lunedì 30 giugno 2008


Domani lascio il caldo umido e appiccicoso della città per un breve, programmato da tempo, periodo di riposo.

Un bagaglio leggero, le poesie di Emily Dickinson e il romanzo suggerito da Caterina, '' L'eleganza del riccio '' di Muriel Barbery.
Porto con me anche il libro dei libri, la Bibbia.

Ho bisogno di un periodo di riposo per raccogliere le idee e ricominciare.
La testa stanca, impagliata di niente, reclama orizzonti sereni.
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Non sono un cybernauta….. ma stare con voi è stato un piacere. Grazie !!!
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A ottobre inizio il percorso per l'intervento (spero l'ultimo) ...nel frattempo niente pesi, niente sforzi, niente ginnastica che sollecita gli addominali e niente stress.
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Tomorrow I leave the warm moist and sticky city for a short, scheduled for some time, period of rest.
A baggage light, the poems of Emily Dickinson and the novel by Catherine suggested,''The elegance of hedgehog''by Muriel Barbery and the Bible.
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Grazie per avermi ascoltato

Arthur Rimbaud - Sensazioni



Nelle azzurre sere d'estate, andrò per i sentieri,
punzecchiato dal grano, a pestar l'erba tenera:
trasognato sentirò la frescura sotto i piedi
e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.

Io non parlerò, non penserò più a nulla:
ma l'amore infinito mi salirà nell'anima,
e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro,
nella Natura, lieto come con una donna.

domenica 29 giugno 2008


ANDREA MANTEGNA (Isola di Corturo, 1431 - Montava, 1506) 

POLITTICO DI SAN ZENO - CROCIFISSIONE tempera su tavola (67x93) – 1456/1459 - Parigi, Musee du Louvre La tavola faceva parte di una pala d'altare che, fino al 1797, adornava la chiesa di San Zeno a Verona. Poi venne portato in Francia da Napoleone e solo alcune parti tornarono in Italia. La tavola della crocifissione rimase in Francia. L'esaltazione della croce e della figura di Cristo sono resi più evidenti da alcuni accorgimenti: le croci dei ladroni sono messe di traverso ed occupano solo una piccola porzione dello spazio, i personaggi ai piedi delle croci sono disposti attorno alle due croci laterali in modo che la croce centrale sì stagli più nettamente sullo sfondo retrostante, così come anche Gesù è contrapposto allo sfondo omoge¬neo del cielo, mentre gli elementi naturalistici ed architettonici (con richiami agli edifici classici di Gerusalemme) sono rappresentati ai due lati del dipinto.


Dante: Canto XXXIII del Paradiso



(Ho già postato parte di questa bellissima preghiera. Scusatemi se mi ripeto ma è una sera particolare. C'è bisogno di pregare, di elevare un pensiero a colei che, termine fisso d'eterno consiglio, la cui benignità non pur soccorrea chi domanda, ma molte fïate liberamente al dimandar precorre).

Preghiera alla Vergine
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Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ’l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridïana face
di caritate, e giuso, intra ’ mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz’ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.
Or questi, che da l’infima lacuna
de l’universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,
supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l’ultima salute.
E io, che mai per mio veder non arsi
più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co’ prieghi tuoi,
sì che ’l sommo piacer li si dispieghi.
Ancor ti priego, regina, che puoi
ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi.
Vinca tua guardia i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani!".
Li occhi da Dio diletti e venerati,
fissi ne l’orator, ne dimostraro
quanto i devoti prieghi le son grati;
indi a l’etterno lume s’addrizzaro,
nel qual non si dee creder che s’invii
per creatura l’occhio tanto chiaro.
E io ch’al fine di tutt’i disii
appropinquava, sì com’io dovea,
l’ardor del desiderio in me finii."

sabato 28 giugno 2008

SE POTESSI ( Giovenale Nino Sassi)





Se potessi

cambierei l’inverno in una calda estate

e
farei
della gente e delle cose
l’espressione più vera;
ma
basterebbe
che fossi tu la mia estate
semplicemente tu
per vivere l’inverno.

(Giovenale Nino Sassi)

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giovedì 26 giugno 2008

Emily Dickinson - Se io potrò impedire


Se io potrò impedire
a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano-
Se allevierò il dolore di una vita
o guarirò una pena-

o aiuterò un pettirosso caduto
a rientrare nel nido
non avrò vissuto invano.
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Amherst, 28 marzo 1846

