giovedì 26 aprile 2012

Pensa agli altri di Mahmoud Darwish


Vincent Van Gogh

 .
Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti , pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e dì : magari fossi una candela in mezzo al buio.



Ol'ga Sedakova - da ''Solo nel fuoco si semina il fuoco''



 Vincent Van Gogh
 .
Là nel suo deserto traboccano di semi
meravigliosi i panieri di stelle
e va tranquillo in tutta la statura
tra i solchi il Seminatore
di lacrime ispirate e pentimento:
solo nel fuoco si semina il fuoco
e si sfogliano i libri senza mani
e non si accendono lumi sulle righe,
ma il tuo si spreme, o notte, il tuo, che noi
amiamo, luminoso grappolo.



                           Ol’ga Sedakova

 .
Olga Sedakova è l'erede della tradizione dei grandi poeti russi del Novecento quali Anna Achmatova, Osip Mandel'štam, Velimir Chlebnikov e Josif Brodskij. Figura di grande rilievo, è ammirata non solo come "donna di lettere" e scrittrice, ma anche come studiosa nel mondo accademico internazionale. La sua presenza nel mondo della poesia e delle lettere dalla fine del Novecento agli inizi del Duemila non ha subito incrinature. Il suo pensiero, lucido e penetrante, è fortemente radicato nella sua coscienza religiosa e poetica.europea. 

 Il filosofo Sergej Averincev ha scritto di lei:

« Con la coscienza poetica di Ol'ga Sedakova, ci si misura proprio come sulle stelle fisse, come si usava dire prima di Niccolò Copernico, sulle stelle nocchiere come si esprimeva il giovane Vja. Ivanov; sui punti di riferimento più generali della tradizione poetica europea. »








 (fonte wikipedia)




mercoledì 25 aprile 2012

Il partigiano Luciano

Premessa
 .
 Luciano per i compagni, Sesto per l'anagrafe, è mio padre morto troppo presto e troppo giovane. Di lui ricordo il volto, il fucile a due canne, i racconti della montagna; il racconto delle notti passate all'addiaccio, di quando, insieme ad un partigiano slavo prese a fucilate una colonna di tedeschi in procinto di catturare un gruppo di combattenti rimasto intrappolato dove il fiume Nera si apre e allontana il bosco.  Un fatto realmente accaduto.
.
Albert Anker
.
“Vado” disse al padre Stefano “ vado con i partigiani”
. Le mani smisero di accarezzare il legno e lentamente ripose la sgorbia ; un silenzio assordante avvolse la bottega , i trucioli sparsi sul pavimento, i mobili in attesa, l’odore delle colle, le tavole accatastate di legno asciutto, stagionato.
Muti i macchinari respirarono il silenzio .
.
Lentamente alzò gli occhi di un azzurro bagnato, impastato dagli anni e guardò il figlio, l’ultimo maschio rimasto, gli altri dispersi e non sapeva dove; quel figlio avuto in vecchiaia , il più amato…
.
Non c’era altro da fare e lo sapeva ma come fai a staccarti da un figlio, il solo in grado di proseguire l’impresa che faticosamente avevi realizzato ?
Una vita spesa per costruire, riparare mobili, sedie, tavoli.
I primi apprendisti da guidare, il lavoro che cresce, la prima esposizione, i clienti che aumentano ma sei solo . Resisti perché hai un figlio, intelligente, istruito, capace.
Puoi fidarti e allora attendi.
Due sono andati dispersi, scomparsi lungo gli anni della guerra; quella guerra che aveva subito odiato .
Socialista della prima ora era rimasto fedele ai suoi ideali. Non aveva aderito al fascismo ed era rimasto quieto .. in disparte.
Le mani rimaste immobili ripresero ad accarezzare il legno.
Immaginò la curva e la profondità dell’intaglio. Riprese lo sgorbio.

“ Non c’è altro da fare “ disse e aggiunse “ non sai nulla della guerra: stai attento! “ tracciò la curva e un truciolo cadde sul pavimento...
.
Renoir
.

L’adolescenza e la gioventù raccolta in quella decisione.
Lui, con i nazi – fascisti non sarebbe andato.
Ne parlava con gli amici, lo aveva detto ad Emma, la ragazza che amava e al prete.
“Don Franco, con quelli non vado” e il povero prete, disperato, aveva annuito.
Era anche colpa sua se i ragazzi come Luciano detestavano i fascisti, la guerra, quella guerra, le leggi razziali, le riunioni oceaniche e l’ipocrisia delle parole, le tante che ascoltavano come : “Vincere!” Vincere cosa?
 
