sabato 30 gennaio 2010

Infinito universo



Infinito universo
Scruto
davanti a questo immenso infinito
l’egoismo del giorno.

Picasso

mercoledì 27 gennaio 2010

ad Auschwitz





Volevano ad ogni costo uccidere l'ultimo ebreo sul pianeta.

Oggi ci si potrebbe chiedere perché la memoria, perché ricordare, perché infliggere un tale dolore? In fondo per i morti è tardi ma per i vivo no.
Se non si può annullare il tormento, si può invece sperare, riflettere, prendere coscienza.

Dal discorso di Elie Wiesel a Montecitorio.

http://www.google.it/search?cf=all&hl=it&q=Elie+Wiesel


Dietrich Bonhoeffer

Non possiamo essere onesti senza
riconoscere che dobbiamo vivere
nel mondo, etsi deus non daretur
(anche se Dio non ci fosse). E appunto
questo riconosciamo davanti
a Dio! Dio stesso ci obbliga a questo
riconoscimento...


Dio ci dà a conoscere che dobbiamo
vivere come uomini capaci
di far fronte alla vita senza di lui. Il
Dio che è con noi è il Dio che ci abbandona...
Dio si lascia cacciare
fuori dal mondo sulla croce, Dio è
impotente e debole nel mondo e appunto
solo così egli ci sta al fianco.




martedì 26 gennaio 2010

Giovenale Nino Sassi - Stanca è la notte




Non è una poesia e neppure un racconto. Forse è entrambe le cose. C’è un uomo che vive e attraversa il mondo fin dove la strada finisce.

Per come inizia si potrebbe dire che è una poesia ma, se fosse soltanto questo non sarebbe valsa la pena pubblicarla.
C’è un uomo e c’è una donna. Forse l’uomo sono io, la donna non si sa.
L’uomo ripensa i passi, il succedersi dei giorni, la fatica di vivere
‘’ Che vantaggio ho avuto ‘’, si chiede …
Non fosse per la risposta non sarebbe valsa la pena raccontare.
C’è di mezzo la vita che scorre e una domanda.
Poi riprende il cammino di passi che si succedono.





Stanca è la notte
e i giorni restano difficili.
Pensieri randagi attraversano la mente.
Appoggio i ricordi e immagino giardini d'agrumi.


Quanto lavoro !
difficile,
in solitudine.
Stare in mezzo a cento, a mille e sentirsi soli ,
diversi…
guerrieri della luce nel buio della notte.


Stasera ‘’ripenso’’ Quelet,
che dice :


C'è un tempo per nascere e un tempo per morire,
un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante,
Un tempo per ………


Che vantaggio ha chi si dà da fare con fatica ?


Stasera ripenso la fatica ,
all’andare dei passi,
alle cocenti sconfitte
alle salite e alle discese,
alle poche vittorie
lungo l’orizzonte dei giorni e
resto sperduto davanti al mio niente e non ho risposte !


Che vantaggio ho avuto, mi sono chiesto ….





E tu mi hai detto:


…il vantaggio di conservare la propria consapevolezza, di sapere che l'intenzione e l'attenzione che si pongono nel vivere, quello quotidiano, quello "normale", senza eroismi, senza eccentricità, creano il filo armonico con la vitalità del cosmo .... che risuona così nelle nostre anime ... ed esse ne traggono respiro e senso.


... il vantaggio di conservare il rispetto degli amici, quelli veri, che - lontani o vicini, con le medesime storie o con diversi cammini - seguono con noi le tracce dell'amore e ne sono illuminati, tanto che vediamo risplendere la loro luce anche se per molto tempo non li abbiamo fisicamente accanto, tanto che il loro esistere travalica gli anni e ci è vivo nella memoria.


... il vantaggio di sentirsi vivi, pure nella differenza delle nostre sofferenze, pure nella tristezza delle ingiustizie patite... e poi chi sa veramente cosa è giusto e cosa non lo è, di cosa la nostra anima aveva bisogno in questo passaggio di vita che si esprime in mille forme , in mille intenti? Lo capiamo solo in fondo, quando ci prepariamo al prossimo viaggio, quello di ritorno al nostro grande Sè.


