giovedì 29 aprile 2010

Alda Merini - Le più belle poesie ( da La Terra Santa)


Giorgio Morandi

Le più belle poesie
si scrivono sopra le pietre
coi ginocchi piagati
e le menti aguzzate dal mistero.
Le più belle poesie si scrivono
davanti a un altare vuoto,
accerchiati da argenti
della divina follia.
Così, pazzo criminale qual sei
tu detti versi all’umanità,
i versi della riscossa
e le bibliche profezie
e sei fratello a Giona.
Ma nella Terra Promessa
dove germinano i pomi d’oro
e l’albero della conoscenza
Dio non è mai disceso né ti ha mai maledetto.
Ma tu sì, maledici
ora per ora il tuo canto
perché sei sceso nel limbo,
dove aspiri l’assenzio
di una sopravvivenza negata.

Alda Merini, da “La Terra Santa” 1983




Morandi Giorgio

mercoledì 28 aprile 2010

Autoritratto - Oilloc.

Artemisia Gentileschi - Wikipedia


E' un bellissimo e riuscito esempio di scrittura creativa. Non conosco l'autrice.

Autoritratto - Oilloc.

E così decise di assaggiare il tempo. Niente più corse, niente più fretta, niente più sfuggite. Tanto per iniziare, si disse, questa serata sarà mia, tutta e solo mia.
E così, in tutto il tempo del mondo, aprì l’acqua. Versò il suo bagnoschiuma preferito, e mentre il livello saliva, toccò play, e le quattro mura si riempirono di note. Di sassofono, per la precisione, calde, bollenti quasi quanto l’acqua. Si spogliò, ed immerse i piedi in quel caloroso abbraccio… prima solo le punte, e rabbrividì.
E i contrari sono complementari, se l’angolazione è giusta.
E l’ombra potrebbe essere piena, se la luce è sufficiente.
E i rumori coprono il battito, soprattutto se il silenzio incombe.
Ma il suo battito era forte, vigoroso. Forse il calore, forse il vapore… forse le note, forse i pensieri… si lasciò scivolare giù. E tremò, assaporando il calore che le invadeva ogni centimetro del corpo.
Chiuse gli occhi.
Come se fosse la cosa più normale del mondo, pensò a lui. In automatico. Se lo trovò davanti, e avrebbe voluto urlare, sbraitare, sceneggiare, non per causa sua, solo perchè sapeva che le avrebbe fatto bene. Invece sorrise. Come al solito, sorrise.
Solo un po’ più tristemente. Un po’ più lontana, suo malgrado. L’immagine di lui divenne quasi trasparente, ma iniziò ad avvertirne la presenza fisica.
Quello sguardo, quei maledetti occhi.
Aprì i suoi, per non sentire nè vedere. Solo leggeri vapori la circondavano. E quel delicato profumo di latte di mandorle.
Avrebbe voluto un fiore di mandorlo, delicato. Poggiato in una mano. E un bacio lieve, sussurrato.

martedì 27 aprile 2010

Paul Eluard - Non verremo alla mèta ad uno ad uno


Non verremo alla meta ad uno ad uno,
ma a due a due. Se ci conosceremo
a due a due, noi ci conosceremo


tutti, noi ci ameremo tutti e i figli
un giorno rideranno
della leggenda nera dove un uomo
lacrima in solitudine.

:::

In questa lirica possiamo scorgere il messaggio fondamentale della concezione etico - politica di Eluard: '' Se ci conosceremo a due a due, noi ci conosceremo tutti ''. Messaggio, qundi, di solidarietà; speranza operosa per il superamento dell'egoismo e dell'odio. Fiducia della vittoria del bene sul male.

Paul Eluard - pseudonimo di Eugène Grindel - nasce a Saint - Denis (Parigi) nel 1895. La sua famiglia appartiene alla piccola borghesia. Compie i suoi studi a Parigi che interrompe nel 1912 perchè malato di tubercolosi. Trascorre due anni in un sanatorio svizzero. Ed è quì che incontra una ragazza russa, Elena Diakonova (Gala) che sposerà nel 1917 e dalla quale divorzierà nel 1931. Durante la prima guerra mondiale chiede ed ottiene di combattere in prima linea. Dopo la grande guerra aderisce al movimento dadaista e quando questo movimento sta per esaurirsi, Eluard, insieme a Breton, Aragon e Soupault da vita al Surrealismo.

domenica 25 aprile 2010

da akatalēpsía o degli infiniti ritorni - L'illusione al potere

Giorgio de Chirico

 

Montaigne in “Enciclopedia Italiana” – Treccani

III, 13
.

dal bellissimo Blog di Clelia Mazzini....