Sentivano la mancanza della libertà; la possibilità di dissentire, di proporre, di potersi esprimere .
 
Rifiutavano l’appartenenza alla folla solitaria plaudente e remissiva.
A quell’idea del destino inevitabile a cui la nazione tutta era votata.
E il destino, quel destino fondato sulle baionette stava rapidamente maturando in catastrofe.
No, lui non intendeva rispondere alla chiamata alle armi.
Meglio la montagna e i boschi ….Meglio la lotta armata contro i nazi-fascisti.
 E un brivido l’assaliva pensando alla battaglia, ai morti, alla vita presa o lasciata.
Abbracciò Emma, la strinse forte, forte.
Riempì gli occhi dei suoi, accarezzo i lunghi capelli bruni,
 Emma pianse i suoi 16 anni  e quelli che pensava di vivere con lui.

***
Partì all’alba di un giorno di settembre. I compagni, alcuni, erano già andati.
Penso di raggiungere Gavelli, sede del comando partigiano, con un giorno di marcia.
Raggiunse la cresta del monte che sovrasta la città ……Guardò  la valle  : l’autunno cominciava a giocare con i colori e il bosco di licino .
Immerse gli occhi nella valle ; alla città aggrappata alla collina, all’estate appena trascorsa, alla treccia bruna che la sua Emma aveva sciolto per lui.
Un profumo dolcissimo invase la mente.
Raccolse i pensieri, le emozioni e riprese a salire verso Patrico, lungo sentieri che conosceva, lontano dai villini e dai casolari.
Andava verso i monti più alti dell’Appennino , lo zaino leggero sulle spalle , la roncola e un bastone per sostenere i passi, le salite e le discese.
Non aveva armi tranne la roncola e un coltello a serramanico.
Le armi erano sul posto.
Le avevano trafugate con vari colpi di mano dalle caserme di Spoleto, complici alcuni militari in servizio ed erano state portate, di notte, a dorso di mulo fino a Gavelli.
Stavolta non andava a funghi o a caccia di selvaggina ma verso un futuro ignoto,di lotta; un futuro di libertà, diceva a se stesso, da costruire insieme alla sua Emma.
C’era da attraversare il Nera dove un palo gettato tra le sponde e una fune tesa tra due alberi consentiva di raggiungere l’altra riva e non essere visti.
Conosceva quel punto e i boschi circostanti.

***

“Non sai nulla della guerra: stai attento! “

Il monito del padre risuonava nella mente e accompagnava i passi, i pensieri.
Che poteva sapere, lui, a vent’anni, della guerra.
Era rimasto affascinato dai racconti del genero, un piemontese figlio di militari che la guerra, la grande guerra, l’aveva fatta.
Lui, giovane tenente degli alpini era dove i monti sono più alti e il nemico davanti, sull’altra cima uniti dal freddo di quell’ultimo inverno.
C’era stata la disfatta e nessuno sapeva cosa bisognava fare, se andare in soccorso o restare dove faticosamente erano giunti.
Rimase a difesa dei passi delle piccole Dolomiti.
Attacchi e contrattacchi e restare vivo.
Un giorno scese e risali la montagna e la successiva e quella più avanti perché a valle, finalmente, avevano sfondato le linee nemiche.
Andò avanti, attacchi e contrattacchi poi solo avanti al comando della compagnia, di quello che restava perché il capitano era morto, ucciso all’alba di un mattino e non seppe mai della vittoria.
 Era rimasto affascinato da quei racconti ma ora che c’era , che toccava a lui, figlio di un falegname, saliva e scendeva con rabbia i suoi monti ... non c’era altro da fare … .

In città , nelle riunioni clandestine, avevano discusso insieme agli ufficiali.
La loro, quella partigiana, non era una guerra di posizione … dovevano attaccare e scomparire; occupare il territorio, rendere insicure le strade, impraticabili i boschi, le comunicazioni.
Non era una guerra di posizione ma un mordi e fuggi….. piccoli gruppi sparsi nei punti nevralgici.
Azioni di sabotaggio di impianti, di ponti, e vie di fuga tracciate nella mente .
Niente attacchi e contrattacchi lungo i pendii tortuosi dell’Appennino ma nascondigli protetti dal fitto della boscaglia e caverne nei dirupi montani per fare sosta e ripartire.
La loro era una guerra d’attesa.
Gli alleati erano sbarcati a Salerno ….
Bisognava occupare il territorio, renderlo insicuro e attendere...