.... il vantaggio di poter raccontare, di poterci costruire il nostro mito personale, la storia che ci rappresenta mentre viviamo sotto questa fugace forma per dare nutrimento al cuore, alla mente e scambiarlo con gli altri: anche se alcuni di loro non lo accolgono, nulla va mai perso nella grande saggezza dell'energia cosmica... arriverà ad altri ancora, al momento opportuno, come messaggio, come seme, come segnale.


.... il vantaggio di sentirsi sale della terra, di accogliere la fatica del vivere come dono di consapevolezza, di partecipazione alla fatica cosmica di vincere l'entropia e permettere la continuazione dell'amore.


domenica 24 gennaio 2010

Sergio Corazzini - Desolazione del povero poeta sentimentale




È una lirica che meglio di ogni altra, nel breve volumetto del Corazzini, descrive lo stato d’animo del povero poeta sentimentale, il quale, ripiegando su se stesso, canta l’accorata malinconia che lo pervade.

Non è il suo un atteggiamento letterario ma un modo vero, se pur tristissimo, di sentire la vita che per lui è attesa della morte.


(versi liberi)

Perché tu mi dici: poeta?

Io non sono un poeta.
Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.
Vedi: non ha che le lagrime da offrire al Silenzio.

Perché tu mi dici: poeta?
Le mie tristezze sono povere tristezze comuni.
Le mie gioie furono semplici,
semplici così, che se io dovessi confessarle a te arrossirei.
Oggi io penso a morire.

Io voglio morire, solamente perché sono stanco;
solamente perché i grandi angioli
su le vetrate delle cattedrali
mi fanno tremare d'amore e di angoscia;
solamente perché, io sono, oramai,
rassegnato come uno specchio,
come un povero specchio melanconico.
Vedi che io non sono un poeta:
sono un fanciullo triste che ha voglia di morire.

. . . . . . . . Omissis . . . .


Oh, io sono veramente malato!

E muoio, un poco, ogni giorno.
Vedi: come le cose.
Non sono, dunque, un poeta:
io so che per esser detto: poeta, conviene
viver ben altra vita!
Io non so, Dio mio, che morire.
Amen.

(http://it.wikipedia.org/wiki/Sergio_Corazzini)


sabato 23 gennaio 2010

Pensiero




“L’inferno comincia su questa terra quando ti accorgi che…..potevi scrivere un libro, dipingere un bel quadro, scrivere un’opera musicale, aiutare un bisognoso, accarezzare un bambino e non di non averlo fatto…’’

venerdì 22 gennaio 2010

Emily Dickinson IL PASSATO




E' una curiosa creatura il passato
Ed a guardarlo in viso
Si può approdare all'estasi
O alla disperazione.

Se qualcuno l'incontra disarmato,
Presto, gli grido, fuggi!
Quelle sue munizioni arrugginite
Possono ancora uccidere!





giovedì 21 gennaio 2010

SALVATORE DI GIACOMO - Pianefforte 'e notte


                                         Ritratto di Renoir

da Ariette e Sunette
Pianefforte 'e notte

Nu pianefforte 'e notte
sona luntanamente,
e 'a museca se sente
pe ll'aria suspirà.


È ll'una: dorme 'o vico
ncopp' a nonna nonna
'e nu mutivo antico
'e tanto tiempo fa.


Dio, quanta stelle 'n cielo!
Che luna! e c'aria doce!
Quanto na della voce
vurria sentì cantà!


Ma sulitario e lento
more 'o mutivo antico;
se fa cchiù cupo 'o vico
dint'a ll'oscurità..


Ll'anema mia surtanto
rummane a sta fenesta.
Aspetta ancora. E resta,
ncantannese, a pensà.




***

Nella notte silenziosa si diffondono per l’aria le note di un antico motivo, dolce come una ninna nanna. L’incanto della melodia avvolge l’animo del poeta facendogli avvertire, più acuto, il senso della solitudine e suscitando in lui il desiderio struggente di udire la voce della donna amata.
Poi le note del pianoforte lentamente si smorzano e il vicoletto sembra divenire più scuro, più triste. Resta però nell’animo del poeta un indefinibile incanto, quasi un’attesa. E in quest’attesa c’è un pò di dolcezza.