Carissima Abiah ,
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È domenica sera. Tutto è silenzio intorno a me e mi sento nello stato d'animo di rispondere alla tua affettuosa lettera. Sono sola davanti alla mia piccola scrivania, e vorrei scriverti notizie gioiose come quelle contenute nella tua lettera. Sono sola con Dio, e la mia mente è colma di tanti pensieri solenni che si affollano in me con una forza irresistibile (……omissis ... )
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Ieri mentre ero seduta vicino alla finestra a nord un corteo funebre entrò dal cancello aperto del camposanto, seguendo i resti della moglie del giudice Dickinson verso la sua lunga dimora. La moglie aveva sopportato una lunga malattia di due o tre anni senza un lamento. Si appoggiava interamente al braccio di Dio e lui non l'ha abbandonata. Ora lei è con i redenti in cielo e con il salvatore che ha così a lungo amato, secondo ogni umana probabilità. Mi dolgo sinceramente con te Cara A. per la perdita della tua amica E. Smith. Anche se non l'ho mai conosciuta, l'amavo per ciò che ne dicevi e perché era tua amica. Speravo di poterla incontrare una volta o l'altra ma Dio ha decretato altrimenti e non la conoscerò mai più se non come uno spirito lassù. Non rammento di averti mai sentita parlare delle sue convinzioni religiose ma spero che il suo tesoro fosse in cielo. Che colpo per le amorevoli speranze dei suoi genitori e amici dev'essere stata la sua morte. Della mia stessa età non ho perduto che un'amica i cui pensieri erano uguali ai miei. Fu prima che tu venissi ad Amherst. La mia amica era Sophia Holland. Era troppo amabile per la terra e fu trapiantata dalla terra al cielo. Andavo spesso a trovarla mentre era malata e vegliavo al suo capezzale. Ma alla fine la Ragione si dileguò e il medico proibì a tutti tranne che all'infermiera di entrare nella sua stanza. Allora mi sembrava che sarei morta se non avessi potuto più vegliarla o almeno guardarla in viso. Alla fine il dottore disse che sarebbe morta e mi permise di guardarla per un momento attraverso la porta aperta. Mi tolsi le scarpe ed entrai furtivamente in quella camera di dolore. Giaceva là mite e bella come da sana e i suoi pallidi lineamenti si illuminarono di un sorriso soprannaturale. Guardai finché gli amici me lo permisero e quando mi dissero che non potevo più guardare lasciai che mi portassero via. Non versai lacrime, perché il mio cuore era troppo colmo per piangere, ma dopo che fu deposta nella bara e capii che non potevo richiamarla indietro mi abbandonai a una costante malinconia. Non dissi a nessuno la causa del mio dolore, sebbene mi stesse corrodendo le fibre del cuore. Non stavo bene e andai a Boston, ci restai per un mese e la mia salute migliorò insieme al morale. Confido che ora lei sia in cielo e anche se non la dimenticherà mai, la incontrerò in cielo. So quali debbono essere stati i tuoi sentimenti alla sua morte, e mi rallegro che tu abbia consolazione dall'alto per sopportarla con rassegnazione.
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La tua aff. ..Emily E Dickinson

mercoledì 25 giugno 2008

Mario Luzi

Il tuo cuore
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Io lo penso, il tuo cuore come un'acqua
perduta in un deserto
che invano aspetta chi ci si disseti.
Lo penso come un albero fiorito
in piena notte, che nessuno guarda,
se non da vetri in fuga un viaggiatore
che noia o affari portano lontano
Come uccello spaurito
vaga pei lacunari d'una volta
di cui non trova uscita e crea soltanto
col suo strido più vasta solitudine...

martedì 24 giugno 2008

CANTO D'AMORE


Come potrei trattenerla in me,
la mia anima, che la tua non sfiori;
come levarla, oltre te, ad altre cose?
Ah, potessi nasconderla in un angolo
perduto nella tenebra, un estraneo
rifugio silenzioso che non seguiti
a vibrare se vibri il tuo profondo.
Ma tutto quello che ci tocca, te
e me, insieme ci prende come un arco
che da due corde un suono solo rende.
Su qual strumento siamo tesi, e quale
violinista ci tiene nella mano?
O dolce canto.
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(Rainer Maria Rilke )

John Donne - Canzone..... (per te)

CANZONE
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Mio dolcissimo amore, non fuggo
per stanchezza di te,
nè perchè spero che il mondo possa offrirmi
un amore più degno;
ma poichè è destino
che io debba infine morire, è molto meglio
che mi prenda per scherzo l'abitudine
di morire così di qualche morte finta.
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Ieri sera anche il sole era fuggito,
eppure oggi è qui.
lui non ha desideri e non ha sensi,
nemmeno un corso breve come il mio:
dunque non ti preoccupare per me,
credi che tutti i miei viaggi
saranno assai più rapidi, perchè io
ho più ali e più sproni di lui.
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Ma come è fragile il potere dell'uomo,
che se anche ha buona fortuna
non vi si può aggiungere un'ora di più,
nè richiamare un'ora che ha perduta!
Ma venga pure la cattiva sorte:
le aggiungeremo la nostra forza,
le insegneremo l'arte e la portata,
così che su noi tragga vantaggio.
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Quando sospiri non sospiri vento,
ma esali la mia anima;
quando piangi, scortesemente cortese,
corrompi il sangue della mia vita.
Non è possibile che tu mi ami
come dici di amarmi se disperdi
con la tua la mia vita,
tu che di me sei la parte migliore.
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Il tuo cuore da oracolo
non mi preannunci alcun male: il destino
potrebbe prendere anche la tua parte,
realizzando così le tue paure;
pensa piuttosto che noi
ci siamo solo voltati le spalle nel sonno;
coloro che a vicenda si tengono vivi
non sono mai separati.
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John Donne

Rainer Maria Rilke ...

Rosa, contraddizione pura, piacere d'essere
il sonno di nessuno sotto tante
palpebre.
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Rainer Maria Rilke

Rose, oh reiner Widerspruch, Lust,
Niemandes Schlaf zu sein unter soviel
Lidern.
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Rainer Maria Rilke


Ti scrivo...

