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Sono io, Cassandra.
E questa e' la mia città sotto le ceneri.
E questi i miei nastri e la verga di profeta.
E questa e' la mia testa piena di dubbi.
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E' vero, sto trionfando.
I miei giusti presagi hanno acceso il cielo.
Solamente i profeti inascoltati
godono di simili viste.
Solo quelli partiti con il piede sbagliato,
e tutto pote' compiersi tanto in fretta
come se mai fossero esistiti.
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Ora rammento con chiarezza:
la gente al vedermi si fermava a meta'.
Le risate morivano.
Le mani si scioglievano.
I bambini correvano dalle madri.
Non conoscevo neppure i loro effimeri nomi.
E quella canzoncina sulla foglia verde -
nessuno la finiva mai in mia presenza.
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Li amavo.
Ma dall'alto.
Da sopra la vita.
Dal futuro. Dove è sempre vuoto
e nulla e' piu' facile che vedere la morte.
Mi spiace che la mia voce fosse dura.
Guardatevi dall'alto delle stelle - gridavo -
guardatevi dall'alto delle stelle.
Sentivano e abbassavano gli occhi.
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Vivevano nella vita.
Permeati da un grande vento.
Con sorti gia' decise.
Fin dalla nascita in corpi da commiato.
Ma c'era in loro un'umida speranza,
una fiammella nutrita del proprio luccichio.
Loro sapevano cos'e' davvero un'istante,
oh, almeno uno, uno qualunque
prima di -
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E' andata come dicevo io.
Solo che non ne viene nulla.
E questa e' la mia veste bruciacchiata.
E questo e' il mio ciarpame di profeta.
E questo e' il mio viso stravolto.
Un viso che non sapeva di poter essere bello.
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Wisława
Szymborska è una delle piú grandi poetesse dei nostri tempi, ma sembra
che non voglia farlo sapere. Il pubblico italiano sa che nel 1996 la
poetessa polacca ha vinto il premio Nobel per la letteratura eppure non
ha mai visto un suo passaggio in televisione o ascoltato la sua voce per
radio e, forse, neppure incontrato una sua fotografia su un giornale.
La Szymborska preferisce la sordina del poeta in silenzio, in attesa di
se stesso, davanti a un foglio di carta non scritto e restare un
personaggio schivo e riservato, che non ama rilasciare interviste o
parlare della sua opera, ma piuttosto che tiene a sottolineare la
preminenza del testo rispetto al suo autore, l’autonomia delle poesie
rispetto al viso, alla storia e alle opinioni sulla letteratura e sulla
società di colui che le scrive. Per dirla tutta, ella non ama neppure le
serate d’autore, anzi se ne fa beffe - Ci sono dodici persone ad
ascoltare, è tempo ormai di cominciare. Metà è venuta perché piove, gli
altri sono parenti. O Musa. […] In prima fila un vecchietto dolcemente
sogna che la moglie buonanima, rediviva, gli sta per cuocere la crostata
di prugne. Con calore, ma non troppo, ché il dolce non bruci,
cominciamo a leggere. O Musa – (“Serata d’autore”) eppure, il 10
novembre 2003 la Szymborska è apparsa al Teatro Valle di Roma per un
reading di alcune sue poesie che ha entusiasmato una platea di persone
giunte da tutta Italia e che RaiLibro ha avuto la possibilità di filmare
in esclusiva. (continua su RaiLibro)
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