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C'è una breve ma intensa lettera che Giovanni Paolo II, ben consapevole della forza dei nuovi mezzi di comunicazione, rivolse agli artisti il quattro aprile del 1999. Divisa in quindici paragrafi, la lettera, che il papa immagina spedita a tutti gli artisti del mondo, senza distinzione di fede o etnia, ripercorrendo i profondi significati della creazione e della nascita dell'opera d'arte, vuole essere uno straordinario invito, quanto mai attuale, "a meditare e a riscoprire la profondità della dimensione spirituale e religiosa che ha caratterizzato in ogni tempo l'arte nelle sue più nobili forme espressive".
C'è una breve ma intensa lettera che Giovanni Paolo II, ben consapevole della forza dei nuovi mezzi di comunicazione, rivolse agli artisti il quattro aprile del 1999. Divisa in quindici paragrafi, la lettera, che il papa immagina spedita a tutti gli artisti del mondo, senza distinzione di fede o etnia, ripercorrendo i profondi significati della creazione e della nascita dell'opera d'arte, vuole essere uno straordinario invito, quanto mai attuale, "a meditare e a riscoprire la profondità della dimensione spirituale e religiosa che ha caratterizzato in ogni tempo l'arte nelle sue più nobili forme espressive".
"L'artista", scrive Giovanni Paolo II, "quando plasma un capolavoro, non soltanto chiama in vita la sua opera, ma per mezzo di essa, in un certo modo, svela anche la propria personalità. Nell'arte egli trova una dimensione nuova e uno straordinario canale d'espressione per la sua crescita spirituale. Attraverso le opere realizzate, l'artista parla e comunica con gli altri. La storia dell'arte, perciò, non è soltanto storia di opere, ma anche di uomini. Le opere d'arte parlano dei loro autori, introducono alla conoscenza del loro intimo e rivelano l'originale contributo da essi offerto alla storia della cultura".
Oltremodo consapevole specie del ruolo 'catechetico' (pedagogico) dell'opera d'arte, Giovanni Paolo II, trae con straordinaria efficacia i tratti salienti della storia dell'arte: dagli esordi del Cristianesimo al Medioevo, dal Rinascimento fino ai giorni nostri, per riscoprire il perenne - anche se non necessariamente religioso - viaggio dell'uomo alla ricerca del senso della vita.
"Questa - egli scrive - anche al di là delle sue espressioni più tipicamente religiose, quando è autentica, ha un'intima affinità con il mondo della fede, sicché, persino nelle condizioni di maggior distacco della cultura dalla Chiesa, proprio l'arte continua a costituire una sorta di ponte gettato verso l'esperienza religiosa.
In quanto ricerca del bello, frutto di un'immaginazione che va al di là del quotidiano, essa è, per sua natura, una sorta di appello al Mistero. Persino quando scruta le profondità più oscure dell'anima o gli aspetti più sconvolgenti del male, l'artista si fa in qualche modo voce dell'universale attesa di redenzione".
Infine, non si può che evidenziare come proprio il Pontefice che conobbe direttamente il secolo breve dei regimi dittatoriali, delle devastazioni e dei campi di sterminio, ponga l'accento sul ruolo essenziale della 'bellezza', come valore in sé.
La bellezza, che scaturisce lo stupore e l'entusiasmo per le meraviglie del mondo, sarà un elemento essenziale per la salvezza, perché grazie ad "essa l'umanità, dopo ogni smarrimento, potrà ancora rialzarsi e riprendere il suo cammino".
In questo senso, citando Dostoevskij, afferma con sicurezza, quindi, che "la bellezza salverà il mondo!". Un altro straordinario, e forse poco noto, insegnamento di un grande Pontefice.
1 commento:
BRAVO!!!
beijo,
Vetinha
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