Pensieri senza meta


L’emigrazione ?
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Noi eravamo spagnoli, portoghesi, italiani. Eravamo Greci, Turchi …… europei dell’occidente uscito dalle macerie della seconda guerra mondiale.
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L’emigrazione di oggi è diversa. I migranti di oggi non sono europei dell’occidente ma uomini e donne, bambini provenienti da altre guerre e tragedie o da un muro caduto.
Culture diverse e distanti tra loro si mescolano a fatica, sono difficili da integrare.
L’occidente ricco, civilissimo ed evoluto ha bisogno di braccia, ….. ma arrivano persone … ad alcuni dispiace ovvero non ci avevano pensato.
Emergono incapacità ed egoismi …
L’incapacità di un sistema paese impreparato e la povertà che avanza insieme al niente ….. e così sia

sabato 21 giugno 2008

IL PINTURICCHIO




Bernardino di Betto, detto il Pinturicchio, è un pittore piacevole, dotato di una facile vena narrativa e di uno spiccato senso decorativo. Tra le fine del '400 e l'inizio del '500 il carattere raffinato e celebrativo della sua pittura lo rese estremamente celebre e richiesto come testimonia la sua ricca produzione figurativa apprezzata da una lunga serie di pontefici a partire da Sisto IV. Dopo alcuni anni di collaborazione con il Perugino, a fianco del quale partecipò alla decorazione della Cappella Sistina , il Pinturicchio operò autonomamente a Roma, Perugia, Spoleto e Orvieto.



A Spoleto all'interno del Duomo dedicato a Santa Maria Assunta, si trova la cappella Eroli, voluta da un vescovo della città a fine Quattrocento, e decorata da Pinturicchio con una fine scena di Madonna col Bambino circondata da Santi. La veduta retrostante, evocativa del paesaggio umbro reso celebre anche dal Perugino, mostra lo svolgimento di un evento processionale legato al committente.

Eugenio Montale - Le occasioni



Cenni biografici
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Eugenio Montale, nato a Genova nel 1896 , morto a Milano nel !981, è stato uno dei protagonisti del ‘900 europeo. Se la grande apertura intellettuale e il profondo legame con la tradizione poetica hanno fatto di lui una figura di riferimento per tutta la cultura italiana , nella sua lunga carriera di “ lettore “ e di giornalista ( a partire dal 1948 svoltasi a Milano presso il Corriere della Sera ) egli ha saputo riconoscere per tempo e promuovere autori misconosciuti ( come Svevo) e avvicinare un largo pubblico alle grandi letterature straniere.
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Montale si formò e visse le prime esperienze letterarie a Genova ( nel 1925 uscirono gli Ossi di seppia ) trasferendosi poi a Firenze nel 1927. Quando nel 1938 fu costretto a lasciare l’incarico di direttore del Gabinetto Vieusseux a causa della mancata iscrizione al partito fascista, era ormai un autore affermato, come l’anno successivo testimoniò la raccolta Le occasioni, un libro simbolo per la generazione di giovani che si trovò ad affrontare l’esperienza dell’antifascismo e la guerra. Nel 1956 uscì La bufera e Altro, in cui Montale fa i conti con la tragedia bellica. Seguì un lungo silenzio, interrotto nel 1971 dalla pubblicazione di Satura e poi di altre opere in rapida successione: una nuova stagione per la poesia e per la vita, ricca di onori. Nominato senatore a vita nel 1967, Eugenio Montale fu insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1975.
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(La grande poesia de Il Corriere della Sera)
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Le occasioni – Il Balcone
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Pareva facile giuoco
mutare in nulla lo spazio
che m’era aperto, in un tedio
malcerto il certo tuo fuoco
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Ora a quel vuoto ho congiunto
ogni mio tardo motivo,
sull’arduo nulla su spunta
l’ansia di attenderti vivo
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La vita che da barlumi
è quella che sola tu scorgi
A lei ti sporgi da questa
finestra che non si illumina.
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Il libro Le occasioni è dominato dalla figura criptica di Clizia, cui fanno da contorno personaggi femminili altrettanto criptici, dalla protagonista della casa dei doganieri, a Dora Markus e a Gerti, legate o da comune appartenenza storico – nazionale – razziale o, soprattutto, dalla loro caratteristica di migranti, sparenti, donne in Fuga. ( Mengaldo )
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In Montale la figura femminile, quella tracciata nella Vita Nuova .... scende a terra. I segni cristiani in cui era avvolta la donna stilnovista si trasferiscono in una figura che si muove sul piano laico della religione della cultura.
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E’ strano: tu / che guardi la sommossa vastità, / i mattoni incupiti, la malcerta / mongolfiera di carta che si spicca / dai fantasmi animati sul quadrante / dell’immenso orologio, l’arpeggiante / volteggio degli sciami e lo stupore / che invade la conchiglia / del Campo, tu ritieni / tra le dita il sigillo / imperioso / ch’io credevo smarrito.
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Il poeta fissa un’immagine. Siamo nel 1934 … compare Irma che sicuramente è il personaggio centrale dei sentimenti di Montale.
Siamo a Piazza del Campo, a Siena, durante il Palio.
Lo sguardo della donna che si posa, dalla finestra della stanza, sulla vastità della piazza colma della gente vociante nella festa, incarna la sua potenzialità che, per un attimo si trasferisce nel poeta che le sta a fianco concedendogli una capacità di percezione più profonda.
Siamo nel 1934… la vicenda umana ed intima di Montale e di Irma si svolge interamente nello scenario storico scandito dalla minaccia e dalla violenza del fascismo che nel 1938 si materializza con la visita di Hitler a Firenze.

NUOVE STANZE
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Poi che gli ultimi fili di tabacco
al tuo gesto si spengono nel piatto
di cristallo, al soffitto lenta sale
la spirale del fumo
che gli alfieri e i cavalli degli scacchi
guardano stupefatti; e nuovi anelli
la seguono, più mobili di quelli
delle tua dita.
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È una delle poesie conclusive di Le occasioni . Scritta nel maggio del 1939, quando lo scoppio della seconda guerra mondiale era ormai imminente. Il poeta e la donna giocano a scacchi. La donna fuma e le volute delle sigarette sembrano figurare, nell’aria , una città ideale.