Prese il sentiero che scende verso Scheggino e la Valle del Nera.
Attraversò il Nera e il tratto che in leggera salita precede la mulattiera; un sentiero che s’inerpica tortuoso e veloce tra i boschi e i pianori che precedono il passo del Terminaccio.
Misurò i passi, le distanze, il sole del mezzogiorno.
L’umidità della terra accompagnava la salita verso il turbolento Vallone di Gavelli che da un lato guarda il Monte dell’Ostite e dall’altro il massiccio del Coscerno con le sue fiancate rocciose, impervie, corrugate da canaloni pietrosi.
“Questa” pensò “è la mia nuova casa.”
Autunni precoci e brevi, inverni lunghi e rigidi, nevicate abbondanti, forzosi isolamenti.
 
In lontananza un rumore di campanacci raccontava la presenza dei pascoli d’altura…. intravide le mucche chianine che si abbeveravano in un laghetto naturale ritagliato dal cielo tratteggiato di nubi.
A settentrione pioveva.
Accelerò il passo.
Pensò ad Emma, a come sarebbe stato bello averla con lui, alla sua treccia bruna.
In lontananza, bellissimo ma fragile scendeva l’arcobaleno. Il dio della Montagna li avrebbe aiutati.

Finalmente era in vista del Castello fortificato aggrappato ad uno sperone del Coscerno a strapiombo sul Fossato; il Castello di Gavelli e le case che messe subito sotto degradano verso il basso. ..

***
 Il capitano chiamò Luciano e Ivan, uno slavo fuggito dal campo di concentramento di Colfiorito.
“Ho un compito per voi “ disse “ dovete sorvegliare la mulattiera che sale da Scheggino…”
Prese la mappa e indicò la zona
“ State nascosti ed evitate i tedeschi, è importante “ e aggiunse“ stiamo organizzando la fuga degli inglesi e degli slavi prigionieri a Spoleto''
 ''... dovete controllare la strada carrabile e la mulattiera e proteggere il loro arrivo “
Scesero verso Sant’Anatolia di Narco in cerca del luogo adatto e lo trovarono … da un lato la strada e poco distante la mulattiera: la posizione ideale per controllare entrambe le vie di comunicazione.
Scelsero un luogo sicuro protetto dalla macchia e dal bosco.
Provarono la via di fuga, il percorso che avrebbero seguito in caso di attacco.
“Costruiamo un capanno” suggerì Ivan.
“Come sei finito qui “ chiese Luciano
“ La guerra ! ero iscritto alla facoltà di filosofia di Belgrado quando i tedeschi ci hanno invaso. … ho raggiunto la resistenza jugoslava ed eccomi qui ……”
“ ……senti Luciano, ci conviene mettere un telo mimetico sul tetto … rischia di piovere “
“ Va bene … mettiamo un telo coperto con frasche verdi”
“….Ti dicevo, durante un’azione sono stato catturato dagli italiani..”
“ Che ti hanno internato in Italia piuttosto che in Germania. Ti è andata bene “
“ Sono andato con Tito per combattere i nazisti e da allora non ho notizie della mia famiglia, di mio padre e di mia madre, delle mie sorelle…. Non sanno che sono vivo”
“Maledizione ! “
Tremò la sigheretta, cadde, abbassò gli occhi per riprenderla
“ Maledetti nazisti ! “
Rabbioso con la roncola tagliò un ramo e poi un altro…“ Maledetti tedeschi…! “
Poggiò la schiena ad un albero, scivolò lungo il tronco, si accovacciò, guardò il capanno e quella orribile guerra, i giorni che si succedevano, quella guerra che li stava maciullando nel più orribile dei modi.
Non c’era altro da fare che quella guerra per non farsi spazzare via e tornare a casa.
Il buio li sorprese.
Veloce attraversò i cespugli, nascose i rami più alti, scese lungo i tronchi, li avvolse.
Scomparve la strada e il pianoro che la precedeva.Entrarono nel capanno.
Luciano appese una lanterna ad acetilene, l’accese.
Preparò il fornello ad alcol. Sistemarono le armi e gli zaini.
Avevano l’acqua, il pane, qualche patata e salcicce.
Lo slavo buttò nell’acqua una patata e le erbe che aveva raccolto scendendo da Gavelli...


*******

Il freddo umido, bagnato, sempre più gelido, attraversò la coperta di lana, i vestiti e non riusci a dormire..
I pensieri raccolsero il respiro del bosco, le ore, il silenzio .
Era la sua prima notte da combattente partigiano ed altre ne sarebbero venute, diverse, peggiori di quella. Pensò all’inverno e alla neve che sempre cadeva abbondante.
Come avrebbero fatto a resistere lui e il fratello che aveva trovato, quello slavo così diverso da lui, così lontano dalla sua terra… che combatteva la stessa guerra per restare vivo, libero, in un paese libero ….