Buona notte !

Gustave Courbet



Mi sono fermato per un saluto….
Non voglio disturbare i tuoi sogni,
sarebbe un peccato per il tuo riposo,
non devi sentire i miei passi –
piano piano chiudo la porta !
Passando ti scrivo sull'uscio
'' Buona notte ''
perchè tu possa vedere
che ho pensato a te.

venerdì 23 aprile 2010

Il Capo del governo: una riflessione di ELSA MORANTE

Sironi

Da un testo di Elsa Morante.............

"Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di
delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la
condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di
governo.
Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini?
Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per
interesse e tornaconto personale.
La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali,
ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto.
Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il
tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il
tornaconto.
Sironi

Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile
effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei.
Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt'al più il leader di un partito
di modesto seguito, un personaggio un po' ridicolo per le sue maniere, i
suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso
della gente e causa del suo stile enfatico e impudico.
In Italia è diventato il capo del governo.
Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano.
Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza
credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di
famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si
circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile,
e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un
proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole
rappresentare."

***

Scritto da Elsa Morante nel 1945, il testo si riferisce a Benito Mussolini...

Sironi

La gattina bianca, la coda ad uncino

Ho una gattina siamense,
bianca,
gli occhi azzurri bagnati di grigio,
la coda ad uncino.
Quando arriva la sera
si sveglia
mette sotto sopra la casa.
Corre da un ambiente all’altro,
insegue le ombre,
le attacca…
Si diverte da matta con poco
ed io l’invidio.
Quando viene la sera ripasso il giorno…
non c’è molto da ridere, mi dico
non fosse per la gattina bianca e la coda ad uncino

La libertà di Giorgio Gaber

Picasso


Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Vorrei essere libero come un uomo.
Come un uomo appena nato che ha di fronte solamente la natura
e cammina dentro un bosco con la gioia di inseguire un’avventura,
sempre libero e vitale, fa l’amore come fosse un animale,
incosciente come un uomo compiaciuto della propria libertà.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come un uomo che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia
e che trova questo spazio solamente nella sua democrazia,
che ha il diritto di votare e che passa la sua vita a delegare
e nel farsi comandare ha trovato la sua nuova libertà.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche avere un’opinione, la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

Vorrei essere libero, libero come un uomo.
Come l’uomo più evoluto che si innalza con la propria intelligenza
e che sfida la natura con la forza incontrastata della scienza,
con addosso l’entusiasmo di spaziare senza limiti nel cosmo
e convinto che la forza del pensiero sia la sola libertà.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche un gesto o un’invenzione,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.

Giovenale Nino Sassi

Vincent Van Gogh , La casa gialla


Conosco storie
e odori di terre diverse.
Colline verdi,
ieri,
fresca acqua di fonte.
Vecchia casa ad angolo sul mondo
da te partono
le mie traiettorie
sempre

il giorno dopo il riposo.

(1972)

Stasera rileggo le mie poesie. Raccontano anni lontani , difficili ma bellissimi.
Quelli delle mie migrazioni

lunedì 19 aprile 2010

Trilussa - L'Omo e la Scimmia

Pieter Bruegel


L' Omo disse a la Scimmia:
-Sei brutta , dispettosa:
ma come sei ridicola!
ma quanto sei curiosa!
Quann' io te vedo, rido:
rido nun se sa quanto!...

La Scimmia disse : - Sfido!
T' arissomijo tanto!

pieter_bruegel

James Augustine Aloysius Joyce - Notturno

James Joyce in uno dei suoi luoghi
preferiti di Zurigo, le rive della Limmat (Joyce Foundation)

James Augustine Aloysius Joyce nasce nel 1882 a Dublino.
Nella sua opera più famosa, “Ulisse”, descrive, minuto per minuto, la giornata del 16 giugno 1904 di Leopold Bloom.
Il testo è un adattamento dell’Odissea di Omero ed è oggi considerato come il romanzo moderno più celebrato al mondo.
Joyce muore nel 1941 a Zurigo.


NOTTURNO

Smunte nella tenèbra
entro a sudari, pallide stelle
le loro torce agitano.
Fatue luci dai più remoti cieli schiaran fioche,
archi su archi svettanti,
la navata della notte nera di peccato.

