venerdì 26 aprile 2013

Esiodo , la via del bene





Moreau,_Gustave_-_Hésiode_et_la_Muse_-_1891
Pensando al tuo bene io ti parlerò [...].
E' facile scegliere la vita infelice, puoi averne quanta ne vuoi e la strada è semplice e vicina.
Gli dèi immortali, invece, hanno messo il sudore in fronte alla vita prospera, e una via lunga e difficile, in principio, incontra chi vuole percorrerla. Man mano che ci si avvicina alla vetta, però, essa diventa più agevole.
Migliore di tutti è colui che la percorre seguendo le proprie idee, meditando su tutto quello che al termine risulterà essere il meglio; ma è da lodare anche colui che ascolta chi lo consiglia bene. Chi invece non pensa con la propria testa, e nemmeno dà retta ai buoni consigli, è un uomo senza speranza.


Esiodo
Le opere e i giorni
vv. 286-297




Gustave Moreau – Apollo e le nove muse

Pensieri



(Antonello da Messina )
Leonardo


L’umanità ha fatto molti errori. Ma per fortuna , non si è mai sbagliata su un punto… Prima o poi si è sempre ricordata dei grandi geni della letteratura, dell’arte e della filosofia. Quelli che hanno espresso la ricchezza spirituale dell’uomo


(pensieri)


Botticelli


giovedì 25 aprile 2013

Piero Calamandrei, Discorso ai giovani


Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati.
Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità della nazione, andate là, o giovani, col pensiero, perché là è nata la nostra costituzione.


(, Disco
Piero Calamandrei, Discorso ai giovani sulla Costituzione nata dalla Resistenza. Milano, 26 gennaio 1955)


Raffaello Sernesi - tetti al sole - 1861

Ti ho chiamato
nelle notti di solitudine
pronunciando il tuo nome.

Sono andato
nei giorni del cammino
pronunciando il tuo nome.

Ho aspettato
sulle spiagge l’onda
pronunciando il tuo nome.

Sulle pagine bianche di un quaderno
ho scritto il tuo nome
e alla gente ho parlato di te
e l’ipocrisia e l’egoismo che vivo
ho combattuto
pronunciando il tuo nome.

Ho voluto credere
perché nulla è più importante del fatto
che vivo e sono un uomo:

libertà!

(Giovenale Nino Sassi)






Silvestro Lega - in giardino - 1883

mercoledì 24 aprile 2013

Paul Fleming - Se tu mi potessi amare.


Se tu mi potessi amare,
o tu mio io,
come io te,
io sarei senza tristezza.
Ma che tu non mi consideri degno,
è ciò che tanto mi affligge.
A tutte io te sola
antepongo:
te lo giuro
per lo splendore aureo di Febo,
per il dolce ardore del dio Cupido.
A te sola voglio bene.
Tu non puoi aiutarmi,
perchè non voglio staccarmi
dalla bellezza
che in te dimora
e che induce chiunque
a essere devoto.
Non vedi come piango
e a causa tua,
o mia bellezza,
sembro quasi inconsolabile ?
Tu vedi, ma non curi
che nessuno fuori di te mi può consigliare.
Ah, lasciati persuadere,
mio unico uno,
da questa pena
che io tante volte ho sofferta !
fa', o cuore, fà dunque
che io mi rallegri dopo il tormento.



 
Considerato uno dei più grandi talenti della letteratura tedesca Paul Flaming naque in Sassonia ad Hartenstein nel 1609 e morì ad Amburgo del 1640.
Nel 1633 si laureo in filosofia nell'Università di Lipsia. In seguito partecipò come segretario all'avventurosa spedizione in Persia organizzata dal prof. Adam Olearius, per consto di Federico III di Schleswing-Holstein-Gottorf.
Nel 1640 si laureo anche in medicina ma durante il viaggio che avrebbe dovuto portarlo a casa, a Reval, in Estonia, fu colpito da una infezione polmonare e morì.

martedì 23 aprile 2013

Buonanotte !

Folon
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... le stelle cui ogni notte affidi i tuoi sogni di luce, ritirandosi discrete alla luce del giorno, ti restituiranno la speranza del domani: la certezza di poter essere "amore"che sa farsi accanto 
(Teresa della Croce - Monastero-Janua Coeli)

 
Folon

 

domenica 14 aprile 2013

PAULO COELHO* Sulla Sponda Del Fiume Piedra Mi Sono Seduta e Ho pianto ...



