giovedì 30 maggio 2013

Andare nelle periferie dell'esistenza



Chagall


 Vivere, dice Papa Francesco ... 
 è «imparare ad uscire da noi stessi per andare incontro agli altri, per andare verso le periferie dell'esistenza, per primi verso i nostri fratelli e sorelle, soprattutto i più lontani quelli che sono dimenticati, quelli che hanno più bisogno di comprensione e aiuto. Spesso - ha osservato il Papa - ci accontentiamo di qualche preghiera, di qualche messa domenicale, di qualche gesto di carità, ma non abbiamo questo coraggio di uscire, siamo un po' come san Pietro, che non appena Gesù parla di dono di sé scappa».
  
Papa Francesco - Wikipedia

Chagall

A quelli nati dopo di noi - Bertolt Brecht






Veramente, vivo in tempi bui!
La parola disinvolta è folle. Una fronte liscia
indica insensibilità. Colui che ride
probabilmente non ha ancora ricevuto
la terribile notizia.

Che tempi sono questi in cui
un discorso sugli alberi è quasi un reato
perché comprende il tacere su così tanti crimini!
Quello lì che sta tranquillamente attraversando la strada
forse non è più raggiungibile per i suoi amici
che soffrono?

È vero: mi guadagno ancora da vivere
ma credetemi: è un puro caso. Niente
di ciò che faccio mi da il diritto di saziarmi.
Per caso sono stato risparmiato.

(Quando cessa la mia fortuna sono perso)

Mi dicono: mangia e bevi! Accontentati perché hai!
Ma come posso mangiare e bere se
ciò che mangio lo strappo a chi ha fame, e
il mio bicchiere di acqua manca a chi muore di sete?
Eppure mangio e bevo.

Mi piacerebbe anche essere saggio.
Nei vecchi libri scrivono cosa vuol dire saggio:
tenersi fuori dai guai del mondo e passare
il breve periodo senza paura.

Anche fare a meno della violenza
ripagare il male con il bene
non esaudire i propri desideri, ma dimenticare
questo è ritenuto saggio.
Tutto questo non mi riesce:
veramente, vivo in tempi bui!

Voi, che emergerete dalla marea
nella quale noi siamo annegati
ricordate
quando parlate delle nostre debolezze
anche i tempi bui
ai quali voi siete scampati.

Camminavamo, cambiando più spesso i paesi delle scarpe,
attraverso le guerre delle classi, disperati
quando c'era solo ingiustizia e nessuna rivolta.

Eppure sappiamo:
anche l'odio verso la bassezza
distorce i tratti del viso.
Anche l'ira per le ingiustizie
rende la voce rauca. Ah, noi
che volevamo preparare il terreno per la gentilezza
noi non potevamo essere gentili.

Ma voi, quando sarà venuto il momento
in cui l'uomo è amico dell'uomo
ricordate noi
Con indulgenza.


mercoledì 29 maggio 2013

John Steinbeck - The Grapes of Wrath

 Foto: "Le donne osservavano i mariti, per vedere se questa volta era proprio la fine. Le donne stavano zitte e osservavano. E se scoprivano l'ira sostituire la paura nei volti dei mariti, allora sospiravano di sollievo. Non poteva ancora essere la fine. Non sarebbe mai venuta la fine finché la paura si fosse tramutata in furore"

John Steinbeck - The Grapes of Wrath (tradotto in italiano con il titolo Furore)
 
 
"Le donne osservavano i mariti, per vedere se questa volta era proprio la fine. Le donne stavano zitte e osservavano. E se scoprivano l'ira sostituire la paura nei volti dei mariti, allora sospiravano di sollievo. Non poteva ancora essere la fine. Non sarebbe mai venuta la fine finché la paura si fosse tramutata in furore"

John Steinbeck - The Grapes of Wrath (tradotto in italiano con il titolo Furore)
 
 
 