La morgana che in cielo liberava
torri e ponti è sparita
al primo soffio; s'apre la finestra
non vista e il fumo s'agita. Là in fondo,
altro stormo si muove: una tregenda
d'uomini che non sa questo tuo incenso,
nella scacchiera di cui puoi tu sola
comporre il senso.
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Il vento scompiglia la città ideale…. al di la della finestra fervono i preparativi per la guerra.
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Il mio dubbio d'un tempo era se forse
tu stessa ignori il giuoco che si svolge
sul quadrato e ora è nembo alle tue porte:
follìa di morte non si placa a poco
prezzo, se poco è il lampo del tuo sguardo
ma domanda altri fuochi, oltre le fitte
cortine che per te fomenta il dio
del caso, quando assiste.
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Un tempo il poeta aveva dubitato della consapevolezza della donna ( cioè della bellezza e della cultura ) di poter dominare il senso della storia che ora la minaccia.
Tuttavia egli non depone la speranza… … la chiaroveggenza della donna rappresentata dai suoi occhi d’acciaio … terrà in scacco la barbarie della catastrofe che si avvicina.

Oggi so ciò che vuoi; batte il suo fioco
tocco la Martinella ed impaura
le sagome d'avorio in una luce
spettrale di nevaio. Ma resiste
e vince il premio della solitaria
veglia chi può con te allo specchio ustorio
che accieca le pedine opporre i tuoi
occhi d'acciaio.
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La guerra è vicina… e il poeta lo sa. Sullo scacchiere ( la partita a scacchi) già gli opposti schieramenti si fronteggiano, si preparano al secondo conflitto mondiale ma, …… la partita a scacchi, gioco aristocratico che si addice all’intelligenza della donna, domina gli eventi, esorcizza il male che avanza, tiene in scacco la barbarie che assedia la stanza.
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giovedì 19 giugno 2008

Vittorio Sereni - Ancora sulla strada di Zenna


Conosco la strada che, costeggiando il Lago Maggiore, porta fino a Zenna e alla Frontiera con la Svizzera. Ricordo il Lago e gli amici, mai dimenticati, che saluto affetto e nostagia.



Perché quelle piante turbate m'inteneriscono?
Forse perché ridicono che il verde si rinnova
a ogni primavera, ma non rifiorisce la gioia?
Ma non è questa volta un mio lamento
e non è primavera, è un'estate,
l'estate dei miei anni.
Sotto i miei occhi portata dalla corsa
la costa va formandosi immutata
da sempre e non la muta il mio rumore
né, più fondo, quel repentino vento che la turba
e alla prossima svolta, forse finirà.
E io potrò per ciò che muta disperarmi
portare attorno il capo bruciante di dolore.
Ma l'opaca trafila delle cose
che là dietro indovino:
la carrucola nel pozzo,
la spola della teleferica nei boschi,
i minimi atti, i poveri
strumenti umani avvinti alla catena
della necessità, la lenza
buttata a vuoto nei secoli,
le scarse vite, che all'occhio di chi torna
e trova che nulla nulla è veramente mutato
si ripetono identiche,
quelle agitate braccia che presto ricadranno,
quelle inutilmente fresche mani
che si tendono a me e il privilegio
del moto mi rinfacciano.
Dunque pietà per le turbate piante
evocate per poco nella spirale del vento
che presto da me arretreranno via via
salutando salutando.
Ed ecco già mutato il mio rumore
s'impunta un attimo e poi si sfrena
fuori da sonni enormi
e un altro paesaggio gira e passa.

mercoledì 18 giugno 2008

Ricordo di Mario Rigoni Stern il «Sergente» solitario



Lo scrittore Mario Rigoni Stern è morto ad Asiago, all'età di 86 anni. Malato da tempo, Rigoni Stern è mancato lunedì sera. La notizia della sua morte è stata tenuta riservata dalla famiglia, per espressa volontà dello scrittore. I funerali sono stati celebrati martedì pomeriggio, in forma strettamente privata, nella chiesetta del cimitero di Asiago.
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(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera).
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« Chi lo avrebbe mai detto che lo sarei diventato anch'io, un autore? Ma forse, in fondo in fondo, quando scrivevo in segreto il mio diario lo speravo. »

(Mario Rigoni Stern)
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Nato ad Asiago in provincia di Vicenza nel 1921 da Giovanni Battista e Annetta Vescovi, terzo di sette fratelli, e una sorella, trascorre l'infanzia tra i pastori e la gente di montagna dell'Altopiano di Asiago. La famiglia numerosa commercia con la pianura in prodotti delle malghe alpine, pezze di lino, lana e manufatti in legno della comunità dell'Altipiano. Studia fino alla terza avviamento al lavoro, poi lavora presso la bottega di famiglia.
Nel 1938 si arruola volontario alla scuola militare d'alpinismo di Aosta e, più tardi, combatte come alpino nella divisione Tridentina, nel battaglione Vestone, al confine con la Francia al tempo dell'entrata in guerra dell'Italia, quindi Albania, Grecia, Russia. Fatto prigioniero dai tedeschi allorché l'Italia firma l'armistizio di Cassibile (8 settembre 1943), è trasferito in Prussia orientale. Rientra a casa a piedi dopo due anni di lager, il 5 maggio 1945.



