sabato 26 febbraio 2011

LA SPIGOLATRICE DI SAPRI



LA SPIGOLATRICE DI SAPRI
(di Luigi Mercantini, 1857)


Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Me ne andavo al mattino a spigolare,
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore;
e alzava una bandiera tricolore;
all'isola di Ponza s'è fermata,
è stata un poco e poi si è ritornata;
s'è ritornata ed è venuta a terra;
sceser con l'armi, e a noi non fecer guerra.

Sceser con l'armi, e a noi non fecer guerra,
ma s'inchinaron per baciar la terra,
ad uno ad uno li guardai nel viso;
tutti aveano una lagrima e un sorriso.
Li disser ladri usciti dalle tane,
ma non portaron via nemmeno un pane;
e li sentii mandare un solo grido:
Siam venuti a morir pel nostro lido».

Con gli occhi azzurri e coi capelli d'oro
un giovin camminava innanzi a loro.
Mi feci ardita, e, presol per la mano,
gli chiesi: «Dove vai, bel capitano?»
Guardommi e mi rispose: «O mia sorella,
vado a morir per la mia patria bella».
Io mi sentii tremare tutto il core,
né potei dirgli: «V'aiuti 'l Signore!»

Quel giorno mi scordai di spigolare,
e dietro a loro mi misi ad andare.
Due volte si scontrar con li gendarmi,
e l'una e l'altra li spogliar dell'armi;
ma quando fur della Certosa ai muri,
s'udirono a suonar trombe e tamburi;
e tra 'l fumo e gli spari e le scintille
piombaro loro addosso più di mille.

Eran trecento, e non voller fuggire;
parean tremila e vollero morire;
ma vollero morir col ferro in mano,
e avanti a lor correa sangue il piano:
fin che pugnar vid'io per lor pregai;
ma un tratto venni men, né più guardai;
io non vedeva più fra mezzo a loro
quegli occhi azzurri e quei capelli d'oro.

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!




giovedì 24 febbraio 2011

LIBIA

Chagall - Ulisse


Abbiamo la possibilità, unica in questo tempo egoista e stanco, di portare speranza, amicizia, tolleranza, futuro agli uomini e alle donne vittime delle guerre che ormai sempre più numerose devastano i confini dell’occidente.

E ci riguardano !

Abbiamo la possibilità di meritare la fiducia di popoli troppo a lungo ristretti nell’assenza di libertà.
Abbiamo la possibilità di elaborare politiche coraggiose e illuminate .
Abbiamo la possibilità di scacciare la paura e vincere il niente che avvolge i giorni…
Abbiamo la possibilità di vedere nell’altro, nel diverso da noi una opportunità….
Abbiamo la possibilità di guidare il ricominciamento del lavoro e dell’economia
Abbiamo la possibilità di riscoprire i vantaggi della solidarietà tra gli uomini

Abbiamo la possibilità di riscoprire tutto ciò che è veramente vero, buono, giusto, … che poi è tutto ciò che è veramente bello

lunedì 21 febbraio 2011

Eccomi quì !


Eccomi qui,
la testa consumata da venti
al caldo di un camino che brucia pensieri.

Parole come fumo cercano il cielo.

Il giovane studia e prepara il futuro
Per cosa poi, ha smarrito il senso.
Non alza le tende ,
non c’è di meglio …

Una generazione ha dato e poi tolto.

Più nulla...
nelle mani degli economisti
quello che resta dei fallimenti.

Sui davanzali gerani rossi
della casa in rovina…
L’ebreo cantava al tramonto
la terra
lungo la Limat in un qualche Tea Room di Zurigo.

''Wenn ich rufe, erhòre mich , Gott, du mein Retter
Du hast mir Raum gescaffen, als mir angst war
Sei mir gnàdig, und hòr auf mein Flehen ! ''

Canta ora l’arabo lungo i vicoli
della città che racconta storia;
pietre alzate, abbattute e nuovamente alzate
e torri come bastioni sui fianchi della collina.

È nenia di colori, un quasi lamento
e non mi appartiene.
La fanciulla porta il velo.

Ho combattuto agitando la spada ...


GSN ...

