giovedì 20 novembre 2008

Tremonti: la crisi è come un videogioco, mancano ancora 3 mostri


La crisi economico-finanziaria che stiamo vivendo assomiglia «a un videogame, solo che in questo caso non può essere spento». La metafora è del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che durante l'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università Cattolica di Milano ha tenuto un intervento sull'«Economia sociale di mercato». Proseguendo l'immagine Tremonti ha spiegando come anche nella crisi ci siano dei mostri da sconfiggere per arrivare al livello successivo. «Il primo mostro è stato quello dei subprime. Il secondo il collasso del credito, poi le bancarotte bancarie e quindi il collasso delle Borse». Dietro l'angolo ce ne sono altri: «Le carte di debito, le possibili bancarotte societarie e poi il mostro dei mostri: i derivati in cui si presenta un rischio dagli effetti incalcolabili, non gestibili se non con il dominio dell'economia e l'antica sapienza dell'anno sabbatico».
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Il ministro ha concentrato il suo intervento sulle origini storiche, economiche e culturali della crisi. «Non è una crisi finanziaria, per lo meno non solo, è troppo riduttivo leggerla in questo modo - ha detto Tremonti - : è la crisi di un modello sociale che negli ultimi 10-15 anni ha visto il dominio dell'ideologia della domanda di beni di consumo, magari superflui, meglio se comprati a debito. Questo ha configurato la nostra attuale società». Consumismo, ricerca della soddisfazione a breve termine e soprattutto indebitamento, fino a livelli insostebili. Illusione che il metodo e la logica prevedibile e calcolistica delle scienza matematiche potesse essere replicata nelle scienze economico-sociali. E che - secondo una logica positivista - morale, diritto ed economia potessero essere separati «e il singolo fosse in grado di scegliere da solo tra bene e male senza la tradizione morale e la storia».
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Il ministro ha sottolineato ancora una volta la responsabilità dei «tempi e nei modi» in cui è statta avviata la globalizzazione: l'accordo del Wto (World trade organization) del 1994 a Marrakesh (Marocco) insieme alla caduta del muro di Berlino nel 1989. «Finito il comunismo gli Stati Uniti si sono spostati verso la Cina. Hanno acquistato a debito a basso costo. Soprattutto troppo a debito». E' in questo contesto che si è inserita la tecnofinanza: «Il capitalismo si è staccato dall'etica protestante e si è diffusa l'arte di vivere a debito». Nonostante diversi osservatori diano la colpa alla deregulation diffusa questo è «vero in parte negli Stati Uniti, ma non in assoluto. L'Europa è storicamente molto più regolamentata, eppure la crisi è arrivata anche da noi. Il problema è semmai che la struttura geopolitica che si è venuta a creare ha preteso di sviluppare attività in aree del mondo dove non c'erano regole se non quella di non avere regole».
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Il capitalismo ha assunto uno forma istantanea che ha reso progressivamente più difficile la visione di lungo termine. «L'ultimo capitalismo si è dimenticato del conto patrimoniale concentrandosi sul conto economico. Il primo è quello dei valori, il secondo dei soldi». Una logica che ha portato all'ansia dei risultati del trimestre, e dunque alla supremazia della forma istantanea a scapito del progetto. «Si sta avverando la previsione secondo la quale in economia, il declino della disciplina economica e l'allentamento delle leggi, avrebbero portato le leggi stesse del mercato al collasso e all'implosione su se stessi»: una previsione contenuta nel testo «Church and Economic», scritto dal Cardinale Joseph Ratzinger nel 1986.
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E' la fine del capitalismo? «Non credo che la fine del comunismo porterà alla fine del capitalismo. Potrebbe anche succedere, ma non credo» ha sottolineato il ministro, che poi, con tono ironico ha aggiunto: «Per dare conto di questa probabilità da 0 a 100 ci vorrebbe un'economista, solo che in genere non ci prendono». Il risultato della crisi finanziaria sull'economia reale è descrivibile come «rottura di continuità» non «circolo recessivo». «Il capitalismo ci sará ancora, ma in una visione più umana, antiautoritaria e antidogmatica. E si aprirá uno spazio per l'economia sociale e di mercato».
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Articolo di Luca Salvioli - Il Sole 24Ore

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