Sentimenti mai vissuti agitavano la mente per quello stare lì , in quel silenzio irreale.
Era lì e lo aveva voluto, cercato… aveva cercato la guerra per fuggire dalla gioventù negata, per riprendersi la vita che voleva avere.
Albeggiava .
Non ne poteva più di quel freddo e decise di accendere un fuoco per scaldare le mani .
Un piccolo fuoco e bere una gavetta d’orzo caldo, bollente.
“ Non sei riuscito a dormire …..che pensi ? “ chiese Ivan
“ Non lo so, di tutto. È un po’ come sentirsi morire …… questa attesa, la bellezza dei monti, il pensiero della famiglia, di Emma …”
“ Paura ? … che vuoi fare.. dargliela vinta ? sono assassini ! “
“ Non è paura ma qualcosa di diverso che ti arriva addosso, d’improvviso …Cosa sia non lo so.
Forse è ansia, qualcosa che non avevo mai provato… è un po’ come sentirsi morire……..Per quello che potrebbe succedere… la battaglia.. difendersi e prendere la vita di un altro e devi farlo, riuscire a farlo, per non perdere la tua o quella dei tuoi compagni…….Devi difenderti e uccidere …. per non perdere i tuoi, quelli che ami.. la Emma che aspetta, mio padre che conta sul mio aiuto, mia madre che attende i figli dispersi e non riesce a darsi pace….. . i compagni saliti come noi su questi monti…”
“ Ho provato le stesse tue sensazioni “ disse Ivan.
“ I pensieri arrivano da soli… e non puoi fermarli… impossibile farlo … potresti morire .. ci pensi e il cuore ti batte dentro …lo senti… senti di morire per i pensieri che arrivano da soli e non danno pace… e spaventano. “
“ La guerra sta per finire. Gli Americani sono a Salerno, non sono lontani…. Pensa a questo … pensa alla tua Emma ….. al futuro che ti aspetta … “
“ Il tempo ! … . Ieri uscivo con i compagni ed ora sono qui, armato, pronto a difendere questi monti e il futuro che vorrei avere. “
“ Zitto ! “
Tacque il silenzio.
La brezza del mattino adagiò, leggera, le prime foglie d’autunno, tacque l’autunno.
“ Spegni il fuoco ….. presto ! “
Un rumore di automezzi che frenano, voci che tagliano l’aria come frecce, la brezza che riprende, più forte e imperiosa agita il bosco.
“ Ci hanno visto …! “.
.
Chagall
.
Le campane della chiesa battevano il mattutino quando iniziò la battaglia.
Il crepitio di una mitragliatrice investì il bosco.
Erano stati individuati. Risposero con una scarica di fucileria tenendo d’occhio il lato di sinistra , dove gli alberi sono più fitti ; la via scelta per scomparire.
Avevano provato l’azione, la tattica da seguire in caso di scontro con i tedeschi.
Conoscevano la via di fuga.
Cominciarono a muoversi, velocemente, tra un albero e l’altro, lungo una linea immaginata, provata, avanti, indietro, brevi soste e ancora avanti, avanti.
Ricaricavano durante la corsa...
Decisero di rispondere al fuoco per avvisare gli altri, quelli di vedetta tra Scheggino e Ceselli e dare loro il tempo di trovare un rifugio o prepararsi allo scontro.
Caricavano e si spostavano per sparare e dare al nemico l’idea di un gruppo numeroso disposto a ventaglio. Avanti, avanti e poi indietro, distanziati tra di loro, lungo la linea immaginata, da un albero all’altro, caricando e sparando.
Durò a lungo la battaglia poi il silenzio.
Decisero di sganciarsi per non essere aggirati e presi in trappola … decisero di tagliare verso il fiume dove le rocce e i dirupi consentono una posizione dominante e facili nascondigli.
Scesero veloci verso il fiume, sfiorarono il paese, un casolare e poi giù verso le rocce e il dirupo dove il fiume restringe e vedi l’ansa, la strada e il ponte che attraversa.
Scendevano quando lo slavo indico il ponte che ormai si intravedeva e la strada .
Una camionetta tedesca seguita da un automezzo più grande si era fermata.