Raffaello

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‘’Pregheremo in tende di otto persone’’, ha detto il sacerdote, in spagnolo, in italiano e, quindi, in francese.
Mi sono di nuovo ritrovata disorientata: non riuscivo a capire bene ciò che stava accadendo. Qualcuno mi si è avvicinato e mi ha messo un braccio intorno alle spalle. Lo stesso ha fatto un’altra persona dall’altro lato. Si è così formato un cerchio di otto persone abbracciate. Quindi ci siamo chinati in avanti, fino a che le nostre teste si sono sfiorate.
Avevamo assunto la forma di una tenda. La pioggia adesso scendeva più forte, ma nessuno se ne curava. La posizione aiutava a concentrare tutte le nostre energie e il nostro calore.
‘’Che l’Immacolata Concezione aiuti mio figlio e gli faccia scoprire il suo cammino,’’ ha detto la voce dell’uomo che mi abbracciava sulla destra. ‘’vi chiedo di recitare insieme un’Ave Maria per mio figlio.’’
‘’Amen’’ , hanno risposto tutti. Allora abbiamo recitato l’Ave Maria.
‘’Che l’Immacolata Concezione mi illumini e risvegli in me il dono della guarigione,’’ ha detto la voce di una donna della nostra tenda. ‘’Recitiamo un’Ave Maria’’.
Tutti insieme abbiamo ripetuto ‘’Amen’’ e poi abbiamo pregato. Ciascuno esprimeva una richiesta e tutti partecipavano alla preghiera. Ero sorpresa di me stessa, perché stavo pregando come una bambina e, come una bambina, credevo che quelle grazie sarebbero state concesse.
Per una frazione di secondo, il gruppo è rimasto in silenzio. Ho capito che era arrivato il mio turno di esprimere la richiesta. In qualsiasi altra circostanza, mi sarei vergognata da morire e non sarei riuscita a dir niente. Ma c’era una Presenza che mi infondeva fiducia.
‘’Che l’Immacolata Concezione mi insegni ad amare come Lei, ‘’ ho detto allora. ‘’Che questo amore faccia crescere me e l’uomo al quale è rivolto. Recitiamo un’Ave Maria.’’
Abbiamo pregato insieme e di nuovo quella sensazione di libertà si è diffusa tra di noi.

sabato 13 aprile 2013

Destinatario sconosciuto




Vincent Van Gogh

E' sera, anzi è notte.

La pioggia ha smesso di battere i vetri della finestra: sembra ottobre !

Forse è la pioggia che porta la tristezza, la voglia di riempire la stanza, di non restare solo... I miei dormono.

Forse è vero che i poeti attendono la notte per scrivere sciocchezze.

Attendono l'amore che c'è, che non c'è e lascia soli.

Ho bisogno di riposo, di liberare la mente per scrivere, raccontare, vivere sensazioni, emozioni nuove e non mi basta leggere un buon libro o la biografia dei grandi e il racconto, quello che agita la notte, resta nella penna e sfiorisce insieme ai giorni che passano lenti, irraggiungibili, inconcludenti.

Bisognerebbe vivere per ricominciare, tutti i giorni, e inventare il presente che vorresti ma ... domani non è il giorno che vorrei.

Per scrivere occorre una storia e i libri che hai letto non aiutano.

Sono le storie degli altri, quelle, belle, avvincenti ma tu sei diverso, la tua vita è stata diversa.

Ho combattuto la buona battaglia, mi dico, e spesso ho perso .

Ma era veramente la buona battaglia o io, bambino che pensa da grande, ho confuso il bene con il male?

Ognuno ha i suoi racconti.

Tolstoj ascoltava ''La sonata a Kreutzer'' di Beethoven e stava bene, io, più semplicemente, cerco il silenzio, questo silenzio che avvolge e ristora. Non è rigido, non è immutabile, anzi....

