Si, vi lascio vecchie mura,
dove un po’ del cuore mio
con un tenero desio
attaccato resterà
E vi lascio che ancor dura
Primavera, tra la festa
Delle rondini e la mesta
Vespertina carità.
Dunque addio, se il dì tramonta,
focolare ove, farfalla
su la tua parete gialla,
un estremo raggio muor;
carte a fiori, ove l’impronta
d’ogni quadro amico e noto
mette un suo parlante vuoto,
che non sa sbiadirsi ancor;
vacue camere, onde il passo
sveglia insoliti rimbombi;
tetti erbosi ove i colombi
riposavano dal vol;
e tu ancora, che dal sasso
esci, trepida lucerta,
a la loggia ormai deserta
che d’asfalto odora al sol.
Or, se qui svolga la vita
Senza me le sue vicende,
altra casa non m’attende,
non mi chiama, aprica, a sé ?
Ma una parte ahimé svanita
Dei miei giorni è qui sepolta.
Vecchie mura, qualche volta
Ricordatevi di me.
***
La situazione è molto semplice : c’è un traslco.
Un uomo nel lasciare la casa dove a lungo ha abitato, si sofferma a guardare quelle vecchie mura a lui familiari. I ricordi invadono l’anima insieme ad un momento di tristezza che tutti, in situazioni analoghe, possono avere provato. La lirica poteva facilmente cadere nella sdolcinatura o nella rilassatezza formale, cedere alla tentazione dei rimpianti lacrimosi, dell’insistenza, della descrizione minuta. Il poeta invece mantiene il tono della lirica su un piano di misurata tenerezza riscattando la banalità dei riferimenti realistici in una letteraria dignità di vocabolario e di costrutti … effondendo la propria malinconia nella dolcezza della musica che pervade le strofe. Francesco Gaeta è un poeta napoletano nato nel 1879 , morto suicida nel 1927. La critica lo definisce un poeta di transizione dal Pascoli ai Crepuscolari. Al primo si avvicina per il forte senso del mistero, della morte e del dolore; agli altri per il tono dimesso degli argomenti e il gusto realistico delle scene di vita quotidiana.Motivo dominante della poesia del Gaeta è quello che Croce ha chiamato ‘’l’amore dell’amore’’ ; un bisogno inappagato di dolcezza che si innesta nel fondo tetro del suo pessimismo
E' un movimento poetico che, nato nei primi anni del Novecento, volle reagire alla clamorosa e ostentata retorica dannunziana.
Alla base della lirica dei crepuscolari c'è il disperato bisogno di parlare di sé, di confessarsi, ma in forma di colloquio più che di canto ... preferiscono i toni smorzati e dimessi, le forme discorsive, i ritmi facili e un vocabolario volutamente povero fatto di parole quotidiane e banali
Sempre preoccupati e timorosi di forzare la voce, i crepuscolari amarono anche ricercare nell'ironia un'ulteriore difesa contro il rischio della troppo esplicita sentimentalità.
I temi prediletti furono i sentimenti comuni, gli oggetti e le cose d'ogni giorno, gli stati d'animo avvolti in un grigiore stanco e apatico, di rinunzia dalle tinte morbide e incerte come quelle della luce del crepuscolo .... da qui il nome attribuito al movimento .
Il Crepuscolarismo che da un lato si ricollega a certi modi carezzevoli e languidi del Pascoli più patetico, sentì l'influsso dell'analoga poesia francese e fiamminga ( Samain, Maeterlink, Verlaine, Laforgue).... rappresenta quindi una fase di progresso del gusto poetico e viene giustamente visto come una forma lirica più moderna di quelle pascoliana e dannunziana.
Gli spetta altresì il merito di aver creato nuove cadenze di metrica e di ritmo, nuovi atteggiamenti del linguaggio da cui prenderanno le mosse gli scrittori posteriori
I maggiori rappresentanti del nostro Crepuscolarismo sono Guido Gozzano, Marino Moretti e Sergio Corazzini
henry wallis
Di Gaeta, Aldo de Gioia (Pedagogista, storico, poeta napoletano) scrive .....