Per interpretare e raccontare me stesso scelgo Vincent van Gogh .... ritratto del dottor Gachet, (1890)
Per raccontare il nostro tempo confuso e incerto ho scelto un bellissimo dipinto di Hieronymus Bosch ... la nave dei folli...

.... La nave dei folli è un'opera satirica pubblicata nel 1494 a Basilea da Sebastian Brant,un teologo conservatore tedesco. ( Der Narrenspiegel, das groß Narrenschiff ).
Sono, quelli di Brant, anni incerti e confusi premessa di successivi grandi cambiamenti.
E' il tempo di Erasmo da Rotterdam e del celebre Elogio della follia

A proposito della follia e della nave dei folli Michel Foucault scrive...
« Perché si vede sorgere d'un tratto la sagoma della nave dei folli, e il suo equipaggio insensato che invade i paesaggi più familiari? Perché, dalla vecchia alleanza dell'acqua con la follia, è nata un giorno, e proprio quel giorno, questa barca?

[…]

La follia e il folle diventano personaggi importanti nella loro ambiguità: minaccia e derisione, vertiginosa irragionevolezza del mondo, e meschino ridicolo degli uomini. »





venerdì 18 febbraio 2011

Francesco Gaeta





Si, vi lascio vecchie mura,
dove un po’ del cuore mio
con un tenero desio
attaccato resterà

E vi lascio che ancor dura
Primavera, tra la festa
Delle rondini e la mesta
Vespertina carità.

Dunque addio, se il dì tramonta,
focolare ove, farfalla
su la tua parete gialla,
un estremo raggio muor;

carte a fiori, ove l’impronta
d’ogni quadro amico e noto
mette un suo parlante vuoto,
che non sa sbiadirsi ancor;

vacue camere, onde il passo
sveglia insoliti rimbombi;
tetti erbosi ove i colombi
riposavano dal vol;

e tu ancora, che dal sasso
esci, trepida lucerta,
a la loggia ormai deserta
che d’asfalto odora al sol.

Or, se qui svolga la vita
Senza me le sue vicende,
altra casa non m’attende,
non mi chiama, aprica, a sé ?

Ma una parte ahimé svanita
Dei miei giorni è qui sepolta.
Vecchie mura, qualche volta
Ricordatevi di me.


***

La situazione è molto semplice : c’è un traslco.

Un uomo nel lasciare la casa dove a lungo ha abitato, si sofferma a guardare quelle vecchie mura a lui familiari. I ricordi invadono l’anima insieme ad un momento di tristezza che tutti, in situazioni analoghe, possono avere provato. La lirica poteva facilmente cadere nella sdolcinatura o nella rilassatezza formale, cedere alla tentazione dei rimpianti lacrimosi, dell’insistenza, della descrizione minuta. Il poeta invece mantiene il tono della lirica su un piano di misurata tenerezza riscattando la banalità dei riferimenti realistici in una letteraria dignità di vocabolario e di costrutti … effondendo la propria malinconia nella dolcezza della musica che pervade le strofe. Francesco Gaeta è un poeta napoletano nato nel 1879 , morto suicida nel 1927. La critica lo definisce un poeta di transizione dal Pascoli ai Crepuscolari. Al primo si avvicina per il forte senso del mistero, della morte e del dolore; agli altri per il tono dimesso degli argomenti e il gusto realistico delle scene di vita quotidiana.Motivo dominante della poesia del Gaeta è quello che Croce ha chiamato ‘’l’amore dell’amore’’ ; un bisogno inappagato di dolcezza che si innesta nel fondo tetro del suo pessimismo

Francesco Flora definì Gaeta ‘’un severo, diciamo anzi un tragico spirito in cerca di gioia’’.



Henry Wallis
.
IL CREPUSCOLARISMO in breve

E' un movimento poetico che, nato nei primi anni del Novecento, volle reagire alla clamorosa e ostentata retorica dannunziana.

Alla base della lirica dei crepuscolari c'è il disperato bisogno di parlare di sé, di confessarsi, ma in forma di colloquio più che di canto ... preferiscono i toni smorzati e dimessi, le forme discorsive, i ritmi facili e un vocabolario volutamente povero fatto di parole quotidiane e banali

Sempre preoccupati e timorosi di forzare la voce, i crepuscolari amarono anche ricercare nell'ironia un'ulteriore difesa contro il rischio della troppo esplicita sentimentalità.