Serafini,
le osti perdute si svegliano
a servire sino a che
in illune tenèbra ognuna ricade, smorta,
levato che abbia e agitato
il suo turibolo.

E a lungo e alto,
per la notturna navata che si estolle
bàttito di stelle rintocca,
mentre squallido incenso gonfia, nube su nube,
ai vuoti spazi dall'adorante
deserto d'anime.


Joyce a Zurigo

Dopo un breve soggiorno in Ticino, lo scrittore irlandese si trasferisce a Zurigo e si installa nel quartiere borghese del “Kreis 6”, al numero 38 dell’Universitätstrasse.
Una tavoletta sul muro ricorda il luogo dove è nata una delle sue opere più importanti

In quella casa, lavorò molto ai primi capitoli dell’Ulisse, sebbene la parte principale del libro fu terminata più tardi a Parigi.
In seguito, Joyce si trasferisce al numero 29, sul lato opposto della strada. Il suo vecchio alloggio ha oggi lasciato posto ad un salone di abbronzatura e ad un negozio di antiquariato.
“Dopo aver celebrato il centenario del Bloomsday, il nome di Joyce è di nuovo in voga”

Il Bloomsday, festeggiato il 16 giugno, è diventato una tradizione per i cultori di Joyce.
La data ricorda il viaggio epico attraverso Dublino di Stephen Dedalus e Leopold Bloom descritto nell' "Ulisse", il romanzo moderno più celebrato al mondo.

A Zurigo, Joyce trascorre le sue serate al ristorante Pfauen, vicino al Kunsthaus e si trova con gli amici alla Kronenhalle. Raramente, si reca al Caffè Odeon sulla piazza Bellevue.

Schubert-Der Lindenbaum - Dal ciclo "Winterreise" (Viaggio d'inverno)

domenica 18 aprile 2010

Paul Celan

H. Bosch
.
GRATA DI PAROLE

.
Occhio tondo tra le sbarre.

Palpebra, sfarfallante animale,
voga verso l'alto,
fa passare uno sguardo.

Iride, natante, opaca e senza sogni:
sarà prossimo, il cielo, grigio-cuore.

Storta, nel beccuccio di ferro,
la scheggia fumigante.
Al senso che la luce prende
tu indovini l'anima.

(Fossi io come te. Tu come me.
Non sottostanno forse
al medesimo vento?
Siamo estranei.)

Pavimento. Sopra,
l'una accanto all'altra, le due
pozzanghere grigio-cuore:
due
bocconi di silenzio
.
Cenni biografici
.

Paul Celan , il cui vero nome è Antschel, nacque nel 1929 a Czenowitz in Bucovina (regione oggi divisa fra Ucraina e Romania), da famiglia ebrea. In seguito all’occupazione di Czenowitz da parte delle armate hitleriane nel 1941, i genitori vennero deportati nei campi di concentramento dove morirono mentre Paul venne inviato ai lavori forzati. Dopo la guerra Celan si reca a Bucarest per poi, nel 1947, fuggendo dall'occupazione sovietica trasferirsi a Vienna dove pubblicò la sua prima raccolta di poesie. ( Der Sand aus Urnen – la sabbia delle urne ) in pochi esemplari che poi mandò al macero.
In questo periodo, oltre a vari personaggi dell'ambiente surrealista, Celan conosce la poetessa Bachmann, con cui vive una breve e intensa relazione. Pubblica poi un breve saggio, dal titolo "Edgar Jenè und der traum von träume". A luglio Celan abbandona Vienna per Parigi, dove all'ENS si iscrive ai corsi di germanistica e filologia.
Nel 1959 inizia il lavoro come lettore di lingua tedesca all'ENS, che continuerà fino alla morte; continua parallelamente l'attività di traduttore (importanti le traduzioni da Mandel'stam e Valery), pubblica "Sprachgitter" (= "Grata di linguaggio") e, in seguito a un mancato incontro con Adorno, scrive un piccolo racconto dal titolo "Gespräch im gebirge" (= "Conversazione nella montagna"). È in questo stesso anno che conosce Szondi e Bollack.
***
Durante i moti studenteschi parigini del 1968 Celan si mostra dapprima solidale con la protesta, per poi dissociarsi quando questa ricorre a schemi ideologici autoritari e violenti. In autunno pubblica "Fadensonnen" (= "Filamenti di sole"), l'ultima antologia edita in vita, e l'anno successivo "Schwarzmaut" (= "Pedaggio al nero"), una plaquette illustrata con acquerelli, contenente il primo nucleo della raccolta postuma "Lichtzwang" (= "Luce coatta"). A fine anno compie un viaggio in Israele.
Del 1970 sono le ultime letture pubbliche di poesie, fra cui una a Friburgo, in presenza di Heidegger, che viene rimproverato da Celan per la disattenzione con cui lo ascolta. Presumibilmente il 20 aprile si suicida gettandosi nelle acque della Senna; il cadavere viene ritrovato da un pescatore solo il 1° maggio. Postume escono tre raccolte di sue poesie, che Celan aveva portato a termine prima della morte: la già citata "Lichtzwang", "Schneepart" (= "Parte di neve") e "Zeitgehöft" (= "Dimora del tempo").

