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‘’ L'argomento della mia poesia (e credo di ogni possibile poesia) è la condizione umana in sé considerata; non questo o quell'avvenimento storico. Ciò non significa estraniarsi da quanto avviene nel mondo; significa solo coscienza, e volontà, di non scambiare l'essenziale col transitorio’’. Così Montale parlava di se in una intervista radiofonica del 1951, quando, negli anni ancora brucianti del dopoguerra, agli intellettuali veniva spesso richiesto di esprimersi sul rapporto fra arte e storia sociale e politica. Mentre il poeta rivendicava a se una autonomia e una attitudine formale senza le quali la poesia nemmeno potrebbe esistere, l’uomo si era ritagliato il ruolo di osservatore isolato, di testimone appartato, quasi che dall’appartenenza a un’epoca - circostanza del tutto contingente – derivasse un carattere di necessità per l’individuo , ma non per la poesia. ‘’ Io ho optato come uomo; ma come poeta ho sentito che il combattimento avveniva su un altro fronte, nel quale poco contavano gli avvenimenti che si stavano svolgendo ‘’.
Tuttavia ad onta di queste affermazioni peraltro consone al personaggio Montale, restio a qualsiasi forma di esibizionismo (una sorta di under statement che gli era connaturato ), rimane il fatto che nessun poeta del nostro Novecento ha attraversato il secolo esercitando un’azione così profonda e duratura come quella di Eugenio Montale, e che la sua opera fornisce una cifra per interpretare il secolo appena trascorso.
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In verità…
Montale si era creato in proprio, da autodidatta, una tessitura di letture e collegamenti culturali che ne mostrano la prospettiva indirizzata con sicurezza sull’epoca sua, pur dall’angulus ristretto in cui viveva .
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Alla grande guerra dedicò pochi tratti di penna … un silenzio motivato dal suo orrore per la violenza , lo stesso che molto più tardi gli fece dire, ricordando quell’esperienza : ‘’ Non avevo nessun odio contro il nemico e non potrei uccidere ne un uomo, ne un animale… ‘’ . Finita la guerra , dopo un breve trasferimento in Val Pusteria , era di nuovo a Genova, la sua Genova , resa ancor più tetra dalla tragedia della storia.
La Liguria pietrosa, le Cinque Terre scabre e assolate, là dove nell’ora meridiana si avverte l’atonia della natura, costituirono il terreno su cui nacquero gli Ossi di seppia, la prima raccolta di versi pubblicata da un acuto editore antifascista di Torino che rispondeva al nome di Pietro Gobetti. ‘’ E’ questo l’inizio di quello che viene indicato come il ‘romanzo’ di Montale, la storia frammentaria di una vita che si racconta fino all’ultimo’’. (Zampa)
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Montale si muove nell’ambito filosofico del primo novecento sulla scia dei primi libri di Henri Louis Bergson, nei quali il filosofo francese metteva in luce la sostanziale impossibilità di ridurre l’autenticità magmatica della vita alla coscienza razionale, ovvero, per uno scrittore, alla parola … su questa linea la ricerca di Montale cerca un varco che metta in comunicazione il piano mutabile dell’essere con quello precipitoso del tempo: è questo l’assunto della prima raccolta di Montale.
È solo un inizio perché al problema del rapporto tra parola e realtà sarà rivolta costantemente la sua riflessione per tutta la vita.
Ne deriva una scelta stilistica che si opponeva alla tradizione illustre dell’Ottocento o dei poeti che ancora nell’Ottocento si attardavano ..
‘’All’eloquenza della nostra vecchia lingua aulica volevo torcere il collo, magari a rischio di controeloquenza’’ , dichiarava Montale in una sorta di auto commento dal titoloIntenzioni (Intervista immaginaria), nel 1946.
L’opposizione nei confronti dei ‘’poeti laureati’’ la si legge subito nella poesia I limoni che apre la raccolta ‘’Ossi di seppia’’
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fonte: Il Sole24 ore
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I limoni
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Ascoltami, i poeti laureati
Si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati:bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla.
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il sussurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
e i sensi di questo odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza.
Ed è l’odore dei limoni.
Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d’intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.
Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
Nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra
Soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
il tedio dell’inverno sulle case,
la luce si fa avara- amara l’anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.
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