Stammi bene. (GSN)

Chagall

venerdì 12 aprile 2013



"Se la vostra vita quotidiana vi sembra povera, non l’accusate. Accusate invece voi stessi perché non siete abbastanza poeti da evocare la ricchezza interiore, poiché per un creatore non esistono luoghi poveri e indifferenti."
Rainer Maria Rilke
e)

Jorge Carrera Andrade - Aria di solitudine



Franz Marc Cavallo azzurro I, 1911 olio su tela, 100x111,5 cm Stadtische Galerie in Lenbachhaus, Monaco



Aria di solitudine, dio trasparente
che edifichi in segreto la tua dimora
su pilastri di vetro di quali fiori?
sulla galleria illuminata
di quale fiume, di quale fonte?
Il tuo santuario è la grotta di colori.
Lingua di splendori
parli, dio nascosto
all’occhio e all’udito.
Solamente nella pianta, nell’acqua e nella polvere ti affacci
con il tuo vestito di ali di colombe
risvegliando la freschezza e il movimento.
Sul tuo cavallo azzurro vanno gli aromi,
Solitudine diventata elemento…

 

da DETTATO DELL’ACQUA 1952-53

lunedì 8 aprile 2013

I miei pensieri





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Misuro i miei limiti di uomo e  penso che l’Amore vince il niente e profuma di eternità. 

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sabato 6 aprile 2013

“L'Idiota” di Dostoevskij




                                     Ritratto del 1872 ad opera di Vassilij Perov (Galleria Tret'jakov, Mosca).


(stralcio)

Quali terribili sofferenze mi è costata – e mi costa tuttora – questa sete di credere, che tanto più fortemente si fa sentire nella mia anima quanto più forti mi appaiono gli argomenti ad essa contrari! Cionostante Iddio mi manda talora degl'istanti in cui mi sento perfettamente sereno; in quegl'istanti io scopro di amare e di essere amato dagli altri, e appunto in quegl'istanti io ho concepito un simbolo della fede, un Credo, in cui tutto per me è chiaro e santo. Questo Credo è molto semplice, e suona così: credete che non c'è nulla di più bello, di più profondo, più simpatico, più ragionevole, più virile e più perfetto di Cristo; anzi non soltanto non c'è, ma addirittura, con geloso amore, mi dico che non ci può essere. Non solo, ma arrivo a dire che se qualcuno mi dimostrasse che Cristo è fuori dalla verità e se fosse effettivamente vero che la verità non è in Cristo, ebbene io preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità.






Nel corso del romanzo è più volte citato e discusso dai personaggi, il quadro di Hans Holbein il Giovane, Cristo nella tomba. Dostoevskij aveva visto il dipinto nel 1867 a Basilea e ne era rimasto fortemente impressionato.

L’idea alla base del romanzo sta tutta nel tentare di concepire un personaggio straordinario, un ibrido di umano e divino, l’estrema descrizione, a detta di Dostoevskij, di un uomo pienamente splendido. Quindi non si ha più a che fare con il classico espediente narrativo, ma la trasposizione in veste del tutto mitologica di un ideale, quello della bellezza.



venerdì 5 aprile 2013


Titti Ferrando - Così in terra

Monet

Bisogna cercare dappertutto
anche in questa Bombay
disperata di sole e pioggia e piedi scalzi
presagio d'agonia
che svuota il cuore.
Cercare in fondo al mare
che non ha appartenenza ma solo
onde onde e onde
ma solo solitudini di coste
senza centro.

E quando lo schianto si fa cattivo
bisogna dipingere gli occhi sulla prua
verso la casa del ritorno
in terraferma.

Quel giorno qualche dio farà il conto.
________________________Forse.
 



Monet


mercoledì 3 aprile 2013

Vermeer - la ragazza con il cappello rosso

Vermeer - la ragazza con il cappello rosso




Ragazza con cappello rosso è un dipinto ad olio su tavola di cm 22,8 x 18 realizzato nel 1665 circa dal pittore olandese Jan Vermeer. È conservato al National Gallery di Washington.
L'opera è firmata IVM.
Il dipinto mostra il mezzo primo piano di una fanciulla, riccamente vestita e seduta di lato rispetto all'osservatore a cui si rivolge mostrando il volto. Un vistoso cappello bordato di piume rosse le orna il capo.

