giovedì 27 gennaio 2011

Levi, Primo - Se questo è un uomo, poesia



Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.



Primo Levi, nato a Torino nel 1919, laureato in chimica, fu deportato ad Auschwitz ai promi del '44 con gli altri ebrei italiani del campo di concentramento di Fossoli, nel Modenese... morì nel 1987.
La mostruosa esperienza del Lager nazista, chiamato campo di lavoro [ ARBEIT MACHT FREI (il lavoro rende liberi). ] ma in realtà campo di sterminio, gli ispirò Se questo è un uomo (1947), uno dei libri più notevoli della letteratura europea ispirata ai campi di concentramento.
La sua forza sta nell'assenza di ogni indugio descrittivo, di ogni abbandono emotivo, persino di ogni rancore e di ogni protesta nei confronti di quella che è stata la pagina più atroce e vergognosa della storia della Germania moderna.
Levi, mi riferisco soprattutto al romanzo, è un narratore sobrio, asciutto che lascia parlare i fatti...egli vuol essere soltanto uno dei pochi superstiti che sente il dovere di dare testimonianza di ciò che avvenne.

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