Dalla camionetta scesero i tedeschi.
Uno di questi, pistola in mano cominciò a sparare ad un ragazzo che correva lungo il ponte .
Correva il ragazzo e il tedesco sparava quando dal bosco tagliato un gruppo di partigiani provenienti da Fionchi aprì il fuoco.
Una mossa avventata perché subito dal camion la mitragliatrice cominciò a battere il terreno.
Si rifugiarono dietro una carbonaia composta ma non ancora arsa bloccati dal fuoco nemico, ormai persi.
I tedeschi, quelli della camionetta e quelli scesi dall’automezzo cominciarono ad avanzare. Erano persi.
Il bosco tagliato non offriva ripari; solo la carbonaia ma nulla potevano contro il numero, le armi automatiche e la mitragliatrice che batteva il terreno.
Avevano perso la speranza quando da sinistra, dalla macchia che precede le rocce e i dirupi un nutrito fuoco di fucileria investì il nemico costringendolo ad arretrare velocemente verso gli automezzi.
Erano scesi veloci, il partigiano Luciano e lo slavo, verso quel punto privilegiato, vicino alle rocce e in alto, ben sopra la strada e il ponte che attraversa il Nera.
Presi tra più fuochi i tedeschi fuggirono precipitosamente..
.
Rimasero in zona. L’ordine era di attendere l’arrivo dei prigionieri slavi in fuga dal carcere di Spoleto. L’ordine era di accompagnarli verso la montagna di Gavelli .
(Evasero in 94)
Passarono quella notte e le successive all’addiaccio nascosti nel fitto della boscaglia.  Le notti fra il 10 e il 14 ottobre del 1943

martedì 24 aprile 2012


La gente non mangia l'odore del pane

lunedì 23 aprile 2012

Preghiera del Cardinale John Henry Newman


 .
 Vincent Van Gogh
 .
Guidami, dolce luce, nelle tenebre che mi sommergono, guidami verso l'alto.
La notte è fonda e sono lontano da casa: guidami verso l'alto! 

Dirigi i miei passi, perchè non vedo nulla; fà che veda a ogni mio passo.
Un tempo non ti avrei pregato per farlo. 

Da solo volevo scegliere il cammino, credendo di poterlo determinare con la mia luce, malgrado il precipizio. 
Con fierezza elaboravo i miei obiettivi. Ma ora dimentichiamo tutto ciò.

Tu mi proteggi da tanto tempo e accetterai di guidarmi ancora: oltre le paludi, i fiumi e gli scogli che mi attendono al varco, fino alla fine della notte, fino all'aurora in cui gli angeli mi faranno segno. 

Ah! Io li amo da molto tempo, solo per un pò li avevo dimenticati.
.
  Vincent Van Gogh

domenica 22 aprile 2012

Edith Stein (1891-1942) - Am Steuer / « Al timone », 1940


Vincent Van Gogh
 .

« Sono io, non temete »

– Signore quanto alte sono le onde,
quanto oscura è la notte!
Non vorresti illuminarla
per me che veglio solitaria?

– Tieni saldamente il timone,
abbi fiducia e conserva la calma.
La tua barca è preziosa ai miei occhi,
voglio condurla a buon porto.

Tieni continuamente
gli occhi fissi alla bussola.
Essa aiuta a giungere alla meta
attraverso notti e tempeste.

L'ago della bussola
pur oscillando resta fermo.
Ti mostrerà la rotta
che voglio vederti fare.

Abbi fiducia e conserva la calma:
attraverso notti e tempeste
la volontà di Dio, fedele,
ti guida, se veglia il tuo cuore.
.
Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein] (1891-1942),
carmelitana, martire, compatrona d'Europa
.
Vincent Van Gogh

venerdì 20 aprile 2012

Partirò domani o domani dopo

Vincent Van Gogh, Barques de pêche près des Saintes -Maries (1888)

.
.

Partirò domani o domani dopo, alla ‘’deriva’’
in cerca di un refolo di vento.
Pensieri deboli, incartati,  raccolgono la sera,
questa sera immobile avvolta nel silenzio…..
                il sartiame non regge l’albero
.
E’ stato un andare di terre in terre
fatto di salite e discese ,
di rare ombrose pianure, deserto.
Un andare in cerca della terra che non c’è,
che c’è oltre  l’orizzonte dei giorni che  succedono,
                 inarrestabili.
.
Albe e tramonti;
giorni che muoiono per risorgere nuovi…
bellissimi !
.
Ho cercato la bellezza
e tutto ciò che è vero e giusto
per amare  la gente e le cose