fonte wikipedia

Particolare

martedì 2 aprile 2013

ULISSE di Joyce



La stesura dell' ''Ulisse''
.
Quando nel giugno del 1915 Joyce fu costretto dalla guerra a trasferirsi con la famiglia da Trieste a Zurigo, egli aveva completato soltanto il primo episodio, ‘’Telemaco’’ ; ne fa fede l’ultima cartolina spedita il 16 giugno da Trieste al fratello Stanislaus internato in Austria come cittadino di paese nemico. Scritta in tedesco, la cartolina annuncia : ‘’Ho scritto qualcosa. Il primo episodio del mio nuovo romanzo Ulisse è scritto. La prima parte, la Telemachia, si compone di quattro episodi; la seconda di quindici, cioè le peregrinazioni di Ulisse; e la terza, il ritorno di Ulisse, di altri tre episodi’’.
Il numero degli episodi, come si vede, è tutt’altro che definitivo. Con il primo di essi Joyce portava a Zurigo il manoscritto ancora incompiuto di Esuli, che fu completato nel settembre di quell’anno; quanto al romanzo, Joyce si limitò ancora per molti mesi ad accumulare materiali in forma di appunti disordinati che avrebbe poi distribuito nei vari episodi, e solo quando fu chiara la prospettiva della pubblicazione di Ulisse a puntate nella ‘’ Little Rewiew’’ di New York, egli si mise sistematicamente al lavoro per la stesura definitiva del libro, lavoro che può essere seguito attraverso le testimonianze del suo epistolario.
Nell’ottobre del 1916 aveva ‘’ quasi completato’’ i primi tre episodi e abbozzato pagine delle parti centrale e finale del libro; ma anche quei primi tre episodi furono messi ‘’in bella copia’’ soltanto fra il novembre 1917 e il gennaio 1918. Nel febbraio 1918 completò il quarto episodio, nell’aprile il quinto, nel giugno il sesto e per la fine dell’anno aveva pronti gli altri fino al nono. Si trattava, quanto a numero di episodi , della prima metà dell’Ulisse; ma i nove episodi successivi saranno assai più lunghi e complessi, tanto da occupare nella versione definitiva un numero di pagine pari a più del doppio di quelle della prima ‘’metà’’.
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da Guida alla lettura di Giorgio Melchiori e Giulio De Angelis ( l'Ulisse tradotto)
Mondadori editore

Racconti di un pellegrino russo ( I )