giovedì 15 aprile 2010

Io sto con Emergency

Otto Dix
.

Dal Giuramento di Ippocrate --- versione moderna ---
.
giuro : di osservare il segreto professionale e di tutelare la riservatezza su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato;
.
I medici sono realmente senza frontiere. In zone di guerra danno fastidio ai potenti ma curano i malati. E' il loro dovere ed io sto con loro.

mercoledì 14 aprile 2010

Giacomo Leopardi


DIALOGO DI UN VENDITORE D'ALMANACCHI
E DI UN PASSEGGERE
..

Venditore. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere. Almanacchi per l'anno nuovo?
Venditore. Si signore.
Passeggere. Credete che sarà felice quest'anno nuovo?
Venditore. Oh illustrissimo si, certo.
Passeggere. Come quest'anno passato?
Venditore. Più più assai.
Passeggere. Come quello di là?
Venditore. Più più, illustrissimo.
Passeggere. Ma come qual altro? Non vi piacerebb'egli che l'anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore. Signor no, non mi piacerebbe.
Passeggere. Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore. Saranno vent'anni, illustrissimo.
Passeggere. A quale di cotesti vent'anni vorreste che somigliasse l'anno venturo?
Venditore. Io? non saprei.
Passeggere. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore. No in verità, illustrissimo.
Passeggere. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Venditore. Cotesto si sa.
Passeggere. Non tornereste voi a vivere cotesti vent'anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
Venditore. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Passeggere. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Venditore. Cotesto non vorrei.
Passeggere. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch'ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l'appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore. Lo credo cotesto.
Passeggere. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore. Signor no davvero, non tornerei.
Passeggere. Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz'altri patti.
Passeggere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell'anno nuovo?
Venditore. Appunto.
Passeggere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest'anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore. Speriamo.
Passeggere. Dunque mostratemi l'almanacco più bello che avete.
Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggere. Ecco trenta soldi.
Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.

.

ANALISI


Un passeggere incontra casualmente un venditore d'almanacchi e lunari: la scena si svolge probabilmente lungo una strada o un crocevia nel centro di una comune città. È il pensatore a colloquio con l'uomo incolto. Pur trattandosi in definitiva di un monologo del passeggere, presenta uno scambio di battute su argomenti cardine del pensiero leopardiano.
Il concetto del dialogo è contenuto in questo passo dello Zibaldone:
« [...] nella vita che abbiamo sperimentata e che conosciamo con certezza, tutti abbiamo provato più male che bene; e se noi ci contentiamo ed anche desideriamo di vivere ancora, ciò non è che per l'ignoranza del futuro, e per una illusione della speranza, senza la quale illusione o ignoranza non vorremmo più vivere, come noi non vorremmo rivivere nel modo che siamo vissuti. »

(Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri, pp. 42-83, 229-30)
.

... e oggi ? potremmo attualizzare il dialogo . Proviamoci .....

martedì 13 aprile 2010

Salvatore Quasimodo - ALLE FRONDE DEI SALICI.

Claude Monet


E come potevano noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
.
In un linguaggio ricco di reminiscenze bibliche, intessuto di metafore, Quasimodo spiega il suo silenzio poetico in tempi di guerra.
Come gli Ebrei, durante uno dei periodi più bui della loro storia , avevano appeso, in segno di lutto, le loro cetre ai rami dei salici, così i poeti durante la guerra avevano rinunciato al canto, il loro unico bene, come voto offerto per propiziare la fine delle lotte e delle stragi.