John Steinbeck nacque a Salinas, in California, nel 1902 e morì a New York nel 1968. Interrotti gli studi universitari, si dedicò con abnegazione ai problemi sociali degli Stati Uniti negli anni bui della "grande crisi", fino ad unirsi nell'Oklahoma a un gruppo di contadini che emigrava verso la costa occidentale. Da questa esperienza la sua vocazione letteraria, già compiutamente manifestatasi in La Santa Rossa (1929), I pascoli del cielo (1932), Al dio sconosciuto (1933) e soprattutto in Pian della Tortilla (1935), si irrobustì grazie a una franca adesione all'impegno civile e alla denuncia sociale. Nascono così La battaglia (1936) e Furore (1939), fra i quali si inserisce la favola picaresca di Uomini e topi (1937). Il grande successo ottenuto gli consentì di dedicarsi a tempo pieno alla letteratura e ai viaggi, dai quali traeva spesso spunto per i suoi romanzi. Durante il secondo conflitto mondiale fu corrispondente di guerra, e dall'esperienza bellica nacque il romanzo La luna è tramontata (1942). Tra le molte opere narrative da lui scritte sono inoltre da ricordare Il cavallino rosso (1937), La valle lunga (1938), Vicolo Cannery (1945), La perla (1947), La corriera stravagante (1947), La valle dell'Eden (1952), Quel fantastico giovedì (1954), L'inverno del nostro scontento (1961). Nel 1962 fu insignito del premio Nobel per la letteratura.

(fonte... La biblioteca di Repubblica)
 
 
 

Francis Scott Fitzgerald . Il grande Gatsby

Foto: Negli anni più vulnerabili della giovinezza, mio padre mi diede un consiglio che non mi è mai più uscito di mente.
"Quando ti vien voglia di criticare qualcuno" mi disse "ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i vantaggi che hai avuto tu". Non disse altro, ma eravamo sempre stati insolitamente comunicativi nonostante il nostro riserbo, e capii che voleva dire molto più di questo. Perciò ho la tendenza a evitare ogni giudizio, una abitudine che oltre a rivelarmi molti caratteri strani mi ha anche reso vittima di non pochi scocciatori inveterati.
Francis Scott Fitzgerald . Il grande Gatsby





Incipit

Negli anni più vulnerabili della giovinezza, mio padre mi diede un consiglio che non mi è mai più uscito di mente.
"Quando ti vien voglia di criticare qualcuno" mi disse "ricordati che non tutti a questo mondo hanno avuto i vantaggi che hai avuto tu". Non disse altro, ma eravamo sempre stati insolitamente comunicativi nonostante il nostro riserbo, e capii che voleva dire molto più di questo. Perciò ho la tendenza a evitare ogni giudizio, una abitudine che oltre a rivelarmi molti caratteri strani mi ha anche reso vittima di non pochi scocciatori inveterati.

...***...

Francis Scott Key Fitzgerald (Saint Paul, 24 settembre 1896Hollywood, 21 dicembre 1940) è stato uno scrittore e sceneggiatore statunitense, autore di romanzi e racconti. È considerato uno fra i maggiori autori dell'Età del jazz e, per la sua opera complessiva, del XX secolo.
Faceva parte della corrente letteraria della cosiddetta Generazione perduta, un gruppo di scrittori americani nati negli anni 1890 che si stabilì in Francia dopo la prima guerra mondiale.
Scrisse quattro romanzi, più un quinto lasciato incompiuto, e decine di racconti brevi sui temi della giovinezza, della disperazione, e del disagio generazionale. (Wikipedia)

martedì 28 maggio 2013

Carlos Drummond De Andrade - Notturno alla finestra dell'appartamento da "Sentimento del mondo" (1940)




Chagall


Silenzioso cubo di tenebra:
un salto, e sarebbe la morte.
Ma è soltanto, sotto il vento,
l'integrazione nella notte.

Nessun pensiero d'infanzia,
né nostalgia né vano proposito.
Esclusivamente la contemplazione
di un mondo enorme e immobile.

La somma della vita è nulla.
Ma la vita ha questo potere:
nell'oscurità assoluta,
come un liquido, circola.

Suicidio di ricchezza,  scienza …
L'anima severa si interroga
e subito tace. E non sa
se è notte, mare o distanza.
Triste faro dell'Isola Rasa.

Mark Strand - La fine



Monet


Non ogni uomo sa cosa canterà alla fine,
guardando il molo mentre la nave salpa, o cosa sentirà
quando sarà preso dal rombo del mare, immobile, là alla fine,
o cosa spererà una volta capito che non tornerà più.

Quando il tempo è passato di potare la rosa, coccolare il gatto,
quando il tramonto che incendia il prato e la luna piena che lo gela
non compariranno più, non ogni uomo sa cosa invece scoprirà.

Quando il peso del passato non si appoggia a nulla, e il cielo
non è più che luce ricordata, e le storie di cirro
e cumulo si concludono, e tutti gli uccelli restano sospesi in volo,
non ogni uomo sa cosa lo attende, o cosa canterà
quando la nave su cui sta scivolando nel buio, là alla fine.