I temi prediletti furono i sentimenti comuni, gli oggetti e le cose d'ogni giorno, gli stati d'animo avvolti in un grigiore stanco e apatico, di rinunzia dalle tinte morbide e incerte come quelle della luce del crepuscolo .... da qui il nome attribuito al movimento .

Il Crepuscolarismo che da un lato si ricollega a certi modi carezzevoli e languidi del Pascoli più patetico, sentì l'influsso dell'analoga poesia francese e fiamminga ( Samain, Maeterlink, Verlaine, Laforgue).... rappresenta quindi una fase di progresso del gusto poetico e viene giustamente visto come una forma lirica più moderna di quelle pascoliana e dannunziana.

Gli spetta altresì il merito di aver creato nuove cadenze di metrica e di ritmo, nuovi atteggiamenti del linguaggio da cui prenderanno le mosse gli scrittori posteriori

I maggiori rappresentanti del nostro Crepuscolarismo sono Guido Gozzano, Marino Moretti e Sergio Corazzini


henry wallis



Di Gaeta, Aldo de Gioia (Pedagogista, storico, poeta napoletano) scrive .....

Il poeta Gaeta non merita il crepuscolo

Repubblica — 26 gennaio 2010 pagina 1 sezione: NAPOLI


TRA i poeti napoletani tra l' 800 e il ' 900 è l' unico ricordato dalla Treccani come poeta in versi "italiani". Francesco Gaeta è stato un grande crepuscolare del primo Novecento, eppure dimenticato, soprattutto nella sua città. Qualche giorno fa ne discutevo con le signore Pina e Susi Savarese, nipoti di Gaeta, che hanno osservato come la fatica di scrivere una storia generale della letteratura italiana per chiunque voglia cimentarsi, non può non tener conto degli infiniti punti sparsi di storie biografiche. E tra queste la vita e l' opera di Francesco Gaeta. Le nipoti vorrebbe creare in sua memoria una fondazionee io ho il dovere di capire, nel grigiore culturale del nostro tempo, se c' è intenzione di sostenere da qualche parte in questa città l' iniziativa. Nelle mie ricerche ho incontrato spesso Francesco Gaeta, soprattutto seguendo gli studi di Alda Croce, figlia di Benedetto, il primo forse a scoprire il talento del poeta. Il quale si distinse tra i poeti legati alla tradizione della poesia italiana, anche se non estranei all' influenza delle esperienze letterarie contemporanee. Nella sua esistenza ebbe una lunga e feconda attività letteraria che si articolava in una costante disposizione nel cogliere gli aspetti più vari e contraddittori del vivere. anificando le convenzioni, i pregiudizi, le apparenze e gli stereotipi della società del primo Novecento. Si accostò alle varie esperienze letterarie di quel tempo assimilandole sempre su un piano di libertà e di originalità. Per tal motivo si possono registrare nel corso del suo itinerario artistico atteggiamenti caratteristici di vari momenti letterari, particolarmente del crepuscolarismo, per la sua congeniale disposizione alla malinconia che spesso appare nella visione delle cose, degli uomini, dell' amicizia, degli affetti familiari e dell' amore. Intensa fu la sua operosità che si esplicò in vari motivi in una incalzante sperimentazione di temi e di forme. Scrisse opere importanti: "Il libro della giovinezza" (1895), "Canti di libertà" (1902), "L' Italie lettèrarie d' aujourd' hui" (1904), "Sonetti voluttuosi" (1906), "Poesie d' amore" (1920), "Novelle gioconde"(1921) e tante altre cose. Insieme a Silvio Novaro si collocò nell' importante corrente di poesia che prese il nome di "Crepuscolarismo" il cui vocabolo fu suggerito da un recensione di Giuseppe Antonio Borghese pubblicata in un quotidiano del 1910 con raccolte di versi di tre poeti: Mario Moretti, Fausto Maria Martini e Carlo Chiaves. Pur senza dare al "Crepuscolarismo" un valore dispregiativo, Borghese lo adattò metaforicamente: identificava quei poeti come epigoni della grande stagione poetica italiana da Parini a D' Annunzio. Scriveva Borghese: «La poesia italiana si spegne in un mite e lunghissimo crepuscolo cui forse non seguirà la notte». Successivamente Guido Gozzano fu riconosciuto come il "maestro" ed il più autentico rappresentante del " C r e p u s c o l a r i s m o " , m a Francesco Gaeta è ancora tutto da scoprire attraverso l' attenta analisi delle sue fonti e dei suoi testi a cui mi sto dedicando. Quando ero componente della commissione toponomastica si riuscì, grazie anche a Arturo Fratta e a Max Vajro, a intitolargli una strada nei pressi di piazza Carlo III. Egli era nato a Napoli nel 1879 e qui vi morì suicida nel 1927, nella propria abitazione di via Pontecorvo numero 6, nel cuore della città, quando si spense sua mamma. Fu così grande il suo dolore che non le sopravvisse. Lasciò un biglietto sul quale aveva scritto: "Mia dolce madre ti seguo...". -