La verità ....secondo Pietro Ubaldi


Botticelli


In questi giorni ho ricevuto in dono alcuni libri scritti da Pietro Ubaldi, nato a Foligno il 18 agosto 1886 e definito da alcuni il ''profeta del terzo millennio'' . Candidato al premio Nobel, il sistema dell'universo da lui descritto fu definito da Alberto Einstein '' dolce e leggero '' e il volume '' La grande sintesi '' fu reputato da Enrico Fermi '' un quadro di di filosofia scientifica ''


Di seguito riporto un brano tratto dalla sua opera.

La verità svelata dal tempo di Lorenzo Bernini



... la verità è un'astrazione e ciò che esiste di fatto sono le persone che vi credono; e vediamo che una verità esiste in terra in quanto e fino a quando vi sono quelle persone che vi credono.

E' un fatto che nel nostro mondo non esiste una verità universale. La vediamo invece polverizzata in infinite verità particolari, quelle di ciascuna di queste persone.
Esse però rappresentano il punto di partenza e il materiale primo di una ricostruzione della verità universale .....[ .... ] .... alla concezione di una verità sempre più vasta si arriva attraverso l'unificazione delle relative verità particolari. Certo la verità universale assoluta esiste. Ma essa è lontana meta dell'evoluzione e oggi per l'uomo esiste solo nella misura data dall'approssimazione in proporzione allo sviluppo della sua forma mentale.
Quello che di fatto oggi troviamo in terra sono dunque degli aggruppamenti di individui di forma mentale affine, i quali per questo sostengono una comune verità a loro relativa e valida per il loro gruppo.

lunedì 12 aprile 2010

Giuseppe Ungaretti - Da giorno per giorno : Ora dov'è, dov'è l'ingenua voce ....

Magritte

Ora dov'è, dov'è l'ingenua voce
che in corsa risuonando per le stanze
sollevava dai crucci un uomo stanco ?...
La terra l'ha disfatta, la protegge
un passato di favola...


Magritte



Il ricordo del figlio - la sua voce ingenua, il suo correre per le stanze - costituiscono per il padre un patrimonio sentimentale che dà un alone favoloso al passato, lo fissa e lo protegge: il capo del piccolo si disfa nellaterra, ma la sua voce vive intatta nella memoria del padre'.

Questo breve lirica appartiene alla sezione del dolore intitolata '' Giorno per giorno''.
Un quadro che disegna l'attimo ... il ricordo del figlio morto e il variare dei propri sentimenti che ondeggiano tra lo strazio e la tenerezza, il rimpianto e la rassegnazione, l'angoscia e la consolazione, la disperazione e la fede.

sabato 10 aprile 2010

Peter Huchel - Strade, strade

Magritte
Sera strangolata, precipizi
del tempo.
Strade, strade, incroci
della fuga. Solchi
di carri sulle distese
che con gli occhi di cavalli uccisi
fissavano il cielo in fiamme.

Notti di fumo nei bronchi,
di duro fiato di gente in fuga,
quando spari colpivano il tramonto.
Da una porta spezzata
zitti uscivano ceneri e vento,
un fuoco
che imbronciato masticava l’ostilità.

Morti,
scagliati oltre i binari,
il grido soffocato
come un sasso alla gola.
Un panno nero
ronzante di mosche
chiudeva le ferite.



___ *** ___
Chausseen, chausseen (Strade, strade) è il secondo volume di liriche [dopo Gedichte (poesie), del 1948 ] di Peter Huchel ( 1903 – 1981). Fu pubblicato nella Germania Ovest nel 1963. La raccolta segna, probabilmente, la sintesi più alta di una poesia in cui presenza naturale e segni politico – sociali si compenetrano vicendevolmente in una serie di rimandi simbolico – metaforici non completamente identificabili o risolvibili in un’unica direzione.
___***___

Peter Huchel nasce a Berlin-Lichterfeld il 3 aprile 1903, figlio di Friedrich Huchel, funzionario ministeriale, e Marie Huchel, nata Zimmermann. A causa della malattia della madre trascorre la sua infanzia nella fattoria del nonno materno, Friedrich Zimmermann, a Alt-Langerwisch, nella marca del Brandeburgo.

Dopo il liceo a Potsdam studia letteratura e filosofia a Berlino (1923), Friburgo (1925) e Vienna (1926). Successivamente soggiorna in Francia (1926-28), nei Balcani ed in Turchia (1929-31).

