Le Figaro - 20 febbraio 1909
- Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.
- Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
- La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed
il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia
febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
- Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una
bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col
suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito
esplosivo... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia,
è più bello della Vittoria di Samotracia.
- Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta
ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito
della sua orbita.
- Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza,
per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.
- Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia
un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere
concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a
prostrarsi davanti all'uomo.
- Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo
guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte
dell'impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già
nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.
- Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il
militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le
belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
- Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie
d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro
ogni viltà opportunistica e utilitaria.
- Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o
dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle
rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore
notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune
elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le
officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti
simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con
un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano
l'orizzonte, e le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle
rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo
scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una
bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.
È dall'Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto
di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il
FUTURISMO perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida
cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già per
troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo
liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.
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- Filippo Tommaso Marinetti
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