Esordisce come scrittore nel 1953, con il libro autobiografico Il sergente nella neve, in cui racconta la sua esperienza di sergente degli Alpini nella disastrosa ritirata di Russia durante la seconda guerra mondiale. Con quest'opera egli si colloca all'interno della corrente narrativa neorealista. Il libro viene pubblicato su indicazione di Elio Vittorini conosciuto da Rigoni Stern nel 1951. Ha condiviso immagini, storie e ricordi con Primo Levi e Nuto Revelli.
Sul finire degli anni sessanta scrive il soggetto e collabora alla sceneggiatura de I recuperanti, film girato da Ermanno Olmi sulle vicende delle genti di Asiago all'indomani della Grande guerra.
Successivamente pubblica altri romanzi nella sua terra natale e ispirati a grande rispetto e amore per la natura. Sono inoltre ben sottolineati nelle sue storie quei valori ritenuti importanti della vita. Sono questi i temi di Il bosco degli urogalli (1962) e Uomini, boschi e api (1980).

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Nel 1999 gira con Marco Paolini un film-dialogo diretto da Carlo Mazzacurati e Paolini stesso, Ritratti: Mario Rigoni Stern. Nel film Rigoni Stern racconta la sua esperienza di vita, la guerra, il lager e il difficile ritorno a casa, ma anche il rapporto con la montagna e la natura. Il racconto come veicolo della memoria: per il Sergente è doloroso ma fondamentale portare agli altri la propria esperienza. A proposito del senso della vita dice:
« ...il momento culminante della mia vita non è quando ho vinto premi letterari, o ho scritto libri, ma quando la notte dal 15 al 16 sono partito da qui sul Don con 70 alpini e ho camminato verso occidente per arrivare a casa, e sono riuscito a sganciarmi dal mio caposaldo senza perdere un uomo, e riuscire a partire dalla prima linea organizzando lo sganciamento, quello è stato il capolavoro della mia vita.... »
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Per la sua sensibilità verso il mondo della natura e della montagna l'11 maggio 1998 l'Università di Padova gli ha conferito la laurea honoris causa in scienze forestali ed ambientali.
Nel 2005 gli è stata conferita la cittadinanza onoraria di Montebelluna [3]
Il 14 marzo 2007 l'Università degli studi di Genova gli ha conferito la laurea honoris causa in scienze politiche.
Oltre a vari premi per i suoi romanzi (v. sotto), nel 1997 ha vinto il Premio Feltrinelli e nel 2003 il Premio Chiara alla carriera.
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« Come vivere? Allora questa domanda ce la dobbiamo porre non soltanto alla fine di un millennio, di un secolo, di un anno, ma tutti i giorni, e tutti i giorni svegliandoci, si dovrebbe dire: oggi che cosa ci aspetta? Allora io considero che si dovrebbero fare le cose bene, perché non c’è maggiore soddisfazione di un lavoro ben fatto. »

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« Domando tante volte alla gente: avete mai assistito a un’alba sulle montagne? Salire la montagna quando è ancora buio e aspettare il sorgere del sole. È uno spettacolo che nessun altro mezzo creato dall’uomo vi può dare, questo spettacolo della natura. »

QUASE NADA DI EUGÉNIO DE ANDRADE



Eugenio De Andrade è stato più volte definito il poeta dell'amore.
Possiamo infatti affermare che l’Eros occupa una parte importante nella sua opera, un Eros solare e immediato, direi spontaneo.
La sua, quella di De Andrade, è una Poesia intensamente terrena, disperatamente terrena, dove la parola si fa corpo e il corpo linguaggio della parola.

QUASI NIENTE
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L'amore
è un uccello tremante
nelle mani di un bambino.
Si serve di parole
perché ignora
che le mattine più limpide
non hanno voce.

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QUASE NADA
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O amor
è uma ave a tremer
nas mãos duma criança.
Serve-se de palavras
por ignorar
que as manhãs mais limpas
não têm voz.

lunedì 16 giugno 2008

Mi sono fermato per un saluto….
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Non voglio disturbare i tuoi sogni,
sarebbe un peccato per il tuo riposo,
non devi sentire i miei passi
-piano piano chiudo la porta !
Passando ti scrivo sull'uscio
'' Buona notte ''
perchè tu possa vedere
che ho pensato a te.


L'opera di Marc Chagall - qualche cenno

Di seguito un cenno intorno all'opera di Marc Chagall, l' errante ( era ebreo ) dell'arte contemporanea.
Amo Chagall .... amo le vetrate del coro e del rosone del Fraumünster di Zurigo, i dipinti presenti nel Kunsthausle o nella collezione E.G.Bührle (Zurigo).
L'Arameo errante, il nome che ho dato a questo blog, racchiude le sensazioni, le emozioni, i pensieri vissuti davanti all'opera del maestro di Vitebsk.

( segue in fondo alla pagina )


(Il poeta)
«Un quadro per me è una superficie coperta di rappresentazioni di cose (oggetti, animali, forme umane) in un certo ambito in cui la logica e l'illustrazione non hanno nessuna importanza... Esiste forse una misteriosa quarta o quinta dimensione che, intuitivamente, fa nascere una bilancia di contrasti plastici e psichici colpendo l'occhio dello spettatore mediante concezioni nuove e insolite.»



(L'acrobata)
«Ho sempre considerato clown, acrobati e attori come creature tragiche. Ai miei occhi assomigliano alla gente ritratta in certi quadri religiosi. Ancora oggi, quando dipingo una crocifissione o un altro quadro religioso, mi assalgono gli stessi sentimenti di allora, quando ritraevo la gente del circo. Eppure non c’è niente di 'letterario' in questi quadri, ed è difficile spiegare perché io trovi una rassomiglianza psico-plastica fra queste due arti della composizione.»