Ungaretti … il periodo milanese II

Uomo che cammina nel deserto (Marinella Albora)
.
Scrive Ungaretti :

’Sono nato al limite del deserto e il miraggio del deserto è il primo stimolo della mia poesia …..
E’ il deserto il primo stimolo, lo stimolo iniziale, lo stimolo che da moto poi alla poesia che può esprimere anche una diversa realtà, una realtà ubertosa, ma insomma partendo da questo nulla, da questo nulla e da questo sentimento di questo nulla sul quale non si fondano che delle illusioni che portano a perdizione. ‘’


Le dodici poesie del periodo milanese
pubblicate, via via sulla rivista futurista ‘’Lacerba’’ chiudono la fase più strettamente sperimentale della sua opera e preannunciano una lunga, fortunata avventura poetica.

‘’Agonia’’,
che in nove versi racchiude l’arsura del deserto e i suoi miraggi contiene anche un progetto di vita e di poesia ….

Morire come le allodole assetate
sul miraggio
O come la quaglia
passato il mare
nei primi cespugli
perché di volare
non ha più voglia
Ma non vivere di lamento
come un cardellino accecato


’Notte di maggio’’
dove affiora come una fitta al cuore la città dell’infanzia ….

Il cielo pone in capo
ai minareti
ghirlande di lumini


’Silenzio’’,

dove il ricordo della città natale Alessandria per sempre persa e per sempre ritrovata per via di poesia, diventa l’espressione di un ritorno nostalgico verso una città sospesa in una solarità radiosa che il poeta ha lasciato una sera d’estate, vedendola sparire come in un ultimo abbraccio di luci.

Conosco una città
che ogni giorno s’empie di sole
e tutto è rapito in quel momento
Me ne sono andato una sera
Nel cuore durava il limio
delle cicale
Dal bastimento
verniciato di bianco
ho visto
la mia città sparire
lasciando
un poco
un abbraccio di lumi nell’aria torbida
sospesi.

giovedì 17 febbraio 2011

Edgar Lee Masters - Il violinista Jones



La terra emana una vibrazione
là nel tuo cuore, e quello sei tu.
E se la gente scopre che sai suonare,
ebbene, suonare ti tocca per tutta la vita.
Che cosa vedi, un raccolto di trifoglio?
O un prato da attraversare per arrivare al fiume?
Il vento è nel granturco; tu ti freghi le mani
per i buoi ora pronti per il mercato;
oppure senti il fruscio delle gonne.
Come le ragazze quando ballano nel Boschetto.
Per Cooney Potter una colonna di polvere
o un vortice di foglie significavano disastrosa siccità;
Per me somigliavano a Sammy Testarossa
che danzava al motivo di Toor-a-Loor.
Come potevo coltivare i miei quaranta acri
per non parlare di acquistarne altri,
con una ridda di corni, fagotti e ottavini
agitata nella mia testa da corvi e pettirossi
e il cigolìo di un mulino a vento - solo questo?
E io non iniziai mai ad arare in vita mia
senza che qualcuno si fermasse per strada
e mi portasse via per un ballo o un picnic.
Finii con quaranta acri;
finii con una viola rotta -
e una risata spezzata, e mille ricordi,
e nemmeno un rimpianto.
.
.
.
Il dipinto è di Marc Chagall .....
Chagall nei suoi lavori si ispirava alla vita popolare della Russia europea e ritrasse numerosi episodi biblici che rispecchiano la sua cultura giudaica. Negli anni sessanta e settanta, si occupò di progetti su larga scala che coinvolgevano aree pubbliche e importanti edifici religiosi e civili.