Nel 1930 sposa a Potsdam Dorothea Lassel, si stabilisce a Berlino e collabora alle riviste "Die literarische Welt" e "Das innere Reich".

Dal 1941 al 1945 è soldato in un'unità contraerea presso Berlino. Nell'aprile 1945 viene fatto prigioniero dai sovietici ed internato a Rüdersdorf, ad est di Berlino, dove organizza manifestazioni culturali. Tornato in libertà, lavora a Berlino, dapprima come consulente, poi come direttore artistico e infine come direttore di redazione della radio di Berlino Est, autorizzata dai sovietici.

.
Nel maggio 1971 le autorità della RDT concedono ad Huchel e famiglia il visto d'uscita.
Dapprima è ospite della Deutsche Akademie für Sprache und Dichtung presso Villa Massimo a Roma. Seguono viaggi in Belgio, Inghilterra, Olanda, Italia, Norvegia, Austria e Svizzera.
Nel 1972 Huchel si trasferisce nella RFT, a Staufen presso Friburgo. Pubblicazione presso la Suhrkamp Verlag di Frankfurt a.M. della raccolta Gezählte Tage. Sempre nel 1979: Jakob-Burckhardt-Preis di Basilea; Eichendorff-Preis della città di Monaco.
Pubblicazione presso la Suhrkamp Verlag dell'ultima raccolta poetica, Die neunte Stunde.
1980: Reinhold-Schneider-Preis der Stadt Freiburg. Dal 1978 soffre di una polineuropatia che provoca la graduale perdita della parola. Muore il 30 aprile 1981, all'età di settantotto anni.

venerdì 9 aprile 2010

Eugenio Montale - Tempo e tempi


Non c'è un unico tempo: ci sono molti nastri
che paralleli slittano
spesso in senso contrario e raramente
s'intersecano. E' quando si palesa
la sola verità che, disvelata,
viene subito espunta da chi sorveglia
i congegni e gli scambi. E si ripiomba
poi nell'unico tempo. Ma in quell'attimo
solo i pochi viventi si sono riconosciuti
per dirsi addio, non arrivederci.

giovedì 8 aprile 2010

mercoledì 7 aprile 2010

Giuseppe Ungaretti - Ti porterò


Chagall

Come allodola ondosa
Nel vento lieto sui giovani prati,
Le braccia ti sanno leggera, vieni.
Ci scorderemo di quaggiù,
E del mare e del cielo,
E del mio sangue rapido alla guerra,
Di passi d'ombre memori
Entro rossori di mattine nuove.

Dove non muove foglia più la luce,
Sogni e crucci passati ad altre rive,
Dov'è posata sera,
Vieni ti porterò
Alle colline d'oro.

L'ora costante, liberi d'età,
Nel suo perduto nimbo
Sarà nostro lenzuolo

martedì 6 aprile 2010

Terremoto dell'Aquila - Alle 3,35 ho pianto...

E' passato un anno dal sisma che accartocciò L'Aquila su se stessa ed io, stasera, voglio ricordare quei drammatici momenti riproponendo la mia testimonianza e quella, bellissima, di Beatrice, visitatrice anonima di questo Blog
E' passato un anno e molto è stato fatto ma, senza il suo Centro Storico, L'Aquila è una città senza anima.
Molto resta da fare ....

Cèzanne
.

Alle 3.32 di lunedì 6 aprile mi sveglio… la casa trema, un rumore che cresce, che diventa via via più forte. Il solaio ondeggia, scricchiola, i vetri delle finestre tremano … Scendo dal letto ... il pavimento sfugge,....Afferro i vestiti e cerco di raggiungere la porta... non si apre‘’Il Terremoto ! esclamo .... ancora !”, penso ‘’ è ondulatorio…somiglia alla scossa notturna del 1997 ‘’ ….l’epicentro è lontano, forse ….non è locale’’ .
‘’ Cresce di intensità’’ e devo attendere, sperare e finalmente rallenta . Realizzo il disastro che c'è stato, da qualche parte, come nel 1997.

Richiamo alla mente l'esperienza ( http://giovenaleninosassi.blogspot.com/2008/09/terremoto.html), il racconto di altri eventi.
Alle 3,35 ho pianto.