Primo racconto

Per grazia di Dio sono uomo e cristiano, per azioni grande peccatore, per vocazione pellegrino errante di luogo in luogo. I miei beni terreni sono una bisaccia sul dorso con un po' di pan secco e, nella tasca interna del camiciotto, la Sacra Bibbia. Null'altro.
Una domenica entrai in una chiesa, durante la Liturgia, per pregare. Stavano leggendo il passo della prima lettera ai Tessalonicesi in cui è detto: «Pregate senza interruzione». Queste parole si incisero profondamente nel mio spirito, e cominciai a chiedermi come fosse possibile pregare senza posa quando ciascuno è necessariamente impegnato a lavorare per il proprio sostentamento. Cercai nella mia Bibbia e lessi proprio quello che avevo udito, e cioè: «Pregate senza interruzione per mezzo dello Spirito in ogni tempo». Pensavo e pensavo, senza trovare alcuna soluzione.
Volendo che qualcuno mi chiarisse il senso di quelle parole, decisi di recarmi nelle chiese dove si trovano predicatori di grande fama; chissà che da loro non mi sarebbero giunte parole illuminanti. E così feci. Udii molte prediche bellissime sull'orazione in generale: che cos'è, perché è indispensabile, quali sono i suoi frutti; ma nessuno mi spiegava come pregare incessantemente. Insomma, nelle prediche che udii non trovai la risposta che cercavo, sicchè decisi di cercare, con l'aiuto di Dio, un uomo sapiente ed esperto che mi spiegasse il mistero dell'orazione ininterrotta e continua che tanto mi attraeva.
Vagabondai a lungo per diversi luoghi; leggevo sempre la mia Bibbia e mi informavo se ci fosse nei dintorni un padre spirituale, un maestro saggio e ricco d'esperienza. Una volta mi dissero che in un villaggio viveva da tempo un signore dedito totalmente alla salvezza della sua anima; aveva una piccola chiesetta privata, non usciva mai e non faceva che pregare. Mi precipitai da lui e gli chiesi cosa si intende per "preghiera incessante" e come la si può realizzare. Quel signore rimase un istante in silenzio, poi mi guardò fisso e mi disse: «Prega di più e con sempre maggior fervore: l'orazione stessa ti indicherà in che modo essa diventa incessante; ma per questo ci vuole molto tempo». Detto ciò, mi fece mangiare, mi donò qualcosa per il viaggio e mi congedò. Ma non mi aveva spiegato niente.
Ripresi il cammino e dopo parecchia strada giunsi ad un monastero dove c'era un abate molto caritatevole, devoto e ospitale con i pellegrini. Andai da lui. Mi accolse amichevolmente, mi fece sedere e mi offrì del cibo. «Padre», gli dissi, «non mi occorre il cibo: desidero da voi un insegnamento spirituale. Ho sentito dire che occorre pregare senza interruzione ma non so come si possa fare; anzi, non riesco neppure a capire che cosa significhi l'orazione ininterrotta. Vi prego, spiegatemelo». Mi diede un libro dove si diceva che le parole dell'Apostolo si riferiscono alla preghiera che nasce da una mente sempre immersa in Dio. Ma non aveva spiegato niente. Passai la notte da lui e al mattino, ripresi il cammino senza saper bene dove andare.
Camminai per circa cinque giorni lungo la strada maestra, finché una sera incontrai un monaco che viveva in un eremo poco lontano. Era uno starets (= un maestro spirituale). Mentre lo accompagnavo gli esposi il mio problema. Allora mi invitò nella sua cella e mi disse: «Per "preghiera continua" non si intende altro che la cosiddetta "Preghiera di Gesù" o "preghiera del cuore", che consiste nella continua ed incessante ripetizione del Nome di Gesù con le labbra, con la mente e con il cuore, durante ogni occupazione, in ogni luogo e tempo, anche nel sonno. La Preghiera si compone di queste parole: " Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore!". Chi si abituerà a questa invocazione proverà una tale consolazione e un tal bisogno di pronunciarla di continuo, che non potrà più vivere senza di essa, ed essa fluirà spontaneamente dentro di lui. Ora hai capito che cos'è l'orazione ininterrotta?». «Ho capito padre mio, ma ora insegnatemi come arrivarci!».
Poichè avevo finalmente trovato il mio maestro e non potendo restare per lungo tempo suo ospite nell'eremo, decisi di trovare una sistemazione lì vicino. Fui assunto in un villaggio poco lontano per tutta l'estate da un contadino per curare il suo orto: potevo vivere tutto solo in una capanna. Avevo così trovato un posto tranquillo dove avrei potuto viverci, esercitarmi e studiare l'orazione interiore.
Tornai quindi dallo staretz che mi disse: «D'ora in poi devi accettare la mia direzione con fiducia. Prendi questo rosario. Per cominciare, dirai ogni giorno almeno tremila volte la Preghiera. In piedi, seduto, camminando o coricato, dirai senza posa: "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me, peccatore!". Dilla a voce bassa, lentamente; ma siano tremila volte al giorno, né più, né meno».
Tornai alla mia capanna e cominciai ad eseguire fedelmente ciò che mi aveva ordinato. Per due giorni non mi fu facile, ma poi divenne così piacevole che appena smettevo sentivo come un bisogno di riprendere la Preghiera ed essa mi sgorgava facilmente e lievemente, senza costringermi allo sforzo di prima. Ne riferii allo starets che mi ordinò di recitare la Preghiera seimila volte al giorno: «Stà tranquillo, cerca solo di recitare il numero esatto di preghiere che ti ho prescritto: Dio ti darà la sua grazia».