L’amore …
             la grande sfida.
.
Il sartiame provato dalle tempeste
non regge l’albero e la vela,
 strappata dal vento,
              richiede cure.
.
Riprenderò il viaggio domani o domani dopo.
Andrò alla ‘’deriva’’
in cerca di un refolo di vento.
.
Userò la scassa …...
andrò via con la randa e il fiocco
verso l’ultimo orizzonte
in cerca della terra che  c’è …
che non c’è,  irraggiungibile,  come
la verità e la giustizia

Andrò in cerca della Terra promessa...

oltre il deserto dei giorni,
oltre le salite e delle discese,
le rare pianure
 … avanti
 lungo la linea dell'ultimo
irraggiungibile orizzonte.
.
GSN
.
George Dmitriew ( Russia, nato nel 1957)

domenica 15 aprile 2012

Charles Baudelaire - Tristezze della luna

Rene Magritte
.
Nei suoi sogni la luna è più pigra, stasera:
come una bella donna su guanciali profondi,
che carezzi con mano disattenta e leggera
prima d'addormentarsi i suoi seni rotondi,

lei su un serico dorso di molli aeree nevi
moribonda s'estenua in perduti languori,
con gli occhi seguitando la apparizioni lievi
che sbocciano nel cielo come candidi fiori.

Quando a volte dai torpidi suoi ozi una segreta
lacrima sfugge e cade sulla terra, un poeta
nottambulo raccatta con mistico fervore

nel cavo della mano quella pallida lacrima
iridescente come scheggia d'opale.
e, per sottrarla al sole, se la nasconde in cuore.


.
Rene Magritte

venerdì 13 aprile 2012

Albio Tibullo

... Attraverso il canto, io cerco un varco dolce
verso chi mi tiene soggiogato d'amore:
se questi miei versi non hanno alcun potere su colei che cerco
allora potete pure allontanarvi da me, o Muse...


Albio Tibullo

Hermann Hess da Siddharta

 
E tutto insieme, tutte le voci,
tutte le mete, tutti i desideri,
tutti i dolori, tutta la gioia, tutto il bene e il male,
tutto insieme era il mondo.
Tutto insieme era il fiume del divenire,
era la musica della vita.

.

Quel pasticciaccio brutto de via Merulana

 .
...che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l'effetto che dir si voglia d'un unico motivo, d'una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti.
.
 Carlo Emelio Gadda - quel pasticciaccio brutto de via Merulana
.

Botero

giovedì 12 aprile 2012

Una strana gioia di vivere (1949/1955) Sandro Penna


.
La luna ci guardava assai tranquilla
al di là dello schermo ov'egli attento
seguiva le incredibili vicende
col suo profilo di bambino, caro
a quella luna già, ma assai lontano
solo mezz'ora prima...
Le stelle mi guardavano se a tratti
socchiudevano gli occhi come fanno i gatti.


William Butler Yeats da The Rose (1893)

Quando con la lentezza propria degli anziani
siederai grigia e solitaria, col capo chino
lì, vicino al fuoco
ricordati di questo libro, prendilo
e leggine piano i sogni che ti ha offerto quando eri giovane,
quando i tuoi occhi conobbero
luci repentine e rare ombre.

Ricorda tutti i tuoi amori, le speranze, le delusioni,

chi ti amò sinceramente e chi brutalmente abbandonò
la tua bellezza.
Ma uno solo, ricordati, amò la tua anima inquieta
e quel dolore silenzioso che spesso ti accompagnava.

Così, reclina sul fuoco scoppiettante, pronuncerai poche parole

e un impercettibile velo di tristezza ti ricorderà quell'Amore perduto;
allora alzerai lo sguardo verso i monti, alti all'orizzonte
e rivedrai il suo viso, nascosto tra un nugolo di stelle.

William Butler Yeats
da The Rose (1893)

Antonio Machado

Io vedo la poesia come un’incudine di costante attività spirituale, non come un laboratorio di formule dogmatiche rivestite di immagini più o meno brillanti. […] Ma oggi, dopo aver meditato molto, sono arrivato alla conclusione: tutti i nostri sforzi devono tendere verso la luce, verso la coscienza. Ho ora l’idea che doveva unirvi tutti. Voi, con colpi di mazza, avete rotto, non c’e’ dubbio, la spessa crosta della nostra vanità, del nostro torpore. Io, almeno, sarei un ingrato se non riconoscessi che vi debbo l’aver saltato il muro del mio recinto o del mio orto. E oggi dico: È vero, bisogna sognare svegli.”
.
Antonio Machado

mercoledì 11 aprile 2012

Anna Achmatova

Paul Gauguin  .