                                                              Salvatore Di Giacomo

Salvatore Di Giacomo è l’interprete più sensibile dell’anima napoletana. Nato nel 1860 a Napoli, fu avviato agli studi di medicina ma se ne allontanò ben presto chiamato dalla sua vera vocazione di cultore delle lettere. Fu studioso appassionato di cose napoletane – usi, costumi, fatti storici (deliziosa La cronaca del teatro di San Carlino) – e militò nel giornalismo. Fu soprattutto un poeta, novelliere e drammaturgo.
Nelle opere in prosa sembra volersi riallacciare al Verismo, ma il suo stato d’animo è più genuino, anche quando ritrae le situazioni di più cupo realismo… l’approccio è quello del poeta che contempla la realtà con occhio trasognato e tende perciò a sciogliere la drammaticità della rappresentazione nella musicalità del lirismo.
Le sue liriche svolgono i temi elementari ed eterni dell’anima popolare ( l’amore, il rimpianto per il passato, la tristezza, la speranza, la mestizia per il tempo che passa trasfigurandosi nel ricordo.. etc…) … ma li rinnovano riuscendo a fondere in modi personalissimi ritmo e sentimento… risolvendo il rischio della troppo facile ed intensa pateticità nell’elemento pittorico e musicale.
Morì a Napoli nel 1934.

mercoledì 20 gennaio 2010

Vincenzo Cardarelli



PASSATO


I ricordi, queste ombre troppo lunghe
del nostro breve corpo,
questo strascico di morte
che noi lasciamo vivendo
i lugubri e durevoli ricordi,
eccoli già apparire:
melanconici e muti
fantasmi agitati da un vento funebre.
E tu non sei più che un ricordo.
Sei trapassata nella mia memoria.
Ora sì, posso dire che
che m'appartieni
e qualche cosa fra di noi è accaduto
irrevocabilmente.
Tutto finì, così rapito!
Precipitoso e lieve
il tempo ci raggiunse.
Di fuggevoli istanti ordì una storia
ben chiusa e triste.
Dovevamo saperlo che l'amore
brucia la vita e fa volare il tempo.

( Vincenzo Cardarelli)
***

Ecco un esempio tipico di quella poesia ‘’della memoria’’ che caratterizza l’atteggiamento più schiettamente leopardiano del Cardarelli. E’ una lirica d’amore: di un amore già trascorso e ormai ben lontano nel tempo – ne è prova il titolo stesso della poesia: Passato- e tuttavia proprio per questo sottratto alla condizione labile e provvisoria delle vicende umane. Ora che la donna da lui amata ‘’non è più che un ricordo ’’, un fantasma, un’ombra (una di quelle ’’ ombre troppo lunghe ‘’ che ci lasciamo dietro vivendo: i segni, quasi, d’un continuo morire ), il poeta sente che gli appartiene, che fa parte di sé, della sua ‘’ storia fatta di fuggevoli istanti ‘’. Trapassando ‘’ nella sua memoria’’ è diventata qualcosa che il tempo ‘’ precipitoso e lieve ‘’ non potrà più cancellare. Rimane, certo, il rimpianto di ciò che fu, la tristezza di non poterlo rivivere. Ma appunto nel comporsi di questi due momenti – la irrevocabilità del tempo trascorso, il suo durare nella memoria – sta il motivo ispiratore della lirica , la ragione dell’amara e pur rasserenata sentenza che tutta la riassume e la giustifica:
… l’amore
Brucia la vita e la fa volare nel tempo.