Passai tutta la settimana nella solitudine della mia capanna a recitare ogni giorno per seimila volte la Preghiera di Gesù, senza preoccuparmi di nulla e senza dar corso alle distrazioni, per insistenti che fossero. Cercavo solo di eseguire fedelmente l'ordine dello starets. Che avvenne? Mi abituai talmente alla Preghiera che se mi interrompevo anche per poco tempo, avevo la sensazione che mi mancasse qualcosa. Non appena riprendevo a recitarla, subito ritornava la gioia. Quando incontravo qualcuno, non desideravo parlare: desideravo solo trovarmi nella mia solitudine e recitare la mia Preghiera, tanto mi ci ero abituato in una sola settimana.
Non vedendomi per dieci giorni, lo starets stesso venne a sentire mie notizie ed io gli spiegai quel che mi accadeva. Mi ascoltò e disse: «Ora che ti sei abituato alla Preghiera, fa' in modo di conservare e rafforzare quest'abitudine. Non perdere tempo, dunque, e con l'aiuto di Dio, impegnati a recitarla dodicimila volte al giorno. Resta nella solitudine, alzati un po' prima, coricati un po' dopo e vieni a consigliarti con me ogni due settimane».
Continuai a mettere in pratica i suoi consigli. Il primo giorno riuscii a mala pena, a notte inoltrata, a terminare le dodicimila invocazioni. Il giorno successivo portai a termine il mio compito facilmente e con gioia. Da principio sentivo una sorta di fatica a pronunciare ininterrottamente la Preghiera. Poi, a forza di sgranare il rosario, provai un leggero indolenzimento al pollice della mano sinistra, ma tutto ciò non faceva che spronarmi più che mai a recitare la Preghiera. Così per cinque giorni la recitai fedelmente dodicimila volte al giorno, e all'abitudine si aggiunsero ben presto la gioia e la soddisfazione.
Un mattino venni, per così dire, svegliato dalla Preghiera. Appena la cominciai a recitare ne ebbi sollievo e la lingua e le labbra si muovevano da sole senza sforzo da parte mia. Passai tutta la giornata in grande letizia. Ero come distaccato da tutto, come se mi trovassi in un altro mondo. Terminai con facilità le mie dodicimila preghiere prima di sera. Avrei voluto continuare ancora, ma non osavo superare il limite stabilito dallo starets.
Quando andai da lui gli raccontai tutto e mi disse: «Ringrazia Dio che ti ha dato il desiderio e la facilità di recitare la Preghiera. E' un effetto naturale derivante dal frequente e attivo esercizio. La stessa cosa succede a una macchina alla cui ruota motrice si imprima una spinta: essa corre a lungo da sé, ma per prolungare il suo moto occorre imprimerle una nuova spinta di tanto in tanto. Ora ti permetto di recitare la Preghiera quanto vuoi. Cerca di dedicarle ogni attimo nel quale non dormi, invoca il Nome di Gesù senza più contare, rimettendoti umilmente alla volontà di Dio e aspettando da Lui l'aiuto. Egli non ti abbandonerà e ti guiderà nel cammino».
Seguendo i suoi consigli, passai tutta l'estate a recitare senza posa la Preghiera di Gesù e sperimentai l'assoluta pace dell'anima. Durante la notte sognavo spesso di recitare la Preghiera e di giorno, se mi capitava di incontrare qualcuno, tutte quelle persone senza distinzione mi parevano altrettanto amabili che se fossero state della mia famiglia. I pensieri si erano spontaneamente acquietati e quando andavo in chiesa la lunga funzione monastica mi sembrava breve e non mi stancava più come in passato.
Ma non potei giovarmi a lungo degli insegnamenti del mio ispirato starets: alla fine delI'estate morì. Gli dissi addio con le lacrime agli occhi, ringraziandolo per l'insegnamento paterno che mi aveva dato e gli chiesi come suo ricordo il rosario sul quale aveva sempre pregato. Ero rimasto solo. L'estate finì e si raccolsero i frutti dell'orto. Non avevo più dove vivere. Il contadino mi congedò, dandomi due rubli d'argento e riempiendomi il sacco di pane secco per il viaggio.
Ripresi a peregrinare da un luogo all'altro, ma non avevo più l'ansia di prima: I'invocazione del Nome di Gesù mi rallegrava durante il cammino e tutta la gente mi trattava con maggiore bontà, quasi che tutti avessero preso ad amarmi.
Un giorno decisi di comperare la Filocalia per continuare a studiare su di essa l'orazione interiore. Entrai in una chiesa e per due rubli ne trovai una molto vecchia e sciupata. Ne fui felice. La aggiustai come meglio potei, la ricoprii con un pezzo di stoffa e la riposi nella bisaccia con la mia Bibbia.
Ora cammino e incessantemente ripeto la Preghiera di Gesù. A volte percorro più di sessanta verste in un giorno e non me ne accorgo nemmeno. Quando le gambe e la schiena cominciano a dolermi, concentro il pensiero sulla Preghiera e non sento più il dolore. Se qualcuno mi offende penso alla dolcezza della Preghiera di Gesù: umiliazione e collera scompaiono, dimentico tutto. Non ho preoccupazioni nè interessi. Vorrei solo restare nella mia solitudine, con un unico desiderio: recitare incessantemente la Preghiera e sentirmi colmare di gioia.
Dio sa che cosa mi sta succedendo. Così, anche senza essere ancora pervenuto alla ininterrotta e spontanea orazione del cuore, per grazia di Dio ho capito chiaramente il significato dell'insegnamento di S. Paolo: "Pregate incessantemente".


Racconti di un pellegrino russo - Wikipedia