giovedì 17 settembre 2009

Nadia Amjuman - poetessa afgana


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RICORDI AZZURRO - CHIARI
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Oh esiliati dell’anonima montagna,
Oh gioielli dai nomi soffocati nella
palude del silenzio,
Oh voi, di cui il ricordo pallido si è
smarrito
nell’acqua torbida del mare della
dimenticanza,
dov’è finita la limpida origine dei
vostri pensieri?
Quale mano devastante si è portata
via i vostri volti aurei?
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In questo vortice, artefice del buio,
dov’è finita la vostra calma lunare?
Se, dopo questo tormento, portatore
di morte,
il mare si calmasse,
se le nuvole si svuotassero
di sofferenza,
se la luna portasse affetto,
giungerebbe il sorriso?
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Se il cuore della montagna
si intenerisse,
crescerebbe l’erba e ci sarebbe
l’abbondanza?
Sulle sue alte vette, uno dei vostri
nomi diverrebbe il faro?
La comparsa dei vostri ricordi
azzurro – chiari,
darebbe speranza agli occhi stanchi
dei pesci spaventati
dal tumulto del torrente?
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SONO IMPRIGIONATA
IN QUESTO ANGOLO
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I am caged in this corner
Full of melancholy and sorrow.
My wings are closed and I cannot fly...
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Sono imprigionata in questo angolo
Piena di malinconia e di dispiacere.
Le mie ali sono chiuse e non posso
volare.
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Nadia Anjuman, poetessa Afgana, è morta il 4 novembre 2005, nella città di Herat, a soli 25 anni, per i suoi ghazal.
Uccisa per mano del marito e della madre, con la sola colpa di aver declamato in pubblico i suoi versi.
Aveva cantato l'amore, ma le sue poesie - non certo erotiche - rivelano un misticismo triste e senza speranza.
Figura intellettuale di spicco durante il regime dei Talebani, sotto il quale alle donne era proibito studiare e lavorare, per coltivare la sua passione Nadia faceva parte del cosiddetto “circolo del cucito” della città, che tre volte a settimana si riuniva presso la finta “Scuola di cucito ago d'oro”.
In realtà questo circolo nascondeva il luogo dove un professore insegnava alle donne la letteratura, cosa che si poteva fare liberamente nelle università solo se rivolta agli uomini.

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