...............O Dio
Dovunque solo più breve sonno
Nell’uomo, nel verde, nel calice del convolvolo.
Ognuno fa ritorno nel suo morto cuore.
– Vorrei che il mondo fosse ancora un bambino –
E a me sapesse raccontare dal primo respiro.
Prima era una grande devozione per il cielo,
Le stelle si mettevano a leggere la Bibbia.
Potessi una volta prendere la mano di Dio
O vedere la luna al suo dito.
O Dio, Dio, come ti sono lontana io!
Nel 1910 Karl Kraus definisce Else Lasker-Schüler “il più forte e il più impervio fenomeno lirico della Germania”.
Gottfried Benn, quando lei era già morta, la ritrasse in una memorabile pagina:
“Era piccola, allora aveva l’esilità di un ragazzo e capelli neri come la pece, tagliati corti, cosa ancora rara a quel tempo, grandi occhi molto neri e molto mobili, con uno sguardo sfuggente e inesplicabile.
Né allora né poi si poteva andare in giro con lei senza che tutti si fermassero a guardarla: gonne o pantaloni erano larghi e stravaganti, il resto dell’abbigliamento impossibile, collo e braccia coperti di vistosi gioielli falsi, catene, orecchini, anelli d’oro falso alle dita; e poiché era continuamente occupata a scostare dalla fronte i ciuffi di capelli, quegli anelli da donna di servizio – bisogna pur chiamarli così – erano sempre al centro degli sguardi di tutti. Non mangiava mai regolarmente, mangiava pochissimo, spesso viveva di noci e frutta per settimane.
Dormiva spesso sulle panchine, e fu sempre povera in tutte le situazioni e le fasi della sua vita” (trad. Luciano Zagari, Lo smalto sul nulla, Adelphi 1992). Qualche riga più sotto si legge che questa donna “era la più grande poetessa che la Germania avesse mai avuto”.
Dovunque solo più breve sonno
Nell’uomo, nel verde, nel calice del convolvolo.
Ognuno fa ritorno nel suo morto cuore.
– Vorrei che il mondo fosse ancora un bambino –
E a me sapesse raccontare dal primo respiro.
Prima era una grande devozione per il cielo,
Le stelle si mettevano a leggere la Bibbia.
Potessi una volta prendere la mano di Dio
O vedere la luna al suo dito.
O Dio, Dio, come ti sono lontana io!
Nel 1910 Karl Kraus definisce Else Lasker-Schüler “il più forte e il più impervio fenomeno lirico della Germania”.
Gottfried Benn, quando lei era già morta, la ritrasse in una memorabile pagina:
“Era piccola, allora aveva l’esilità di un ragazzo e capelli neri come la pece, tagliati corti, cosa ancora rara a quel tempo, grandi occhi molto neri e molto mobili, con uno sguardo sfuggente e inesplicabile.
Né allora né poi si poteva andare in giro con lei senza che tutti si fermassero a guardarla: gonne o pantaloni erano larghi e stravaganti, il resto dell’abbigliamento impossibile, collo e braccia coperti di vistosi gioielli falsi, catene, orecchini, anelli d’oro falso alle dita; e poiché era continuamente occupata a scostare dalla fronte i ciuffi di capelli, quegli anelli da donna di servizio – bisogna pur chiamarli così – erano sempre al centro degli sguardi di tutti. Non mangiava mai regolarmente, mangiava pochissimo, spesso viveva di noci e frutta per settimane.
Dormiva spesso sulle panchine, e fu sempre povera in tutte le situazioni e le fasi della sua vita” (trad. Luciano Zagari, Lo smalto sul nulla, Adelphi 1992). Qualche riga più sotto si legge che questa donna “era la più grande poetessa che la Germania avesse mai avuto”.
...............O Gott
Überall nur kurzer Schlaf
Im Mensch, im Grün, im Kelch der Winde.
Jeder kehrt in sein totes Herz heim.
– Ich wollt die Welt wär noch ein Kind –
Und wüßte mir vom ersten Atem zu erzählen.
Früher war eine große Frömmigkeit am Himmel,
Gaben sich die Sterne die Bibel zu lesen.
Könnte ich einmal Gottes Hand fassen
Oder den Mond an seinem Finger sehn.
O Gott, o Gott, wie weit bin ich von dir!
http://it.wikipedia.org/wiki/Else_Lasker-Sch%C3%BCler
2 commenti:
Io ho una certa saggezza meraviglioso.
grazie amigo! grande post!
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