 


 Mark Strand
...***...


Enciclopedie on line

Treccani

 Dall'apparente linearità e accessibilità delle prime raccolte (Sleeping with one eye open, 1964; Reasons for moving, 1968; Darker, 1970)  Mark Strand, è approdato alla struttura elegiaca più complessa e compiuta di The story of our lives (1973), The late hour (1978) e The continuous life (1990), ponendo sempre al centro della sua poesia l'indagine sulla propria identità di artista; l'alternarsi di momenti di luce e di improvvise ombre rinvia, nei suoi versi, a una condizione di scissione e di precarietà sulla quale la poesia cerca di imporre un suo ordine. Con la raccolta Blizzard of one (1998) ha vinto il premio Pulitzer nel 1999. Hanno fatto seguito, tra l'altro, Chicken, shadow, moon & more (2000) e Man and camel (2006). Nel 2011 è stata edita in Italia l'antologia poetica L' uomo che cammina un passo avanti al buio: poesie 1964-2006. L'interesse di S. (che ha insegnato in varie università negli USA e all'estero) per le culture straniere è testimoniato, oltre che dalle sue traduzioni da R. Alberti (The owl's insomnia, 1973), da diverse antologie, tra cui Another republic: 17 European and South American writers (1976). Ha scritto anche libri per bambini (p. es., The planete of lost things, 1984).



lunedì 27 maggio 2013

Robert Frost - Quel che dissero i cinquant'anni





Quand'ero giovane erano i vecchi i miei maestri.
Lasciai fuoco (per forma) fino a spegnermi.
Soffrivo come un metallo che fosse forgiato.
Andavo a scuola dai vecchi per imparare il passato.

Ora che sono vecchio ho per maestri i giovani.
Quel che non può modellarsi, dev'essere infranto o piegato
Lezioni (mi torturano) che riaprono antiche suture.
Vado a scuola dai giovani per imparare il futuro.


Robert Frost




Albert Anker

Enciclopedie on line
 TRECCANI
 
Frost, Robert (Lee). - Poeta statunitense (San Francisco 1875 - Boston 1963). Dopo la morte del padre (1884) visse con la madre nel Massachusetts, suo luogo d'origine. Studiò a Darmouth e a Harvard (1897-99) senza conseguire la laurea. Sposatosi giovanissimo e acquistata una fattoria nel New Hampshire, si dedicò all'agricoltura e alla poesia; ma editori e riviste lo ignoravano; decise allora di trasferirsi in Inghilterra con la famiglia (1912) e per la prima volta ebbe contatti col mondo letterario. La pubblicazione di A boy's will (1913) e North of Boston (1914), attirò subito su di lui l'attenzione della critica inglese; tornato negli Stati Uniti nel 1915, i due libri vi furono ristampati e la sua fama si diffuse. Nel 1916 si stabilì ad Anherst, tornando all'attività di agricoltore e insegnante. Discendente dei puritani della Nuova Inghilterra, erede di quella religione della natura che fu culto di Emerson e Thoreau (Walden era tra le sue letture preferite), F. non ha una visione mistica, bensì, specie nelle prime opere, lirica e il suo regionalismo si avvicina a quello della Dickinson: con semplicità, con attento amore per i particolari, descrive la vita della Nuova Inghilterra in una serie di quadretti agresti ricchi di forza rievocativa. Nelle raccolte degli anni della maturità (Mountain interval, 1916; New Hampshire, 1923; Westrunning brook, 1928) la sua ispirazione si fa più soggettiva e il paesaggio da lui descritto assume talvolta valore simbolico. Nei due drammi di argomento biblico (A masque of reason, 1945; A masque of mercy, 1947) l'immagine si fa più astratta, ma il risultato è meno felice. Steeple bush (1947) è un riuscito ritorno all'ispirazione bucolica. Seguono: Hard not to be king (1951), Aforesaid (1954). Vincitore più volte del premio Pulitzer (1926, 1931, 1937, 1943), fu definito "poeta nazionale" degli USA. Ultime sue raccolte: You come too (1959), In the clearing (1962). Postumo Selected poems (1963).

Mark Strand - L'inizio di una sedia






 Sinossi
.

"È vero, come ha detto qualcuno, che
in un mondo senza paradiso tutto è addio.
Sia che tu saluti con la mano o no,

è addio, e se non ti salgono lacrime agli occhi
è addio lo stesso, e se fingi di non accorgerti,
odiando ciò che passa, è addio lo stesso."