Il poeta Gaeta non merita il crepuscolo
Repubblica — 26 gennaio 2010 pagina 1 sezione: NAPOLI
TRA i poeti napoletani tra l' 800 e il ' 900 è l' unico ricordato dalla Treccani come poeta in versi "italiani". Francesco Gaeta è stato un grande crepuscolare del primo Novecento, eppure dimenticato, soprattutto nella sua città. Qualche giorno fa ne discutevo con le signore Pina e Susi Savarese, nipoti di Gaeta, che hanno osservato come la fatica di scrivere una storia generale della letteratura italiana per chiunque voglia cimentarsi, non può non tener conto degli infiniti punti sparsi di storie biografiche. E tra queste la vita e l' opera di Francesco Gaeta. Le nipoti vorrebbe creare in sua memoria una fondazionee io ho il dovere di capire, nel grigiore culturale del nostro tempo, se c' è intenzione di sostenere da qualche parte in questa città l' iniziativa. Nelle mie ricerche ho incontrato spesso Francesco Gaeta, soprattutto seguendo gli studi di Alda Croce, figlia di Benedetto, il primo forse a scoprire il talento del poeta. Il quale si distinse tra i poeti legati alla tradizione della poesia italiana, anche se non estranei all' influenza delle esperienze letterarie contemporanee. Nella sua esistenza ebbe una lunga e feconda attività letteraria che si articolava in una costante disposizione nel cogliere gli aspetti più vari e contraddittori del vivere. anificando le convenzioni, i pregiudizi, le apparenze e gli stereotipi della società del primo Novecento. Si accostò alle varie esperienze letterarie di quel tempo assimilandole sempre su un piano di libertà e di originalità. Per tal motivo si possono registrare nel corso del suo itinerario artistico atteggiamenti caratteristici di vari momenti letterari, particolarmente del crepuscolarismo, per la sua congeniale disposizione alla malinconia che spesso appare nella visione delle cose, degli uomini, dell' amicizia, degli affetti familiari e dell' amore. Intensa fu la sua operosità che si esplicò in vari motivi in una incalzante sperimentazione di temi e di forme. Scrisse opere importanti: "Il libro della giovinezza" (1895), "Canti di libertà" (1902), "L' Italie lettèrarie d' aujourd' hui" (1904), "Sonetti voluttuosi" (1906), "Poesie d' amore" (1920), "Novelle gioconde"(1921) e tante altre cose. Insieme a Silvio Novaro si collocò nell' importante corrente di poesia che prese il nome di "Crepuscolarismo" il cui vocabolo fu suggerito da un recensione di Giuseppe Antonio Borghese pubblicata in un quotidiano del 1910 con raccolte di versi di tre poeti: Mario Moretti, Fausto Maria Martini e Carlo Chiaves. Pur senza dare al "Crepuscolarismo" un valore dispregiativo, Borghese lo adattò metaforicamente: identificava quei poeti come epigoni della grande stagione poetica italiana da Parini a D' Annunzio. Scriveva Borghese: «La poesia italiana si spegne in un mite e lunghissimo crepuscolo cui forse non seguirà la notte». Successivamente Guido Gozzano fu riconosciuto come il "maestro" ed il più autentico rappresentante del " C r e p u s c o l a r i s m o " , m a Francesco Gaeta è ancora tutto da scoprire attraverso l' attenta analisi delle sue fonti e dei suoi testi a cui mi sto dedicando. Quando ero componente della commissione toponomastica si riuscì, grazie anche a Arturo Fratta e a Max Vajro, a intitolargli una strada nei pressi di piazza Carlo III. Egli era nato a Napoli nel 1879 e qui vi morì suicida nel 1927, nella propria abitazione di via Pontecorvo numero 6, nel cuore della città, quando si spense sua mamma. Fu così grande il suo dolore che non le sopravvisse. Lasciò un biglietto sul quale aveva scritto: "Mia dolce madre ti seguo...". -
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