METRO : intreccio di quinari, settenari. Ottonari, novenari e endecasillabi non rimati




BIBLIOGRAFIA


Vincenzo Cardarelli, il cui vero nome era Nazareno Caldarelli, nacque a Corneto Tarquinia, un piccolo paese di provincia, dove suo padre (Antonio Romagnoli), marchigiano d'origine, gestiva il buffet della stazione ferroviaria e qui trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza.
Compì studi irregolari e formò la propria cultura da autodidatta. All'età di diciassette anni fuggì di casa e approdò a Roma dove, per vivere, fece i più svariati mestieri, fra i quali il correttore di bozze presso il quotidiano l'Avanti!. Su l'Avanti!, del quale divenne redattore, ebbe inizio, nel 1906, la sua carriera giornalistica.
Collaborò a Il Marzocco, La Voce, la rivista Lirica, Il Resto del Carlino e, dopo gli anni della Prima guerra mondiale che aveva trascorso tra la Toscana, il Veneto e la Lombardia, rientrò a Roma e insieme ad un gruppo di intellettuali fondò la rivista La Ronda attraverso la quale espresse il suo programma di restaurazione classica. Fu direttore della Fiera letteraria, insieme al drammaturgo forlivese Diego Fabbri.
La sua fama resta legata alle numerose poesie e prose autobiografiche di costume e di viaggio, raccolte in Prologhi (1916), Viaggi nel tempo (1920), Favole e memorie (1925), Il sole a picco (1929) romanzo con illustrazioni del pittore bolognese Giorgio Morandi, Il cielo sulle città (1939), Lettere non spedite (1946), Villa Tarantola (1948).
Fu un conversatore brillante ed un letterato polemico e severo, avendo vissuto una vita vagabonda, solitaria e di austera e scontrosa dignità. Suoi maestri sono stati Baudelaire, Nietzsche, Leopardi, Pascal, che lo hanno portato ad esprimere le proprie passioni con un senso razionale, senza troppe esaltazioni spirituali. La sua è una poesia descrittiva lineare, legata a ricordi passati di qualunque tipo,siano paesaggi animali persone e stati d'animo, che vengono espressi con un uso di un linguaggio discorsivo e nello stesso tempo impetuoso e profondo.

Fonte della Bibliografia : WikipediA

lunedì 18 gennaio 2010

Sera di Liguria


http://www.carmelozotti.it/


Sera di Liguria

di
Vincenzo Cardarelli


Lenta e rosata sale su dal mare
la sera di Liguria, perdizione
di cuori amanti e di cose lontane.
Indugiano le coppie nei giardini,
s'accendon le finestre ad una ad una
come tanti teatri.
Sepolto nella bruma il mare odora.
Le chiese sulla riva paion navi
che stanno per salpare.




Lirica fatta di fugaci ma dense impressioni che hanno la loro unità Nella dolcezza della sera che sale dal mare. E’ un delicato lavoro di acquarello, non pochi colori sfumati e incerti. Le immagini, delicatissime, hanno la labilità tremula delle cose vedute in dormiveglia.

mercoledì 13 gennaio 2010

l'urlo di Haiti e una poesia di Louis Philippe Dalembert




Una scossa di magnitudo 7.3 alle 16,53 locali (le 23 in Italia) seguita da altre otto meno forti. Semidistrutta la capitale Port-au-Prince: migliaia di persone sono rimaste sotto le macerie degli edifici. Implosa la cattedrale, tra i cadaveri rinvenuti anche quello dell'arcivescovo Serge Miot. Gravemente danneggiato anche il quartier generale dell'Onu, si teme per la sorte dei funzionari. Calata la notte e senza elettricità la gente scava al buio fra le macerie. I racconti apocalittici dei testimoni: «Urla terribili dalle macerie, corpi senza vita dappertutto, non ci sono soccorsi né comunicazioni dalle autorità». Il premier: «Possibile oltre centomila i morti».




Grazie ad Internet riceviamo le prime testimonianze.

Ho girato Port-au-Prince come potevo. Il centro è completamente distrutto. La bella cattedrale è ridotta ad un cumulo di cemento, tranne qualche parete ancora in piedi. L’arcivescovado è totalmente raso al suolo. Distrutte tutte le chiese anche nella provincia. Sembra che non si sia mai vista una devastazione del genere. Nemmeno in televisione!». La drammatica testimonianza è dell’arcivescovo Bernardito Auza, filippino, da meno di due anni nunzio apostolico in Haiti.

