del pomeriggio il “Caravelle Tea Room” è deserto. Gli italiani arrivano più tardi, alla spicciolata, dopo le partite di calcio, prima della messa vespertina.
La Missione Cattolica sta, infatti, ad un isolato dopo la curva a gomito nel cuore del quartiere italiano.
“Loro pensano all’economia” aggiunge Aldo” “ e alla produzione, pensano che dobbiamo ringraziarli per il lavoro e tutto sommato hanno ragione. E’ il Governo italiano che deve difenderci,che deve impedire la disoccupazione”
Aldo ha lasciato Zurigo: è stato licenziato.
Gli hanno detto che l’impresa non può mantenere gente incapace e chiacchierona ma lavoratori appassionati e produttivi.
Lui, il chiacchierone è partito. A Carlantino potrà muoversi liberamente.
Non ci sono strisce pedonali, infatti ma poche strade e una piazza stretta tra le case in sasso.
Giovenale Nino Sassi
Zurigo, ottobre 1974
VALERIA CHIANESE, del quotidiano Avvenire riporta la testimonianza di Luigi, un giovane geometra di Napoli.
Il sogno di una vita Luigi Russo lo ha visto infrangersi in un caldo giorno di maggio davanti alla scrivania del suo 'capo': licenziato. «Siete in troppi e io non posso mantenervi tutti, ha detto il titolare dell’azienda. Eravamo in dieci e ci ha man dati via. Non tutti giovani come me, c’era chi ha famiglia, figli piccoli, il mutuo della casa da pagare», racconta ora Luigi, 26 anni e un diploma di geometra, che, e non capita spesso a Napoli e in Campania, gli ha permesso di trovare un lavoro fisso dopo solo qualche anno dalla fine della scuola e dopo un po’ di gavetta. «Mi sono sem pre sentito fortunato, ma ho seguito anche corsi di specializzazione e di formazione », precisa sorridendo e con un pizzico di orgoglio, cui segue subito l’amara constatazione: «Ma non mi serviranno a niente adesso che qui manca il lavoro per tutti». Luigi è fidanzato con Linda, impiegata di banca. Avevano progettato di sposarsi tra un paio di anni: «L’amore non dovrebbe conoscere l’aritmetica – aggiunge –. Però due cuori e una capanna davvero non bastano. Bisogna fare i conti, non solo con la realtà, ma con le proprie forze, che spesso dipendono da quanto hai nel portafogli». Luigi aveva premesso di non voler parlare di soldi, «però alla fine si finisce sempre lì e non puoi fare diversamente» dice e si chiede perché debba sempre finire così: «Per ché una persona non può progettare la propria vita in un modo normale? Avere un lavoro, mettere su famiglia, chiedere serenità e soprattutto non essere più un peso per i genitori ». Ogni mattina, da quando ha perso il lavoro, Luigi esce di casa per cercarne un altro. «Mi so no iscritto a un’agenzia di lavoro interinale, ho consegnato il mio curriculum, per quello che può servire – af ferma non senza pessimismo –. Due settimane fa, il sabato e la domenica, sono stato in un ristorante come lavapiatti, per guadagnare quel tanto per la benzina e il giornale». Sul domani «che poi non è tanto lontano» osserva, Luigi non riesce a pronunciarsi: «Dentro di me c’è rabbia e frustrazione. I miei genitori, la mia ragazza, mi sostengono, non mi rimpro¬verano niente, ma io mi vergogno. Mi dicono: sei giova ne, c’è tempo. Sarà vero – conclude –. Ma io non voglio entrare nelle statistiche e nel la vita da disoccupato».
Geometra, 26 anni, da un giorno all’altro il suo capo lo ha licenziato. Pensava di sposarsi: «Ma come si fa?»