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Se la bellezza salverà il mondo, la cultura potrebbe redimerlo. Ma oggi il sapere è minacciato dai «nuovi media» che minacciano il pensiero autentico. È quanto sostiene Roger Scruton, filosofo inglese e docente all’Institute for the Psychological Sciences di Washington e Oxford,
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Nel suo libro «La cultura conta» ( Vita e Pensiero), lei afferma che se manca la dimensione etica dell’uomo, anche la sua capacità decade. Vale anche per l’arte l’assioma morale di Dostoevskij: ‘Se Dio non esiste, tutto è possibile’?
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«Molte persone che possiedono un sentire morale non credono in Dio, e sospetto che pochi umanisti sarebbero d’accordo con Dostoevskij. Penso che la vita morale punti verso Dio, anche se essa può esser praticata da persone che non Lo trovano o non Lo cercano. In modo simile, l’esperienza estetica e il sentimento della bellezza puntano verso Dio mostrando che questo mondo è intrinsecamente pieno di significato, come se fosse illuminato da una fonte trascendentale. La bellezza sta a fianco del sacro come una finestra su tale sorgente. Un tempo l’arte era fondata sulla religione e al suo sommo grado essa è spesso stata creata a servizio della religione. Anche l’arte che non cita Dio può avere una forza religiosa, come il Tristano e Isotta di Wagner. Questo avviene perché la bellezza ci apre al pensiero che la nostra esistenza non viene solo consumata, bensì è redenta».
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Nello stesso libro lei afferma che la cultura è generata da una religione. Oggi, lei denuncia, la cultura occidentale si qualifica in senso negativo e non più propositivo: ad esempio come strutturalismo, post¬modernismo… Perché questa visione ‘negativa’ della cultura?
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«Dietro ogni cultura vi è una tradizione religiosa che la nutre. E se questa si indebolisce, la cultura rimane senza nutrimento spirituale e decade. Lo abbiamo visto nella spiritosa satira dell’arte che si trova alla Biennale di Venezia o alla Tate Gallery a Londra. Senza radici spirituali l’arte diventa un fantasma, piena di livore e derisione ma senza il dono della bellezza. Un artista può perseguire il bello solo se guarda alla realtà come un dono che va accolto con gratitudine e se compie la sua opera come espressione di gratitudine. L’arte deve essere seria, riconoscendo che gli esseri umani non sono semplicemente macchine di piacere ma creature con un destino spirituale. Non tutti gli artisti hanno rotto con tale eredità. Nella musica vedo molti compositori che lottano per mantenere viva questa eredità. Ma vi sono giovani musicisti che hanno perso ogni fiducia nel trascendente, e quindi vengono attratti dai metodi del ‘criticismo’, quel post-strutturalismo e post¬modernismo che lei citava, i quali rimuovono tutte le tracce di significato. Nella nostra cultura è all’opera un nichilismo attivo che proviene dalla delusa amarezza di quelle persone che non riescono a trovare la fede».
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In che modo il Dio cristiano a che fare con la bellezza?
«L’arte è un omaggio alla forza creativa che guida l’universo, un tentativo di incorporare, dentro confini umani, l’esperienza di un mondo che è al contempo creato e offerto. Una volta l’arte aveva un posto indiscutibile nel culto religioso, non solo in quello pagano ma anche nelle chiese cristiane. L’islam ha allontanato l’arte figurativa dalla moschea, ma non ha espulso la bellezza. Ha cercato di abbellire il luogo di culto in un modo che potesse essere un tributo degno di quel Dio che lì veniva adorato. Quest’abitudine di offrire in un luogo di culto ciò che è più bello vien testimoniato in tutto il mondo, nel giudaismo, nell’induismo e nel buddismo, nella semplice moschea del deserto o nei gloriosi santuari dei santi cristiani. L’oggetto meraviglioso è al di fuori dell’ordinario corso degli eventi umani. Esso richiede riverenza, rispetto e anche coscienza di chi andiamo ad incontrare. Mi sembra, comunque, che la bellezza punti verso il Dio del cristianesimo piuttosto che gli dei dell’antichità o Allah. Questo, perchè il Dio cristiano è un Dio incarnato, che condivide la nostra situazione ed è presente nelle nostre vite. Egli può essere rappresentato nell’arte e la nostra tradizione di pittura e scultura ci ha condotto ad un’intima relazione con Lui. Egli si è dispiegato anche nella musica e nei lavori dei poeti. E non si può conoscere la grande tradizione dell’arte e della musica europea senza capire che qui vi è qualcosa di molto più grande che è stato raggiunto rispetto a qualsiasi altra civiltà. Certo, questo non è politicamente corretto da dire. Ma è vero».
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In Italia vi è sempre più attenzione all’’emergenza educativa’, una questione che ha a che fare con la trasmissione della cultura. Se dovesse scegliere una priorità su questo, cosa indicherebbe? «Tale emergenza non è solo italiana, esiste dovunque in Europa e, sebbene il declino della religione cristiana sia parte del problema, non riguarda solo il cristianesimo. La medesima emergenza colpisce i figli dei musulmani e i genitori ebrei. Tutti sono colpiti dall’influenza dei nuovi media che riescono a distruggere la conoscenza in maniera immediata. La tv, i videogiochi, i cellulari e gli i-pod bombardano i sensi dei giovani con immagini che distraggono, suoni violenti e che sostituiscono il pensiero. In molti casi è impossibile penetrare la barriera di nonsense con cui i giovani circondano se stessi. Assistiamo all’emergere di un nuovo tipo umano che possiede tutto ma ha perso l’uso del linguaggio e la capacità di offrirsi nell’amore e nell’amicizia. La Chiesa ha un ruolo nell’avvertire le persone sui danni cerebrali e spirituali che derivano da queste forme di comunicazione».
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Fonte : Lorenzo Fazzini – Avvenire, 8 dicembre 2009
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