Le opere di Chagall si inseriscono in diverse categorie dell'arte contemporanea: prese parte ai movimenti parigini che precedettero
la prima guerra mondiale e venne coinvolto nelle avanguardie. Tuttavia, rimase sempre ai margini di questi movimenti, compresi il cubismo e il fauvismo. Fu molto vicino alla Scuola di Parigi e ai suoi esponenti, come Amedeo Modigliani.

I suoi dipinti sono ricchi di riferimenti alla sua infanzia, anche se spesso preferì tralasciare i periodi più difficili. Riuscì a comunicare felicità e ottimismo tramite la scelta di colori vivaci e brillanti. Il mondo di Chagall era colorato, come se fosse visto attraverso una vetrata di una chiesa.

Marc Chagall si è occupato anche di Mailart vedi volume "Il recupero della memoria" del milanese Eraldo Di Vita.
(Fonte Wikipedia)

mercoledì 16 febbraio 2011

Emily Dickinson .... Bussava il vento .....


Bussava il vento come un uomo stanco.
Io, padrona di casa,
“Entra” gli dissi audace, ed entrò allora
nella mia stanza

un ospite veloce, senza piedi:
dirgli di accomodarsi
sarebbe stato assurdo come offrire
una poltrona all’aria.

Era senz’ossa, e perciò inafferrabile.
La sua favella era simile all’empito
di uccelli senza numero, che cantassero insieme
in un cespuglio celestiale.

Il suo volto era un’onda,
le sue dita al passare
lasciavano sfuggire un suono, come
un alitare tremulo su un vetro.

Sempre in moto mi fece la sua visita;
e poi, timidamente,
bussò di nuovo – con agitazione -
e mi ritrovai sola.



La Dickinson è un poeta straordinario…Straordinari sono il suo senso della natura, la sua capacità di distillare “un senso sorprendente da ordinari significati, essenze così immense da specie familiari”, l’evocazione di metafore e di simboli senza affettazione o ricerca dell’effetto.

Il linguaggio della Dickinson è scarno, conciso, ellittico, ma di una intensità ineguagliabile, e mai come in questo caso la traduzione deve tradire la lettera per provare ad avvicinarsi al nucleo vibrante ed indicibile dei versi.




I dipinti sono di Iman Maleki


Cenni Biografici

Iman Maleki è nato a Teheran nel 1976. Attratto dall'arte fin da giovanissimo, ha iniziato a dipingere all'età di 15 anni, sotto la guida del suo primo ed unico maestro, Morteza Katouzian, considerato il più grande pittore realista iraniano.
Le sue opere sono caratterizzate da uno straordinario realismo, da un'espressività nitida, senza veli, che getta uno sguardo quasi fotografico sul suo Paese, ora celebrandone il glorioso passato, ora catturando attimi di odierna quotidianità.

lunedì 14 febbraio 2011

Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?... Questioni di ieri e di oggi



Cicerone, Orazione I contro Catilina….

Fino a quando, Catilina, continuerai ad abusare della nostra pazienza?
Per quanto tempo ancora il tuo folle comportamento si farà beffe di noi?
Fino a che punto si scatenerà questa tua temerità che non conosce freno?

Non ti fanno nessuna impressione ne il reparto armato che di notte presidia il Palatino, né le pattuglie che svolgono servizio di ronda in città, né l'ansiosa preoccupazione del popolo, né il concorde accorrere di tutti i buoni cittadini, né questa sede così ben fortificata per la seduta del senato, ne l'espressione del volto dei presenti?Non t'accorgi che le tue trame sono palesi?
Non vedi che la tua congiura, conosciuta com'è da tutti i presenti, è ormai tenuta strettamente sotto controllo?
Chi di noi, a tuo avviso, ignora cos'hai fatto la notte scorsa e quella precedente, dove sei stato, chi hai convocato, che decisione hai presa?