MARK STRAND









''Chiunque sia in grado di pensare non può essere felice'', dice Mark Strand, ''Ma io sono felice di esser vivo. Pensa all'alternativa !''. La capacità concreta, e vitale, di riconoscere e vivere con i tragici paradossi del nostro mondo è una costante dell'arte di Strand. L'atmosfera pacata, rarefatta, raffinata in cui esistono e si sviluppano lacerazioni insanabili è in qualche modo descrivibile con una serie di ossimori, che nella sua poesia non agiscono tanto come forma retorica, quanto come figura dello spirito.
Nei versi che l'autore ha espressamente scelto per questa raccolta, in cui si privilegiano i componimenti più recenti, si avrà esperienza della gamma di partecipato abbandono, doloroso piacere, ingenuo disincanto, indifferente amore, tragedia buffa, appassionata distanza, serena disperazione che pervade tutta l'opera di Strand....
(Fonte : Donizzelli editore)

 http://video.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/van-gogh-in-3d-le-opere-prendono-vita/129802/128316?ref=HRESS-5 

Mark Strand - Dal lungo party triste da "The Late Hour"





Qualcuno stava dicendo
qualcosa riguardo ombre che coprono il campo, riguardo
lo scorrere dell'esistenza, di come ci si addormenti verso il mattino
ed il mattino passi.

Qualcuno stava dicendo
di come il vento muoia ma poi ritorni,
di come le conchiglie siano le bare del vento
ma il tempo continui.

Era una lunga notte
e qualcuno disse qualcosa riguardo a come la luna perdeva il suo
bianco
sul freddo campo, come non ci fosse nulla davanti a noi
oltre le solite cose.

Qualcuno menzionò
una citta in cui era stata prima della guerra, una stanza con due
candele
contro un muro, qualcuno che danzava, qualcuno che guardava.
Cominciamo a credere
che la notte non avrebbe avuto termine.

Qualcuno stava dicendo che la musica era finita e nessuno
se n'era accorto.

Allora qualcuno disse qualcosa riguardo i pianeti, riguardo le
stelle,
di quanto fossero piccole, quanto fossero lontane.

Mark Strand

 Wikipedia Mark

 
Klimt





domenica 26 maggio 2013

Carlos Drummond De Andrade - Lettera


Monumento a Carlos Drummond e Mario Quintana 
nella Piazza Alfàndega, a Porto Alegre

Lettera

da "Lezione di cose" (1962)


È molto tempo, si, che non ti scrivo.
Sono invecchiate tutte le notizie.
Sono invecchiato anch'io: guarda, in rilievo,
questi segni su di me, non delle carezze

(così leggere) che mi facevi in viso:
sono ferite, spine, sono ricordi
lasciati dalla vita al tuo bambino, che al tramonto
perde la sapienza dei bambini.

La mancanza che ho di te non è tanto
all'ora di dormire, quando dicevi
"Dio ti benedica", e la notte si spalancava in sogno.

E quando, allo svegliarmi, vedo a un angolo
La notte accumulata dei miei giorni,
e sento che sono vivo, e che non sogno.

Carlos Drummond De Andrade




Invocazione fiduciosa

Michelangelo

Salmo 13


Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.

Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi?
Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?

Fino a quando nell'anima mia proverò affanni,
tristezza nel cuore ogni momento?
Fino a quando su di me trionferà il nemico?
Guarda, rispondimi, Signore mio Dio,
conserva la luce ai miei occhi,
perché non mi sorprenda il sonno della morte,

perché il mio nemico non dica: "L'ho vinto!"
e non esultino i miei avversari quando vacillo.

Nella tua misericordia ho confidato.
Gioisca il mio cuore nella tua salvezza
e canti al Signore, che mi ha beneficato.

venerdì 24 maggio 2013

Mètéque e Ma libertè






Sono stato anch’io un métèque,
 uno straniero
per il mio " andare di terre in terre. 

Nostalgia delle partenze e degli arrivi; 
dei ritorni a casa : 
nel bagaglio sempre qualcosa di nuovo.

Appunti di viaggio, notazioni; 
la memoria che ferma le immagini,
 i sapori, il vissuto".
.
Ho camminato insieme all'amore
 per la terra, la gente e le cose,
 quella delle origini, 
ma, soprattutto, 
quella che ho incontrato 
lungo il cammino degli anni

 Un patrimonio fatto di ricordi bellissimi:

  Volti di giovani donne, 
  laghi, monti, 
... silenzi... 
 progetti di vita pienamente vissuti,
 soprattutto amati