Urla di chi cerca i familiari, folla per strada disperata, gente ferita che cerca soccorsi. Una cronaca drammatica quella fatta da Fiammetta Cappellini, responsabile dell'Avsi (Associazione Volontari per il Servizio Internazionale) in Haiti e raccolta dalla Misna, e una delle poche testimonianze uscite da una città rimasta isolata dal resto del mondo. "Qui è ancora notte - ha raccontato la Cappellini - siamo tutti per strada, si sentono le urla di chi cerca familiari, parenti, amici; i soccorsi non sono mai partiti perchè subito le macerie hanno impedito qualunque spostamento nelle tre ore successive il terremoto, poi è calato il buio e la città, per tre quarti storicamente senza illuminazione, è rimasta drammaticamente immobilizzata; a cercare i sopravvissuti è la gente comune, gli unici mezzi a operare anche grazie a cellule fotoelettriche sono quelli della Minustah, la missione locale dell'Onu".



Dal racconto emerge un dramma di cui ancora non si conoscono i confini che ha colpito il paese più povero d'America, gli ultimi tra gli ultimi: "Appena fatto giorno andremo a Martissant. È la zona che ci preoccupa di più. Dalle notizie in nostro possesso tutto il centro città è stato pesantemente colpito: Canape vert, Delmas, Bourdon, Petionville? Adesso devo chiudere, provare a riposare un pò per poter aiutare tra qualche ora.

(Fonte Avvenire)


Ripenso una bellissima poesia di Louis Delembert...
Tanti morti, dice, ci sono negli occhi della mia isola


kariblues



a john n.


giocare a campana con la morte
fanciullo maldestro che tesse castelli di parole
al rovescio del destino
siepi e sorrisi di un tempo
che gravano l'orizzonte
dita intrecciate a formare
arco di spensieratezza
sul frontone della notte
le parole non esorcizzano la morte
le sentinelle hanno sequestrato il ponte levatoio
tre volte passerà e la morte dirà l'assoluto
senza un solo sguardo per la storia
preferendo l'umano sgomento
per scrivere le sue note all'inverso
tre volte passerà
resterà una favola mattutina
si trovò un mendicante gli occhi crivellati
di disprezzo
(e la notte che se ne andava le mani inzuppate di sangue)


tanti morti ci sono negli occhi della mia isola.




 
Biografia
 
Figlio di due maestri elementari, Louis-Philippe Dalembert è nato a Port-au-Prince l’8 dicembre 1962. La morte del padre, pochi mesi dopo la sua nascita, ha conseguenze drammatiche sulla situazione economica della famiglia. Egli trascorre i primi anni della sua infanzia a Bel-Air, un quartiere popolare della capitale, immerso in un universo femminile: le cugine della madre, che durante la settimana va ad insegnare in provincia, la sorella maggiore, le prozie e la nonna materna. Quest’ultima comanda il suo piccolo mondo a bacchetta, in una Port-au-Prince governata col pugno di ferro da François Duvalier, per tutti "Papa Doc". All’età di sei anni vive la prima traumatica separazione della sua vita: la famiglia lascia, infatti, il quartiere per andare ad abitare altrove. Da questa esperienza nascerà un romanzo intitolato Le crayon du bon Dieu n'a pas de gomme (La matita del buon Dio non ha la gomma), testimonianza di un’infanzia molto religiosa vissuta all’insegna del sabbat.

Port-au-Prince, negli anni 1960-1970, è anche i cinema all’aria aperta, i famosi drive in, uno dei quali si trova dietro la nuova casa, aldilà di un burrone. La sera tutto il quartiere si ritrova in un terreno mezzo abbandonato per assistere alla proiezione dei film. Lì Dalembert vede i western, di cui va pazzo, i primi kung fu e Ultimo Tango a Parigi. Certo, bisogna ovviare alla pessima acustica, immaginando da soli i dialoghi o aspettando che sia uno spettatore ad improvvisarli. Da questo momento, per Dalembert raccontare significa innanzitutto far vedere.
Di formazione letteraria e giornalistica, Dalembert lavora come giornalista nel suo paese natale prima di partire, nel 1986, in Francia dove completa i suoi studi alla Sorbona con un dottorato di ricerca in letteratura comparata sullo scrittore cubano Alejo Carpentier. Dopo la sua partenza da Haïti, questo vagabondo poliglotta (maneggia, infatti, con disinvoltura sette lingue) ha vissuto a Nancy, Parigi, Roma, Gerusalemme, Brazzaville, Kinshasa, Firenze, viaggiando ovunque i suoi passi siano riusciti a condurlo… sempre accompagnato dall’eco della sua terra.
La sua opera porta d'altronde le tracce del suo vagabondaggio, concetto che egli preferisce a quello di erranza, e della tensione permanente tra due età (l'infanzia, da cui deriva il suo sguardo sul mondo, e l'età adulta), tra due o più luoghi.
Dopo aver vissuto a Roma, oggi vive tra Parigi, Port-au-Prince e altrove.