(La crocifissione)

Chagall ebbe sempre a cuore i temi legati all'ebraismo, in particolare a una delle sue correnti, quella chassidica, risalente alla metà del XVIII secolo. Il chassidismo, rispetto alla tradizione colta (talmudica), è fondato su una mistica, su una spiritualità accessibili anche alla gente comune, ai non dotti. Tutti gli aspetti della vita quotidiana sono valorizzati, poiché la presenza e la volontà di Dio si rivelano in essa: «Ciò che è determinante - recita una massima chassidica - non è che Dio è, ma che tutto ciò che è, è insito in Dio.» Questo movimento religioso è inoltre più ricco di feste, di saghe, di folklore, di riti; sul piano letterario, la sua natura popolare trova espressione in brevi racconti di eventi prodigiosi (le «storie»), in cui sacro e profano, reale e miracoloso si confondono: una miniera d'oro per l'immaginario di Chagall. .
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Nell'arco della sua lunga esistenza, il pittore russo dedicò ben 450 opere alla Bibbia; fra queste 17 grandi quadri a olio. Egli stesso ammise esplicitamente che queste opere non hanno un restrittivo valore confessionale, ossia non sono la rappresentazione della religione ebraica, ma hanno un significato spirituale e poetico universale.
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Basti pensare all'immagine solitaria di Cristo che compare in molte sue tele come simbolo della «tragedia del mondo», di tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere, supplizio per le loro idee politiche o religiose
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La crocifissione bianca è senza dubbio uno dei vertici artistici chagalliani: dipinta nel 1938, in essa il pittore esprime le sofferenze del suo popolo odiato e perseguitato e prefigura drammaticamente le ignominiose atrocità che saranno commesse nei mesi e negli anni successivi.
Un grande crocifisso bianco campeggia nel mezzo della tela, messo in rilievo da un fascio di luce divina che sembra quasi sostenerlo. Il Cristo non è cinto dal perizoma, ma dal tipico manto ebraico. Attorno al crocefisso, al posto delle figure consuete (i due ladroni, i soldati, la Vergine, le pie donne ecc.) ebrei in fuga, scene di distruzione, di saccheggi, di disperazione: il caos.
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Il furioso incendio della Sinagoga rievoca drammaticamente le distruzioni dei luoghi di culto perpetrate dai nazisti in quegli anni. Per Chagall il tempio ebraico era come una sorta di prolungamento della casa, a Vitebsk, poiché era assiduamente frequentato dalla sua famiglia, dal padre* e dal nonno in particolare, che era rabbino.
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Non stupisce quindi che il pittore abbia inserito la tela intitolata appunto Sinagoga (1917) nella serie di quadri legati alla sua famiglia. Questo intimo attaccamento al luogo di culto amplifica il dolore e lo sgomento del pittore, resi da colori giallo-cupi e rossi che contrastano con le tonalità bianco-grigiastre del dipinto. Le punte delle fiamme si sovrappongono al fascio di luce divina, come se potessero sacrilegamente violarla, e si riflettono sul corpo di Cristo, esasperandone la sofferenza.
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Anche le fiamme bianche, che si sprigionano convulsamente da una torah (il Pentateuco biblico), hanno ormai intaccato la scala appoggiata alla croce e minacciano la croce stessa.
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[* La casa rosa o La Strada, Parigi 1922: il padre esce di casa per andare nella sinagoga]
I famigerati pogrom (le distruzioni dei villaggi ebrei) sono rievocati alla sinistra del quadro: case incendiate, distrutte, capovolte, sedie rovesciate, tombe profanate, un uomo morto per terra che sembra divorato dalle fiamme.
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Non manca il violino, piccolissimo, accanto a tre uomini seduti presso le rovine delle loro case: nella comunità ebraica chassidica il violinista accompagnava nascite, matrimoni, funerali ed era per Chagall, che lo immortalò in numerose tele, una figura mitica e amatissima.
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La fuga come conseguenza della barbarie è un altro tema sviluppato in questo dipinto: fuga di una donna dall'espressione atterrita con il suo bambino tra le braccia, di un vecchio (l'ebreo errante) che attraversa le fiamme sprigionate dalla torah, di un altro ebreo che cerca di portare in salvo un'altra torah, di soldati in preda alla disperazione che si sporgono stremati da una barca, mentre altri si sbracciano per chiedere aiuto...
I soldati dell'Armata rossa che irrompono dalla sinistra sembrano troppo pochi per contrastare una tale immane brutalità, ma sono, ancora una volta, una speranza per Chagall...
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Al di sopra degli incendi «levitano», come angeli umanizzati, tre rabbini e una donna: increduli e disperati, sembrano danzare una preghiera funebre nel cielo annerito dal fumo dei saccheggi, sordide nubi che soltanto il fascio di luce divina può lacerare: nello scempio cagionato dall'odio, questa luce e la presenza di Cristo morente accendono altre speranze e prefigurano una rinascita, un riscatto, una riconciliazione, una vita nuova...
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Ma ciò sembra appena attenuare la visione apocalittica intorno alla croce. I toni spettrali ottenuti con un uso sapiente del bianco in ogni sua variazione, rendono sommessa la disperazione, silente l'orrore, amplificando, paradossalmente, la drammaticità delle scene.
Chagall osserva attonito queste atrocità e sembra che intoni, con i suoi pennelli, una sorta di struggente qaddish* pittorico.
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(Madonna del villaggio)

(Dal Giornale del Popolo, quotidiano della Svizzera italiana - 2001)



(L'ebreo errante di Dorè)

