A sundial inscribed carpe diem |
Tu non domandare - è un male saperlo -
quale sia l'ultimo giorno che gli dei, Leuconoe, hanno dato a te ed a me, e non
tentare gli oroscopi di Babilonia.
Quanto è meglio accettare qualunque cosa
verrà !
Sia che sia questo inverno - che ora stanca
il mare Tirreno sulle opposte scogliere - l'ultimo che Giove ti ha
concesso, sia che te ne abbia concessi ancora parecchi, sii saggia, filtra il
vino e taglia speranze eccessive, perché breve è il cammino che ci viene
concesso.
Mentre parliamo, il tempo invidioso già
sarà fuggito: cogli l’attimo, confidando il meno possibile nel domani
Quinto Orazio Flacco
Quinto Orazio Flacco, ritratto di Anton von Werner |
Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Vt melius, quidquid erit, pati,
seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum! Sapias, uina liques et spatio breui
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit inuida
aetas. Carpe diem, quam minimum credula postero.
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Vt melius, quidquid erit, pati,
seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum! Sapias, uina liques et spatio breui
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit inuida
aetas. Carpe diem, quam minimum credula postero.
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Carpe diem ‹... dìem› locuz. lat. (propr. «cogli il giorno [presente]»). – Parole con cui Orazio (Odi
I, 11, 8) esorta a saper godere dei beni che la vita ci offre giorno
per giorno; la massima riassume l’ideale oraziano, di origine
stoico-epicurea, di una vita goduta nel bene che essa ci dà, anche se è
poco, e viene spesso ripetuta, inesattamente, come invito al vivere
gioioso e senza pensieri.
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