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Antonio Tabucchi, il più europeo e originale degli scrittori italiani si è spento a Lisbona sua città d’elezione lo scorso 25 marzo dopo una lunga malattia. Il maggior critico e traduttore dell’opera di Fernando Pessoa, che aveva contribuito in maniera determinante a far conoscere e amare in Italia insieme alle poesie del brasiliano Carlos Drummond de Andrade, era nato a Pisa il 24 settembre 1943. Il saggista, docente di letteratura portoghese all’Università di Siena, noto anche per il suo costante impegno civile, polemista brillante e appassionato, collaboratore di molti quotidiani, tra i quali La Repubblica, aveva scoperto Pessoa da studente durante un soggiorno a Parigi quando aveva acquistato in una bancarella il poema Tabacaria del poeta lusitano. La lettura del piccolo libro nella traduzione di Pierre Hourcade redatto da Pessoa con il nome di Alvaro de Campos, era stata per Tabucchi una rivelazione, la scoperta di un mondo e la nascita di una passione per il Portogallo e in particolare per Lisbona, città magica e ammaliante. Una passione totalizzante che avrebbe cambiato per sempre il corso dell’intera esistenza dello scrittore. Romanzi e saggi di Tabucchi sono stati tradotti in 40 lingue e nel corso della sua lunga e prolifica carriera l’autore, che aveva scelto di vivere sei mesi all’anno in Portogallo, aveva ottenuto numerosi riconoscimenti tra i quali il premio francese Médicis étranger per Notturno indiano e il Premio Super Campiello, il Premio Scanno e il Premio Jean Monnet per la Letteratura Europea per Sostiene Pereira. L’autore aveva esordito con Piazza d’Italia (Bompiani 1975) saga familiare che raccontava novant’anni di vita di un borgo toscano, ricordiamo che lo scrittore era cresciuto a Vecchiano nella casa dei nonni materni. In Requiem (Feltrinelli 1992) scritto direttamente in lingua portoghese, in una Lisbona estiva e deserta un uomo incontra una serie di personaggi, tra i quali Pessoa. Ma, forse, tutto è frutto di un sogno, dove il ricordo assume un ruolo fondamentale. L’ultimo libro che Tabucchi ha regalato ai suoi tanti estimatori è Racconti con figure, racconti nati dall’impressione e dalla suggestione di un’immagine, uscito l’anno scorso da Sellerio. Il romanzo che ha fatto conoscere Tabucchi al grande pubblico è Sostiene Pereira (Feltrinelli 1994) ambientato nel Portogallo del ‘38 dominato dal dittatore Salazar. Il giornalista cattolico Pereira, amante del buon cibo, interpretato da Marcello Mastroianni nel film omonimo del 1995 diretto da Roberto Faenza, divenne presto il simbolo della lotta contro ogni oppressione totalitaria e dell’impegno in favore della libertà di stampa soprattutto in Italia, che allora stava vivendo una stagione politica particolare. “Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava”.
Abbiamo chiesto a Romana Petri un ricordo dell’uomo e dello scrittore Antonio Tabucchi.
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Signora Petri, a quando risale la Sua amicizia con Antonio Tabucchi? L’ho conosciuto da lettrice, ancora prima di pubblicare io stessa dei libri. Poi gli scrissi per chiedergli delle informazioni sul Portogallo e lui mi rispose facendomi un itinerario d’autore per il mio primo viaggio. Era il 1990, da quel momento continuammo a scriverci e a sentirci. Poi ci siamo conosciuti a fine agosto del 1992 a casa sua a Vecchiano. Da quel momento ci siamo sempre frequentati, anche a distanza. Ultimamente ci vedevamo più a Lisbona che in Italia.
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Qual è il libro dello scrittore che predilige e che secondo il Suo parere meglio lo definisce? Scelta difficile perché ho amato ogni suo libro. Me ne lasci nominare almeno due. Donna di Porto Pim ha significato molto per me. È stato così che ho scoperto le Azzorre, mio altro luogo d’elezione dove cerco di passare almeno un’estate ogni due. E poi direi Requiem, un capolavoro assoluto, un libro onirico, ossessivo, allucinato, vibrante, malato, epifanico. Sotto il profilo del linguaggio, la perfezione.
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Vi legava l’amore per Lisbona, città fantastica e reale nello stesso tempo, e per il Portogallo, ce ne vuole parlare? Se sono andata a finire a Lisbona lo devo a lui, a forza di leggere i suoi libri sul Portogallo mi ci sono quasi trasferita, o almeno ci trascorro quanto tempo posso. Lisbona è una città sfavillante, proprio come dice lui nelle prime righe di Sostiene Pereira, una città di luce anche nei giorni senza sole. Malinconica, certo, ma di una malinconia che sfibra e fa bene allo stesso tempo. Ovunque lo sguardo si posa c’è sempre di che struggersi.
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Per Tabucchi la politica era “l’arte di essere uomini liberi ma tutti insieme”. Che cosa ha rappresentato per l’autore l’impegno civile? Ha rappresentato addirittura un auto esilio. Non dimentichiamo che Tabucchi ha praticamente abbandonato (e con dolore) l’Italia come protesta verso il governo Berlusconi del quale si vergognava moltissimo. Tabucchi sapeva che si legge e si scrive per non dimenticare e non far dimenticare, voleva che alle generazioni future restasse almeno un’eco di quello che eravamo. Ed era speciale, con una lingua apparentemente semplice creava momenti di pura magia. Gli bastavano quattro parole messe al momento giusto, riusciva a far dire a un suo personaggio: «Te lo ricordi com’era bella l’Italia?» una frase banale ma andatela a cercare tra i racconti Il tempo invecchia in fretta e ne vedrete l’effetto.
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Giorgio Napolitano, ricordando l’autore scomparso ha detto “Ha interpretato lo spirito europeo”, concorda? Gli scrittori italiani, in genere, sono abbastanza provinciali, si occupano quasi tutti del ridotto spazio che li circonda. Tabucchi aveva un grande occhio per tutto, e di tutto ha parlato. Creava ai luoghi, ai problemi, alle necessità, e non si limitata al suo microcosmo. Concordo pienamente con il nostro Presidente.
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Fonte : http://www.ilrecensore.com/wp2/
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