“Mio padre era un arameo errante…” (Dt 26,5).
scese in Egitto, / vi stette come forestiero con poca gente / e vi diventò una nazione grande, / forte e numerosa. / Gli Egiziani ci maltrattarono, / ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. / Allora gridammo al Signore, / al Dio dei nostri padri, / e il Signore ascoltò la nostra voce…"
.La formula di fede o “credo storico” del pio israelita, ci invita a non dimenticare, ossia a non consegnare all’oblio, nel momento della vita sedentaria e mentre si raccolgono e si consumano i frutti della terra promessa, l’essere stati nomadi e pellegrini.
La condizione nomadica dell’arameo, che non ha una meta prestabilita, né un itinerario ben tracciato, in quanto, allorché, nella esperienza abramitica, viene invitato a lasciare la propria terra, non gli viene contestualmente indicata alcuna destinazione, né promesso alcun ritorno.Storia biblica, questa, ma anche filosofica, che avvicina e contrappone Ulisse e Abramo per quel loro errare senza una apparente meta e nel cuore la speranza che non muore. (In realtà Abramo una meta l’aveva ed era la Terra Promessa).
.L’errare di terre in terre è drammatico. Può significare smarrirsi, perdersi, perire, morire alle proprie radici, al divenire a lungo cercato, inseguito, amato.Vivi nel “ buio della notte oscura e tutto sembra finire”. Cerchi una terra, un approdo, un luogo della mente a cui giungere per ricominciare …. a muovere i passi e uscire dalla valle del niente, dalle tenebre della notte..Una “uscita di sicurezza” è possibile solo in quanto data da un “filo” che viene dal di fuori, ossia è donato da un’alterità non riconducibile ai ghirigori dell’immanenza.Insieme all’orientamento della voce-parola, all’arameo errante (che sta per perdersi e per perire) viene offerto un nutrimento e un sostegno.Nelle antiche scritture questo cibo porta un nome enigmatico, che esprime un interrogativo: [man hû’].Nel Nuovo Testamento, per noi cristiani, il viatico dell’errante, si chiama eucaristia. L’atteggiamento adorante di fronte al pane e al vino, consegnati per noi, realizza la “presenza” del Signore e vince ogni idolatria religiosa e speculativa.

domenica 15 giugno 2008

TRILUSSA


La Dipromazzia
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Naturarmente, la Dipromazzia
è una cosa che serve a la nazzione
pe' conservà le bone relazzione,
co' quarche imbrojo e quarche furberia.
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Se dice dipromatico pe' via
che frega co' 'na certa educazzione,
cercanno de nasconne l'opinione
dietro un giochetto de fisonomia.
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Presempio, s'io te dico chiaramente
ch'ho incontrato tu' moje con un tale,
sarò sincero, sì, ma so' imprudente.
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S'invece dico: - Abbada co' chi pratica...
Tu resti co' le corna tale e quale,
ma te l'avviso in forma dipromatica.


LA POLITICA
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Ner modo de pensà c'è un gran divario:
mi' padre è democratico cristiano,
e, siccome è impiegato ar Vaticano,
tutte le sere recita er rosario;
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de tre fratelli, Giggi ch'er più anziano
è socialista rivoluzzionario;
io invece so' monarchico, ar contrario
de Ludovico ch'è repubbricano.
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Prima de cena liticamo spesso
pe' via de 'sti principî benedetti:
chi vò qua, chi vò là... Pare un congresso!
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Famo l'ira de Dio! Ma appena mamma
ce dice che so' cotti li spaghetti
semo tutti d'accordo ner programma.
(1915)

sabato 14 giugno 2008



Sono uno dei numerosi fortunati che, durante il pontificato di Papa Giovanni Paolo II, hanno avuto la fortuna di poterlo avvicinare e ascoltare dalla sua viva voce parole di speranza.
Amava i giovani, si interessava a loro, li invitava a non avere paura.


Discorso di Giovanni Paolo II ai giovani


Il primo invito che voglio rivolgervi, giovani uomini e donne di oggi, è questo:
Non abbiate paura !
Non abbiate paura della vostra giovinezza e di quei profondi desideri che provate di felicità, di verità, di bellezza e di durevole amore ! Si dice qualche volta che la società ha paura di questi potenti desideri dei giovani e che voi stessi e che voi stessi ne avete paura.
Non abbiate paura !
Quando io guardo a voi, giovani, sento una grande gratitudine e speranza. Il futuro a lungo termine nel prossimo secolo sta nelle vostre mani. Il futuro di pace sta nei vostri cuori. per costruire la storia, come voi potete e dovete, è necessario che la liberiate dai falsi sentieri che sta percorrendo. Per fare questo dovete essere persone con una profonda fiducia nella grandezza della vocazione umana, - una vocazione da perseguire nel rispetto per la verità, per la dignità e per gli inviolabili diritti della persona umana.


Quello che vedo sorgere in voi ( nei giovani ) è una nuova consapevolezza della vostra responsabilità ed una schietta sensibilità per i bisogni della comunità umana. Voi siete presi dal vivo desiderio della pace, che tanti condividono con voi. Voi siete turbati dalle grandi ingiustizie, che ci circondano. Voi avvertite un opprimente pericolo nel gigantesco accumulo di armi e nelle minacce di una guerra nucleare. Voi soffrite quando vedete largamente diffuse la fame e la denutrizione. Voi siete interessati allo stato dell’ambiente, oggi e per le generazioni future. Voi siete minacciati dalla disoccupazione, e molti di voi sono senza lavoro e senza la prospettiva di un impiego adeguato. Voi siete sconvolti dal grande numero di persone, che sono politicamente e spiritualmente oppresse e che non possono godere dell’esercizio dei loro diritti umani fondamentali sia come individui che come comunità. Tutto questo può farvi pensare che la vita sia povera di significato.
In questa situazione, alcuni di voi possono essere tentati di rifuggire dalle responsabilità: negli illusori mondi dell’alcol e della droga, nelle fugaci relazioni sessuali senza impegno per il matrimonio e la famiglia, nell’indifferenza, nel cinismo e perfino nella violenza. State in guardia contro l’inganno di un mondo che vuole sfruttare o far deviare la vostra energica e potente ricerca delle risposte alle domande che vi stanno di fronte.