" Oggi ho da fare molte cose :
devo uccidere fino in fondo la memoria
devo impietrire l`anima
devo imparare di nuovo a vivere." 

.
Anna Achmatova

martedì 10 aprile 2012




George Seurat


.
« C'è in Seurat un lato inquietante. Il suo stile ha qualcosa di voluto, di artificioso. Le sue teorie sulla divisione dei toni e sulla costituzione della luce sono astratte [...] Seurat giunge a un Impressionismo fondato su un modo di rappresentazione della luce un po' diverso dal precedente. Ma non basta sostituire il divisionismo alla macchia impressionista per fondare uno stile, vale a dire una visione, registrazione cosciente dei nuovi rapporti tra gli oggetti o tra oggetto e soggetto. In Seurat la trama della rappresentazione spaziale è assolutamente tradizionale: rispetto dello spazio cubico, delle prospettive lineari. In breve, è un passo indietro rispetto all'Impressionismo. E la sua tecnica sa di ricetta [...] Seurat è, malgrado tutto, importante. Seurat non ha dimostrato, contrariamente a quanto si sostiene talvolta, come i contrasti di colore possano servire a costruire lo spazio: questa è la lezione di van Gogh. L'esperienza di Seurat si è fatta, principalmente, sulle figure e [...] ha mostrato come si possano rappresentare corpi a tre dimensioni in uno spazio bidimensionale per mezzo di processi non imitativi. È vero che anche qui la lezione di Seurat si congiunge a quella dei contemporanei, specialmente di Cézanne »
.

(G. C. Argan, L'arte moderna. 1770-1970, Firenze 1970)

domenica 8 aprile 2012

La tomba vuota

Correggio : Maria di Magdala incontra Gesù davanti alla tomba vuota  

  .
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 20,11-18)

«Maria invece stava all'esterno e piangeva.
Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduto l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù.
Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”.
Rispose loro: ”Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”. Detto questo, si voltò indietro e vide che Gesù stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù.
Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”.
Essa, pensando che fosse il custode del giardino gli disse: “Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove l'hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!” Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbunì!” che significa Maestro! Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo dal Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”.
Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e anche ciò che le aveva detto».

venerdì 6 aprile 2012

Buona Pasqua di risurrezione con Marc Chagall


.
Un giorno, io lo so,
mi accoglierai
e della morte svanirà il ricordo
ma non l'amore,
e della vita svanirà il mistero
ma non l'incanto.
Ed al compagno delle mie paure
potrò mostrare finalmente quanto
- segretamente - io desideravo
che mi fosse accanto
nel giorno della Tua rivelazione.
.
(Marc Chagall)

giovedì 5 aprile 2012

Giotto, Leonardo da Vinci, Caravaggio, Antonio Ciseri, Mantegna, Charles Le Brun raccontano il Vangelo di di Gesù Cristo secondo Marco 14,1-72.15,1-47


 Mancavano intanto due giorni alla Pasqua e agli Azzimi e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di impadronirsi di lui con inganno, per ucciderlo.
Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo».
Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo. 

Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: «Perché tutto questo spreco di olio profumato?
Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un'opera buona;
i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre.
Essa ha fatto ciò ch'era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura.
In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto». 

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Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù.
Quelli all'udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro. Ed egli cercava l'occasione opportuna per consegnarlo.
Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo
e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?
Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, gia pronta; là preparate per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua.
Venuta la sera, egli giunse con i Dodici.






Ora, mentre erano a mensa e mangiavano, Gesù disse: «In verità vi dico, uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà».
Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l'altro: «Sono forse io?».
Ed egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che intinge con me nel piatto.
Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! Bene per quell'uomo se non fosse mai nato!». 

Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo».
Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti.
E disse: «Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti.
In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio».
E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, poiché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse.
Ma, dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea».
Allora Pietro gli disse: «Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò».
Gesù gli disse: «In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte».
Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano anche tutti gli altri.
Giunsero intanto a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego».
Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia.
Gesù disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate».
Poi, andato un pò innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell'ora.
E diceva: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu».
Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un'ora sola?
Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole».
Allontanatosi di nuovo, pregava dicendo le medesime parole.
Ritornato li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli.
Venne la terza volta e disse loro: «Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori.
Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».
E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.
Chi lo tradiva aveva dato loro questo segno: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta».
Allora gli si accostò dicendo: «Rabbì» e lo baciò.
Essi gli misero addosso le mani e lo arrestarono. 