[ .... .... .... ] ….. tu sei stato capace non solo di non tenere in nessun conto ne leggi ne giustizia, ma pure di sovvertirle e distruggerle. Ora, i tuoi misfatti precedenti, per quanto assolutamente insopportabili, pure li ho sopportati così come ho potuto; ma che adesso io debba vivere ….. nel terrore solo per causa tua, che ad ogni stormir di foglia si debba temer Catilina, che evidentemente non sia possibile ordire nessuna trama ai miei danni che sia indipendente dalla tua delittuosa attività, questo è assolutamente insopportabile.

Vattene dunque e liberami da questo timore: per non soccombere, se è fondato; per cessare una buona volta per tutte di temere, se è privo di qualunque fondamento.

domenica 13 febbraio 2011

Trilussa - ER GATTO AVVOCATO



ER GATTO AVVOCATO
di Trilussa, al secolo Carlo Alberto Salusri,
(Roma, 26.10.1871 - 21.12.1950)


La cosa annò così. La Tartaruga,
mentre cercava un posto più sicuro
pe' magnasse una foja de lattuga,
j'amancò un piede e cascò giù dar muro:
e, quer ch'è peggio, ne la scivolata
rimase co' la casa arivortata.
-
Allora chiese ajuto a la Cagnola;
dice: - Se me rimetti in posizzione
t'arigalo, in compenso, una braciola
che ciò riposa a casa der padrone.
Alccetti? - Alccetto. - E quella, in bona fede,
co' du' zampate l'arimise in piede.
-
Poi chiese: - E la braciola? - Dice : - Quale?
- Ah! - dice - mò te butti a Santa Nega!
T'ammascheri da tonta! È naturale!
Ma c'è bona giustizzia che te frega!
Mò chiamo er Gatto, j'aricconto tutto,
e te levo la sete cor presciutto! -
-
Er Gatto, che faceva l'avvocato,
intese er fatto e j'arispose: - Penso
che è un tasto un pochettino delicato,
perché c'è la questione der compenso:
e in certi casi, come dice Orazzio,
promissio boni viri est obbligazzio.
-
Ma prima ch'io decida, è necessario
che la bestia medesima sia messa
co' la casa vortata a l'incontrario
Finché nun riconferma la promessa,
pe' stabilì s'è un metodo ch'addopra
solo quanno se trova sottosopra. -
-
Così fu fatto. Er Micio disse : - Spero
che la braciola veramente esista... -
La Tartaruga je rispose : - E' vero!
Sta accosto a la gratticola... L'ho vista.
- Va bene, - disse er Gatto - nu' ne dubbito:
mò faccio un soprallogo e torno subbito. -
E ritornò, defatti, verso sera.

- Avemo vinto! - disse a la criente.
Dice - Davvero? E la braciola? - C'era...
ma m'è rimasto l'osso solamente,
perché la carne l'ho finita adesso
pe' sostené le spese der processo.



(I dipinti sono di Georges Seraut )

sabato 12 febbraio 2011

Ungaretti … il periodo milanese (I)



Ungaretti lascia la capitale francese nel 1914 e si trasferisce in Italia dove incalzano avvenimenti drammatici : la prima guerra mondiale batte alle porte.
L’anarchismo innato e lo spirito ribelle fanno di lui un acceso interventista convinto che la guerra, quella guerra, sia inevitabile…
A Milano dove abiterà per qualche tempo presso un’affittacamere dalle parti del cimitero Monumentale e dove per vivere insegnerà francese, trascorre intere notti a passeggiare con il pittore
Carlo Carrà.
Scopre l’esistenza e la consistenza della ''nebbia'' che annulla il paesaggio e fa da sfondo alle dodici poesie milanesi pubblicate, via via sulla rivista futurista’Lacerba’’ fondata da Giovanni Papini e Ardengo Soffici nel 1913, in seguito riunite nella sezione dell’Allegria intitolata
Ultime





Dopo la nebbia
Dopo tanta
nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle.
Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore
del cielo






la vicinanza del cimitero richiama alla sua mente Moammed Sceab, l’amico arabo

anche le tombe sono scomparse
spazio nero infinito calato
da questo balcone
al cimitero
mi è venuto a ritrovare
il mio compagno arabo
che s’è ucciso l’altra sera
rifà giorno
tornano le tombe
appiattate nel verde tetro
delle ultime oscurità
nel verde torbido
del primo chiaro