Questo sisma ricorda uno sciame sismico che ebbe il suo culmine alle ore 18 del 2 febbraio del 1703 quando una scossa di X grado con epicentro a l'Aquila provocò in Abruzzo ben 7694 morti e 1136 feriti. Fino al 25 febbraio, raccontano gli annali, si contarono 160 repliche.
Anche in Umbria arrivò con grande violenza. Nella città in cui vivo non fece nessuna vittima ma furono ingenti i danni.
Alle 18 e 15 di quel giorno , mentre si stava celebrando in Duomo il rito della Candelora, il Vescovo, i canonici, i sacerdoti con indosso i paramenti, scapparono fuori dalla chiesa insieme ai fedeli.
Le repliche durarono alcuni mesi.
Mentre i travi e i puntelli di sostegno messi in febbraio alle abitazioni davano segni di cedimento, un'altra scossa provocò feriti. cadde la chiesa degli Agostiniani. Era il 9 Aprile, lunedì di Pasqua.
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C'è una grande vicinanza tra gli eventi sismici che colpiscono l'Abruzzo e questa mia terra.
Vicinanza culturale, di sentimenti e, del resto, dalla cima del Monte Vettore si vedono il Gran Sasso e i monti della Maiella. La città de l' Aquila e lì, da qualche parte....prima dell'orizzonte.
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Anche io ho pianto la notte del 6 aprile.
Mi sono svegliata avvertendo la scossa da Roma. Lunga e forte.
E ho pianto perchè sapevo già, prima ancora di conoscere epicentro e magnitudo che quello che io avvertivo era un terremoto in abruzzo, a casa mia... e che, per come io da lì lo avvertivo, aveva raso al suolo.
E ho pianto i giorni a seguire per metà della mia famiglia (e quindi del mio cuore) in tenda a vivere della solidarietà d'altri.
Ho pianto per quei vicoli.
Ho pianto perchè non dovrebbere succedere che le nostre case crollino, ma lo fanno.
E piango ancora oggi, se posso girarmi verso un angolo e non essere vista, ogni volta che qualcuno sapendomi direttamente interessata, mi racconta con entusiasmo di aver aiutato spedendo vestiti, scarpe... ogni cosa... senza rendersi conto di darmi l'esatta percezione di cosa sia la disperazione, di mettermi davanti agli occhi quanto terribile sia la realtà, prima ancora di mostrarmi quanto meravigliosa sia la solideriatà.
E' una ferita aperta.
Ed è profonda.
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Beatrice
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MARC CHAGALL
Grazie Beatrice, anonima visitatrice, per la tua dolce e bellissima testimonianza.

venerdì 2 aprile 2010

BUONA PASQUA !

’L’inverno’’, racconta Dante, l’ amico svizzero, ‘’è alle spalle’’.
‘’ Di neve quest’anno ne è caduta assai sulle nostre montagne’’… aggiunge, ed io ripenso la stagione giovane dei miei anni, …. l’emozione e lo stupore vissuto davanti al paesaggio montano di Maienfeld e di Davos… la dolce e irripetibile solitudine de ‘’La montagna incantata’’ di Thomas Mann … lo straordinario viaggio della vita
’’ Ma è così che l’inverno deve essere’’. Dice Dante,
‘’ non quei giorni tiepidi e strani, quella nebbiolina, quel velo di fuliggine che persiste anche quando il cielo è sereno, indizi di un ambiente malato. ‘’
‘’No,…c’è stato un freddo pungente, con i passi che scricchiolano come su un velluto gelato, vapore ad ogni parola. Così deve essere l’inverno’’.

Ora è primavera e presto sarà estate, calda,
E’ la vita che riprende, è il nuovo orizzonte che intravvedo davanti... la sensazione di sentire vicine le persone care, gli amici anche lontani. È la vita che riprende e l’agenda torna a riempirsi. Domani, dopodomani… c’è molto da fare.

Di neve ne è caduta assai anche sull’Appennino … ed ora è Pasqua, è tempo di risurrezione . La vita riprende nella speranza e così deve essere nonostante i lutti, la devastazione, l’incertezza del futuro per tanti nostri connazionali

Buona Pasqua,
quindi,
e sia di vera risurrezione.

giovedì 1 aprile 2010

Jacopone da Todi - Il pianto della Madonna




(Nunzio)
Donna del paradiso, lo tuo figliolo è priso, Jesu Cristo beato. Accurre, donna, e vide che la gente l'allide ! credo che 'llo s'occide, tanto l'on flagellato.