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Uno dei presenti, estratta la spada, colpì il servo del sommo sacerdote e gli recise l'orecchio.
Allora Gesù disse loro: «Come contro un brigante, con spade e bastoni siete venuti a prendermi.
Ogni giorno ero in mezzo a voi a insegnare nel tempio, e non mi avete arrestato. Si adempiano dunque le Scritture!».
Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono.
Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono.
Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo.
Allora condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi.
Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del sommo sacerdote; e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco.
Intanto i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano.
Molti infatti attestavano il falso contro di lui e così le loro testimonianze non erano concordi.
Ma alcuni si alzarono per testimoniare il falso contro di lui, dicendo:
«Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io distruggerò questo tempio fatto da mani d'uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d'uomo».
Ma nemmeno su questo punto la loro testimonianza era concorde.
Allora il sommo sacerdote, levatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?».
Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?».
Gesù rispose: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni?
Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte.
Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso, a coprirgli il volto, a schiaffeggiarlo e a dirgli: «Indovina». I servi intanto lo percuotevano.
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una serva del sommo sacerdote
e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo fissò e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù».
Ma egli negò: «Non so e non capisco quello che vuoi dire». Uscì quindi fuori del cortile e il gallo cantò.
E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è di quelli».
Ma egli negò di nuovo. Dopo un poco i presenti dissero di nuovo a Pietro: «Tu sei certo di quelli, perché sei Galileo». 

Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo che voi dite».
Per la seconda volta un gallo cantò. Allora Pietro si ricordò di quella parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai per tre volte». E scoppiò in pianto. 
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Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato. 
Allora Pilato prese a interrogarlo: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». 
I sommi sacerdoti frattanto gli muovevano molte accuse. 
Pilato lo interrogò di nuovo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». 
Ma Gesù non rispose più nulla, sicché Pilato ne restò meravigliato. 
Per la festa egli era solito rilasciare un carcerato a loro richiesta. 
Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio. 
La folla, accorsa, cominciò a chiedere ciò che sempre egli le concedeva. 
Allora Pilato rispose loro: «Volete che vi rilasci il re dei Giudei?». 
Sapeva infatti che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. 
Ma i sommi sacerdoti sobillarono la folla perché egli rilasciasse loro piuttosto Barabba. 
Pilato replicò: «Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». 
Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». 
Ma Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Allora essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». 
E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. 
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte. 
Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo. 
Cominciarono poi a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». 
E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui. 
Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo. 
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Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce. 
Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio, 
e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. 
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse quello che ciascuno dovesse prendere.

Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. 
E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: Il re dei Giudei. 
Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra. 
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I passanti lo insultavano e, scuotendo il capo, esclamavano: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, 
salva te stesso scendendo dalla croce!». 
Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: «Ha salvato altri, non può salvare se stesso! 
Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano. 
Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. 
Alle tre Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? 
Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: «Ecco, chiama Elia!». 
Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce». 
Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
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Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso. 
Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!». 
C'erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di ioses, e Salome, 
che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme. 
Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, 
Giuseppe d'Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. 
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Pilato si meravigliò che fosse gia morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. 
Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. 
Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. 
Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto.
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Daisaku Ikeda

 Folon
 .
 .
Ci sono momenti di
sofferenza o tristezza
o giornate come
pugnalate al cuore.

Quando hai questi
momenti, prova
a bussare alla
porta del mio cuore.

La mia vita e il mio cuore
sono sempre aperti
per te.

Queste orecchie
possono ascoltare
qualsiasi cosa in ogni
momento.

Anche questi occhi hanno
accumulato tante lacrime
per piangere con te.
Quando sei gioioso
non c'è bisogno di
parlare, io lo capisco
vedendo il tuo viso.
Invece quando senti
tristezza, solitudine
o voglia di allontanarti,
parla con me di tutte
queste cose.

Io carico sulle mie spalle
la metà del peso della
tua sofferenza.

Andiamo avanti insieme.
Questa è la nostra strada
fino a quanto continuerà
la nostra amicizia.

                               Daisaku Ikeda 
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domenica 1 aprile 2012

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[ . ... .] Se tanto ti scrivo è perché sappia che sei sempre nella mia memoria, ma soprattutto nel mio cuore. È vero che la ‘’ragione’’ è la ‘’facoltà di pensare, di conoscere la realtà che ci circonda e le persone che entrano nella nostra vita’’, ma è anche vero che questa facoltà, col passare del tempo si … indebolisce e per questa ragione il ‘’patrimonio di conoscenza’’ dei fatti di vita vissuta e di tanti individui incontrati nel corso del tempo si stempera e perfino si perde. Tuttavia, quando si tratta di ‘’ persone che entrano nel cuore’’ queste restano sempre presenti.
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