(Fonte  Wikipedia)


lunedì 11 gennaio 2010

Rosarno











Bersagli, facili bersagli gli im¬migrati. Colpiti, con preci¬sione, con un fucile ad aria compressa. Anche Moussa Dabrè, giovane uomo del Burkina Faso, così come nei giorni scorsi altri braccianti, è stato colpito ieri con un fucile caricato a pallini mentre era in campagna, lontano dai luo¬ghi della rivolta. Altri ' giovani schiavi' erano stati presi a spran¬gate venerdì. « Mi hanno aggredi¬to in otto e volevano ammazzar¬mi. Sono vivo per miracolo » , ha raccontato ieri uno di loro. L’odio e la paura sono ormai innescati e anche un casolare vuoto è stato preso di mira e incendiato, forse dagli uomini delle cosche che non vogliono più gli immigrati.

Così ai giovani africani non è restato che fuggire via, lasciando qui anche il sogno di una vita migliore. In silenzio hanno raccolto le loro cose, per salire sui pullman diretti ai centri di prima accoglienza di Crotone, Bari o della Sicilia

(Da ‘’L’Avvenire’’)



Forestieri in terra di Egitto (Centro di identificazione ed espulsione)

Mi chiamo Hassan
Ho 12 anni e vengo da un paese Africano.
Un missionario comboniano, un italiano
mi ha sottratto all’esercito dei bambini che, armati
combatte e uccide la gente dei villaggi.
Avevo un mitra, mi ha dato un libro.


Mi chiamo Hassan
e con mia madre ho attraversato il deserto
e poi il mare
ed ora sono qui, nel paese delle libertà….
qui, dove la gente ama i bambini e non uccide lo straniero
Sta scritto nella Bibbia,
il libro avuto in dono da un missionario italiano
Sta scritto li e dice…


"Non molesterai il forestiero né lo opprimerai
perché voi siete stati forestieri in terra di Egitto”


Io sono Hassan...
Fuggito dalla guerra e dalla fame
….e sono solo.

(Giovenale Nino Sassi..... dedicata a tutti gli Hassan che di terre in terre sono in cerca di un luogo possibile per vivere)
***
Lascio un contributo personale – la poesia - insieme al ricordo di quando noi, uomini della mia generazione, correvamo a Nord, verso le pensiline delle città industriali d’Europa in cerca di lavoro.


Lascio il pensiero di Max Frisch, scrittore svizzero, che in quegli anni, a fronte dei tre referendum contro gli immigrati italiani ebbe a dire: ‘’ Volevamo braccia, sono arrivati uomini’’


Lasci infine il pensiero di Benedetto XVI, Papa Filosofo e Teologo che giusto ieri, a proposito dei fatti di Calabria ha detto: ‘’un immigrato è un essere umano, differente per provenienza , cultura e tradizione, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri’’

Emily Dickinson




Il giorno arrivò lentamente - fino alle Cinque -
Poi spuntò davanti alle Colline
Come Rubini celati - o la Luce
Che spande Improvvisa - un Moschetto -

La Porpora non riuscì a trattenere l'Oriente -
L'Alba si gettò tutt'intorno
Come Pezze di Topazio - avvolte di Notte -
Che una Dama ha appena srotolato -

I Venti Felici - presero i loro Tamburelli -
Gli Uccelli - in docili File
Si disposero intorno al loro Principe
Il Vento - di Costoro è il Principe -

Il Frutteto luccicò come un Ebreo -
Com'era grandioso - essere
Un Ospite in questo posto stupendo -
Il Salotto - del Giorno -