Non abbiate paura !

LE CANZONI PIU' CORTE - JACQUES PREVERT



L'uccello che mi canta per la testa
E mi ripete che io t'amo sempre
E mi ripete che tu m'ami sempre
L'uccello dalla solfa fastidiosa
Domani mattina lo strozzerò


venerdì 13 giugno 2008

Cade l’aquilone all’incrocio dei venti


Una foto,
immagine del demone che nutre
e divora questo nostro tempo
fissa gli artigli del niente,
descrive l’abisso ...
.
Cade l’aquilone all’incrocio dei venti.

Rivedo l’attimo ed io che esco nel bosco...
muti alberi che piangono,
sentieri che fuggono in cerca di un’ oasi,
rabbia impotente, tristezza. ..
rumori di guerre lontane, ora vicine,
più vicine, bussano all’uscio dei giorni.

Giovenale Nino Sassi


giovedì 12 giugno 2008

TENERA E' LA NOTTE

Ricordo di una serata di poesia


Per tutta l’estate, l'estate del 2005, la notte è stata “tenera” per gli abitanti di Perugia ...notte costellata di spettacoli in piazze e giardini. Non solo concerti ed intrattenimenti musicali
dedicati ai più diversi generi, cinema, spettacoli e animazioni teatrali, ma anche appuntamenti
dedicati alla letteratura e alla poesia .


Stavo riordinando la scrivania quando è saltata fuori la Brochure dell'evento. Nel cartellone una serata dedicata alle mie poesie. Non stavo bene quella sera ma ricordo con emozione la voce recitante di Eleonora, l'arpeggiare di Chiara Fiorucci , il Flauto di Andrea Biagini , l'ambiente raccolto di Palazzo della Penna e il mio nome all'ingresso nemmeno fossi Montale.

Non amo apparire anche se amo esserci ... e stavo in disparte, quasi nascosto, la testa di carta, confusa tra un pubblico di esperti

C'erano l'assessore Cimicchi e gli amici di sempre, Enzo e Mimmo. C'era anche Marcella, in arte Caravaggio che ancora non conoscevo, brillante giornalista che non perde occasione per ricordare la sua sicilianità.

La Brochure recita:

VENERDÌ 5 AGOSTO
PALAZZO DELLA PENNA PRESENTA…
Note al Tramonto
Palazzo della Penna
Via Podiani, 11
ore 18.00

Poesia e Musica
La poesia di Nino Sassi

Eleonora Mosconi,
voce recitante

Duo strumentale

Andrea Biagini, flauto
Chiara Fiorucci, arpa

Musiche di Gershwin, Rota, Piazzolla, Moricone

Su internet rimane traccia dell'evento:

LUNEDÌ 1 AGOSTO PALAZZO DELLA PENNA PRESENTA… Note di Notte Palazzo

Gli amici di Perugia..!? uomini immensi che ancora una volta ringrazio per la stima e l'amicizia

Riprendo il lavoro e, a breve, spero, chiudo il testo per il teatro. Se ci riesco, se ritrovo le energie, la salute che c'è, non c'è.....


Tam Tam



Tam - Tam
e tutto tace.
Tam,
e sale la protesta.
Tam,
è un coro.
Tam - Tam
sui tubi di ferro per dire rinnovo.
Tam,
poi basta: domani al lavoro
sperando che resti
il rumore del suono
Giovenale Nino Sassi

mercoledì 11 giugno 2008

TENERA E' LA NOTTE

Ricordo di una serata di poesia


Per tutta l’estate, l'estate del 2005, la notte è stata “tenera” per gli abitanti di Perugia ...notte costellata di spettacoli in piazze e giardini. Non solo concerti ed intrattenimenti musicali
dedicati ai più diversi generi, cinema, spettacoli e animazioni teatrali, ma anche appuntamenti
dedicati alla letteratura e alla poesia .

Stavo riordinando la scrivania quando è saltata fuori la Brochure dell'evento. Nel cartellone una serata dedicata alle mie poesie. Non stavo bene quella sera ma ricordo con emozione la voce recitante di Eleonora, l'arpeggiare di Chiara Fiorucci , il Flauto di Andrea Biagini, l'ambiente raccolto di Palazzo della Penna e il mio nome all'ingresso nemmeno fossi Montale.

Non amo apparire anche se amo esserci ... e stavo in disparte, quasi nascosto, la testa di carta, confusa tra un pubblico di esperti

C'erano l'assessore Cimicchi e gli amici di sempre, Enzo e Mimmo. C'era anche Marcella, in arte Caravaggio che ancora non conoscevo, brillante giornalista che non perde occasione per ricordare la sua sicilianità.

La Brochure recita:


VENERDÌ 5 AGOSTO
PALAZZO DELLA PENNA PRESENTA…
Note al Tramonto
Palazzo della Penna
Via Podiani, 11
ore 18.00

Poesia e Musica
La poesia di Nino Sassi

Eleonora Mosconi,
voce recitante

Duo strumentale

Andrea Biagini, flauto
Chiara Fiorucci, arpa

Musiche di Gershwin, Rota, Piazzolla, Moricone


Su internet rimane traccia dell'eveto:

LUNEDÌ 1 AGOSTO PALAZZO DELLA PENNA PRESENTA… Note di Notte Palazzo

Gli amici di Perugia....!? uomini immensi che ancora una volta ringrazio per la stima e l'amicizia

Riprendo il lavoro e, a breve, spero, chiudo il testo per il teatro.