(Madonna)
Como esser porrìa che non fece mai follia, Cristo, la speme mia, om' l'avesse pigliato ?
(Nunzio)Madonna, egli è traduto, Juda sì l'ha venduto trenta denar n'ha 'vuto, fatto n'ha gran mercato.(Madonna)Succurri Magdalena, gionta m'è adosso piena ! Cristo figlio se mena, como m'è annunziato.(Nunzio )Succurri, Donna, aiuta ! ch'al tuo figlio se sputa e la gente lo muta, hanlo dato a Pilato.

(Madonna)O Pilato, non fare lo figlio mio tormentare, ch'io te posso mostrare como a torto è accusato.

(Popolo)Crucifige, crucifige ! Omo che se fa rege, secondo nostra lege, contradice al senato.
(Madonna)Priego che m'entendàti, nel mio dolor pensàti; forsa mò ve mutati de quel ch'avete pensato.

(Nunzio)Tragon fuor li ladroni che sian suoi compagnoni.

(Popolo)
De spine se coroni ! ché rege s'è chiamato.
(Madonna)O figlio, figlio, figlio ! figlio, amoroso giglio, figlio, chi dà consiglio al cor mio angustiato ? Figlio, occhi giocondi, figlio, co' non respondi ? figlio, perché t'ascondi dal petto o' se' lattato ?

(Nunzio)
Madonna, ecco la cruce, che la gente l'aduce, ove la vera luce dèi essere levato.
(Madonna)O croce, que farai ? el figlio mio torrai ? e che ce aponerai ché non ha en sé peccato ?

(Nunzio)
Succurri, piena de doglia, ché 'l tuo figliol se spoglia; e la gente par che voglia che sia en croce chiavato.

(Madonna)
Se glie tollete 'l vestire, lassàtelme vedire come 'l crudel ferire tutto l'ha 'nsanguinato.

(Nunzio)Donna, la man gli è presa e nella croce è stesa, con un bollon gli è fesa, tanto ci l'on ficcato ! L'altra mano se prende, nella croce se stende, e lo dolor s'accende, che più è multiplicato. Donna, li piè se prenno e chiavèllanse al lenno, onne iontura aprenno tutto l'han desnodato.


(Madonna)Ed io comencio el corrotto. Figliolo, mio deporto, figlio, chi me t'ha morto, figlio mio delicato ? Meglio averìen fatto che 'l cor m'avesser tratto, che, nella croce tratto, starce descilïato.

(Cristo)
Mamma, o' sei venuta ? mortal me dài feruta, ché 'l tuo pianger me stuta, ché 'l veggio sì afferrato.
(Madonna)Figlio, che m'agio anvito, figlio, patre e marito, figlio, chi t'ha ferito ? figlio, chi t'ha spogliato ?

(Cristo)
Mamma, perché te lagni ? voglio che tu remagni, che serve i miei compagni ch'al mondo agio acquistato.

(Madonna)Figlio, questo non dire, voglio teco morire, non me voglio partire, fin che mò m'esce il fiato. Ch'una agiam sepultura, figlio de mamma scura, trovarse en affrantura mate e figlio affogato.
(Cristo)Mamma col core affetto, entro a le man te metto de Joanne, mio eletto; sia il tuo figlio appellato.

(Cristo)Joanne, esta mia mate tollela en caritate aggine pietate ca lo core ha forato.

(Madonna)Figlio, l'alma t'è uscita, figlio de la smarrita, figlio de la sparita, figlio attossicato ! Figlio bianco e vermiglio,
figlio senza simiglio figlio a chi m'appiglio ? figlio, pur m'hai lassato. Figlio bianco e biondo, figlio, volto iocondo, figlio, perché t'ha el mondo, figlio, così sprezato ? Figlio, dolce e piacente, figlio de la dolente,
figlio, hatte la gente malamente treattato !
O Joanne, figlio novello, morto è lo tuo fratello, sentito aggio 'l coltello che fo profetizzato.
Che morto ha figlio e mate de dura morte afferrate, trovarse abracciate mate e figlio a un cruciato.




(Masaccio
Simon Marmion
Antonio Da Firenze
Michelangelo
Giovanni Bellini
Enguerrand Quarton
Hans Memling
Giovanni Francesco Caroto)

Stabat Mater di Marco Frisina

Prestami qualche euro


Stasera ho incontrato un uomo.

Vive con un assegno mensile poco superiore ai 300 euro ed è malato.
‘’Prestami qualche euro’’ mi ha detto.
Gli ho dato quello che avevo.
Stasera sono triste.

Stasera penso ai tanti giovani che non incontrano il futuro