Il ricordo di Alessandria gli detta i versi di Levante, una delle liriche più intrise di autobiografismo di questa prima fase creativa , attraversata e quasi ferita da visioni e sensazioni provate durante il viaggio per mare dall’Egitto verso l’Italia….
La linea
vaporosa muore
al lontano cerchio del cielo
Picchi di tacchi picchi di mani
e il clarino ghirigori striduli
e il mare è cenerino
trema dolce inquieto
come un piccione
A poppa emigranti soriani ballano
A prua un giovane è solo
Di sabato sera a quest’ora
Ebrei
laggiù
portano via
i loro morti
nell’imbuto di chiocciola
tentennamenti
dei vicoli
di lumi
Confusa acqua
come il chiasso di poppa che odo
dentro l’ombra
del
sonno
Alessandria, il deserto, i paesaggi dell’Africa gremiscono le poesie di Ultime ed è naturale per chi, come Ungaretti affonda le in quei luoghi le sue radici….‘’Sono nato al limite del deserto e il miraggio del deserto e il miraggio del deserto è il primo stimolo della mia poesia ….. ‘’


(I dipinti sono di Carlo Carrà)

domenica 6 febbraio 2011

Edward Hopper


Edward Hopper (Nyack, 22 luglio 1882 – New York, 15 maggio 1967) è stato un pittore statunitense famoso soprattutto per i suoi ritratti della solitudine nella vita americana contemporanea.


Hopper nasce a Nyack da Garret Henry e da Elisabeth Griffiths Smith. Edward già dall'età di 5 anni dimostra una spiccata abilità nel disegno. I suoi genitori, scoperta questa dote, lo incoraggiano facendogli leggere riviste e libri sull'arte. Nel 1895 dipinge il suo primo quadro dove mostra uno spiccato interesse verso le navi e tutto ciò che è legato ad esse.

Gli inizi

Nato a Nyack, piccola cittadina sul fiume Hudson da una colta famiglia borghese americana, Hopper entra nel 1900 alla New York So Art. Nell'istituto si trova fianco a fianco con altri futuri protagonisti della scena artistica americana dei primi anni cinquanta: Guy Pène du Bois, Rockwell Kent, Eugene Speicher e George Bellows. Importante per la sua formazione e crescita, però, è il contatto con tre insegnanti della scuola: William Merrit Chase, che lo avrebbe incitato a studiare. Il suo primo impiego è come illustratore pubblicitario per la C. Phillips & Company.


I viaggi all'estero

Nel 1906 si reca per la prima volta in Europa, visitando Parigi, dove sperimenterà un linguaggio formale vicino a quello degli impressionisti, e proseguendo poi, nel 1907, per Londra, Berlino e Bruxelles.

Lo stile personale ed inconfondibile, formato da precise scelte espressive, emerge e si forma nel 1909, quando decide di tornare a Parigi per sei mesi, dipingendo a Saint-Germain-des-Prés e a Fontainebleau.

La sua pittura predilige un particolare e ricercato gioco di luci e ombre, la descrizione di interni, imparata da Degas e perfezionata durante il suo terzo e ultimo viaggio all'estero, a Parigi e in Spagna nel 1910, e il tema centrale della solitudine.

Mentre in Europa prendevano piede il fauvismo, il cubismo e l'astrattismo, Hopper viene attratto per lo più da Manet, Pissarro, Monet, Sisley, Courbet, Daumier, Toulouse-Lautrec e dal più antico Goya.

Il ritorno in patria

Tornato stabilmente negli Stati Uniti, che non lascerà più, Hopper abbandona le nostalgie europee che lo avevano influenzato sino a quel momento, ed inizia ad elaborare soggetti legati alla vita quotidiana americana, modellando il suo stile alla vita di tutti i giorni. Tra i soggetti cui si dedica vi sono soprattutto la rappresentazione di immagini urbane di New York e delle scogliere e spiagge del vicino New England.

Nel 1918 è uno dei primi membri del Whitney Studio Club, il più vitale centro per gli artisti indipendenti dell'epoca.

