Con gialle pere pende
E folta di rose selvatiche
La campagna sul lago.
O cigni soavi
Ed ebbri di baci
Tuffate il capo
Nella sacra sobrietà dell'acqua.
Ahimè, dove li prenderò io
Quando è l'inverno, i fiori
E dove il solatìo
E il rezzo della terra?
Le mura si levano mute
E fredde, nel vento
Stridono le banderuole.
Mit gelben Birmen hànget
Und voll mit wilden Rosen
Das Land in den See,
Ihr holden Schwàne,
Und trunken von Kùssen
tunkt ihr das Haupt
Ins heilignùchterne Wasser
Weh mir, wo nehm ich, wenn
Es Winter ist, die Blumen, und wo
Den Sonnenschein.
Und Schatten der Erde ?
Die Mauern stehn
Sprachlos und Kalt, im Winde
Klirren die Fahnen
Il mezzo della vita è per l’uomo quello che per l’estate è l’anno; la stagione colma, in cui le facoltà fisiche e spirituali raggiungono il culmine dello sviluppo; è un punto oltre il quale non c’è più accrescimento e su cui già incombe l’ombra della vecchiaia, come sulla doviziosa calda estate grava il preannuncio del freddo desolato inverno.
E’ un componimento bellissimo, di rara purezza lirica, che fonda paesaggio, sentimento e simbolo in un tutto unico di grande organicità e con un senso altissimo di poesia.
Stupendo è l’inizio ( Si curva con pere dorate // e folto di rose selvagge // il paese nel lago), densa e scabra la seconda parte ( Muti e gelidi stanno // i muri), interessante la suggestiva densa notazione finale (al vento stridono banderole).
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