.
Lo spuntare dell'alba dipinto come una sontuosa esplosione di luce e di vita, uno spettacolo a cui siamo invitati ogni giorno e la cui grandiosa bellezza non finisce mai di stupircici.
Nel primo verso dell'ultima strofa c'è probabilmente un riferimento alle ricchezze comunemente attribuite agli ebrei .

venerdì 8 gennaio 2010




Vivo l’attimo e non è il presente
È già ieri, l’attimo…
Che ne ho fatto del presente !?
I pensieri succedono ai pensieri…
sospese ragioni della speranza

Giovanni Paolo II - dal '' Canto del Dio nascosto''




L’amore mi ha spiegato ogni cosa,

l’amore ha risolto tutto per me –
perciò ammiro questo Amore
dovunque Esso si trovi.

E poiché sono una distesa aperta al flusso silenzioso
che non ha nulla dell’onda tonante che non poggia
ai tronchi iridescenti
mi ha molto di un’onda quieta che scopre luce negli abissi
e alita questo chiarore su foglie non inargentate.

Perciò in quel silenzio io-foglia,
liberata dal vento,
non mi curo più di alcuno dei giorni inabissati
perché so che tutti s’inabisseranno.

giovedì 7 gennaio 2010

Henri de Toulouse-Lautrec



Negli anni di maggior risveglio dell'impressionismo, quando Monet, Pissarro, Sisley e molti altri, collocato il cavalletto sulle sponde della Senna o in mezzo ai campi assolati, studiavano appasionatamente  il plein air tentando di restituire cromaticamente le loro visioni accecanti, in questi anni di luce e di natura all’aperto, un pittore cercava le ombre della città, a Montmartre. Da tale punto di osservazione studiava i passanti e non la luce che li illuminava ma i loro tratti indovinandone spietatamente i caratteri.


Se gli impressionisti erano tutti tesi a carpire nella natura le vibrazioni luminose e a renderne analiticamente ogni tonalità, egli al contrario cercava la sintesi estraendo la quintessenza di un ambiente elaborando dei tipi.



Questo pittore, Toulouse – Lautrec – illustratore della vie moderne baudeleriana, feroce caricaturista e nello stesso tempo dolorosa caricatura delle ville lumiere – Non esiste alcun ‘’ismo’’ in cui egli possa rientrare interamente e trovarvisi a suo agio: non l’impressionismo di Monet, ne il Sintetismo dei seguaci di Gauguin, ne l’Art Nouveau, nel senso che questi tre movimenti – ai quali egli sarà pur legato – non sono sufficienti a dare di lui una definizione esauriente.

(dal saggio di Margherita d’Ayala Valva e Alessander Auf der Heyde)




En plein air - Wikipedia      Art Nouveau - Wikipedia

Stasera



Vincent van Gogh - Wikipedia

.

Ho spento la televisione e il PC

Ho rinunciato ai giornali
per ritovare
le ''Parole'' perdute
.

 

sabato 2 gennaio 2010


Pinturicchio
.
Quelli che non soffrono nulla non divengono nulla.


La vita non servirà a mutarli, e il tempo per loro fluisce come una manciata di sabbia, disperdendoli.
Le condizioni della felicità sono la lotta, la costrizione e la resistenza.
Se qualcosa ti si oppone e ti strazia, lascia crescere;
ciò significa che metti le radici e ti trasformi.
Benedetto il tuo tormento che ti fa crescere:
poiché nell’evidenza non si dimostra e non si raggiunge nessuna verità.
Quelle che ti vengono proposte non sono che un facile accomodamento, e simili a sonniferi.
Sappi che ogni contraddizione insoluta, ogni contrasto inevitabile ti obbliga a
crescere per assorbirlo.
Se vuoi diventare grande devi lottare fino allo spasimo contro i tuoi contrasti:
essi conducono innanzitutto a Dio.
É la sola via che esista.
Ed è per questo che la sofferenza accettata ti accresce.
L’uomo è veramente uomo se sa resistere.
Altrimenti l’umanità diviene un formicaio
ove Dio non è più presente, un’umanità senza lievito.
L’utile è ciò che ti resiste.