Tra il 1915 ed il 1923 abbandona temporaneamente la pittura, dedicandosi a nuove forme espressive come l'incisione, eseguendo puntesecche e acqueforti, grazie alle quali otterrà numerosi premi e riconoscimenti, anche dalla prestigiosa National Academy of Design.
In questo edificio adiacente il Washington Square Park di New York, si trovava lo studio di Hopper

Il successo

Il successo ottenuto con una mostra di acquerelli (1923) e con un'altra di dipinti (1924) contribuiscono a fare di Hopper il caposcuola dei realisti che dipingevano la "scena americana".

La sua evocativa vocazione artistica si rivolge sempre più verso un forte realismo, che risulta la sintesi della visione figurativa combinata con il sentimento struggente e poetico che Hopper percepisce nei suoi soggetti. Diceva: "non dipingo quello che vedo, ma quello che provo".

Predilige immagini urbane o rurali, immerse nel silenzio; i suoi spazi sono reali ma in essi c'è qualcosa di metafisico (senza alcun accostamento alla corrente italiana), che comunica allo spettatore un forte senso di inquietudine. La composizione dei quadri è talora geometrizzante, sofisticato il gioco delle luci fredde, taglienti e volutamente "artificiali", sintetici i dettagli. La scena è spesso deserta; raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una, sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità tra i soggetti che ne accentua la dolorosa solitudine. Di lui è stato detto che sapeva "dipingere il silenzio". Hopper utilizzò composizioni e tagli fotografici simili a quelli degli impressionisti, che aveva visto dal vero, come si è detto, a Parigi all'inizio del Novecento, ma di fatto il suo stile fu personalissimo e imitato a sua volta da cineasti e fotografi.

Nel 1937 Hopper acquista una casa a Truro (Massachusetts), nella penisola di Cape Cod, dove da allora iniziò a passare regolarmente i mesi estivi. Il paesaggio di Cape Cod, con le sue dune, case e fari, si ritrova in molti suoi dipinti, come The House on The Hill, Cape Cod Evening o Cape Cod Morning.

Nel 1933 il Museum of Modern Art di New York gli dedica la prima retrospettiva e il Whitney Museum of American Art, la seconda nel 1950.

Hopper muore a 85 anni il 15 maggio 1967 nel suo studio nel centro di New York. Oggi è considerato uno dei grandi maestri americani, citato in qualche caso come precursore della Pop Art .

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mercoledì 2 febbraio 2011

Jan Vermeer



L'opera è firmata "IV Meer"; la firma fu svelata dopo un restauro eseguito nel 1901, quando il dipinto apparteneva a due mercanti londinesi.
Il soggetto dell'opera è l'episodio evangelico che narra la visita di Gesù nell'abitazione di Marta di Betania e della sorella Maria. Nel Vangelo secondo Luca 10,38-42 si narra di come le due sorelle accolgano Gesù in casa, ma mentre Marta si occupa delle faccende domestiche, Maria si siede ad ascoltare la parola di Gesù. Marta se ne lamenta con Gesù, ma questi le risponde: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta».
Si tratta di una delle poche tele di Vermeer a carattere religioso, dato che l'artista è il pittore della "pelle" delle cose, più che della spiritualità. Vermeer si convertirà al cattolicesimo poco prima della sua morte.


Raffigura una fanciulla volta di tre quarti colpisce in particolar modo l'espressione estatica, assolutamente languida ed ammaliante (secondo alcuni carica anche di un innocente erotismo), dello sguardo della giovane modella: sembra sia stato lo stesso Vermeer a chiedere alla ragazza, posta di fronte alla grande finestra illuminata dalla luce naturale del suo atelier, di voltare il capo più volte lentamente, tenendo socchiuse le labbra per produrre questo effetto.
La suggestiva leggenda che circonda questo quadro – e che colora con una punta di sentimentalismo la biografia di un grande pittore del quale si sa tuttora ben poco, e che poco ha lasciato: una trentina di dipinti in tutto e tutti di piccole dimensioni – è stata rievocata nel 2003 per il cinema da un film dal titolo La ragazza con l'orecchino di perla, interpretato dall'attrice Scarlett Johansson ed ispirato al romanzo omonimo della scrittrice Tracy Chevalier.

(fonte Wilkipedia)